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Autore: Stars Trail    28/05/2014    2 recensioni
“Mi dispiace.”
“Ti perdonerò quando uscirai da qui.”
In cui Kiyoshi è ricoverato post partita contro la Kirisaki Daiichi e Hyuuga è un idiota.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Junpei Hyuuga, Teppei Kiyoshi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un fulmine a ciel sereno.
Non aveva mai capito perché si dicesse così finché Kiyoshi non lo ha guardato con un sorriso storto sulle labbra e lo ha messo davanti alla prospettiva di non poterlo più avere al suo fianco in campo - sicuramente, non fino all’anno prossimo.
Un fulmine a ciel sereno che avrebbe voluto veder cadere in testa a quel viscido schifoso di Hanamiya Makoto, e invece ha colpito lui, e Kiyoshi, e tutta la Seirin.
Lo trova profondamente ingiusto.

*

“Ehi. Dormi?”
Prende l’unica sedia nella stanza e la avvicina al letto di Kiyoshi con malagrazia, sedendosi e incrociando le braccia sul petto. Le molle del letto cigolano, quando il peso dell’altro si sposta per voltarsi verso di lui. Ha gli occhi impastati di sonno, Kiyoshi, ma riesce comunque a sollevare gli angoli della bocca per salutarlo nel modo più fastidioso che conosce.
“Hyuuga…”
“Sono le nove, non avrai intenzione di stare a poltrire tutto il giorno, mi auguro.”
Kiyoshi protesta e affonda il viso nel cuscino per soffocare uno sbadiglio e lavare via un po’ di quel sorriso che lo ha appena accolto, prima di rispondergli. “Non ho granché da fare, oggi. E non ti aspettavo. Dovresti essere a-”
“Hanno trovato un topo morto nel bagno delle ragazze al secondo piano. Probabilmente uno scherzo di pessimo gusto, ma scuola resta chiusa per tutto il resto della settimana.”
Per fortuna Kiyoshi ha ancora gli occhi chiusi, perché se lo avesse guardato avrebbe capito subito che quella è solo una bugia inventata su due piedi per giustificare la sua presenza.
“Queste cose succedono sempre quando io non ci sono.”
“Ti rimetterai abbastanza in fretta da poter contribuire a un’altra chiusura straordinaria della Seirin entro la fine dell’anno. E lo farai, perché questo non è un posto per te.”
Avrebbe preferito continuare a non vedere gli occhi di Kiyoshi. Invece no. Sorride, lo stronzo, ma il suo sguardo è tutto fuorché felice. E fa male.

*

Hyuuga guarda fuori dalla finestra, fissa il sole che viene rapidamente ingoiato dai palazzi sull’orizzonte e si porta con sé gli ultimi stralci di luce. Poco importa che gli pizzichino gli occhi, perché non ha alcuna intenzione di voltarsi e vedere il letto di Kiyoshi vuoto.
Non gli piace, quel posto. Non gli piace saperci quell’idiota dentro.
“Oh, vedo che hai ospiti, Teppei.”
Si volta solo quando sente la risata di Kiyoshi infrangersi contro le pareti della stanza, contro i suoi timpani che vibrano in un modo così fastidioso che fanculo tutto, vorrebbe solo essere in palestra a sfondare il canestro a furia di triple e non lì a sentire la testa riempirsi di pensieri dolorosamente inutili.
Kiyoshi ringrazia l’infermiera per averlo riaccompagnato in camera, e abbandona le stampelle ai piedi del letto prima di potersi sedere al bordo del materasso. Lui, in compenso, trattiene il fiato per qualche istante implorando la sua testa di tacere.
“Non pensavo di vederti, oggi.”
L’aria scivola dai polmoni con un respiro secco. “Riko è malata. Ne abbiamo approfittato per prenderci una giornata di riposo. A proposito, dice che quando starà meglio verrà a trovarti.”
“Ringraziala da parte mia.”
“Fallo da solo, hai un cellulare.”
Non sa cosa non sopporti più di lui, se il suo ridere per ogni minima cosa o se la maschera che tira su ogni volta che non vuole mostrare il suo dolore agli altri. Se non stesse già male lo riempirebbe di pugni.
“Sono contento tu sia venuto,” dice poi Kiyoshi, e dentro di sé si sente un po’ un mostro per avere certi pensieri ogni volta che lo guarda dritto negli occhi, ma è più forte di lui.
Forse riempirlo di pugni lo farebbe rinsavire.
“Sono il tuo capitano, cosa dovrei fare? Sono obbligato a venire qua, ed è colpa tua.”
Kiyoshi scuote la testa. Per quanta crudeltà possa metterci nel tono della voce, capirà che è soltanto una copertura, una maschera solida quanto la sua?
Riuscirà a vedere attraverso le crepe?
“Quanto ti dimettono?”
“Non lo so.”
E lui vorrebbe chiedergli di uscire da lì assieme, e ogni voglia di parlare muore in gola.

