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Autore: Some kind of sociopath    28/05/2014    3 recensioni
Anno 1769: Haytham E. Kenway, dopo il suicidio dell'amico Jim Holden e la morte della sorella Jenny è tornato a Boston alla ricerca di Tiio. Lei è sopravvissuta all'incendio del villaggio, nonostante il figlio non lo sappia, e Haytham ha intenzione di ricucire la sua famiglia, quella che non è riuscito ad avere nella propria gioventù. Ma non ha messo in conto gli altri Templari, il suo vecchio Gran Maestro Reginald Birch e la piccola e fastidiosissima Confraternita degli Assassini...
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Il testo dei primi due capitoli è stato rivisto e modificato. Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate al riguardo e quale "versione" preferite, ;)
 
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Achille Davenport, Altro personaggio, Connor Kenway, Haytham Kenway
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Robert Newton era ancora lì, insieme alle sue fanatiche seguaci? O magari era stato promosso? Non mi importava davvero, ma l’idea di quel giovane sagrestano, con i suoi sogni di libertà, la paura di non essere all’altezza delle situazioni e quell’idolatrare spudoratamente Paul Revere mi faceva quasi tenerezza. Era un bravo ragazzo. E non mi avrebbe fermato, al contrario di Connor. Forse mi avrebbe aggiornato sui suoi progressi, o mi avrebbe detto che i Figli della Libertà erano in gran forma, ultimamente.
– Merda! – Un consiglio: non pensate mai a un dannato sagrestano mentre scalate la parete di una chiesa. Specie se vi manca un dito. – Merda! – ringhiai artigliando con l’indice sinistro il primo appiglio disponibile. Avere tre dita invece di quattro può essere decisamente fastidioso, specie quando ci si ritrova a quell’altezza. Non mi ero ancora abituato all’idea di non avere quel dito, di essere stato apertamente fottuto dai Mohawk. Una gran bella vendetta. Vendetta per cosa, poi? Nessuno di noi aveva rubato la loro terra – non dopo che io avevo ucciso William – e non avevamo nemmeno bruciato il villaggio. Lasciamo perdere. Troppo cocciuti, loro.
Ricominciai a scalare la Christ Church con un po’ d’affanno, ancora in preda al panico per la caduta sfiorata. Se mi fossi spezzato la schiena cadendo? Connor avrebbe avuto la possibilità di uccidere tutti loro. Benjamin, Charles, Thomas, Reginald, uno dopo l’altro, con quei gesti teatrali che permettevano tutto tranne una sparizione silenziosa. Sputai verso la terra inveendo mentalmente contro gli Assassini, quel branco di stupidi. – Non ricordavo fosse così faticoso – grugnii accasciandomi sul cornicione del tetto, una mano sul petto e il respiro affannato. L’intera città era ai miei piedi. Il mare alle spalle, l’isola che si spandeva sottile e pullulante vita, civilizzata ma caotica, in tutta la sua bellezza. Era un bel posto, sì. Anche da lassù spiccava il rosso delle divise britanniche e l’ordinata fila costiera di Fort George era visibile da quasi ogni zona della città. Non sia mai che dimenticassimo di essere in guerra.
Appena il mio respiro si calmò mi sistemai meglio sul cornicione, cercando di concentrarmi sull’andirivieni sotto i miei piedi ciondolanti nel vuoto. Strizzai gli occhi e battei le palpebre, come avevo fatto le altre volte. Non doveva essere tanto difficile. L’Occhio dell’Aquila era dentro di me, ma i due spiriti nella mia testa non sembravano volermi dare una mano, anzi. Recentemente Minerva e Giunone si erano chiuse in un insistente silenzio, come se a loro non interessasse riunire l’Ordine – perché, effettivamente, così era: non le interessava affatto –, bastava fare il minimo indispensabile perché rimanessi in vita. L’Ordine era un mio scopo, un mio interesse. D’altronde, se fossi morto a quel punto sarebbe stato decisamente uno spreco, da ogni punto di vista. Perdere un uomo affascinante come me. Non ce ne sono molti.
