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Autore: Mon    29/05/2014    1 recensioni
Il suo volo partiva l’indomani mattina e, nonostante il pensiero di fingere di perderlo le aveva attraversato più volte la mente, era quasi sicura che lo avrebbe preso. Il senso di responsabilità era rimasto quello della ragazza di Dresda. Niente l’avrebbe fermata da recarsi all’aeroporto la mattina seguente e salire sull’aereo che l’avrebbe riportata a casa.
Anzi, qualcosa, o meglio qualcuno, che poteva trattenerla a Londra c’era, ed era colui che adesso era poco lontano, indaffarato nel prendere le ordinazioni di una donna e dei suoi due bambini.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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It was just a coffee





“Fallo, cos’hai da perdere?”, “Fallo, cosa ti costa?”
Queste erano le parole che si rincorrevano nella testa di Alexandra, mentre, seduta al tavolino della caffetteria, guardava i camerieri indaffarati a preparare caffè latte e cappuccini, presentare tutte le possibili variazioni di the a chi ne aveva appena richiesto una tazza calda, a preparare un pezzo di cheescake da porgere all’avventore che l’aveva appena ordinata. 
Era un tardo pomeriggio di marzo, fuori dai vetri la pioggia cadeva imperterrita da un paio di ore; Alexandra si era rifugiata lì dentro con l’intenzione di starsene al caldo, bere qualcosa e godersi l’atmosfera di quel posto. Era il suo luogo preferito a Londra; passava ore e ore a leggere, studiare, a navigare su internet, o semplicemente a rilassarsi, perdendosi a guardare le persone che entravano e che uscivano dalla porta, ognuna di esse con la propria vita alle spalle. 
Sapeva che quel luogo sarebbe stato una delle cose che più le sarebbe mancato di quella città; avrebbe dovuto lasciarla il giorno seguente e, nonostante fosse ancora lì, già cominciava a sentire il peso del ritorno e della lontananza. Londra le era entrata dentro come non avrebbe mai immaginato; lei che veniva dalla Germania, precisamente da un paesino vicino a Dresda, si era trasferita a Londra per studiare, era lì da 6 mesi e tra poche ore sarebbe dovuta rientrare nella sua terra natale. In quel lasso di tempo era cambiata, non era più la ragazza che aveva lasciato la sua casa, il suo nido sicuro; aveva spiccato il volo e poteva dire di essere finalmente cresciuta e maturata. Proprio per quello, per il senso di libertà che aveva provato girando per le strade di Londra con il naso sempre all’insù, apprezzando ogni piccolo particolare di quella città, ora non voleva tornare a quella che era la sua vita reale. Il suo volo, però, partiva l’indomani mattina e, nonostante il pensiero di fingere di perderlo le aveva attraversato più volte la mente, era quasi sicura che lo avrebbe preso. Il senso di responsabilità era rimasto quello della ragazza di Dresda. Niente l’avrebbe fermata da recarsi all’aeroporto la mattina seguente e salire sull’aereo che l’avrebbe riportata a casa. 
Anzi, qualcosa, o meglio qualcuno, che poteva trattenerla a Londra c’era, ed era colui che adesso era poco lontano, indaffarato nel prendere le ordinazioni di una donna e dei suoi due bambini. Si chiamava Mike, era alto, occhi azzurri, capelli castani, labbra sottili, sempre sorridente. Alexandra lo aveva visto una delle prime volte che aveva messo piede in quella caffetteria, lui l’aveva servita con un sorriso ampio e allegro. Lei non aveva potuto far altro che ricambiare, subito messa a suo agio da quel giovane cameriere. 
Lo aveva rivisto altre volte, Mike aveva imparato a conoscerla, a ricordarsi il suo nome, a non dimenticare ciò che era solita prendere. Ogni sua piccola attenzione le faceva piacere, ma non era così stupida da perdere la testa per qualcuno a cui avrebbe dovuto dire addio. O almeno, per un certo periodo, aveva creduto di non esserlo. Poi era successo. Si era ritrovata a pensare a lui sempre più spesso, man mano che si avvicinava il momento della partenza sentiva crescere dentro di sé un senso di inquietudine, una tristezza che non avrebbe voluto provare. Eppure pensava a Mike e al fatto che non lo avrebbe più rivisto e le lacrime si accumulavano vicino al bordo dei suoi occhi.
Doveva ammetterlo, come molte altre persone che l’avevano accompagnata in quella caffetteria, aveva cominciato a convincersi che anche Mike fosse interessato a lei, ma non aveva avuto il coraggio di fare il primo passo per paura. La solita paura che l’aveva sempre accompagnata per tutta la sua vita: essere respinta. 
Ora era lì, davanti ad un bivio a cui era stata messa da una sua compagna di corso: lasciargli un biglietto con il numero di cellulare oppure andarsene facendo finta di niente, senza un saluto, senza una parola, con la paura di non rivedere più quel ragazzo che tanto le aveva fatto battere il cuore?
Prese fuori dalla sua borsa un quaderno, strappò un pezzo di foglio e poi prese una penna. Rimirò le due cose appoggiate sul tavolino e poi decise. Avrebbe scritto qualcosa e l’avrebbe lasciata sotto la tazza, con il nome di Mike scritto sopra. 

