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Autore: Smeralda Elesar    28/05/2014    3 recensioni
:-Madame? Siete voi mia maman?-:
La Thénardier si girò verso di lei con uno sguardo feroce e Cosette si fece piccina piccina più di quanto non fosse già.
:-Io? Ma come ti viene in mente, razza di piccola screanzata? No che non sono io tua madre, ci mancherebbe altro!-:
Cosette stette un po’ a pensarci in silenzio.
:-Allora potrebbe essere Madame Trebouchét?-:
Madame Trebouchét era gentile con lei, e le madri di solito sono gentili.
La Thenardier scoppiò in una di quelle sue risate grosse e sguaiate da carrettiere.
:-La Trebouchét? Ah, questa sì che è bella! La Trebouchét! Quella, vecchia com’è, potrebbe essere due volte tua nonna! Ora vedi di metterti a lavorare invece di fare tante chiacchiere, prima che ti ci faccia filare io a ramazzate-:
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cosette
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Maman

 

 

:-Madame? Siete voi mia maman?-:

 

La Thénardier si girò verso di lei con uno sguardo feroce e Cosette si fece piccina piccina più di quanto non fosse già.

 

:-Io? Ma come ti viene in mente, razza di piccola screanzata? No che non sono io tua madre, ci mancherebbe altro!-:

 

Cosette stette un po’ a pensarci in silenzio.

 

:-Allora potrebbe essere Madame Trebouchét?-:

 

Madame Trebouchét era gentile con lei, e le madri di solito sono gentili.

La Thenardier scoppiò in una di quelle sue risate grosse e sguaiate da carrettiere.

 

:-La Trebouchét? Ah, questa sì che è bella! La Trebouchét! Quella, vecchia com’è, potrebbe essere due volte tua nonna! Ora vedi di metterti a lavorare invece di fare tante chiacchiere, prima che ti ci faccia filare io a ramazzate-:

 

Ma Cosette insistette, perché la curiosità nei bambini è sempre più forte della paura.

 

:-E allora, forse è mére Adele, la moglie del fornaio?-:

 

Stavolta la Thénardier sbatté con rabbia lo straccio bagnato contro il bordo della tinozza, e questo fece uno schiocco terribile che spaventò a morte Cosette.

 

:-Oh, insomma, piccola piaga, smettila di seccarmi con questa storia! Io di tua madre non ne so niente, se non che quattro anni fa ti ha mollata qui un giorno per la mia disgrazia! Tua madre è una cagna, e adesso levati dai piedi!-:

 

E Cosette se ne andò a cercare qualche altra cosa da fare perché ormai che aveva fatto arrabbiare Madame non era più consigliabile restarle vicino, a meno di non volersi prendere qualche ceffone.

Quando fu in strada si accorse che era una bella giornata di Maggio.

Le campane della chiesa suonarono e così Cosette ricordò che era domenica.

Questo le fece venire un’idea: di solito, dopo la messa, i bambini restavano un po’ a giocare nel cortile della chiesa, finché le madri, quando avevano finito di cucinare, non li andavano a riprendere.

Cosette rimase come fulminata: rimase con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, e con le mani che si chiudevano a pugno e si riaprivano a vuoto.

Fosse passato qualcuno in quel momento avrebbe detto “Ecco, è accaduto alla fine: la povera piccina è diventata idiota”

Ma Cosette non aveva affatto la mente sconvolta, anzi aveva un’idea ben precisa, infatti non rimase in quello stato che pochi secondi; poi richiuse la bocca, si raccolse la gonna con le mani e cominciò a correre verso il cortile della chiesa.

“Stupida, stupida che sono!” si diceva mentre si affannava sulla strada “Stupida! Ha ragione Madame quando mi dice che sono stupida! Chissà quante volte mia maman è venuta al cortile della chiesa per portarmi a casa con lei ed io non c’ero!”

Quando arrivò sul sagrato la gente ancora usciva dalla messa, ma erano solo gli ultimi ritardatari.

Cosette guardò ognuna delle donne che le passavano davanti cercando se per caso sua maman era tra loro; in questo caso le avrebbe detto che non le interessava restare a giocare con gli altri bambini, ma che preferiva tornare subito a casa con lei.

Ma nessuna delle donne ricambiò lo sguardo in maniera particolare, anzi le comari erano sorprese di vedere l’Alouette sul sagrato della chiesa, visto che né la Thénardier né le sue figlie si facevano mai vedere a messa.

La guardavano, alzavano le sopracciglia con espressione sorpresa, come a dire “Thò! Guarda un po’ la novità” e tiravano via.

Tuttavia Cosette non si perse d’animo per quelle occhiata fredde.

