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Autore: Shecanhaveyou    27/05/2014    3 recensioni
[Adelaide Kane/Toby Regbo]
Lui era la sua casa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Adelaide Kane sbatté la porta del loft, posando le valigie sul pavimento e vide un batuffolo a quattro zampe dirigersi verso di lei.
Meow.
Sorrise a quell’esserino che, ogni qualvolta lei varcava quella porta di legno spessa veniva a salutarla.
“Ciao piccolino”, disse, accarezzandogli il manto tigrato.
Improvvisamente si ribellò a quelle coccole da tenera mamma in erba, “Ehi, cosa mai ti avrei fatto, Socrate, eh?”.
Già. Toby aveva chiamato quella splendida creatura Socrate. La giovane si chiese come gli fosse venuto in mente un nome del genere.
Come risposta corse via, diretto in cucina. Solo in quell’istante si rese conto che: la luce della stanza era accesa, qualcuno stava armeggiando in cucina e che per la casa c’era un odorino alquanto invitante.
Si tolse la giacca a vento e le scarpe, infilando i piedi nelle infradito, e il suo stomaco la portò in cucina.
Toby, dal canto suo, aveva sentito dei rumori sommessi ed un borbottio tenero, ma non si era accorto di niente per quanto era concentrato nel cucinare il piatto preferito della sua donna.
Adelaide notò il familiare e strano modo di vestire del ragazzo: con addosso una delle sue solite magliette strane, un paio di shorts da basket in tuta grigi e le infradito. I capelli tirati indietro da un elastico a fascia, lui intento a far saltare qualcosa in padella.
La ragazza rimase lì, impalata ad osservarlo a braccia incrociate appoggiata allo stipite della porta, finche lui non si girò e si accorse di lei, accogliendola con un sorriso a trentadue denti.
Posò il cucchiaio di legno e con passo veloce si diresse verso Adelaide, evitando di colpire il tavolo in legno di quercia che troneggiava nel centro della cucina, senza dire una parola.
Fu completamente travolta da lui, dalle sue braccia sottili ma forti, che potevano sollevarla senza problemi, cosa che fece.
Fu travolta dal blu profondo e brillante dei suoi occhi, che incontrarono i suoi così scuri e altrettanto profondi, che lui amava.
Infine fu travolta dalle sue labbra. Quelle labbra che in quelle lunghissime tre settimane le erano mancate da morire. Come le era mancato tutto di lui.
La sua lingua premette contro le labbra di lei, le socchiuse per approfondire il bacio. Avvolse le braccia attorno al collo del biondo, le sue, forti, avvolsero la vita esile e stretta di Adelaide, e la risollevò, come se pesasse niente.
Staccarono le labbra l’uno dall’altra e ripresero fiato, guardandosi negli occhi.
“Bentornata a casa, piccola Adelaide”, sussurrò sulle labbra di lei.
La mora sorrise e le sue guance si colorarono di un rosso leggero.
“Mi era mancato questo sorrisone a ventordici denti”, disse e lui sorrise a sua volta.
“Anche a me è mancato il tuo” continuarono a guardarsi negli occhi, “mi sei mancato”, disse lei seria.
“Anche tu. Tantissimo.” Si ributtò sulle sue labbra e Adelaide non poté far altro che rispondere al bacio.
Rimise giù la sua ragazza, senza interrompere il bacio e la strinse ancora di più a se. Le sue labbra si spostarono, creando una scia invisibile di baci dal mento, raggiungendo il suo collo e poi la clavicola e ritorno.
Adelaide non poté mantenere il controllo delle sue mani che si immersero nei morbidi capelli di Toby, e i suoi occhi non poterono far altro che socchiudersi.
Ritornò sulle sue labbra, posandoci un bacio leggero. Appoggiò la fronte contro quella della ragazza e sospirò.
Adelaide si liberò dalla sua presa e si diresse verso le scale che portano al piano di sopra. “Tanto non mi scappi, Adelaide!”, disse sporgendosi dalla porta della cucina, “ora che sei tornata sei solo mia, non scappi da nessuna parte.” La ragazza fece una smorfia al biondo e aggiunse, “Dove vuoi che scappi? Siamo a Londra, mi perderei appena girato l’angolo fuori casa!”