“Il mio tempo qui a Londra è finito, domani torno a casa, in Germania. 
Mi ha fatto piacere conoscerti, non ti dimenticherò mai. 
Se volessi mai rimanere in contatto con me, ti lascio il mio numero.
Alexandra”

Scrisse il numero di telefono del cellulare, ripiegò il foglietto di carta a quadretti e sopra vi scrisse semplicemente “Per Mike”, poi lo mise sotto la tazza. Raccolse le sue cose e uscì dalla caffetteria, fermandosi poco lontano a respirare l’aria fresca di Londra, con la pioggia che batteva rumorosa sul suo ombrello.
Camminò per un po’, cominciando a rendersi conto di quello che aveva appena fatto. Una cosa che non avrebbe mai potuto fare prima della sua partenza per Londra. Era decisamente cambiata, e lo doveva alla città e a Mike. Probabilmente lui non l’avrebbe mai chiamata, ma almeno ci aveva provato. In fondo, come diceva la sua compagna di corso, non aveva niente da perdere. Arrivò alla fermata dell’autobus, quello che l’avrebbe portata verso la sua casa londinese per l’ultima volta. 
Alexandra cercò di trattenere le lacrime, ma quelle avevano deciso di sfuggire al suo controllo, cominciando a scorrere sulle sue guance. Doveva salutare Londra e tutto ciò che l’aveva resa felice in quei mesi.

 

***

 

Tre mesi dopo


La luce del sole filtrava dalle finestre della camera di Alexandra; fuori era una bella giornata, ma la giovane non aveva nessuna intenzione di alzarsi dal letto. Avrebbe speso quella giornata tra libri da leggere e televisione, aveva dato un esame il giorno prima e ora meritava un po’ di riposo. 
Si mise a sedere sul letto solo per prendere la bottiglia d’acqua sul comodino e berne un sorso, poi si accoccolò nuovamente e ricominciò a fare zapping tra un canale e l’altro.
Il cellulare sul comodino vibrò; Alexandra sbuffò e lo prese; le era arrivato un messaggio. Lo aprì e il numero che comparve sopra le era sconosciuto. Aggrottò la fronte e lesse il testo.

“Sono in aeroporto. Possiamo vederci?”

Il nome che lesse sotto a quel breve messaggio le fece saltare il cuore in gola e il fiato le venne a mancare per qualche istante: era firmato Mike. 
Alexandra si mise a sedere sul letto, senza riuscire a staccare gli occhi da quelle cinque parole, senza riuscire a rendersi bene conto di quello che stava succedendo. Mike, il suo Mike, aveva  ricevuto il biglietto, salvato il suo numero e ora le mandava un messaggio dall’aeroporto di Dresda. 
Non riusciva a crederci, ci mise alcuni minuti prima di realizzare tutto. Solo quando si fu ripresa dallo shock si rese conto di dovere una risposta al ragazzo. Con mani tremanti digitò:

“Ciao! Cosa ci fai a Dresda? Ti raggiungo in aeroporto in mezzora!”

