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Autore: Silen    03/08/2008    5 recensioni
Iª parte: Un salto nel passato di una famiglia che doveva ancora… allargarsi.
IIª parte: Ma poi, quando il tempo ha dato i suoi frutti, la pratica sarà servita?
Epilogo: I frutti, anche se hai fatto pratica, ti portano via un sacco di tempo!
[Scritta per la "Pannolini!challenge"]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sorpresa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cambi di pannolini'
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CT OneShot

I pannolini c’entrano solo marginalmente, ma, visto che i protagonisti sono di nuovo gli stessi, e, comunque, questa piccola storia può essere considerata una sua evoluzione, ho preferito inserirla non a se stante ma come una specie di "secondo capitolo".

Qualche anno dopo, ma sempre nel passato di Inseguire un sogno, afferrare il destino


Tempo e pratica

Tōkyō 1974

– Ma che diamine hai oggi, Genzō? – Non faceva che piangere strillando con tutto il fiato in gola, ed era veramente tanto, considerando che era ancora così piccolo.

Fame? No: aveva mangiato giusto un’ora fa. Pannolino? No: nessun odore rivelatore aveva solleticato il suo fine olfatto di lupo.

E il bastardino, quasi a farlo apposta, si calmava immediatamente quando lo prendeva in braccio, per poi ricominciare non appena lo rimetteva nella culla.

Eppure con i neonati aveva sempre avuto dimestichezza, dopotutto era il maggiore di tre fratelli, e di ‘pratica’ con il piccolo Niki ne avevano fatta parecchia, negli anni.

Dannazione! Se continuava così, avrebbe terminato quella consulenza quando suo figlio sarebbe già stato in grado di camminare da solo con le sue gambette… E Mitzi lo aveva mollato proprio oggi, per tornare a lavorare mezza giornata in ufficio. Lei non ci riusciva proprio a stare chiusa in casa, piuttosto si portava dietro tutto l’occorrente per il bambino e usciva, anche solo per andare a passeggiare; sosteneva che così Genzō avrebbe avuto molti più stimoli e sarebbe cresciuto sveglio e intelligente.

Beh, intanto, furbetto, lo era già. E mentre lui da cinque minuti passeggiava cercando di farlo riaddormentare, il bastardino gli stava succhiando la cravatta, che ora in fondo era tutta sbavata e stropicciata. In quel momento sentiva proprio il bisogno di una sigaretta urgente, ma, no, non poteva: sua moglie lo aveva minacciato di togliergli la possibilità di generare altri figli se lo avesse beccato a fumare in casa.

Ovvio, con il moccioso (ora ovviamente non più urlante) in giro, ogni cosa diventava complicata. – Sei così piccolo e già così fastidioso, lo sai Genzō? – che adesso si stava dedicando con molto impegno a mordicchiare il bottone del suo polsino. Lo solleticò sotto il mento, e lui mostrò le gengive ancora vuote in una specie di sorriso.

La consapevolezza giunse fulminea: i denti! Ecco cosa stava tormentando il cucciolo!

La mente reattiva si mise in movimento, e si guardò attorno cercando qualcosa che facesse al caso suo. Il giochino di plastica pareva adeguatamente masticabile, così, una volta di nuovo nella culla, Genzō ritornò ai suoi pensieri di bebè.

E ora poteva finalmente dedicarsi alle scartoffie. Invece no. Non appena fu seduto alla scrivania, suo figlio aveva ripreso a strillare; si passò brevemente le mani nei capelli e sospirò. Poi si rialzò e andò a vedere che cosa diavolo avesse… di nuovo.

Il bastardino non aveva, però, il minimo segno di pianto vero in faccia, anzi, di nuovo quell’arietta ancora inconsapevolmente furba. – Di' un po': hai soltanto voglia di far diventare pazzo papà, vero? – Fece un altro sorriso sdentato. – Oppure ti senti solo, qui dentro, in questa specie di gabbia imbottita? – sospirò – Hai vinto tu. –

* * *

Avendo tenuto il bastardino tutto il tempo sulle ginocchia, alla fine le sue carte erano sbavate e stropicciate come la cravatta, e avrebbe dovuto riscriverle daccapo, ma almeno quel lavoro era concluso e il cucciolo non si era più lamentato una sola volta.

Sollevò lo sguardo sentendosi osservato – Da quanto te ne stai lì, a sbirciare, con quel ghigno sulle labbra? – Mitsuki si avvicinò alla scrivania per prendere Genzō dalle sue braccia e ridacchiò – Da abbastanza tempo per capire, dall’odore che emana, che non ti sei nemmeno accorto che tuo figlio ha bisogno di essere cambiato, Yūta! –



Siccome il giorno che l’ho scritta era capitato a me, di dover sopportare un moccioso urlante,
mi sono vendicata su Wakabayashi-sama.

  
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