Maman
:-Madame?
Siete voi mia maman?-:
La
Thénardier si girò verso di lei con uno sguardo feroce e Cosette si fece
piccina piccina più di quanto non fosse già.
:-Io? Ma
come ti viene in mente, razza di piccola screanzata? No che non sono io tua
madre, ci mancherebbe altro!-:
Cosette
stette un po’ a pensarci in silenzio.
:-Allora
potrebbe essere Madame Trebouchét?-:
Madame
Trebouchét era gentile con lei, e le madri di solito sono gentili.
La
Thenardier scoppiò in una di quelle sue risate grosse e sguaiate da
carrettiere.
:-La
Trebouchét? Ah, questa sì che è bella! La Trebouchét! Quella, vecchia com’è,
potrebbe essere due volte tua nonna! Ora vedi di metterti a lavorare invece di
fare tante chiacchiere, prima che ti ci faccia filare io a ramazzate-:
Ma Cosette
insistette, perché la curiosità nei bambini è sempre più forte della paura.
:-E allora,
forse è mére Adele, la moglie del fornaio?-:
Stavolta la
Thénardier sbatté con rabbia lo straccio bagnato contro il bordo della tinozza,
e questo fece uno schiocco terribile che spaventò a morte Cosette.
:-Oh,
insomma, piccola piaga, smettila di seccarmi con questa storia! Io di tua madre
non ne so niente, se non che quattro anni fa ti ha mollata qui un giorno per la
mia disgrazia! Tua madre è una cagna, e adesso levati dai piedi!-:
E Cosette se
ne andò a cercare qualche altra cosa da fare perché ormai che aveva fatto
arrabbiare Madame non era più consigliabile restarle vicino, a meno di non
volersi prendere qualche ceffone.
Quando fu in
strada si accorse che era una bella giornata di Maggio.
Le campane
della chiesa suonarono e così Cosette ricordò che era domenica.
Questo le
fece venire un’idea: di solito, dopo la messa, i bambini restavano un po’ a
giocare nel cortile della chiesa, finché le madri, quando avevano finito di
cucinare, non li andavano a riprendere.
Cosette
rimase come fulminata: rimase con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, e
con le mani che si chiudevano a pugno e si riaprivano a vuoto.
Fosse
passato qualcuno in quel momento avrebbe detto “Ecco, è accaduto alla fine: la
povera piccina è diventata idiota”
Ma Cosette
non aveva affatto la mente sconvolta, anzi aveva un’idea ben precisa, infatti
non rimase in quello stato che pochi secondi; poi richiuse la bocca, si
raccolse la gonna con le mani e cominciò a correre verso il cortile della
chiesa.
“Stupida,
stupida che sono!” si diceva mentre si affannava sulla strada “Stupida! Ha
ragione Madame quando mi dice che sono stupida! Chissà quante volte mia maman è venuta al cortile della chiesa
per portarmi a casa con lei ed io non c’ero!”
Quando
arrivò sul sagrato la gente ancora usciva dalla messa, ma erano solo gli ultimi
ritardatari.
Cosette
guardò ognuna delle donne che le passavano davanti cercando se per caso sua maman era tra loro; in questo caso le
avrebbe detto che non le interessava restare a giocare con gli altri bambini,
ma che preferiva tornare subito a casa con lei.
Ma nessuna
delle donne ricambiò lo sguardo in maniera particolare, anzi le comari erano
sorprese di vedere l’Alouette sul sagrato della chiesa, visto che né la
Thénardier né le sue figlie si facevano mai vedere a messa.
La
guardavano, alzavano le sopracciglia con espressione sorpresa, come a dire
“Thò! Guarda un po’ la novità” e tiravano via.
Tuttavia
Cosette non si perse d’animo per quelle occhiata fredde.
“Sicuro maman è già andata a casa. Tornerà a
prendermi prima di pranzo”
Si guardò
intorno e alla fine andò a sedersi sui gradini della chiesa ad aspettare.
Non fece
caso agli altri bambini che giocavano in cortile, invece si mise a rassettarsi
i capelli come aveva visto fare alle signore grandi e a lisciare le pieghe del grembiule
logoro e troppo grande per lei; provò anche a togliere più terra che poteva
dagli zoccoli di legno.
Voleva farsi
trovare in ordine come una brava signorina quando maman fosse venuta a prenderla.
Passò del
tempo, e le donne cominciarono a richiamare i figli perché era ora di mettersi
a tavola.
