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Autore: Geilie    29/05/2014    1 recensioni
[Loki/Sigyn; Sigyn!POV post-morte di Baldr]
Dea della Fedeltà, la nominò il Padre degli Dèi per il suo spirito di sacrificio.
Sigyn avrebbe sputato ai suoi piedi, se solo il dolore accecante della perdita non l’avesse privata di ogni combattività.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA SFIDONZOLA DI emme
Una Loki/Sigyn in cui a mentire è Sigyn e Loki dice la verità suo malgrado.

Autore: Geilie
Titolo: La tessitrice
Fandom: Mitologia norrena
Pairing: Loki/Sigyn
Rating: giallo; Pg13
Avvertimenti: angst, drammatico, character death
Parole: 640 (Word)
Note: mica facile, questa. Me la sono rigirata in testa ventimila volte prima di trovare la scappatoia che mi permettesse di scriverla, spero solo di non essere “scappata” troppo… Si basa tutto sugli avvenimenti legati alla morte di Baldr.



 
La tessitrice


Sigyn sedeva davanti al telaio e osservava Váli e Narfi giocare con le loro spade di legno. Loki non c’era, ma alle sue assenze, certo non inusuali, Sigyn aveva da tempo fatto l’abitudine. Né poteva dire di accoglierle con dispiacere, poiché suo marito aveva in sé tutta l’irrequietezza dei venti del nord, e a stento riusciva a contenerla, mentre lei apprezzava sopra ogni cosa la pace del focolare domestico.
Furono le grida strazianti di Nanna e i pianti di Frigg, che si alzarono violenti nella notte, ad annunciarle la morte di Baldr. Sigyn sospettò, perché aveva insegnato a se stessa a non fidarsi mai del proprio marito, ma quando qualcuno ‒ Bragi, o forse Freyr ‒ al funerale le chiese perché Loki non fosse stato presente all’assemblea degli Æsir, quella fatidica notte, e dove fosse, Sigyn mentì, perché dalla convivenza col Padre delle Menzogne aveva imparato una cosa o due. Mentì e rispose che Loki era stato lontano da Asgard e che al suo ritorno aveva cercato il calore dell’abbraccio della sua sposa, come spesso gli uomini fanno.
Nessuno dubitò della sua parola. Nessuno dubitava mai della dolce, sventurata Sigyn, compagna del più perverso tra gli dèi.

Sigyn sedeva davanti al fuoco e ricamava una veste per Narfi, vegliando sul sonno suo e del fratello. C’era una festa alla corte di Ægir, quella sera, ma Sigyn partecipava di rado ai banchetti quando sapeva che Loki sarebbe stato presente: era più difficile ignorare gli sguardi di compassione degli altri dèi quando suo marito alzava il gomito e, ubriaco, perdeva ogni briciola di pudore e iniziava a dar spettacolo.
Quella notte Loki non rincasò, ma Sigyn non si fece domande e andò a dormire da sola. La mattina dopo, quando Odino e gli altri vennero a strapparle dal seno i figli, ignorando le sue unghie e le sue lacrime, non ebbe bisogno di chiedersene il motivo. Glielo dissero in ogni caso, e lei maledisse Loki, maledisse per la prima e unica volta il suo malriposto moto di sincerità, maledisse se stessa per averlo sposato.
Dopo, col dolore muto e apatico di una madre in lutto, domandò dove fosse il suo sposo, che la conducessero da lui. Odino non si oppose, mostruosamente conciliante ora che aveva ottenuto la sua vendetta, e le mostrò la prigione del marito; ebbe addirittura l’ardire di lodarla, quando Sigyn espresse la volontà di condividere la pena di Loki, di restare al suo fianco fino alla fine dei tempi. Dea della Fedeltà, la nominò il Padre degli Dèi per il suo spirito di sacrificio.
Sigyn avrebbe sputato ai suoi piedi, se solo il dolore accecante della perdita non l’avesse privata di ogni combattività.

Sigyn sedeva al fianco di suo marito e raccoglieva veleno di serpente in una ciotola. Non aveva mai previsto un simile destino, non nei suoi peggiori incubi, ma in cuor suo sapeva di aver semplicemente preferito non vedere, di aver preferito raccontarsi mille bugie su cosa potesse portarle il matrimonio con Loki, e ormai la realtà ‒ fredda, tetra ‒ aveva smesso di sorprenderla.
C’erano momenti in cui Loki le chiedeva perché avesse scelto di stare lì, con lui, accanto a quella roccia sanguinolenta. Dovere, rispondeva lei, lealtà, ma lui le leggeva un’altra verità negli occhi. Qualcosa che sapeva di vendetta e qualcos’altro che sapeva di nostalgia.
C’erano momenti di silenzio, spesso, e nessuno osava riempirli di parole vuote.
C’erano momenti in cui la ciotola era piena e Loki si contorceva per il dolore, urlava, tremava. Implorava il perdono di Sigyn, a volte, piangendo quei figli morti in nome delle sue buffonate, ed era sincero.
Sigyn lo guardava con occhi vacui e un sorriso di miele e gli diceva che sì, certo che lo perdonava, non era colpa sua, non era colpa di nessuno.
Sigyn lo guardava ‒ occhi vacui, sorriso di miele ‒ e mentiva.
  
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