*

Tutti in palestra danno il meglio di sé per riempire il vuoto lasciato da Kiyoshi.
Vorrebbe che lui potesse vedere con i suoi occhi.
Vorrebbe vedere quel vuoto davvero riempito, perché ora come ora, gli sembra che gli sforzi di tutti, i suoi inclusi, sembrino vani.

*

Ci sono volte in cui rimane in attesa per minuti che sembrano ore, quando Kiyoshi è in sala a fare fisioterapia e lui è decisamente troppo in anticipo.
Ci sono volte in cui riesce a guardare quel letto e a desiderare di mettergli fuoco.
Ci sono volte in cui non riesce a sopportare la vista di quella stanza, e se ne va prima che l’altro possa dirgli ciao.

*

Riko sorride, gli stringe la mano con forza accarezzandone il dorso con due dita, senza guardando negli occhi.
“Non importa, non saremmo mai stati capaci di superare le selezioni per la Winter Cup,” senza di te, completa lui in automatico. “Ci riproveremo l’anno prossimo.”.
Hyuuga non capisce se sia sincera o se menta solo per risollevare il morale a quell’idiota, che in tutta risposta annuisce e sfoggia un sorriso a trentadue denti.
“No, Riko, è diverso. Non ci riproveremo, l’anno prossimo. Ce la faremo e basta.”
Vorrebbe poterlo odiare.