All’inizio della loro relazione, Toby e Adelaide avevano già in mente di prendere un appartamento tutto loro. Erano passati mesi ormai da quando avevano tirato in ballo il discorso appartamento e ancora ognuno aveva il suo in cui tornare ogni tanto, per non dare nell’occhio.
Ma Adelaide ogni volta che poteva, andava a stare da Toby. Ormai era come se fosse casa sua.
Lui era la sua casa.
Questo posto era così sicuro, così nascosto. Pochissime persone li riconoscevano e loro potevano trascorrere il loro periodo a Londra tranquilli. Anche se erano rare le volte che uscivano di casa. Preferivano stare da soli, fare le loro maratone di film e cartoni, vedere i genitori di Toby. Cose così.
Nell’armadio di Toby, la metà dei vestiti che erano appesi lì erano di Adelaide.
I loro spazzolini erano nello stesso bicchiere. Condividevano il dentifricio. I suoi asciugamani stavano vicino a quelli di Toby e il suo shampoo per i capelli era vicino a quello di Adelaide.
Era una cosa che Adelaide amava, oltre a Toby.
Ogni tanto, quando lei non era da lui, Adelaide indossava le sue magliette con quei disegni strani che a lui piacevano tanto.
“Addy?”, la ragazza si riprese dalla trance e si ritrovò occhi negli occhi con Toby, “Qualcosa che non va?”.
Toby mise le sue mani sui fianchi di lei, strofinandovi i pollici su di essi e subito le tornò in mente quando un giorno stavano provando un ballo medievale in quel capannone abbandonato. Dove tutto ebbe inizio.
“Niente, stavo solo pensando.”
“Sei felice, Adelaide?”.
Lei rimase impietrita. Come poteva farle una domanda del genere? Pensò la ragazza.
Spalancò gli occhi incredula e rispose sorridendo “Si”, poggiò le mani sulle sue spalle e cominciò a giocherellare con il colletto della sua maglietta da casa, “Sono felicissima di essere tornata, sono felicissima che tu sia qui, con me, che sei mio”, fece una pausa, poggiando la sua fronte contro quella del ragazzo, “e ti amo, Regbo.”
Un grande sorriso comparve sulle labbra di Toby e rispose “Anche io ti amo, Adelaide”.
Lei sorrise, “Amo quando pronunci il mio nome con quel tuo accento da inglese super sexy”, sussurrò Adelaide sulle labbra di lui; Toby scoppiò in una risata, attirando lei più vicina a lui.
Le diede un bacio a fior di labbra e disse “Vatti a cambiare, così ceniamo, piccola”, “Ricevuto, capitano”, lo ribaciò e con una grande forza di volontà lo lasciò tornare in cucina, nel suo vero regno.
Adelaide percorse quel piccolo tratto di corridoio rimasto per arrivare alla loro camera da letto, entrò e trovò sul loro grande letto vi trovò Socrate acciambellato che dormiva.
La ragazza scosse la testa e si diresse verso il cassettone che stava proprio sulla sinistra, appena varcata la porta.
Prese una maglietta di Toby e un paio di shorts puliti, e si cambiò in fretta. Legò i capelli in una coda, mentre percorreva le scale per tornare dal suo cuoco.
Arrivata in cucina, la tavola era già apparecchiata e i piatti pieni, e Toby era intento a riempire la lavastoviglie con le pentole usate per cucinare.
“Wow, le tue doti culinarie non smettono mai di sorprendermi, Toby, sei incredibile”.
“Merito di mia madre, lo sai” disse, senza rivolgerle alcuno sguardo.
Si alzò, chiudendo la lavastoviglie con  un calcio e stavolta la guardò.
Sospirò pesantemente chiudendo gli occhi.
“Adelaide” disse sospirando, “Se ti presenti così a tavola, stasera non ceniamo.”
Purtroppo Adelaide doveva ammetterlo a se stessa. L’aveva fatto decisamente apposta.
Cercò di reprimere un sorriso furbo, ma il tentativo non riuscì. “Dio, non ci vediamo da tre settimane e tu ti presenti così, come credi che reagisca, io?”, mentre parlava si diresse verso di lei e la catturò una terza volta tra le sue braccia.