Scrollai il capo per liberarmi di quei pensieri stupidi e feci battere velocemente le palpebre, respirai piano, provando a concentrarmi di più sul popolo, su chi fossero veramente quelle persone, su cosa si nascondesse dentro di loro, sulla loro reale natura.
La mia vista mutò così d’improvviso che quasi caddi giù dalla torre campanaria, sobbalzando. L’intera città era diventata blu, come il mare di notte, ed era incredibile la quantità di rosso che illuminava qui e lì New York. Come pesci. Erano soldati, giubbe rosse e patrioti, i miei nemici – sì, avevo imparato a riconoscere quella luminescenza vermiglia come quella caratterizzante gli uomini che mi erano avversi – sparpagliati in modo più o meno omogeneo per l’intera isola. In corrispondenza dei forti il rosso era così intenso da fare male agli occhi.
E Thomas? Di che colore sarebbe stato il mio ex socio? E se in quegli anni, in quei dannati tre anni che mi separavano dal Tea Party, lui fosse cambiato? Se quel patto di sangue non fosse mai contato nulla, Dio, forse Thomas mi aveva sempre mentito. Magari Hickey era uno di quegli uomini rossi. Non sapevo come avrei reagito se avessi scoperto che mi voleva morto anche lui.
Gesù, non volevo accadesse. Non volevo un altro uomo contro di me, specie se appena tre anni prima mi aveva giurato fedeltà.
Ma è la fedeltà di Thomas Hickey, brontolò l’abnorme lato disilluso dentro di me. Quanto può valere?
Ah, zitto.
Di qualsiasi colore fosse Thomas, da lì non sarei riuscito a vedere un bel niente. Scrollai il capo e mi tirai faticosamente in piedi, battendo le palpebre per il contrasto tra l’Occhio dell’Aquila e la mia solita vista. Tutto sembrava così caotico, ora. Rumoroso e disordinato, proprio come non volevamo che fosse. Con un sospiro, lanciai un’occhiata sotto la chiesa. Sei un idiota, mi dissi reggendomi al tetto. Quanti anni pensavo di avere, venti? Lentamente, mollai la presa e feci un minuscolo passo avanti. Bastava avere un po’ di fiducia, no?
Allargai le braccia e presi fiato, pronto a saltare.
Poi il mio piede destro scivolò nel vuoto. – Cazzo! – ringhiai artigliando con tutte le mie forze il cornicione. Il vento mi aveva fatto perdere l’equilibrio, spingendomi giù dal tetto. Così impari. Stavo scalciando nel vuoto con i denti scoperti e il cuore che batteva all’impazzata, il fiato grosso, la mente in palla. Tirati su! Non sapevo cosa fare. Tirati su, maledetto imbecille! Le tre dita della sinistra stringevano la pietra impregnate di sudore, e restare aggrappati era sempre più difficile.
Non mollare!
Il cornicione scivolò sotto le mie dita e caddi, l’aria che fischiava attorno a me. Forse una palla di cannone si sentiva esattamente in quel modo. Chiusi gli occhi sentendo le braccia che mulinavano nel vuoto indipendentemente dalla mia volontà, le gambe che scalciavano, e nessuno attorno a me ci faceva caso. Una palla di cannone, solo una palla di cannone.
Quando atterrai, pensai di essermi spezzato la schiena, vivo solo per morire di una lenta agonia, i denti stretti e i palmi sanguinanti, le unghie affondate nella carne. Non sentivo niente. Mollai un colpo con il piede e spalancai la bocca nel banale tentativo di respirare.
Per poco non soffocai.
Con la tosse che mi squassava il petto, diedi una spinta con le gambe – sperando nel meglio – e tirai fuori il busto dal mucchio di fieno che aveva attutito la caduta. Ero in un carretto, abbandonato lì per ironia del fato. Incredibile. Non mi avrebbe ucciso una caduta di chissà quanti metri, ma un mucchio di paglia secca. Che ironia.
– Cristo – biascicai appena la tosse smise di tormentarmi. – Cristo. – Mi accasciai di nuovo nel carretto, i gomiti poggiati alle pareti laterali.
Non era possibile. Non potevo essere vivo, non dopo una caduta del genere.
