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Autore: Nogistunefan    28/05/2014    1 recensioni
Sono davanti ad una porta di legno alta il doppio di me. Per il corridoio non ci sta nessuno e anzi, l’intero palazzo sembra deserto. Non so se aprire la porta o andarmene. Dietro questa porta ci sta il luogo dove Solomon passa gran parte del suo tempo: la biblioteca.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sheba, Solomon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di quando Sheba lo annunciò
È mattina.
Da cosa me ne rendo conto?
È semplice: il canto degli uccelli. Io li odio. Voglio dire, non odio gli uccelli, nè il loro canto. Solo non capisco perché sentano questo irrefrenabile istinto di mettersi a cantare proprio davanti alla mia finestra! Che, ci tengo a precisare, non è propriamente una finestra: è più un buco quadrato, coperto da tende color turchese, quindi niente attutisce il "delizioso" canto mattutino. Perché devono cantare? Perché mi devono svegliare sempre così presto? Forse non gli sto tanto simpatica. A quanto pare in questo mondo non c’è abbastanza spazio per me e per loro.
Cerco di ignorare il fastidioso cinguettare delle bestiaccie, ma dopo un po’ arriva in loro soccorso il loro alleato. Eccolo lì: il sole. Ancora, le tende turchesi non servono al loro scopo. Non si sa bene perché stanno lì, insomma.
Il sole illumina la mia stanza e il mio viso, impedendomi di continuare a dormire.
Eppure stamattina non ne ho proprio voglia di alzarmi, così mi girò dall’altra parte del letto. Girandomi colpisco qualcosa di duro con la gamba e mi immobilizzo. Tempo di capire che cosa sta succedendo e mi viene un colpo.
A pochi centimetri dalla mia faccia, Un respiro caldo e ritmato mi solletica la pelle. Solomon sta dormendo accanto a me!
Non ci metto molto a ricordare che cosa è successo la notte prima. E nel pensarci un piccolo sorriso si forma sulle mie labbra e arrossisco.
Se ci penso bene riesco ancora a sentire i suoi baci lungo il mio corpo, le sue mani che mi abbracciavano, il dolore…
Fisso i suoi lineamenti per 5 minuti abbondanti, poi istintivamente la mia mano si muove da sola e gli tocca la guancia. il contatto con la sua pelle liscia e fresca mi fa correre dei brividi lungo la spina dorsale. Subito Solomon apre gli occhi, e si sveglia. Non dice niente. Sbatte due, tre volte gli occhi, poi si passa una mano tra i capelli. Alla fine porta la sua mano dietro la mia schiena e mi avvicina a lui. Il contatto dei nostri corpi nudi mi fa rabbrividire ancora di più, ma non riesco a impedirmi di sorridere come un'ebete.
-Sheba…- sussurra piano. Non è il suono più bello del mondo, quando pronuncia il mio nome?
-Solomon- rispondo,sperando di fargli lo stesso effetto. Lo vedo sorridere e richiudere gli occhi.
Mi trovo a pochi centimetri dal suo petto e decido di affondarci la testa, sentendomi subito più al sicuro che in nessun altro posto.
Sento che lui comincia ad accarezzarmi la testa.
-Dobbiamo alzarci- mi avverte. Mi si rimpicciolisce per un’attimo il cuore. –Perché? È ancora presto!- protesto, alzo la testa e lo guardo. Ha ancora gli occhi chiusi.
-è gia mattina inoltrata, ho del lavoro da fare.- si scusa lui, dandomi un bacio sulla fronte.
Ci sciogliamo dall’abbraccio e lui si alza per vestirsi. Quando a finito mi si avvicina, mentre io ancora tengo strette le coperte, e mi bacia. Io ricambio, sperando che questo momento duri per sempre, ma poi lui si allontana e se ne va.
Solo adesso mi riaccorgo che gli uccelli continuano a cantare. -Ci sta un girone dell'inferno fatto apposta per voi, esseri di Satana- sputò, mentre mi chiudo a involtino nelle coperte, adesso tutte per me. Ora come ora spero solo che qualcuno li spenni tutti.
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1 mese dopo
Sono davanti ad una porta di legno alta il doppio di me. Per il corridoio non ci sta nessuno e anzi, l’intero palazzo sembra deserto. Non so se aprire la porta o andarmene. Dietro questa porta ci sta il luogo dove Solomon passa gran parte del suo tempo: la biblioteca.
Dentro è gigantesca, ma io so dove trovarlo. Si siede sempre allo stesso tavolo, quello appena si apre la porta. Quindi sono costretta a preparare il discorso fuori dalla porta, sperando che nessuno mi veda.