Quelle che
abitavano là vicino dovevano solo affacciarsi alla finestra, e a volte i figli
obbedivano subito, altre volte le madri, dopo tre o quattro richiami ignorati a
bella posta, uscivano da casa arrabbiate e riportavano a casa i furbetti a suon
di scapaccioni.
“Ah, no! Io
non farò arrabbiare maman!” Pensava
Cosette ad ognuna di questa scene “No, io correrò subito da lei quando mi
chiamerà. E spero sia presto perché comincio ad avere fame”
E intanto
restava seduta composta per non rovinarsi le pieghe del vestito, e pensava a
quando maman avrebbe chiamato
“Cosette” da una finestra.
In quei
momenti si sentiva tanto felice che non riusciva a stare ferma e poi sorrideva,
come nessuno l’aveva mai vista sorridere.
Avrebbe
voluto correre lei stessa a casa dicendo “Eccomi qui, maman, vedi come sono brava che non ti ho fatta neanche affacciare
fuori?” per farle una sorpresa, ma non aveva proprio idea di dove potesse
abitare maman.
Meglio
restare ad aspettarla lì allora, piuttosto che rischiare di non farsi trovare.
Forse
abitava lontano dalla chiesa e non le bastava chiamarla dalla finestra, forse
era una di quelle madri che venivano di persona a prendere i loro figli.
I bambini
nel cortile erano sempre meno, tra quelli chiamati dalle finestre e quelli che
le madri erano venuti a riprendersi, e Cosette cominciò a sentirsi inquieta.
“Maman verrà a prendermi” Si ripeteva
“Lei abita lontano. Oppure ci mette molto tempo a cucinare”
Alla fine
anche le ultime bambine, le sorelline Agnes e Lucie, furono richiamate a casa,
e Cosette rimase sola nel sagrato.
Era passato
mezzogiorno da un bel po’.
Lei sospirò
e appoggiò il mento sui palmi delle mani.
“Non importa
se è in ritardo, io aspetto. Però, maman,
per favore, vieni presto! Non importa se non è pronto a tavola, io voglio
tornare a casa”
Il campanile
della chiesa batté tredici rintocchi.
Quello
voleva dire che tra poco la Thénardier avrebbe cominciato a cercarla perché
c’era lavoro da fare alla locanda.
Cosette
scattò in piedi.
Che fare
adesso?
Se se ne
fosse tornata alla locanda maman non
l’avrebbe trovata… ma se non fosse tornata la Thénardier l’avrebbe riempita di
botte…
Si guardò
intorno indecisa, mordendosi il labbro inferiore e torcendosi le mani.
Alla fine si
risolse a tornare indietro.
“Domenica
prossima verrò prima, prima che maman
entri in chiesa”
Si allontanò
a passi lenti e guardandosi continuamente indietro, ma nessuno la chiamò all’ultimo
momento.
Tornata alla
locanda, venne subito accolta dalle urla di Madame.
La
Thénardier stava uscendo dalla cucina con un pentolone che le teneva impegnate
le mani per non rovesciarne il contenuto ed i piedi per tenerlo in equilibrio,
quindi per il momento Cosette era al sicuro da calci o ceffoni, ma non certo
dalla lingua pesante e dalla voce grossa di quell’orchessa.
:-Ah, eccola
qui, la mademoiselle! Che pensavi, che oggi fosse festa? Te la faccio io la
festa la prossima volta che mi scappi da sottomano proprio mentre ho più
faccende da sbrigare! E adesso fai qualcosa di utile! Vai nel cortile
dietro dai da mangiare alle galline,
fila!-:
Fece per
allontanarsi ma poi richiamò all’improvviso Cosette.
:-Un’altra
cosa. Vedi se c’è ancora quella cagna che gironzola qui intorno. Se c’è prendi
un secchi d’acqua e buttaglielo sopra, che se ne vada! Non ho mica bisogno di
altri randagi in casa io-:
E si
allontanò, lasciando Cosette da sola.
La bambina
fece come le era stato detto: andò in cucina e prese il secchio del pastone.
Scendere i
tre scalini reggendo un secchio grande quasi quanto lei fu una cosa
incredibilmente faticosa, ma lei quella fatica quasi non la sentiva, tanto era
delusa dal pensiero che era dovuta andare via prima che sua maman la venisse a prendere.