Eppure lo ero. E muovevo le mani, i piedi, respiravo agevolmente, la schiena mi doleva appena. – Grazie a Dio – grugnii passandomi una mano sulla fronte e lanciando un’occhiata di sottecchi alla chiesa.
– Prego – replicò Giunone da dietro la mia fronte. – Non c’è di che. – Sembrava scocciata, e posso capirla. Delle due, lei era quella che mi detestava di più e confidava meno in me. Ciononostante, mi voleva vivo. Entrambe mi stavano tenendo in vita per qualcosa di cui al momento non mi preoccupavo.
I miei soci, gli altri Templari, Thomas Hickey in particolare. Ecco di cosa mi preoccupavo.
Scivolai fuori dal carretto di fieno cercando di darmi un’aria composta. – Porco demonio! – Mi voltai con una certa sorpresa, continuando a spolverarmi la redingote con nonchalance. Alle mie spalle c’era un ragazzino macilento sui dodici anni, i capelli neri che parevano tagliati con un coltellaccio e la faccia sporca. – Come avete fatto?
Sollevai l’angolo della bocca in un mezzo sorriso. – Talento, giovane.
Quello roteò gli occhi. – Mi prendete in giro?
Gli risposi dopo aver eliminato l’ultimo pezzo di fieno dalla redingote. – Forse. – E gli lanciai una moneta in un gesto teatrale, continuando a sorridere. Stavo per dirgli di andarsi a comprare una pagnotta quando mi venne in mente che doveva essere senza dubbio cresciuto in strada. Glielo si leggeva in faccia. Lo afferrai per la collottola mentre mi voltava le spalle, pronto a sparire tra i vicoli per spendere la sua sterlina nella contemplazione del decolleté di qualche prostituta. – Ancora una cosa, ragazzo – sibilai spingendolo contro il muro della chiesa. – Hai mai sentito parlare di Thomas Hickey?
Il suo sguardo si fece incredibilmente duro. Strinse i pugni e fece scrocchiare il collo, come chi è pronto per una rissa nuova di zecca. – Perché lo cercate? Siete forse uno di quei cani che deve sempre infilare il naso negli affari altrui? Il signor Hickey è un uomo onesto! – Pareva che qualcuno gli avesse infilato quelle frasi nella testa a forza di ripeterle. Quindi eccoli qui, i dipendenti di Thomas nei suoi giri d’affari. Non aveva imparato a non fidarsi del primo ragazzino che incontrava per strada, a quanto sembrava.
Ridacchiai, inchiodandolo alla parete con il ginocchio. – Cos’è, ti ha pagato un giro a puttane e ora credi sia Cristo sceso in terra? – Forse era crudele, da parte mia, ma non m’interessava. Sapevo che Thomas era pur sempre Thomas, e bastava una notevole quantità di birra a mandarlo su di giri. Era un tipo perspicace, comunque, attento ai bisogni degli uomini. E per bisogni sapete cosa intendo, dato che è sempre di lui che sto parlando. – Sono un suo vecchio amico. E non ti sto prendendo in giro. – Gli sventolai la mano destra davanti alla faccia, l’anello dei Templari in bella vista. – Lo porta ancora, vero?
Quello irrigidì la mascella. – E chi mi dice che non siate un impostore che vuole uccidere il signor Hickey?
Sollevai gli occhi al cielo. Che palle. – Se non ti fidi di me, portami da lui. Credi che correrei il rischio di raggiungerlo personalmente se pensassi che potesse attaccarmi? Non sono ancora un idiota. – Per dimostrargli che non avevo così cattive intenzioni, lo liberai dalla spinta del mio ginocchio e lo afferrai per la casacca.
– D’accordo – fece il ragazzetto cercando di scostarsi. – Però dovete mollare le armi.
Non scoppiai a ridergli in faccia solo perché la sua espressione era decisamente seria. – Mi prendi in giro? – replicai facendogli il verso. Non colse l’ironia.
– No. Voi mi date le armi e io vi porto dal signor Hickey. Questi sono i patti. – Scrollò le spalle con strafottenza.