Dondolo sui piedi scalzi. Arba ormai ha perso ogni speranza nel farmi capire che non è carino girare scalzi, e che dovrei trovare un paio di sandali adatti. Con una mano stringo forte il mio scettro, e con l’altra apro la porta.
Faccio entrare solo la testa. Come immaginavo, Solomon è impegnato a leggere un libro e non si accorge della porta.
-Solomon?- lui alza la testa di scatto, appena mi vede si scioglie in un sorriso.
-Qualcosa non va?- faccio entrare il resto del corpo e ricomincio a dondolarmi sui piedi.
-Ecco…- Solomon chiude il libro che stava leggendo e si fa serio. Cerca con lo sguardo i miei occhi, ma io li tengo ben fissi a terra.
-è…è successa una cosa…. L-l’altra notte…- la voce mi trema. Alzo timidamente lo sguardo, sperando che lui abbia afferrato al volo dove voglio andare a parare.
-L’altra notte…. Quando?- mi chiede.
-la-la notte che… per la prima volta…-
-oh… ehm… che cosa è successo… quella notte?- anche le sue guancie si sono leggermente tinte di rosso. Solo che io mi sento più un pomodoro, ora.
-ecco… beh… da quella notte… io non…-
-tu non…?-
-io non ho….-
- tu non hai…?!-
Mi accorgo che stavo trattenendo l’aria e  la lascio andare, con un sonoro sospiro.
-Daquellanotteiononhopiùilciclo- dico tutto in un fiato e serrando gli occhi.
Silenzio.
….
….
….
….
Apro leggermente un’occhi per vedere la sua reazione. È rimasto immobile, non si è mosso di un solo millimetro. Solo che adesso guarda fisso la mia pancia, e mi sento a disagio.
Lo sento emettere un sussurro, che sembra una frase.
-Eh?-
-Sei incinta?- ha la voce roca, gli occhi lucidi.
-…si-  Solomon si alza di scatto e mi viene incontro. All’inizio mi spavento, ma quando sento le sue braccia che mi circondano e mi attirano a lui, mi sento la ragazza più felice del mondo.
Strofina il viso contro i miei capelli e mi sussurra nell’orecchio tanti “ti amo” che mi sento le gambe molli.
Io mi aggrappo a lui, facendo passare le mie braccia dietro al suo collo. Mi solleva leggermente e mi stringe ancora di più.  Dopo un po’ sento che emette dei singhiozzi, mi poggia a terra e io mi allontano per guardarlo in faccia.
Sta piangendo.
Non posso fare a meno di sorridere alla sua reazione, ma allo stesso tempo sentirmi triste. So cosa significa la parola “padre” per Solomon. Suo padre non è mai stato una persona buona e , soprattutto non si è  mai interessato a suo figlio.  E questa è l’esperienza che Solomon ha ricevuto su come essere un padre : distaccato e freddo.
Gli tengo il viso tra le mani, e lui lascia cadere le sue braccia lungo i fianchi.
-Sarai un’ottimo padre, il migliore.- lo incoraggio.
-E se diventerò come…-
-Non lo diventerai, tu sei migliore di lui-
-Non voglio rovinare nostro figlio- sussurra, guardando per terra. Non so come, questa frase mi lascia senza parole. Sono felice, perché è nostro figlio. Mio e di Solomon.
-Solomon, tu non rovinerai nostro figlio. Tu lo amerai.  come io lo amerò. lo amerò come amo te.- appoggio la fronte contro la sua, e per farlo mi devo alzare sulla punta dei piedi.
-Ti amo- gli dico, come lui ha fatto poco prima con me. Gli lascio il viso e allontano la fronte. Appoggio la mano sulla pancia e gli sorrido.
-Cresceremo insieme nostro figlio, e lo renderemo felice- con entrambe le mani stringo la sua, come avevo fato quando gli avevo assicurato che tutti noi saremmo rimasti al suo fianco, per sempre.
-Si- risponde lui, avvicinandosi e baciandomi dolcemente sulle labbra.
ANGOLINO AUTRICE
Okaaay, lo ammetto non sono riuscita a stare lontano dalla tastiera per più di un giorno.
Dato che nel manga non viene mostrata la scena dove Sheba dice a Solomon di essere in cinta ( e dato che io ci speravo di vederla) ho deciso di crearmela ( chi fa da se fa per tre XD).
Spero vi sia piaciuta, e vi avverto: ho voluto provare a scrivere in prima persona perché è uno stile che preferisco rispetto alla terza. Ma non so come sia venuto fuori (giudicate voi) (( con clemenza)) rigato gozaimasu XD.
Arrivederci alla prossima!
  
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