“Sicuro maman è già andata a casa. Tornerà a prendermi prima di pranzo”

Si guardò intorno e alla fine andò a sedersi sui gradini della chiesa ad aspettare.

Non fece caso agli altri bambini che giocavano in cortile, invece si mise a rassettarsi i capelli come aveva visto fare alle signore grandi e a lisciare le pieghe del grembiule logoro e troppo grande per lei; provò anche a togliere più terra che poteva dagli zoccoli di legno.

Voleva farsi trovare in ordine come una brava signorina quando maman fosse venuta a prenderla.

Passò del tempo, e le donne cominciarono a richiamare i figli perché era ora di mettersi a tavola.

Quelle che abitavano là vicino dovevano solo affacciarsi alla finestra, e a volte i figli obbedivano subito, altre volte le madri, dopo tre o quattro richiami ignorati a bella posta, uscivano da casa arrabbiate e riportavano a casa i furbetti a suon di scapaccioni.

“Ah, no! Io non farò arrabbiare maman!” Pensava Cosette ad ognuna di questa scene “No, io correrò subito da lei quando mi chiamerà. E spero sia presto perché comincio ad avere fame”

E intanto restava seduta composta per non rovinarsi le pieghe del vestito, e pensava a quando maman avrebbe chiamato “Cosette” da una finestra.

In quei momenti si sentiva tanto felice che non riusciva a stare ferma e poi sorrideva, come nessuno l’aveva mai vista sorridere.

Avrebbe voluto correre lei stessa a casa dicendo “Eccomi qui, maman, vedi come sono brava che non ti ho fatta neanche affacciare fuori?” per farle una sorpresa, ma non aveva proprio idea di dove potesse abitare maman.

Meglio restare ad aspettarla lì allora, piuttosto che rischiare di non farsi trovare.

Forse abitava lontano dalla chiesa e non le bastava chiamarla dalla finestra, forse era una di quelle madri che venivano di persona a prendere i loro figli.

I bambini nel cortile erano sempre meno, tra quelli chiamati dalle finestre e quelli che le madri erano venuti a riprendersi, e Cosette cominciò a sentirsi inquieta.

Maman verrà a prendermi” Si ripeteva “Lei abita lontano. Oppure ci mette molto tempo a cucinare”

Alla fine anche le ultime bambine, le sorelline Agnes e Lucie, furono richiamate a casa, e Cosette rimase sola nel sagrato.

Era passato mezzogiorno da un bel po’.

Lei sospirò e appoggiò il mento sui palmi delle mani.

“Non importa se è in ritardo, io aspetto. Però, maman, per favore, vieni presto! Non importa se non è pronto a tavola, io voglio tornare a casa”

Il campanile della chiesa batté tredici rintocchi.

Quello voleva dire che tra poco la Thénardier avrebbe cominciato a cercarla perché c’era lavoro da fare alla locanda.

Cosette scattò in piedi.

Che fare adesso?

Se se ne fosse tornata alla locanda maman non l’avrebbe trovata… ma se non fosse tornata la Thénardier l’avrebbe riempita di botte…

Si guardò intorno indecisa, mordendosi il labbro inferiore e torcendosi le mani.

Alla fine si risolse a tornare indietro.

“Domenica prossima verrò prima, prima che maman entri in chiesa”

Si allontanò a passi lenti e guardandosi continuamente indietro, ma nessuno la chiamò all’ultimo momento.

Tornata alla locanda, venne subito accolta dalle urla di Madame.

La Thénardier stava uscendo dalla cucina con un pentolone che le teneva impegnate le mani per non rovesciarne il contenuto ed i piedi per tenerlo in equilibrio, quindi per il momento Cosette era al sicuro da calci o ceffoni, ma non certo dalla lingua pesante e dalla voce grossa di quell’orchessa.

 

:-Ah, eccola qui, la mademoiselle! Che pensavi, che oggi fosse festa? Te la faccio io la festa la prossima volta che mi scappi da sottomano proprio mentre ho più faccende da sbrigare! E adesso fai qualcosa di utile! Vai nel cortile dietro  dai da mangiare alle galline, fila!-:

 

Fece per allontanarsi ma poi richiamò all’improvviso Cosette.

 

:-Un’altra cosa. Vedi se c’è ancora quella cagna che gironzola qui intorno. Se c’è prendi un secchi d’acqua e buttaglielo sopra, che se ne vada! Non ho mica bisogno di altri randagi in casa io-:

 

E si allontanò, lasciando Cosette da sola.

La bambina fece come le era stato detto: andò in cucina e prese il secchio del pastone.