E la baciò. Un bacio pieno di desiderio, non come quello precedente. Questo era più un bacio da ‘ti voglio, ora’ e non un ‘bentornata, amore’. E Adelaide era più che consenziente.
La prese in braccio e lei allacciò le gambe attorno al suo bacino. Sospirarono uno sulla bocca dell’altro e la trasportò in salotto.
Si stesero sul divano e non smisero di baciarsi neanche per un secondo, affamati l’uno dell’altra.
Si erano mancati troppo e ritrovarsi fu come tornare a respirare dopo mesi di apnea.
Con la mano sinistra Toby prese entrambe quelle di Adelaide e le portò sopra le loro teste.
La mano destra di Toby vagò sul corpo esile e formoso di lei, fino ad arrivare sulla coscia. Rabbrividì e strinse forte la presa sulla sua mano.
“Addy, shh”, “Leviamoci questi stracci, l’attesa mi sta crogiolando dentro” sussurrò lei senza fiato.
Toby la baciò con passione e dolcezza, come se lue labbra fossero fragili come ceramica.
Prese l’orlo della maglietta e gliela sfilò, le baciò il collo con calma, come se avessero tutto il tempo del mondo.
Continuò a baciarla arrivando all’ombelico. La ragazza rise, mentre Toby continuava a baciare ogni centimetro di pelle nuda di lei.
Le rivolse uno sguardo, appoggiò la guancia all’interno della sua coscia nuda, lasciandole un bacio leggero, e  lui pensò che fosse bellissima: capelli spettinati liberi dalla coda fatta alla bene e meglio di prima, le guance rosse, il fiatone e quegli occhi.
Già, quegli occhi. Furono la prima cosa che Toby notò di Adelaide.
Non il corpo, non i capelli, non il seno prosperoso. Gli occhi. Così profondi e sinceri.
Adelaide si chiese come mai lui si fosse fermato. Gli passò una mano sulla guancia e lo risvegliò dalla trance. Toby sorrise e si riportò sopra di lei, baciandola dolcemente.
Lei gli tolse la maglietta, ammirandolo dal basso. Lui ritornò a baciarla, portò le sue mani ai pantaloncini di lei e glieli tolse.
Successivamente anche il biondo rimase in biancheria, alla pari con lei.
Si guardarono negli occhi per un secondo prima di baciarsi di nuovo, come se non ne avessero mai abbastanza l’uno dell’altra. Portò una mano dietro alla schiena di Adelaide e con il suo aiuto, le tolse il reggiseno, buttandolo sul pavimento ormai pieno dei loro indumenti.
Con delicatezza Toby percorse il corpo di lei baciandolo, fino ad arrivare all’orlo delle mutandine che tolse senza esitare.
Alzò lo sguardo verso di lei, la guardò come per chiedere il permesso. E Adelaide rise e alzò il busto per dargli un bacio.
“Dopo tutto questo tempo chiedi ancora il permesso?”
“Addy, non voglio fare qualcosa che tu non vuoi”.
Lei sospirò baciandolo a fior di labbra.
“Smettila di blaterare e facciamo l’amore come se fosse la prima volta. Come quando Francis tornò dalla battaglia, tornò dalla sua Mary”, lei lo guardò negli occhi e lui fece ciò che aspettavano entrambi da tre settimane.
Fecero l’amore su quel divano, lasciando perdere i cellulari squillanti di entrambi, la cena che piano piano si raffreddava, lasciando perdere il mondo.
Solo loro due e nient’altro.
 
 
 
 
Ehilà.
Vogliamo parlare di questi due…cupcake bellissimi e tenerissimi? Oh, io li amo, sono diventati la mia OTP, if you know what I mean.
Li amo troppo, non so che farci, sono perfetti, sul serio.
 
Dedico questa OS prima di tutto alla mia parabatai, Juliet Herondale. Ti amo alla follia ragazza, sei la mia ancora. Hai notato la mia reference alla tua OS su questi due bellini? Ma si che l’hai notata, come non potevi, pff.
E poi ad Arianna, mia compagna di università. Donna ti voglio tanto bene. Davvero.
Baci, regaz, e alla prossima.
Ellie.
   
 
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