Dimenticò
persino che Madame aveva detto qualcosa a proposito di un cane, e del resto lei
cani non ne vedeva e non se ne preoccupava.
Vuotò a
terra la brodaglia fatta da avanzi di pane zuppi di acqua e si ritrasse
velocemente, prima che quella roba le finisse addosso e le galline prendessero
a rincorrerla per beccarle i piedi.
Una volta le
era successo, e Ponine e Zelma avevano riso da matti a vederla che scappava per
il cortile inseguita da un’ora di pennuti starnazzanti.
A quel
ricordo il faccino di Cosette si imbronciò tutto.
Sbattè con
malagrazia il secchio per terra e andò a nascondersi dietro la legnaia, l’unico
posto dove poteva restare relativamente in pace, e dove poteva dire di essere
appena andata a prendere la legna, se Madame l’avesse cercata.
Cosette non
mentiva per cattiveria, ma solo perché aveva imparato presto che una bugia è
meglio di uno schiaffone; e del resto nessuno là dentro si era mai curato di
inculcarle una cosa chiamata morale, sicché Cosette mentiva come mentono le
bestiole del bosco quando si sentono braccate e confondono le loro tracce:
senza malizia e per spirito di sopravvivenza.
Aggirò la
minuscola costruzione e stava meditando di starsene lì più a lungo possibile a
pensare a come incontrare maman la
prossima domenica, quando si accorse che il suo posto era già occupato:
nell’angolo in ombra c’era un mucchio di pelliccia.
Appena
Cosette si avvicinò ancora un poco vide che era un cane.
Era a pelo
lungo, piuttosto chiaro (cosa strana per un randagio) e di taglia media, ma che
comunque in piedi sarebbe stato alto poco meno di Cosette.
L’animale
aveva solo alzato la testa al suo arrivo.
In quel
momento Cosette ricordò che Madame aveva detto qualcosa su una cagna.
-Ciao. Sei
tu che hai fatto arrabbiare Madame? Non badare a lei, Madame è sempre
arrabbiata-
Parlare con
un animale come se questo potesse capire il linguaggio umano è normale, per i
bambini di sei anni, ma ancora di più lo era per Cosette, che aveva ben pochi
umani disposti ad ascoltarla.
La cagna si
alzò da terra e le si avvicinò lentamente, forse incuriosita dal suono della
sua voce di bambina.
Quando
Cosette allungò la mano per accarezzarla sotto il mento lei la lasciò fare ed
uggiolò debolmente.
:-Madame ha
detto di tirarti un secchio d’acqua e di mandarti via, ma tu sei simpatica,
quindi facciamo così: facciamo finta che io non ti ho vista, va bene? Ora io
chiudo gli occhi e conto fino a cinque, e tu vai via senza che io ti bagno-:
E Cosette
chiuse gli occhi per contare.
Era arrivata
solo al “tre” quando sentì contro il
petto qualcosa di caldo e morbido che premeva dolcemente.
Era la cagna
che strofinava la testa contro di lei per sollecitare altre carezze.
Cosette
smise di contare ed affondò le manine nella pelliccia chiara.
:-Come sei
bella e morbida! Proprio come dovrebbe essere…-
Allora
ricordò l’altra cosa che la Thénardier aveva detto poche ore prima.
“Tua madre è
una cagna!”
“Ah! Ecco
dunque!” pensò nella sua testolina ingenua.
Gettò allora
le braccia intorno al collo morbido e strillò tutta felice
:-Maman!-:
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Cantuccio dell’Autore
*distribuisce
fazzoletti in giro*
Sì, lo so,
avrei dovuto distribuirli all’inizio, scusate…
Comunque
questi sono gli effetti di rivedere il trailer di “Belle e Sebastien” a poca
distanza dal rileggere “I Miserabili”.
Accidenti a
Hugo ed alle vagonate di Angst che ispira!
Vabbè, se
c’è qualcuno ancora in grado di leggere qui sotto ci sono un paio di note.
Non ho messo
gli asterischi perché non mi va di imbrattare la pagina.
-Trebouchét
era il cognome da nubile della madre di Victor Hugo
-Adele era
il nome della sua secondogenita (vedere il film “Storia di Adele H.” per
saperne di più su di lei)
-A proposito
di “diventare idiota” lo scrive Victor Hugo nel capitolo “Degli inconvenienti
di ospitare un povero che forse è ricco”
Grazie per
avere letto =)
Makoto