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Autore: Scarlett_Brooks_39    30/05/2014    1 recensioni
"I have died every day waiting for you, darling don't be afraid I have loved you for a thausand years, I'll love you for a thausand more..."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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"Noi, protagonisti del nostro dipinto d'amore."

Riesco ancora a ricordare il momento in cui l'ho visto per la prima volta. Mi trovavo con Emily e Dana, due mie amiche del liceo, in riva al mare. La nostra cittadina, seppur piccola, era molto famosa per i suoi tramonti. Infatti, proprio qui il sole diceva addio al cielo per sprofondare sotto la linea dell'orizzonte del mare, creando suggestivi effetti di luci e ombre. Milioni di turisti arrivavano per godersi pochi minuti di suggestivo splendore. Soprattutto oggi, ventun giugno, solstizio d'estate. Gli scogli creavano una sorta di cornice intorno al mare cristallino che fra poco si sarebbe dipinto d'arancione e rosso. Dov'era lui? Accovacciato su un grande masso marroncino, inclinato verso la superficie del mare. I capelli castani erano scompigliati dalla leggera brezza e così, di sbieco, mi parve di vedere che i suoi occhi erano celesti. Ricordo benissimo la rigidezza della sua mascella e il piccolo piercing che gli bucava il sopracciglio. Fu in quel momento che mi chiesi: è possibile innamorarsi così di qualcuno? Oppure è solo un'inutile comportamento da ragazzina? Una parte dentro di me diceva di guardare altrove, di lasciar perdere, magari aveva una fidanzata che sarebbe arrivata da un momento all'altro, mentre l'altra diceva di continuare a venerare quell'Adone, a pochi passi da me. Ovviamente alla fine vinse la seconda.
"Jen, guarda che spettacolo!"-esclamò Dana vicino a me, spronandomi a guardare il tramonto. Ma io avevo già il mio spettacolo davanti agli occhi e non mi occorreva guardare altrove. 
"Jen? Ehi, Jen? Ma che ti prende?"
"Credo proprio di essermi innamorata."

Come ogni lunedì mattina passavo a comprare qualcosa da mangiare da Granny's, visto che mia madre usciva sempre troppo presto per preparare la colazione e a me non piaceva mangiare da sola. 
Lavoravo nel negozio di fiori lì vicino, come mansione part-time estiva. 
"Ciao Beth, un caffè ghiacciato per favore."
"Subito Jen."- rispose gentile lei, al solito. Posso affermare di non aver mai smesso di pensare al ragazzo misterioso della settimana scorsa. Eh si, era passato già così tanto tempo, evidentemente era solo un turista, magari pure straniero, che ora sarà già tornato nel suo paese. Oh, com'erano belli i suoi occhi! E la sua mascella, così marcata...per non parlare del piercing sul sopracciglio...gli donava un aspetto moderno e da vero duro. 
"Jen?"- Beth, la commessa, mi stava porgendo il mio bicchiere, ma ero come imbambolata a pensare a quella specie di angelo caduto, che si trovava a pochi passi da me nel giorno più lungo dell'anno. 
"Oh, grazie Beth!"
Dopo aver pagato continuai la mia strada fino ad arrivare al piccolo negozietto davanti alla grande piazza principale, il cui centro era occupato da una fontana che zampillava spruzzi da tre grandi fori in alto. 
Mary, il mio 'capo' per così dire, ma anche mia zia, stava parlando con qualcuno, nascosto da una grande felce. Entrando, cercai di raggiungerla, facendomi strada tra le mille azalee, felci, ed ogni tipo di piante immaginabili. I fornitori di mia zia arrivavano dai punti più strani del mondo, portando esemplari bellissimi, che non avevo mai visto prima. Ancora non riuscivo a distinguere tutti i tipi di fiori, perché ce n'erano tantissimi. Mi limitavo ad aiutarla con le composizioni e con la preparazione dei fiori prima di metterli nei vasi da esporre. 
"Certo, puoi iniziare anche subito e...oh, Jen! Eccoti qua, vieni, ti presento il tuo nuovo aiutante."- disse pimpante lei, rivolgendomi il suo solito sorriso solare e contagioso. Non volevo interromperli, quindi ero rimasta 'nascosta' dietro le folte foglie dell'Alocaia, fissando ossessivamente gli stivali sporchi delle solite macchie di polvere.
Scostai l'ostacolo che mi separava da loro e me lo ritrovai davanti. Come potevo scordarmelo? Quei suoi occhi che mi erano parsi celesti erano velati di un verde acqua inconfondibile e quel suo piercing sul sopracciglio mi diede a pieno la conferma che era lui il mio angelo misterioso. Ero così ossessionata dal suo pensiero che ora avevo avuto anche una visione? Oppure ce l'avevo davvero di fronte, a pochi passi da me? Era forse stato il destino a farci incontrare, o una futile coincidenza? Qualunque cosa fosse, mi ero imbambolata di nuovo davanti a lui, ragazzo misterioso o no. 
"Jen?"- Mary mi distolse dai suoi meravigliosi occhi. La paralisi non era durata a lungo, così potei riprendere la situazione al volo, senza aver fatto grandi figuracce. 
"Si?"
"Lui è Dylan, il tuo nuovo assistente."- lui mi porse la mano e io la strinsi felicemente. Così si chiamava Dylan... Se fossimo stati in un cartone, adesso i miei occhi sarebbero a forma di cuoricini. Ci scambiammo un sorriso e mi sembrò di volare. Era talmente strano e assurdo, che se ora ci ripenso vorrei picchiarmi per quanto il mio comportamento fosse da ragazzina cresciuta. Ma non lo so, in lui c'era qualcosa di irresistibile che non mi faceva comportare diversamente. Era forse amore? O solo una cotta? Chi lo sa. 
"Si occuperà della contabilità e delle varie fatture."-" Lei è mia nipote, Jennifer, si occupa delle composizioni e delle decorazioni."
E vedendo che nessuno voleva dire altro, visto che i nostri sguardi non volevano staccarsi l'uno dall'altro, Mary batté le mani e disse:"Bene, è ora di servire i clienti!"