Stronzetto. – Senti un po’, se davvero vuoi le mie armi posso infilartele nel corpo una per una e sfilartele solo quando sarai un pezzo di carne senza vita. Sempre che tu le voglia davvero, sai, bisogna dimostrare di tenerci. – Strinsi la destra sull’impugnatura della pistola che avevo al fianco e vidi il ragazzo impallidire. – Portami da Thomas.
Mi squadrò sforzandosi di recuperare quel poco di coraggio che gli era rimasto in corpo. – Bene! Ammazzatemi! – ringhiò con gli occhi lucidi. – Tanto nemmeno io so dov’è! Non posso aiutarvi!
Sbuffai. – Non fare il bastardo, ragazzo. Se vuoi rendermi il compito difficile puoi farlo, ma sappi che ne va della tua vita, non della mia. Dimmi solo in che zona bazzica e ti lascerò andare. E se non lo trovo, caro il mio ricattatore da due soldi, ti verrò a cercare, dovessi frugare in tutto il Nuovo Mondo, ti mozzerò un dito e te lo chiederò di nuovo. A quel punto ti trascinerei con me in modo da potertene tagliare un altro in caso avessi mentito, e così via. Capito il concetto? – Lo guardai dritto in quegli occhi dello stesso colore del carbone. Lo sguardo del ragazzetto s’abbassò di scatto, incrociando la spada corta che dondolava al mio fianco. Potevo scommettere che di lì a poco se la sarebbe fatta addosso. – Oh, hai visto la spada. Bravo. Esattamente come hai visto tutte le altre armi. E se credi che non sappia usarla, ti farò cambiare idea molto presto.
Ecco. Guardate come mi ero ridotto. Minacciare un ragazzino per trovare il bersaglio. Questo è ciò che succede a rimanere soli. Quanto mi sarebbe piaciuto avere ancora degli uomini sotto di me – gente affidabile – da mandare alla ricerca di Thomas, ma la situazione era quella che era. Dovevo arrangiarmi. – In centro – sibilò il ragazzino con la voce piccola. – Dalle parti del mercato. Di solito ci riuniamo in quella zona. E ora mollami. – Lo tenni stretto ancora un po’ mentre assimilavo l’informazione. Non troppo lontano, dunque. Bene. – E mollami, Cristo!
Gli mollai solo una spintarella che lo mandò a sbattere di faccia contro la parete della chiesa. Mi lanciò un’occhiata di disapprovazione e timore a cui risposi scrollando le spalle con un mezzo sorriso. – Ci vediamo. Manderò i tuoi saluti a Thomas.
Quello si massaggiò la guancia con un sogghigno. Aveva recuperato il proprio antico fegato. – Fottiti – borbottò.
Replicai mostrandogli il terzo dito della mano sinistra mentre mi allontanavo. Almeno non mi avevano mozzato anche quello.
 
Il mercato di New York? In fondo era simile al mercato di qualsiasi altra città, diciamocelo. Alimentari, libri, il raccolto di quell’anno, oggetti vari, ladri che rubacchiavano di qua e di là mandandosi strizzatine d’occhio e armeggiando abilmente con coltelli e lacci. Il solito tran-tran. Io, però, non avevo intenzione di comprare un nuovo orologio da taschino o un sacco di farina.
Mi lasciai cadere sulla prima panchina libera, cercando di pensare a dove avrei potuto trovare Thomas. Mi bastava prenderlo da parte e dirgli che stava per fare la cosa più stupida che un essere umano avesse mai architettato, specie in quel momento. Il problema alla base era che Thomas non si trovava. – Merda – grugnii passandomi le mani in faccia.
Poi la fortuna cominciò a girare. – Allora tu mi vuoi fregare! Non sono ancora un idiota, sai? Guardie! Guardie! Dove diavolo sono quei moschetti che camminano quando ti servono?
Un mercante si stava sbracciando come un pazzo dalla propria bancarella, cercando di attirare l’attenzione dei soldati. A pochi passi dalla mia panchina c’erano due uomini dell’Esercito Continentale, uno che si appoggiava con noncuranza al moschetto, l’altro intento a pisciare contro la parete di una casa. – E questo che vuole? – grugnì il secondo rimettendosi l’uccello nei calzoni. Poveraccio, interrompere un’attività così costruttiva per le lamentele del popolo. Non lo biasimavo. – Non si può nemmeno fare una pisciata in santa pace…
Si avvicinarono alla bancarella con passo annoiato. – Ah, alla buon’ora! – sbottò il mercante agitando le braccia. – Se n’è andato! Era uno di quei falsari bastardi. – Lanciò un’imprecazione sputacchiando come una fontana.
