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Autore: Stars Trail    30/05/2014    1 recensioni
“Ogiwara-kun, che ti avevo detto, ieri sera? Di non fare l’eroe. E tu cosa hai fatto?”
“Ti ho dato la mia sciarpa.”
“E il tuo ombrello. Mentre nevicava. Hai fatto l’eroe.”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ogiwara Shigehiro, Tetsuya Kuroko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Kuroko non ricorda un inverno così freddo da quando, ancora bambino, aveva fatto un pupazzo di neve in giardino con sua nonna e quello era rimasto in piedi per giorni e giorni, senza perdere occhi o naso, senza scogliersi nemmeno un po’. Affonda il viso nella sciarpa mentre cammina per strada, e in una mano stringe una busta di plastica piena di paracetamolo e té.
Avrebbe voluto passare la domenica a giocare a basket, ma in fondo fa così freddo e c’è così tanta neve che giocare sarebbe stato comunque impossibile.
Fare l’infermiere non sembra un’idea così allettante, ma poco importa.

“Ogiwara-kun?”
Bussa due volte alla porta d’ingresso, chiamando l’altro invano. Si ricorda, al terzo tentativo, che il suo cellulare ha vibrato mentre si dirigeva verso casa dell’altro. Infila la mano in tasca e trova un messaggio.
La porta è aperta, spingi un po’ e si apre.
E così fa. Il cigolio della porta è debole, ma spera basti a Ogiwara per fargli sapere del suo arrivo. Lo chiama, quando si ferma sull’ingresso per togliersi le scarpe, e in risposta riceve un mugolio sommesso che proviene dalla cucina. Sospira, sfilandosi il cappotto e appendendolo, prima di dirigersi verso la voce.
Ogiwara è riverso sul divano, una pila di plaid a fargli da scudo dal freddo senza riuscirci davvero. Allunga il collo per guardarlo, ma invece che salutarlo tossisce, tornando a rannicchiarsi sotto le coperte. “Kuroko…” rantola con voce roca, trascinando l’ultima vocale finché ha fiato.
Si sente già stanco.
“Ogiwara-kun, che ti avevo detto, ieri sera? Di non fare l’eroe. E tu cosa hai fatto?”
“Ti ho dato la mia sciarpa.”
“E il tuo ombrello. Mentre nevicava. Hai fatto l’eroe.”
Lui in protesta si lamenta e gli dà le spalle, mentre lui si lascia cadere sul pavimento. “È inutile che ti lamenti, sai che ho ragione.”
“Ho la febbre a trentotto,” borbotta contro lo schienale del divano. Kuroko lo vede tremare appena, ma sa che se abbassa la guardia è finita.
“Hai abbastanza lingua per poter parlare. Adesso girati e fatti vedere.”
Lui obbedisce, mostrandogli un broncio che in un altra situazione lo avrebbe sicuramente fatto sorridere. Adesso, l’unica cosa che riesce a fare è sospirare e cercare di non essere troppo severo, mentre si allunga per poggiare la fronte contro quella di Ogiwara. “Sei un disastro,” sussurra, quando si allontana.
“Non è un modo gentile di ringraziarmi.”
“Io ti avevo avvisato,” ribatte, e si lascia ricadere sul pavimento, arrendendosi al fatto di avere a che fare con un bambino. “Ti ho portato qualcosa per abbassare la febbre, ma prima dovresti mangiare qualcosa. Hai fatto colazione?”
Ogiwara scuote la testa in diniego, si schiarisce la voce, e lo guarda con uno sguardo così umido che a Kuroko si stringe il cuore. “Mi sono alzato dal letto per aprirti la porta, poi mi sono trascinato qua e non mi sono alzato più.”
Gli viene spontaneo sollevare il braccio e affondare le dita tra i suoi capelli, scostandoglieli dalla fronte. “Ti preparo un té, ne hai voglia?”
“Saresti un angelo.”
Kuroko preme una mano contro il pavimento e si rimette il piedi, sorridendogli appena. “Sono sempre un angelo.”

Due tazze di té nero e due fette biscottate dopo, Ogiwara pesa appena contro la spalla di Kuroko, la testa che di tanto in tanto ciondola in avanti per la pesantezza.
“Sei sicuro di voler restare sul divano?”
“Non ho voglia di fare le scale.”
Kuroko sente il braccio dell’altro stringersi attorno al suo. Ha una vaga impressione che dietro la sua risposta ci sia un secondo fine - molto stupido, se pensa che comunque non lo mollerebbe nemmeno per un istante, adesso che è lì. Gli preme le labbra sulla fronte come meglio può, sentendo la pelle scottare contro di esse. L’involucro della pastiglia che gli ha dato è lì che prende polvere sul pavimento, assieme a un bicchiere d’acqua bevuto per metà. “Stai comodo?”
Ogiwara annuisce, sfregando il naso contro la spalla. “Comodissimo.”
Kuroko è sicuro che menta. Non lo vede nell’espressione rilassata del suo ragazzo, non lo vede nei suoi occhi umidi per la febbre. Una posizione del genere sarebbe scomoda per chiunque. Ma non ribatte, limitandosi ad accarezzargli la testa con la punta del naso. “Vuoi che accenda la tv? Hai bisogno di qualcosa?”
Ogiwara tira su col naso un paio di volte, prima di rispondere.
“Ho bisogno che tu resti qua e non faccia un passo. Puoi solo respirare, se proprio ti è necessario.” È un sollievo che abbia voglia di scherzare; anche se la febbre non è bassa, almeno non sta così male da dover stare per forza disteso a rantolare come fosse in punto di morte. Sfrega la fronte contro la sua spalla come un gatto desideroso di attenzioni, e Kuroko sbuffa divertito, poggiando una mano sulla sua testa.
“Posso solo respirare?” chiede, e Ogiwara arriccia le labbra e scuote piano la testa.
“No. Puoi anche farmi le coccole, se l’impulso è così forte.”
Ha a che fare con un bambino troppo cresciuto. Non che non lo sapesse, ma constatare la verità ogni volta che gli si presenta l’occasione gli ricorda che lui non ha firmato per questo, quando ha deciso di passare il resto della sua vita affianco a quel ragazzo. Si china sul suo collo e gli lascia un bacio dove la pelle è appena sudata, sorridendo.
“Sei un bambino.”
“Sono malato.”
“Perché sei un bambino.” Ogiwara sbuffa, e lui solleva la testa e gli pianta il mento tra i capelli, obbligandolo di nuovo a poggiarsi a lui. “Ma se fai il bravo, potrei assecondare l’impulso di farti due coccole.”
“Era quello che speravo.”
Lo guarda mentre si rilassa contro la sua spalla una seconda volta, mentre va a cercare la sua mano sotto le coperte. Gioca con le sue dita, gli accarezza il dorso con il pollice finché non si rende conto che il respiro di Ogiwara si è fatto appena più pesante. Kuroko sente il suo cuore stringersi, e mentre gli poggia un altro bacio sulla fronte, si chiede cosa farebbe, questo tonto, senza di lui. “Bambino,” bisbiglia tra i suoi capelli, e si poi lascia andare contro lo schienale del divano, gli occhi socchiusi e il respiro di Ogiwara a fargli da sottofondo.

   
 
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