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Autore: Switch    27/05/2014    6 recensioni
OS tratta dalla mia ff "September in the rain".
Un'altra prospettiva del capitolo 13, in cui si capisce cosa ha pensato Isabel durante la sfuriata dei tre fratelli contro Raph, quella notte incriminata.
Oltre quella porta, si sentiva tutto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Heart's mutation'
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Stava sognando.

O forse no e la sua mente era solo in balia dell'immaginazione più vivida mai provata. Stava galleggiando nel nulla, nella felicità pura e tangibile, ed era calda e avvolgente; lo abbracciava con amore, lo stringeva e rassicurava. Lo sfiorava con un tocco delicato, in punta di dita.

Era cullato da una primordiale estasi.

Non avrebbe mai creduto che esistesse una serenità simile. Che esistesse una condizione psichica e fisica di assoluta delizia, che spazzava via ogni sentimento e percezione negativa, dalla mente e dal corpo, fin alle più piccole cellule. Non c'era un grammo di rabbia o di disagio o di inadeguatezza in lui. Non c'era odio, verso sé e il mondo, paura del confronto, paura di vivere, il senso di essere sbagliato e sporco che lo aveva attanagliato come una morsa dal momento in cui aveva scoperto di essere diverso da tutti. Non c'era più niente.

Solo pace. Solo piacere. Solo sicurezza.

Gli sfuggì un mugolio nel sonno, di benessere. Le mani si mossero da sole, avvinghiandosi all'altro corpo con dolcezza ed esigenza, sentendo anche nel limbo onirico il tepore che emanava e che voleva per sé, sempre di più, misto ad una morbidezza che lo faceva impazzire. Se fosse stato sveglio probabilmente avrebbe baciato e morso ogni centimetro di quella pelle vellutata, ma in quel momento, sprofondato nel torpore più dolce e piacevole della sua vita, anche il solo averla tra le sue braccia sembrava bastare ad amplificare quelle percezioni paradisiache. O forse era proprio da lei che veniva tutta quella serenità.

Niente poteva rompere quella pace. Niente lo avrebbe strappato da quella sensazione di beatitudine. O almeno così pensava.

Qualcosa agli angoli della sua coscienza pizzicò con forza, intromettendosi con prepotenza, provando a far scoppiare quella felicità; una felicità totale, era vero, ma fragile come una bolla di sapone. Sentì un fastidio persistente nel fondo della mente, come dita crudeli che cercavano di graffiare via la sua pace, scarnificando pian piano, con sadico piacere, il suo stato di quiete.

Raph spalancò gli occhi, di colpo, e la minaccia apparve lì, a pochi metri: i suoi fratelli, incorniciati dalla porta, lo osservavano sconvolti; la luce che filtrava da fuori illuminava parzialmente le loro espressioni turbate, gettando ombre scure sulla camera in penombra, che arrivavano quasi fino al letto.

Leo doveva essersi slogato metà della faccia, perché non era davvero naturale che la mandibola si potesse allontanare così tanto da tutto il resto: si era congelato in quella posa e in quell'espressione, in tilt, come se quello che stava guardando fosse troppo da poter essere capito. Donnie, per quanto stravolto quanto il leader, si era preoccupato di tappare gli occhi a Mikey, in un gesto repentino mentre l'altro era troppo attonito per pensare di reagire, per preservare la sua ingenuità.

Avrebbe riso della cosa, se non fosse stata la situazione peggiore del mondo.

Alzò una mano, lentamente, e avvicinandola alle labbra fece loro segno di tacere. Poi la puntò verso la porta, intimandogli di uscire; i tre si riscossero dallo stupore che li aveva pietrificati e indietreggiarono in silenzio.

L'uscio si richiuse dietro loro e la penombra riavvolse ogni cosa.

Imprecò, nella mente. Poi sospirò, lievemente.

Perché, dannazione perché? Erano tornati troppo presto, erano piombati nella sua felicità come un uragano, senza dargli il tempo di assorbirla, di viverla, di goderne.