La risposta di Mike non si fece attendere.

“Ti aspetto e poi ti spiego come mai sono qui.”

Nella mente di Alexandra cominciarono a frullare i pensieri più diversi. Magari Mike era solo di passaggio, però aveva salvato il suo numero e le aveva mandato un messaggio. Era andato a Dresda in vacanza? Era andato lì solo per vederla? Si stava per trasferire?
Mentre si metteva un po’ di matita nera sotto gli occhi scoppiò a ridere pensando a quante inutili paranoie si stava facendo. Doveva smettere di pensare e raggiungere Mike in aeroporto, una volta arrivata lì avrebbe ottenuto la risposta che cercava. Probabilmente non le sarebbe piaciuta, probabilmente Mike era solo di passaggio, ma rivederlo, anche solo per cinque minuti, le stava provocando un misto di sentimenti che nemmeno lei riusciva a spiegare. Lo stomaco le si stava contorcendo, le faceva male la pancia, il cuore le batteva forte e non riusciva a regolarlo, nemmeno facendo profondi respiri.
Prima sarebbe arrivata in aeroporto, prima avrebbe visto Mike e quella sensazione di ansia l’avrebbe abbandonata. Si sistemò e uscì di casa, accendendo la macchina e dirigendosi verso il luogo definito. Non ci mise molto ad arrivare, il traffico sulle strade non era intenso. Non accese nemmeno la radio nel tragitto in macchina, cosa che faceva sempre; i pensieri correvano veloci, la musica quel giorno sarebbe stata solo un tremendo ronzio che si sarebbe sommato al caos che c’era già nella sua testa.
Mise piede dentro all’edificio e guardò il tabellone degli arrivi, cercando il gate in cui l’aereo di Mike era atterrato. Appena lo vide partì a passo veloce, voleva rivederlo, anche solo per poco.
Una volta arrivata si guardò attorno e notò subito il taglio di capelli del giovane. Non disse nulla, non lo chiamò. Lui era girato di spalle e Alexandra gli arrivò vicino, battendogli una mano sulla spalla. Mike si girò di scatto; il suo volto cambiò immediatamente espressione quando vide la ragazza, un grande sorriso gli si stampò in faccia. Poi fece una cosa che non aveva mai fatto prima e che lasciò Alexandra di stucco: la abbracciò. Lei ebbe un primo momento di smarrimento, poi ricambiò quel caldo abbraccio, annusando il profumo che i vestiti di Mike emanavano: sapevano di lavanda. Quando si allontanarono, entrambi non sapevano cosa dire. Fu la ragazza a prendere la parola per prima, provando a rompere il ghiaccio. 
«Mi fa piacere vederti...» si limitò a dire.
«Anche a me, tantissimo!»
«Cosa ci fai qui?»
Mike sorrise e tirò fuori dalla tasca della giacca un foglio, porgendolo ad Alexandra. Lei lo prese, senza riuscire nemmeno lontanamente ad intuire cosa potesse esserci scritto sopra e lo lesse. Il  pezzo di carta diceva che il giovane aveva trovato lavoro a Dresda, quella era la sua lettera di assunzione, avrebbe dovuto presentarla all’azienda il giorno seguente. 
Alexandra alzò lo sguardo dal foglio verso Mike e disse: «Sono contenta che tu abbia trovato finalmente un lavoro come quello che volevi fare. Eri sprecato dietro al bancone di una caffetteria, hai ben altre potenzialità»
Il giovane divenne rosso in viso, Alexandra non poté fare a meno di notare quanto fosse bello. Aveva, però, un dubbio che la tormentava e prima di farsi false illusioni voleva sapere perché Mike aveva scelto, come sua destinazione finale, Dresda. Con quella domanda avrebbe finalmente trovato risposta a tutte quelle che le giravano per la testa.
«Come mai hai scelto Dresda?» chiese.
