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Autore: Mak    29/05/2014    4 recensioni
Una serie di one-shot sulla vita di Peeta e Katniss dopo la fine della guerra.
Dal primo capitolo:
"L’aveva scelta ancora. Lei invece lo amava?
Credeva di essere riuscita a ricambiarlo durante la seconda arena e la guerra.
Lo aveva capito dalla paura che l’aveva colpita quando lui aveva urtato il campo di forza.
Dalla voglia di rivedere sempre il suo viso, di averlo a fianco.
Dalla fame che l’aveva assalita baciandolo sulla spiaggia.
Dalla consapevolezza che per spezzarla Snow avrebbe dovuto fare del male al suo ragazzo del pane.
E dal dolore che aveva provato quando, slanciandosi per baciarlo, le mani di Peeta avevano stretto il suo collo."
E' la mia prima ff su Hunger Games, quindi siate pure spietati e datemi il vostro parere nelle recensioni!
Un bacio, Mak.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Peeta era tornato da lei. Come ogni volta. Era tornato da lei, e pur avendo subito un depistaggio e chissà quali inimmaginabili torture il suo primo pensiero era stato Katniss.
Potresti vivere cento vite e ancora non lo meriteresti.
Il suo ragazzo del pane, che era sempre così buono, che la amava assurdamente ed incondizionatamente nonostante lei lo avesse ferito più di chiunque altro… Il suo primo pensiero era stato quello di alleviare almeno un pochino il dolore di Katniss per la perdita della sorellina: le aveva portato delle primule, e le aveva piantate lui stesso. E lei in quel momento era stata sicura che l’amore del giovane per lei non era cambiato per niente. L’aveva scelta ancora. Lei invece lo amava?
Credeva di essere riuscita a ricambiarlo durante la seconda arena e la guerra.
Lo aveva capito dalla paura che l’aveva colpita quando lui aveva urtato il campo di forza.
Dalla voglia di rivedere sempre il suo viso, di averlo a fianco.
Dalla fame che l’aveva assalita baciandolo sulla spiaggia.
Dalla consapevolezza che per spezzarla Snow avrebbe dovuto fare del male al suo ragazzo del pane.
E dal dolore che aveva provato quando, slanciandosi per baciarlo, le mani di Peeta avevano stretto il suo collo.
Ora non era sicura. O meglio, non pensava di meritare la felicità che poteva garantirle un amore quando tutti erano morti. Non pensava di meritare la felicità che avrebbe dovuto provare Prim, morta troppo giovane. O quella che sicuramente avrebbe avuto Finnick, il cui figlio era appena nato. O Cinna. O tutti gli altri abitanti del dodici che erano morti durante la guerra.
Tuttavia, i suoi incubi erano più forti che mai, e anche quelli di Peeta, quindi l’aveva lasciato entrare nel suo letto nella casa del Villaggio dei Vincitori e aveva lasciato che le sue braccia scacciassero via le sue paure. La prima volta che avevano dormito di nuovo insieme era stata proprio dopo che il ragazzo aveva finito di piantare i fiori: Katniss si era letteralmente tuffata nelle sue braccia come sognava di fare da tempo, aveva messo la testa nell’incavo del suo collo e aspirando l’odore di pane, cannella e terra si era addormentata.
Tutto era andato bene per qualche settimana. Ancora non avevano ricominciato a vivere normalmente, ma Peeta si destreggiava spesso in cucina sfornando pane, torte e focaccine al formaggio: Katniss si inteneriva vedendo queste ultime, erano le sue preferite e lui si premurava sempre di fargliele trovare pronte quando la ragazza si trovava fuori.
Spesso andavano nei boschi, Katniss non cacciava più, solo guardare l’arco e le frecce la intristiva. Ma andavano nel bosco, trovavano una radura tranquilla mentre lui disegnava o dipingeva lei faceva delle corolle di fiori o semplicemente si divertiva a guardare il suo ragazzo del pane.
 
Una sera erano tornati dal bosco, tendendosi per mano. Appena arrivati sulla porta di casa, Peeta aveva corrugato la fronte. Le aveva fatto una domanda.
“Katniss. Tu mi ami ancora?”
Lei non ci aveva visto più. Tutto aveva iniziato a girare vorticosamente, le tremavano le mani e le sudavano i palmi. Dopo pochi secondi di esitazione, come tutta risposta, aveva preso il viso del ragazzo del pane con foga e lo aveva baciato, come desiderava fare da tempo, non per un pubblico, non perché stavano per morire… Ma perché voleva farlo.
Quando si erano staccati, Peeta aveva sorriso. Un sorriso che si era trasformato in un ringhio. Subito i suoi occhi erano diventati neri. Lei non aveva avuto nemmeno il tempo di urlare Non è reale!, che lui l’aveva già scaraventata con violenza contro la vetrata. Poi era corso via, mentre Katniss cercava di rialzarsi per fermarlo, per convincerlo a restare con lei. Poi tutto si fece buio.
 