Riappoggiò la mano dov'era prima, sulla schiena di Isabel: sfiorò distrattamente la cicatrice che la attraversava, poi rafforzò la presa e la strinse a sé, facendo aderire i loro corpi, ancorandosi a lei in un attimo di disperazione.

Isabel mugugnò teneramente, strofinando il naso contro il suo collo nel sonno, facendogli il solletico con il fiato caldo.

Sorrise, dolorosamente, strizzando le palpebre per scacciare via tutto, come se fosse stato solo un orrido incubo.

Non voleva lasciarla andare. Non voleva alzarsi e affrontare la sua famiglia. Voleva rimanere lì a guardarla dormire, imprimendosi ogni dettaglio nella sua mente fino a riaddormentarsi, abbracciato al suo corpo. Voleva svegliarsi con lei la mattina dopo e osservare quegli occhi che amava guardarlo con imbarazzo al ricordo della notte prima e poi il suo meraviglioso sorriso sbocciare d'improvviso, prima di strapparle ogni bacio concesso.

Voleva solo vivere quel sogno ancora un poco, senza che nessuno lo macchiasse con recriminazioni e rimproveri, come se fosse stata una cosa sbagliata.

Ma sapeva che non poteva. Fuori da quella porta c'erano i suoi fratelli e lo stavano attendendo; riusciva a percepirli persino da quella distanza, riusciva a sentire la loro agitazione e la rabbia latente che qualcuno di loro emanava, preludio di una sicura litigata.

Si scostò lievemente da Isabel e stampò un bacio sulla sua fronte, andando poi a spostare un ciuffo che le cadeva sul viso, solleticandole il naso. Baciò anche quello, delicatamente.

Andrà tutto a posto” sussurrò, carezzandole la guancia; Isabel mosse appena il capo, sfregando l'altra guancia contro il suo braccio, che ormai aveva perso la sensibilità.

Con un sospiro sofferto cercò di sfilarsi dal loro groviglio, silenziosamente: liberò la gamba a cui lei aveva avvinghiato le sue e sfilò il braccio da sotto il suo corpo, spostando poi quello di Isabel che gli cingeva il fianco; si spostò, senza produrre la minima vibrazione che potesse svegliarla. Sentì all'istante un gran freddo, lontano da lei.

Con un salto la scavalcò e atterrò agilmente sul pavimento, vicino ai loro vestiti lanciati con foga qualche ora prima.

Qualche ora prima... tremolò lievemente con la pelle d'oca al ricordo di cosa era successo, fin nel più vivido dettaglio. Respirò a fondo con una gradevole sensazione di calore al centro del petto, con un mezzo sorriso in volto.

Si rivestì in fretta, acchiappando i primi indumenti che gli capitarono dall'armadio all'angolo della camera, mentre pensava. Come poteva quello che era successo portare a quelle conseguenze? Come poteva la cosa più bella mai capitata nella sua vita mettergli un magone addosso al pensiero di doverne parlare con la sua famiglia?

Doveva proteggere Isabel e quello che c'era tra loro dalla furia dei suoi fratelli; doveva spiegar loro che la loro regola poteva ritenersi infranta, senza conseguenze. Isabel l'aveva infranta con le sue carezze, con i suoi baci, con il suo amore.

Amore.

Si voltò verso il letto mentre abbassava la maglia sull'addome, assorto. Con due falcate lo raggiunse e si chinò sulla ragazza, che aveva allungato inconsciamente le braccia nel suo posto, forse cercandolo nel sonno.

Ti amo” sibilò ad un passo dal suo viso, prima di un ultimo bacio sulle labbra per farsi forza. Un fiotto di adrenalina e agitazione si diffuse nelle sue vene, al pensiero di ciò che aveva appena detto, per la prima volta in vita sua, senza nemmeno averlo preventivato. Aveva sentito l'urgente bisogno di dirglielo, istantaneo e spiazzante, anche se era addormentata. Perché non gliel'aveva detto mentre facevano l'amore? Perché non aveva aspettato che si risvegliasse?