Mike sorrise nuovamente, tirando fuori un altro fogliettino e porgendolo ad Alexandra. La giovane riconobbe immediatamente la propria scrittura, lo guardò incredula, con la bocca leggermente aperta, e per alcuni secondi si ritrovò senza parole. 
«Hai tenuto il mio foglietto?»
Il giovane annuì, abbassando lo sguardo. «Era l’unica cosa di te che mi rimaneva. Te ne sei andata senza nemmeno dire ciao.»
Alexandra si sentì improvvisamente in colpa per quello che aveva fatto, poi si ricordò perché non lo aveva salutato; avrebbe fatto troppo male e lei non voleva soffrire; era già dura lasciare Londra, lo sarebbe stato ancora di più se avesse dovuto dire addio a Mike.
«Era troppo doloroso. Ho sperato, per i primi tempi, che tu mi chiamassi, poi ho smesso di pensare a te. Fino a stamattina. Non mi hai ancora risposto, come mai Dresda?»
«Non è evidente? Volevo stare con te, sempre che tu mi voglia qui, sempre che nel frattempo tu non abbia trovato qualcun altro, ne avresti tutte le ragioni»
Alexandra divenne rossa in viso poi, quasi sussurrando, chiese: «Cosa ti ha fatto pensare che io avessi un interesse verso di te?»
Mike indicò il foglietto. «Sicuramente quello, ma anche i sorrisi che mi regalavi, i nostri discorsi al bancone o seduti ai tavolini durante la mia pausa pranzo. Mi sono per caso sbagliato? Hai un altro?»
Il viso del giovane si era fatto serio, la fronte aggrottata, lo sguardo cupo. 
Alexandra decise di chiarire subito la situazione. «Non ho nessun altro, ma era davvero così evidente?»
L’espressione sul viso del giovane si rasserenò improvvisamente. Si lasciò andare ad un sorriso sincero e disse: «Abbastanza evidente...»
La giovane chinò la testa, avvampando in viso, fino alla punta delle orecchie; cominciò a tormentarsi l’unghia di una mano senza trovare il coraggio di guardare negli occhi Mike. Fu lui a farle rialzare la testa, mettendole due dita sotto il mento.  
«Non ti preoccupare, era ricambiata la cosa, ma avevo solo il timore di ciò che sarebbe successo quando te ne fossi andata. Quando non ti ho più vista avevo in mano solo questo foglietto. Per un po’ ho pensato di poterti dimenticare, ma è stato impossibile. Mi sono messo a cercare qualcosa a Dresda e sono venuto qui. Forse è stato un azzardo non dirti niente, ma volevo fosse una sorpresa»
«Lo è stata.»
I due si abbracciarono nuovamente, molto più forte e intensamente di prima. Quando si allontanarono Mike disse: «Siamo stati stupidi a non dircelo subito, non credi?»
«Sicuramente. Adesso però, dimmi dove devi andare che ti ci accompagno. Avrai una casa dove vivere, giusto?»
Mike annuì, Alexandra fece per avviarsi verso l’uscita dell’aeroporto, ma una mano del giovane la trattenne per un braccio, tirandola a sé, il più vicino possibile. Le labbra dei ragazzi erano vicine, i due si guardavano negli occhi.
«Posso?» chiese Mike spostando lo sguardo sulle labbra di Alexandra.
La giovane non rispose a parole, ma avvicinandosi a Mike e dandogli un meraviglioso bacio.







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Salve! Le note dell'autore sono sempre la parte più difficile per me. Cosa posso dirvi se non, innanzitutto, grazie per essere arrivati fino in fondo a questa storiella. L'ispirazione mi è venuta per caso, mentre pensavo alle cose che possono accadere in una caffetteria (leggi Starbucks) a Londra. Tutto frutto della mia fantasia che ha cominciato a viaggiare per conto suo.
Insomma, mi farebbe piacere qualche commento, anche critico va bene. Ditemi cosa ne pensate, insomma.
Che altro dire. Niente.
Alla prossima.
Mon

  
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