Il patriota che non aveva pisciato assunse di nuovo la propria posa noncurante, poggiando il calcio del fucile a terra e caricandovici il peso manco fosse un bastone da passeggio. – Un altro uomo di Hickey?
– Proprio uno di quelli! – proseguì il mercante con trasporto. – Che Dio vi abbia in gloria per tutto ciò che fate, davvero ­– non riuscii a capire se si trattasse o meno di sarcasmo, – ma non riuscite proprio a prendere quel figlio di brava donna? I suoi mi stanno mandando alla rovina! Metà dei miei ricavi è fatta con quella cartaccia colorata, e io ho una famiglia da sfamare! Che dirà mia moglie, eh?
L’altro soldato si grattò vistosamente prima di rispondere scrollando le spalle. – Non è certo colpa nostra se sei troppo idiota per tirare fuori le palle e chiuderle la bocca! – disse facendo la voce grossa. Forse non volevano catturare Thomas perché sentivano di assomigliargli, in un certo senso. Quell’uomo avrebbe venduto sua madre per del denaro da spendere, ma nessuno poteva fargli cambiare idea riguardo i suoi principi. Era un dannato mulo, Thomas Hickey. Almeno sta dalla mia parte, mi ripetevo a forza. Almeno sta dalla mia parte.
Il mercante sbuffò. – Non è questo il punto! È andato di là – sbottò indicando verso nord, – perché non lo seguite? È il vostro lavoro, mi pare.
Per la sua insolenza si beccò un calcio di moschetto nel ventre e qualche pagnotta portata via dalla bancarella. Nessuno può permettersi di dire all’Esercito Continentale, supremo difensore della patria e assiduamente interessato alle rogne dei meno abbienti, che non sa fare il proprio lavoro. Giammai.
Decisi, per una volta, di fare la parte dell’Assassino e d’interessarmi io ai guai di quel pover’uomo. Sperando che avesse ragione e non fosse solo un povero vecchio pazzo, superai i soldati a passo di marcia e puntai dritto verso la direzione indicata dal mercante, constatando che la caduta dal tetto della Christ Church e l’età non mi avevano ancora reso incapace di correre abbastanza in fretta.
A fregarmi c’era il fatto di non aver visto in faccia l’uomo di Thomas. Poteva essere uno qualsiasi di quei loschi tizi che si affaccendavano per il mercato con aria sospetta, io non l’avrei riconosciuto. Probabilmente nemmeno l’Occhio dell’Aquila poteva aiutarmi in una situazione simile, dato che non sapevo letteralmente chi cercare. – Dannazione – brontolai tra me fermandomi ad un angolo con le mani sulle ginocchia.
Quindi Thomas gestiva un giro di falsari, eh? Non ci avevo ancora pensato. Falsari. Soldi facili, certo, ma bisognava anche essere abbastanza furbi da saperli fare, i soldi. E metterli nel posto giusto. Se avessi gestito io quel traffico mi sarei assicurato di usare e far circolare il falso denaro in luoghi che frequentavo poco. Sganciare, salire sul primo cavallo, andarsene e non tornare in quella città per un bel po’. Almeno due mesi.
Probabilmente Thomas si trovava troppo bene a New York per mollare la presa. Magari le puttane di qui sono migliori di quelle bostoniane. E che ne so io? Sospirai, passandomi una mano sulla fronte. Dovevo impegnarmi di più, perché sapevo perfettamente che se Connor l’avesse trovato prima di me gli avrebbe tagliato la gola. Ripresi a camminare, infilandomi in ogni microscopico vicolo della città, passando accanto a cenciosi mendicanti e a qualche iracondo pescivendolo, zigzagando tra gli acquirenti del mercato e accettando placidamente i fiumi d’imprecazioni che mi investivano quando urtavo qualcuno. Non avevo tempo per seminare zizzania, non avevo tempo per cazzeggiare in quella maniera.