Perché si sentiva così dannatamente spaventato, come se avesse paura di uscire da quella stanza? Come se temesse di perdere ogni cosa nell'istante in cui si fosse allontanato troppo da lei.

La coprì meglio e le accarezzò i capelli poi si rialzò, deciso. Prese un grosso sospiro, prima di dirigersi verso la porta: la spalancò di colpo e uscì, spaventato e allo stesso tempo risoluto come non mai.


Isabel si svegliò nel momento stesso in cui la porta si chiuse. Forse era stato il flebile suono a spezzare il suo sonno o forse l'allontanamento di Raphael, come se avesse percepito la sua mancanza.

Si stiracchiò brevemente poi allungò le mani verso il cuscino di lui, stringendolo forte al seno e respirandone il profumo. Il suo profumo. Ci nascose la faccia contro, con un sorriso che faceva persino male alle guance da quanto era ampio, ripensando con imbarazzo a ciò che era successo.

Avevano fatto l'amore. Trascinati dai sentimenti e dalla passione.

La voce di qualcuno arrivò alle sue orecchie, allarmandola e strappandola dai suoi pensieri. Chi c'era fuori da quella porta?

Attese, rigida nella sua posizione, con le orecchie tese nell'oscurità. La voce di Leonardo esplose all'improvviso, decisamente alta e arrabbiata, tanto da riuscire a rimbombare dentro la stanza anche se la porta era chiusa.

Si alzò di scatto, spaventata, e il lenzuolo le cadde da dosso, scivolando sul suo corpo nudo. Cosa stava succedendo lì fuori?

Dannazione, Raph! Noi non possiamo amare le umane! È la nostra prima regola!” sentì dire al leader, fuori di sé.

Si portò le mani al viso, sconvolta. Li avevano scoperti. Li avevano visti, nel momento in cui erano indifesi, mentre si godevano quei momenti che erano solo loro, che non dovevano interessare di certo nessun altro.

E cosa era la storia della regola? Avevano delle regole per le relazioni con le umane? Era forse per quello che Raffaello si era sempre tenuto alla larga da lei? Era a causa di quelle regole che continuava a sfuggirle nonostante i suoi occhi non facessero altro che comunicarle quello che sentiva per lei? Se lo avesse saputo... ma cosa sarebbe poi cambiato, a dover essere sincera? Non era lei stessa fuggita da lui per non immischiarlo nei suoi problemi? Non era anche lei scappata via, allontanandolo da sé per non cedere a quell'amore che provava e non poteva, per non mettere in pericolo la sua vita?

Anche se alla fine si erano ritrovati e c'erano cascati, in quell'amore.

Sentì Raffaello rispondere a Leonardo, in modo provocatorio e carico di sottintesi. Nemmeno in una situazione come quella perdeva la sua voglia di dare fastidio. Anche se lei sapeva benissimo che il suo era solo un meccanismo di difesa.

Mi prendi in giro? Sai benissimo che non finisce mai bene. Sai benissimo che gli esseri umani ci reputano dei mostri. Sai benissimo che non ci amano e che rimarremo soli” disse Leonardo oltre la porta, arrabbiato oltre ogni misura. Ad ogni secondo suonava sempre più sconvolto e fuori di sé e la sua voce era sempre più alta, come se stesse gridando. Lei non lo conosceva bene, ma lo aveva visto sempre flemmaticamente tranquillo. Quanto poteva essere terribile se perdeva la calma?

Forse, prima. Ma Isabel è diversa. Mi accetta per quello che sono. Le piaccio per quello che sono” gli rispose Raffaello accorato, difendendola ad oltranza. Non riuscì a trattenere un sorriso emozionato, mentre nascondeva la testa nel cuscino, felice e sconvolta come mai prima alle sue parole.