“Sai essere veramente idiota, dolcezza.” Haymitch. “Ti ho trovata in un lago di sangue. Dopo che ovviamente il ragazzo era venuto a raccontarmi tutto. Poi è sparito in casa sua. Insomma, dolcezza, io ho fatto di tutto per tenervi vivi e voi… vi uccidete a vicenda?” il suo mentore si attaccò di nuovo alla bottiglia. Dopo pochi minuti si era addormentato sulla poltrona in fondo alla stanza.
Katniss si alzò, esaminando le fasciature e i cerotti che le ricoprivano gran parte del corpo. Le si riempirono gli occhi di lacrime, ma non certo per il dolore delle schegge di vetro che le avevano ferito la carne, no. Non era riuscita a proteggere Peeta, di nuovo. Non era riuscita a proteggerlo da se stesso.
Si diresse verso l’armadio, aprì uno dei cassetti di Peeta. Vuoto.
Tornò a letto. Passò una mano sotto al cuscino trovando quello che cercava. Una vecchia maglietta di Peeta, logora, che il ragazzo usava per dormire. Tolse il suo pigiama e la fece passare sopra la testa; mentre annusava a pieni polmoni il profumo del ragazzo del pane si addormentò nuovamente.
 
Peeta non tornò il giorno dopo, e nemmeno quello dopo ancora. Da parte sua, Katniss si rifiutava di parlare, di mangiare, e tutto quello che faceva era stare rannicchiata annusando la maglietta del ragazzo, che non aveva più tolto e che ancora aveva una traccia di quel profumo così buono. Sae e Haymitch non sapevano come comportarsi. L’avevano pregata, lei non aveva risposto. Le avevano portato da mangiare e lei non aveva toccato cibo. Dopo qualche giorno avevano provato a staccarla a forza dal letto e lei si era messa a ringhiare. Le avevano detto che Peeta non sarebbe tornato e lei aveva iniziato a lacrimare.
 
Dopo aver passato un mese in questo stato, una sera, sentì che qualcuno apriva la finestra. L’odore delle serate di fine maggio misto a quello delle primule le entrò nelle narici, insieme ad un altro profumo… una mano le accarezzò la testa. Voleva dire ad Haymitch di andare via, che niente senza Peeta aveva un senso e che se non c’era lui, lei, senza il dente di leone, si sarebbe anzi lasciata morire.
Ma una voce gentile iniziò a parlarle, una voce che conosceva fin troppo bene.
“Kat. Stai puzzando, forse dovresti fare una doccia.”
Aprì gli occhi e trovò quelli azzurri e buoni di Peeta fissi nei suoi. Sentì l’istinto di aggrapparsi alle sue spalle e di urlare e piangere per ore, ma era troppo debole. Riuscì solo ad annuire debolmente.
Lui le lasciò un bacio sulla fronte e la prese in braccio come se stesse maneggiando un uccellino, la portò fino al bagno e la fece sedere sul bordo della vasca che riempì di acqua calda e bollicine. La aiutò a spogliarsi e la fece entrare dentro, poi la aiutò a lavarsi. La avvolse in un asciugamano e le asciugò i capelli, poi la affidò a Sae perché la facesse mangiare mentre lui cambiava il letto.
Quando si trovò sola in cucina con la donna fu solo capace di dire, come una bambina “No. Voglio stare con Peeta.”.
Quella alzò gli occhi al cielo e sparì sulle scale. Peeta arrivò qualche secondo dopo, bello come il sole, che le sorrideva e la incitava a mangiare. Poi le baciò la mano come aveva fatto tanto tempo prima nella prima arena e le fece una promessa.
“Non andrò più via.”
Dopo anche lui perse ogni contegno e iniziò a piangere.
“ Perdonami, Katniss, non sono riuscito a controllarmi. Non sono riuscito a rimanere, dovevo essere più forte, perché tu hai bisogno di me quanto io ne ho di te, e non riuscivo a sopportare l’idea di poterti fare del male, e non avevo idea, ti giuro, che tutto questo, …”
Non riuscì mai a terminare il suo bizzarro monologo perché Katniss lo sorprese con un bacio, che di passionale non aveva nulla. Sapeva di amore, di comprensione e di perdono.
Era andato via perché non voleva farle del male, non se lo sarebbe mai perdonato. Ma era tornato, ancora. Si addormentarono stretti come mai, e l’ultimo pensiero di Katniss prima di addormentarsi fu la frase che il suo mentore le aveva rivolto tempo prima
Potresti vivere cento vite e ancora non lo meriteresti… 
  
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