Scendere i tre scalini reggendo un secchio grande quasi quanto lei fu una cosa incredibilmente faticosa, ma lei quella fatica quasi non la sentiva, tanto era delusa dal pensiero che era dovuta andare via prima che sua maman la venisse a prendere.

Dimenticò persino che Madame aveva detto qualcosa a proposito di un cane, e del resto lei cani non ne vedeva e non se ne preoccupava.

Vuotò a terra la brodaglia fatta da avanzi di pane zuppi di acqua e si ritrasse velocemente, prima che quella roba le finisse addosso e le galline prendessero a rincorrerla per beccarle i piedi.

Una volta le era successo, e Ponine e Zelma avevano riso da matti a vederla che scappava per il cortile inseguita da un’ora di pennuti starnazzanti.

A quel ricordo il faccino di Cosette si imbronciò tutto.

Sbattè con malagrazia il secchio per terra e andò a nascondersi dietro la legnaia, l’unico posto dove poteva restare relativamente in pace, e dove poteva dire di essere appena andata a prendere la legna, se Madame l’avesse cercata.

Cosette non mentiva per cattiveria, ma solo perché aveva imparato presto che una bugia è meglio di uno schiaffone; e del resto nessuno là dentro si era mai curato di inculcarle una cosa chiamata morale, sicché Cosette mentiva come mentono le bestiole del bosco quando si sentono braccate e confondono le loro tracce: senza malizia e per spirito di sopravvivenza.

Aggirò la minuscola costruzione e stava meditando di starsene lì più a lungo possibile a pensare a come incontrare maman la prossima domenica, quando si accorse che il suo posto era già occupato: nell’angolo in ombra c’era un mucchio di pelliccia.

Appena Cosette si avvicinò ancora un poco vide che era un cane.

Era a pelo lungo, piuttosto chiaro (cosa strana per un randagio) e di taglia media, ma che comunque in piedi sarebbe stato alto poco meno di Cosette.

L’animale aveva solo alzato la testa al suo arrivo.

In quel momento Cosette ricordò che Madame aveva detto qualcosa su una cagna.

 

-Ciao. Sei tu che hai fatto arrabbiare Madame? Non badare a lei, Madame è sempre arrabbiata-

 

Parlare con un animale come se questo potesse capire il linguaggio umano è normale, per i bambini di sei anni, ma ancora di più lo era per Cosette, che aveva ben pochi umani disposti ad ascoltarla.

La cagna si alzò da terra e le si avvicinò lentamente, forse incuriosita dal suono della sua voce di bambina.

Quando Cosette allungò la mano per accarezzarla sotto il mento lei la lasciò fare ed uggiolò debolmente.

 

:-Madame ha detto di tirarti un secchio d’acqua e di mandarti via, ma tu sei simpatica, quindi facciamo così: facciamo finta che io non ti ho vista, va bene? Ora io chiudo gli occhi e conto fino a cinque, e tu vai via senza che io ti bagno-:

 

E Cosette chiuse gli occhi per contare.

Era arrivata solo al “tre” quando  sentì contro il petto qualcosa di caldo e morbido che premeva dolcemente.

Era la cagna che strofinava la testa contro di lei per sollecitare altre carezze.

Cosette smise di contare ed affondò le manine nella pelliccia chiara.

 

:-Come sei bella e morbida! Proprio come dovrebbe essere…-

 

Allora ricordò l’altra cosa che la Thénardier aveva detto poche ore prima.

“Tua madre è una cagna!”

“Ah! Ecco dunque!” pensò nella sua testolina ingenua.

Gettò allora le braccia intorno al collo morbido e strillò tutta felice

 

:-Maman!-:

 

 

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Cantuccio dell’Autore

 

*distribuisce fazzoletti in giro*

Sì, lo so, avrei dovuto distribuirli all’inizio, scusate…

Comunque questi sono gli effetti di rivedere il trailer di “Belle e Sebastien” a poca distanza dal rileggere “I Miserabili”.

Accidenti a Hugo ed alle vagonate di Angst che ispira!

 

Vabbè, se c’è qualcuno ancora in grado di leggere qui sotto ci sono un paio di note.

Non ho messo gli asterischi perché non mi va di imbrattare la pagina.

 

-Trebouchét era il cognome da nubile della madre di Victor Hugo

 

-Adele era il nome della sua secondogenita (vedere il film “Storia di Adele H.” per saperne di più su di lei)

 

-A proposito di “diventare idiota” lo scrive Victor Hugo nel capitolo “Degli inconvenienti di ospitare un povero che forse è ricco”

 

Grazie per avere letto =)

 

                                                                  Makoto

   
 
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