Lo amava. Si era innamorata di quell'idiota, piantagrane, scorbutico e testa calda. Che possedeva il cuore più grande del mondo. Lo amava, contro ogni buon senso e previsione ed era felice che lui lo sapesse, che si facesse scudo con quell'amore.

Come fai a saperlo? Come fai a sapere che non se n'è già pentita? Che non l'ha fatto per pazzia o per pena? È una donna sola, non ha niente di meglio! Tu eri il suo unico svago” strillò cinico il leader del gruppo, congelandole il sangue nelle vene per la cattiveria di quei pensieri.

Quando si era meritata quella considerazione da lui? Solo perché si era innamorata di Raffaello, solo perché si era concessa a lui, anche se erano diversi?

Il problema del suo aspetto non l'aveva turbata più di tanto, una volta capito che si era innamorata di lui. Quando era stato? Sì, quella notte in cui gli era andata a sbattere contro e Raffaello l'aveva afferrata per non farla cadere e l'aveva stretta a sé: si era trovata tra le sue braccia, così vicina da poter sentire ogni cellula del suo corpo tremare, a pochi centimetri dal suo viso.

All'inizio, seppur imbarazzata, aveva scherzato con lui, ma poi si era accorta che i suoi occhi, quegli occhi che lei adorava, così profondi e misteriosi, la stavano guardando con amore e desiderio e si era sentita spiazzata ed emozionata.

Perché in quell'esatto secondo aveva capito che lo amava.

Non aveva importanza il fatto che lui fosse verde, che avesse tre dita invece che cinque o che fosse un mutante: lui le piaceva, così com'era. Forse esattamente perché era quello che era, con le sue insicurezze, con la sua forza nascosta, con il suo desiderio di essere amato.

E aveva dovuto allontanarsi all'istante, nel momento stesso in cui si era accorta di quel sentimento, perché sapeva che altrimenti avrebbe fatto una sciocchezza. L'avrebbe baciato. Gli avrebbe detto cosa provava. Lo avrebbe immischiato nella sua vita e nel suo caos.

Eppure, anche se aveva cercato di allontanarsi, nemmeno per un secondo aveva dubitato dell'amore che sentiva per lui, diversità o meno.

Perché l'amore doveva per forza avere un colore, un genere, un sesso, un'identificazione, delle regole che costringevano?

Raffaello era perfetto così. E se quello faceva di lei una pazza, allora sì, era pazza. E felice di esserlo.

Sentì un forte trambusto e immaginò che Raffaello si fosse avventato contro il fratello per ciò che aveva detto; scostò il lenzuolo e poggiò i piedi a terra, decisa ad andare fuori e dire la sua, per fermare quella pazzia. Non lo avrebbe lasciato lì fuori da solo, a prendersi quelle urla per una colpa che non esisteva.

Si chinò per raccogliere i pantaloni, che giacevano informi vicini ai pesi, e li indossò in fretta, cercando di fare meno rumore possibile per capire cosa stesse accadendo.

Hai pensato che potresti aver fatto del male a Isabel?” ansimò Donatello, probabilmente per lo sforzo di tenere fermo Raffaello.

Lei si fermò mentre tirava su la maglia dal pavimento, intrisa di sangue e lacerata. Come avrebbe potuto farle male? Lui non le avrebbe mai fatto del male. Era stato così dolce e tenero e impacciato.

Hai pensato che l'agente mutageno nel tuo corpo potrebbe aver infettato il suo?”

Ascoltò la frase di Donatello in trance, cercando di capirne il senso. Sapeva che erano mutati in seguito ad una sostanza di origine aliena... era possibile che si fosse trasmessa al suo corpo? Si guardò le mani, lentamente, come se si aspettasse di vedere una mutazione, l'apparizione di macchie o escrescenze, un po' allarmata.

Poi sorrise, con uno sbuffo.