Verso mezzodì escogitai un nuovo modo per catturare Thomas.
Mi piazzai su una panchina della Broadway, comportandomi come chi non ha niente di meglio di fare, situata proprio di fronte alla più famosa taverna della città. Avrebbe sentito il richiamo dell’alcool presto o tardi, ed eravamo vicini all’ora di pranzo. Il momento in cui la sete di birra comincia a prendere il sopravvento.
Un vecchio scozzese aveva cominciato a parlarmi della vita che conduceva dall’altra parte dell’Oceano – e, devo essere sincero, trovavo piuttosto offensivo che quell’uomo non si rivolgesse a me chiamandomi giovanotto, ma immagino di doverci fare l’abitudine, no? Stavo dicendo che questo scozzese aveva deciso di sfruttare la mia compagnia quando vidi Thomas uscire di soppiatto da un vicolo, la borsa ciondolante al fianco e un fascio di banconote in mano. Scattai in piedi brontolando un saluto e qualche commento su come le Colonie non avrebbero mai potuto competere con la vecchia isola, poi scattai all’inseguimento di Thomas, artigliandolo per la giacca senza tante cerimonie e trascinandolo nel vicolo da cui era uscito. – Ehi! Chi cazzo credi di essere? – aveva sbottato provando a girarsi.
– Quello che t’impedirà di fare la più grossa idiozia della tua vita – replicai spingendolo al muro in modo più delicato rispetto a quanto avevo fatto con il suo dipendente.
Si voltò verso di me e sulla sua faccia apparve un’espressione stupita. – Haytham? – Era sempre il solito, almeno all’apparenza. Il tricorno calato in testa, lo sguardo sveglio e le mani veloci, ma le sue labbra, solitamente piegate in un sorrisetto sghembo – Dio, l’idea che avesse quella stessa espressione mentre stuprava Tiio mi ripugnava, ma dovevo reprimerla, dovevo – erano aperte in una forma vagamente circolare.
Sospirai. – Ti può sapere che diavolo ti salti in testa, Hickey? – chiesi cercando di non pensare a come poteva essere andata tra lui e Tiio. L’ultima volta che l’avevo visto ero troppo preoccupato per Charles, troppo preso per pensare a quella faccenda che, nonostante tutto, non aveva mai smesso di tormentarmi. Certo che Reginald sapeva come mettermi ogni singolo uomo contro, ma non poteva sapere quanto potessi cambiare pur di toglierlo di mezzo, toglierlo dal trono che, almeno ufficialmente, spettava a me.
Non potevo liberarmi di Thomas “solo” per via di quella faccenda. Avevo bisogno di un appoggio, un bastone della vecchiaia forgiato in legno templare. No, questo non significa che io sia vecchio. Levatevelo dalla testa. – Per l’amor di Dio, Thomas, dimmi che sei ubriaco.
Il mio socio si massaggiò la spalla, guardandomi come se fossi appena piombato giù dal cielo con le ali di piume e un’aureola intorno alla testa. – Di che stai parlando?
Fa anche finta di nulla, complimenti. – Della tua giacca nuova – risposi roteando gli occhi. – Secondo te? Di Washington e della tua intenzione di ucciderlo.
Si passò la mano sulla fronte e il solito ghigno poco raccomandabile prese il posto di quell’aria basita che aveva assunto fino a un attimo prima. Sapeva esattamente di che stavo parlando. – E che cosa c’è di male? Credevo fossimo d’accordo, almeno su questo. – I suoi occhi stavano scavando nei miei per mettermi a disagio, una cosa che Thomas sapeva fare molto bene. Oserei dire che, quando i Templari erano ancora sotto la mia guida, era il nostro intimidatore ufficiale. Fedele all’Ordine eccetera, ma quando si trattava di grandi guadagni, sangue e simili, Hickey non era solito tirarsi indietro. Si scavò in tasca e ne tirò fuori un foglio piegato. – Mi è parso di capire che qualcuno ci ha già provato, e nemmeno troppo tempo fa.