*

“Ho paura.”
Un fulmine a ciel sereno. Di nuovo.
Un po’ più forte. Un po’ più rumoroso.
“Che cazzo stai dicendo?”
Hyuuga non sa se voltarsi. Sa che se lo farà sentirà il mondo crollare sotto le scarpe e non può permettersi di vacillare, nemmeno se la punta della squadra sente di starsi perdendo per strada. Stringe il cornicione della finestra e trattiene il fiato. Conta. Da bambino lo ha sempre calmato.
Si vede che non è più un bambino.
“Ho paura. La fisioterapia non sta andando male, ma non fa miracoli. Non so quando mi faranno uscire, forse perderò la cerimonia di fine anno, probabilmente non potrò vedere nemmeno la fioritura dei ciliegi. E non siamo nemmeno a dicembre, e… ho paura.”
Pausa. Lui non sa davvero cosa rispondere. Al momento la sua testa è piena di nebbia che non riesce a far diradare, è piena del suo nome che si accavalla sui pensieri di senso compiuto - quei pochi che riesce a fare, comunque.
“Che faccio, se non posso più continuare a giocare? Che faccio se esco di qui e mi rendo conto che non è servito a niente?”
Kiyoshi.
Hanamiya morto. Investito da un tram, con la testa fracassata da una mazza chiodata, avvelenato dal cianuro, in qualunque modo possa concepire una mente umana più insana della sua. Non ha mai augurato la morte a nessuno. Questa è la prima volta e lo riempie di disgusto.
Non per se stesso. Per Hanamiya. Giura su Dio che gli farà il culo.
Kiyoshi.
Kiyoshi.
Ki-
“Piantala di dire stronzate.”
Si gira, e rimane spiazzato. Per qualche istante si ritrova a fissare il volto arrossato di Kiyoshi senza riuscire a dire mezza parola.
Non lo vede piangere spesso. È per questo che odia vederlo in quelle condizioni. Si fissano per secondi che durano troppo, prima che finalmente riesca a dire qualcosa, ad avvicinarsi persino al suo letto. “Piantala. Tu uscirai da questo cazzo di posto per l’Interhigh, per la Winter Cup, per qualunque cosa ci aspetti l’anno prossimo. Tu uscirai, e starai in piedi sulle tue gambe, perché giuro sulla tua testa di cazzo che se non succede girerò nudo per tutta la scuola facendo il ballo di Enoshima finché la vergogna non sarà troppa e mi suiciderò.”
Gli poggia le mani sulle spalle, stringendo un labbro tra i denti e sforzandosi di guardarlo negli occhi. Di solito è lui a sfuggire il suo sguardo, invece adesso quello di Kiyoshi scivola coe se fosse intriso d’olio. “Kiyoshi. Guardami.”
E lui obbedisce, e di colpo non sembra avere sedici anni, no. Non sa decidersi se ne abbia dieci di meno o cinquanta in più.
“Non voglio essere un peso.”
“E non lo sei.”
“Non voglio-”
Lo farà andare fuori di testa. Se lo sbatte praticamente addosso, e se ne pente nel momento in cui i loro denti cozzano e gli mandano una scossa dolorosa alla testa, prima che le labbra possano sfiorarsi in modo decente. Sente il respiro di Kiyoshi fermarsi più o meno assieme al suo, mentre il sangue scorre così tanto da fargli sentire uno sfrigolio alle orecchie. Non ha idea di cosa gli prenda, non sa perché si stia scoprendo in maniera così spudorata, ma può sopportare Kiyoshi finché sorride, può sopportarlo finché fa il cretino che pensa seriamente di poter tenere sulle spalle il peso del mondo, non così. No, così proprio non ce la può fare.
Non avrebbe mai pensato di baciarlo per la prima volta nella sua stanza d’ospedale. Avrebbe voluto fosse diverso, avrebbe voluto sentire il sapore della sua bocca, non quello delle sue lacrime, ma tant’è. Non può tirarsi indietro ora, e di certo non può cancellare dalla sua mente le nuove informazioni che ormai hanno aderito alle pareti del suo cervello.
Non vorrebbe neppure, in ogni caso.
Incastra le labbra tra quelle di Kiyoshi diverse volte, prima di trovare il coraggio di allontanarsi per guardarlo in faccia. Ed è un miracolo, che ci riesca, è un miracolo che riesca a sostenere il suo sguardo umido nonostante il bruciore al viso e il cuore che preme impazzito contro il suo petto. Fa fatica a parlare, e non ha davvero idea di quanto tempo impieghi ad articolare quelle poche parole che escono dalle sue labbra. Ma deve dirle, perché altrimenti l’imbarazzo sarà così opprimente da farlo scappare e non tornare mai più lì dentro.
“Spegni il cervello e smetti di pensare a queste stronzate. Non farmelo ripetere un’altra volta.”
Ha bisogno di un’ancora.
Ironicamente, Kiyoshi è la cosa che più le si avvicina. Stringe con forza le mani sulle sue spalle, cercando di trattenersi dal tremare come una ragazzina a caso pescata da uno shoujo manga. Non è granché bravo.
“Il novanta per cento delle volte vorrei prenderti a schiaffi. Odio quando ridi, odio quando continui a ripetere che davanti a tutto bisogna mettere il divertimento, odio il tuo costante sacrificarti per gli altri perché da bravo idiota credi di dover sopportare tutto da solo. Smettila, perché non è così. E soprattutto non è così che aiuterai la squadra. Abbiamo bisogno di te,” e si ferma, respira, e in tre secondi decide se vale la pena far crollare ogni difesa. “Io ho bisogno di te. Per cui adesso calmati e rassegnati all’idea che non c’è scritto da nessuna parte che il tuo futuro sia lontano dal campo di basket.”
Si lecca le labbra, cercando di alleviare la sofferenza di una bocca improvvisamente secca. Kiyoshi sorride, ma è così debole che sembra una smorfia di dolore. È ridicola, la quantità di lacrime che continua a produrre. “E basta piangere, morirai disidratato, altrimenti.”
Finalmente ride. Ed è una risata così calda che si sente contorcere dentro. La sua mano si solleva da sola, il pollice che gli asciuga una guancia come meglio può.
“Mi dispiace.”
“Ti perdonerò quando uscirai da qui.”
E stavolta, baciarsi ha tutto un altro sapore.

*
Kiyoshi è una colonna, è un muro, è la figura stabile a cui tutti, lui incluso, fanno riferimento.
È una sicurezza, averlo in campo. È la corda pronta a stringersi attorno alla vita di chi è in difficoltà per rimetterlo in piedi.
Hyuuga sa che è troppo presto per gioire. Sa che da un momento all’altro potrebbe dover correre di nuovo all’ospedale, potrebbe correre il rischio di sentire pronunciare le parole che teme di più al mondo dalla bocca irremovibile di un medico. Ma al momento non importa.
Se per Kiyoshi vale la pena essere lì, allora sicuramente vale anche per lui.

   
 
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