Che sciocchezza. Si sentiva benissimo. Non c'era nessuna possibilità che il mutageno potesse trasferirsi nel corpo di altre persone. Donatello voleva solo spaventare Raffaello, per fargli capire di non fare nulla prima di aver pensato alle conseguenze.

Lasciò cadere la maglietta al suolo, impossibilitata ad usarla, e si diresse verso l'armadio, con le ante semiaperte, iniziando a cercarne una che potesse andarle bene.

Hai pensato che c'è la possibilità che Isabel rimanga incinta? E che in quel caso il suo corpo potrebbe finire dilaniato, impreparato ad affrontare una gravidanza con componente mutagena?”

La sua mano tremò mentre sfilava la maglia rossa dall'armadio, tanto che le cadde a terra, con un fruscio lieve.

Non aveva pensato ad una gravidanza. Non aveva pensato alla possibilità di rimanere incinta. Che avrebbe fatto se fosse stato vero?

No” sentì mormorare Raffaello, con un tono così colpevole che le fece male. Non era stata colpa sua. Se fosse stato per lui, si sarebbe fatto violenza fisica pur di non toccarla e non rompere il patto coi suoi fratelli. Era stata lei a dare il via, era stata lei a spezzare quella barriera tra loro e a chiedere di più.

Sai perché ci siamo dati quella regola, Raph? Non è solo perché sappiamo che tanto in ogni caso nessuna di loro ci amerebbe mai; quello è solo uno dei motivi, ma non il più importante.

Noi siamo diventati uomini, ma non siamo umani. Ci sono grosse differenze, cose che non conosciamo di noi stessi. Non sappiamo cosa comporti una relazione con umane. Non sappiamo se siamo compatibili fisicamente, non sappiamo se possiamo avere figli con loro, e se fosse non sappiamo cosa una gravidanza di base mutante comporterebbe per il loro corpo. Ci sono troppi misteri, troppe proibizioni, troppe incognite pericolose.

Tutti noi ci siamo invaghiti di un'umana, prima o dopo, ma sappiamo che non ci è possibile stare con loro.”

Ascoltò ogni parola di Donatello, accasciata al suolo, con le mani sul ventre, sconvolta. Se fosse rimasta incinta che cosa sarebbe successo al suo corpo? E come sarebbe stato il loro figlio per metà mutante, un quarto umano e un quarto mago?

Poteva essere vero? Poteva succedere davvero?

Pur nella preoccupazione non poté evitarsi di sorridere, nell'immaginarsi un piccolo bambino dal colorito verdognolo. E lei sapeva che avrebbe avuto quattro o cinque dita, come aveva detto a Raffaello durante il loro primo incontro.

Raffaello sarebbe stato un padre fantastico. Ne era certa. Ma quello non era il momento di avere dei figli. Era braccata da un pazzo che voleva sposarla contro la sua volontà per strapparle i poteri; rimanere incinta avrebbe comportato mettere in pericolo la vita di suo figlio.

Eppure non poteva farci niente. Se era successo, era ormai troppo tardi. E volente o nolente ne avrebbe dovuto sopportare le conseguenze.

Ma non era il caso di fasciarsi la testa prima ancora di averla rotta. Avrebbe affrontato un problema alla volta; il suo primo compito era uscire da lì e prendersi la sua giusta dose di urla e spiegare con calma agli altri, ergendosi a difesa di Raffaello.

Piantò le mani a terra e si alzò, con un solo gesto fluido, che le diede un po' di capogiro per l'irruenza.

E poi lo percepì. Con una fitta lancinante al petto che le spezzò violentemente il respiro per la sorpresa, percepì la sua presenza, da qualche parte lì fuori.

Gregor era a New York.

Si strinse le braccia al petto, scossa da spasmi di paura, facendo violenza su sé stessa per impedire all'urlo nella sua gola di uscire; si appoggiò barcollante all'anta dell'armadio, incapace di reggersi propriamente sulle gambe. Sentiva la sua cattiveria, sentiva i suoi occhi scivolare per la città, scrutando in cerca della sua presenza, sentiva l'aura di depravazione e furia selvaggia spargersi in ogni dove, intossicando l'aria.