Non ebbi nemmeno bisogno di vedere quel dannato pezzo di carta. La marca visibile in controluce parlava da sé. Era uno dei miei manifesti, consunto e usurato per il tempo, risalente al mio attentato alla vita di Washington. – L’ho scoperto da questi, Haytham. Da questi cazzo di fogli. Perché non me l’hai detto? Avremmo potuto farlo insieme, maledizione!
Oh, Cristo, un altro che chiedeva spiegazioni. E io dovevo fornirgliene, purtroppo. Spiegazioni serie, perché Thomas Hickey non era stupido e non si sarebbe accontentato di un “sai, il mio comportamento non è sempre razionale”. – È stata una decisione improvvisa e avventata – sibilai avvicinando il viso al suo, – perché ad attendermi al valico c’erano Charles e Reginald. Sono stato catturato. – Inclinai il capo di lato, come per sminuire l’accaduto. – Quasi ucciso, direi. E tutto perché volevo Washington morto. – Sbuffai, guardandolo negli occhi scuri carichi di disprezzo. – Non devo giustificarmi con te, Thomas. Inoltre credo tu sappia che John Pitcairn è stato ucciso.
Si lasciò andare ad un sospiro triste. – Prima William, ora lui. I bastardi ci stanno decimando.
Dovetti sforzarmi per non abbassare lo sguardo. Cazzo, lui non sapeva che ero stato io ad uccidere effettivamente William. Non lo sapeva nessuno dei miei. E in fondo, be’, a chi fregava? Nessuno si cura dei morti. Che l’avessero ucciso gli Assassini o meno, William Johnson era bello che trapassato. Forse avrei dovuto… ma no. – Appunto. E conoscono il tuo grande piano. – Mi passai una mano sulla fronte. – Thomas, ricordi quando abbiamo parlato l’ultima volta? Ti avevo detto che ho bisogno di avere qualcuno di voi dalla mia parte, non è vero? – Il suo sguardo si fece perplesso. – Ne sono morti due. Non posso permettermi altre perdite, e tu in questo momento mi sei più utile di Ben, dato che non ho idea di dove sia né di cosa stia facendo. Vuoi uccidere Washington? Bene. Ma non adesso. – Lo stavo guardando dritto negli occhi cercando di sciogliere la sua fierezza, di fargli capire che avevo ragione. – Non con gli Assassini alle costole. Una squadriglia tiene d’occhio il generale notte e giorno, e tra loro c’è anche mio figlio. – Thomas, per quanto non avesse visto recentemente Connor, sapeva della sua esistenza. Era con Charles, il giorno dell’incendio. Avevano portato via Tiio, tenendola prigioniera fino al mio arrivo, in modo che Reginald potesse avere la propria vendetta servita su un piatto d’argento. – Birch s’è dato alla macchia, sicuro, ma non mi attira l’idea che tu possa essere ammazzato da un Assassino solo perché non hai riflettuto su questa cosa.
Aggrottò la fronte. – Mi credi tanto stupido?
Dipende dai casi, ma solitamente no. – Credo solo che persino un piano apparentemente perfetto abbia degli intoppi di qualche tipo. – Sospirai. – Gli imprevisti solo ovunque, Thomas. Io abbasserei un po’ la cresta e ci penserei, fossi in te.
Incrociò le braccia, scrollando vigorosamente il capo in una risatina. – E perché non mi aiuti tu, a far fuori Washington? Insomma, sei così esperto in tutto ciò che riguarda questo genere di cose, quindi aiutami. O te la fai sotto all’idea di rischiare, eh, capo?
Dio, un po’ egocentrico, il nostro Tommy. Gli mostrai un sorriso sghembo. – Non ho mai detto che non ti avrei aiutato a farlo fuori. Solo che non è il momento giusto, dato che abbiamo un problema decisamente più incombente.
– Gli Assassini – ringhiò con gli occhi vitrei.
– Complimenti, vedi che non sei poi tanto stupido?
– Gli Assassini!
Sguainò la spada e sentii la terra tremare. Ebbi appena il tempo di darmi mentalmente dell’idiota, poi chiusi gli occhi, aspettando che i pugnali da lancio m’affondassero nella schiena mettendo fine alla mia vita. 
  
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