L'avrebbe trovata. E avrebbe trovato anche Raffaello e la sua famiglia. Si ricordò con tenerezza e paura delle parole che lui le aveva detto prima di addormentarsi:

Ti proteggerò da qualsiasi cosa. Non lascerò che nessuno ti faccia del male, mai più.”

Sapeva che non era uno scherzo. Raffaello avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla... anche affrontare Gregor. Tremò al pensiero di cosa il mago avrebbe potuto fargli, solo schioccando le dita.

Non poteva permettere che Raffaello intervenisse. Non poteva lasciare che sapesse.

Sentì Don consigliare al fratello di salire in superficie per pensare e approfittò dell'occasione.

Con un respiro profondo si staccò dall'armadio e si gettò letteralmente sulla sua borsa, poggiata distrattamente sul comodino: frugò velocemente, togliendo fuori un blocco di fogli e una penna.

Scrisse, e la sua mano tremolò ad ogni parola, vergata contro la sua volontà, ma per il bene di Raffaello. Gli avrebbe fatto male, lo avrebbe ferito, lo sapeva, ma era una scelta che preferiva a quella di vederlo morire per colpa sua, mentre cercava di proteggerla.

La rilesse, ancora e ancora, maledicendo ogni dannata parola che aveva scritto. Persino lei si odiava, per quelle menzogne che facevano male.

Appoggiò il foglio sul cuscino, poi tornò a frugare nella borsa, con attenzione. Nella sua mano, quando la ritrasse, splendeva un meraviglioso ciondolo viola: staccò le due pietre che lo formavano, come se entrambe le parti fossero le metà perfette di un unico elemento e ne indossò una.

Portò alle labbra l'altra, baciando la fredda superficie; poi la appoggiò sul biglietto.

Si rialzò, con la borsa stretta in una mano e si diresse verso la porta, allungando l'altra verso la maniglia.

La afferrò con un tocco malfermo e dopo un profondo respirò la abbassò, aprendo l'uscio dolcemente, sui volti sconvolti e sorpresi di Leonardo, Donatello e Michelangelo.

Si imbarazzò oltremodo, ma prese coraggio, pronta a parlare con loro: avrebbe spiegato almeno un punto, prima di sparire.

Si richiuse la porta alle spalle, se non proprio pronta, per lo meno rassegnata a sparire da quella casa il prima possibile, per salvare l'unico uomo che avesse mai amato.




Note:

Salve.

Non sono sparita, visto? Questa One-Shot fa parte della ff “September in the rain”.

E' nata in parallelo al capitolo 13 “Hell out of Heaven”, perché mentre scrivevo quello che accadeva fuori dalla stanza, tra Raph e i suoi fratelli, non potevo fare a meno di pensare a cosa stava accadendo al di là della porta. Isabel ha sentito ogni cosa, (ovvio visto che urlavano) e ha reagito a tutti quei discorsi, ha pensato alle parole dette, ha pensato a difendere quell'amore. Eppure alla fine, per colpa dell'arrivo di Gregor, è dovuta scappare.

Insomma, è un missing moment della ff... anche se è assurdo!

Il tema della gravidanza, o della non gravidanza, è sviscerato bene in uno dei sequel, se avete la pazienza di seguirli tutti (perché ormai, se pubblico il secondo li pubblico tutti.) Questo non vuol dire che Isabel rimarrà incinta, eh! Solo che il tema verrà spiegato bene.

Vi rinnovo i ringraziamenti, anche per le recensioni all'ultimo capitolo della ff. Grazie ancora.

Il sequel arriverà presto, sperando che vi piaccia. Si intitola: “Just the way you are” e ci sarà un cattivone che conosciamo e molta più partecipazione delle altre tartarughe, soprattutto Leo. Basta, non vi anticipo più nulla.

Un grosso abbraccio affettuoso!

A presto

  
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