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Ricordo ancora la prima volta in cui la vidi: era l'equinozio d'estate, il 21 giugno. Ero appena arrivato in città, quindi non conoscevo ancora nessuno. Mio fratello era certamente più socievole di me e si era già fatto alcuni amici, i quali erano intenzionati ad andare a vedere il mare al tramonto. Che assurdità, pensai. Stavo quasi per non andare, ma mia madre mi aveva praticamente chiuso fuori casa, intenzionalmente, certo. Diceva che non m'impegnavo ad avere amici e che passavo la maggior parte del mio tempo chiuso in camera mia. Almeno, nella vecchia città. Ma torniamo a lei, a quella ragazza tanto bella che riuscì a togliermi il fiato dal primo momento. Di lei mi colpirono subito i folti capelli color cioccolato, raccolti in una coda di cavallo che le lasciavano la bellezza interamente concentrata sul viso. I raggi del sole quel giorno le disegnavano multiformi sfumature sui capelli, per non parlare dei suoi occhi: scuri e grandi, bellissimi ed espressivi. Non era di statura alta e dimostrava meno anni di quanti ne aveva ma proprio questo la rendeva unica. Ma che...che mi succede? Un ragazzo di solito non si comporta così, non 'sbava' dietro a una che nemmeno conosce, almeno non io e non la descrive come una Venere come ho appena fatto io. Ma che ci posso fare? È come se non fossi neanche io a parlare, ma una vocina dentro di me che mi suggerisce tutte queste frasette sdolcinate da ragazzino innamorato. Innamorato? Allora questo è l'amore? Quella palla da tennis alla bocca dello stomaco che t'impedisce di pensare, muoverti, provare qualche altro impulso se non quello di andare lì, prenderla tra le braccia e baciarla? Ma questa non è la parte più interessante. Mia madre aveva insistito per trovarmi un lavoretto part-time per l'estate al negozio di fiori nella piazza centrale. Non mi piacevano i fiori, erano troppo profumati per i miei gusti, ma la proprietaria aveva bisogno di qualcuno che gestisse la contabilità ed almeno in quella me la cavavo. Così lunedì mattina decisi di iniziare il mio nuovo lavoretto, senza smettere di pensare ossessivamente a lei, perché era questo che era diventata, un'ossessione. Almeno, non lei, ma l'idea che avevo di lei, il ricordo di lei, i suoi morbidissimi capelli che sicuramente profumavano di buono e quei suoi occhi così dolci, velati da una membrana di forza che senza dubbio la caratterizzava. 'Ma cosa dici!'- Continuava a dire una voce dentro di me. 'Magari era solo una turista, adesso sarà già tornata a casa sua e si sarà dimenticata di questo posto, o magari ha un ragazzo, ma certo che ne ha uno..'
'Smetti di fare la femminuccia, riprenditi, fai l'uomo!!'
Conosciuta la proprietaria, buttato giù un rospo dolorosissimo, quello di lasciarla andare, di non pensare più a lei, ecco però che, come una visione, la trovo davanti ai miei occhi ed ovviamente faccio la figura dell'idiota, rimanendo imbambolato a guardarla, ma la sorpresa era troppa, troppe emozioni l'una sull'altra. Finalmente avevo la certezza che la mia non era stata un'immaginazione, che lei esisteva per davvero. Era proprio come me la ricordavo, l'unica differenza erano i suoi capelli sciolti che le toccavano le spalle. Anche in quel modo, così, giunta all'improvviso, riuscì a rubarmi il cuore e a portarmi via il respiro. Fu in quel momento che mi accorsi di essermi follemente innamorato di lei. 


Venticinque giugno - un anno dopo:

"Ma ti ricordi questo posto?"- sussurrai a Dylan, il mio ragazzo.
"Certo che me lo ricordo. È dove ti ho vista per la prima volta."
"Dai, scherzi? È dove io ti ho visto per la prima volta."
"Vuoi dire che anche tu mi avevi notato?"
"E mi ero innamorata di te dal primo momento."
Ci tenevamo per mano, seduti su uno scoglio, in un luogo appartato rispetto al resto degli scogli, dove un mucchio di gente di lì a poco si sarebbe radunata, come ogni monotono anno. L'affascinante tramonto, i bambini con lo zucchero filato nelle mani e le coppiette innamorate sugli scogli. Quante volte le avevo guardate con occhi pieni d'adorazione, rimproverando il mio status di liceale ancora single. In realtà era solo questione di tempo, di un anno per precisione. Dopo l'estate passata a lavorare insieme, Dylan si era iscritto alla mia stessa scuola e così...era sbocciato l'amore. Beh, per me era sbocciato dal primo momento e, forse, anche per lui. Sembra passata un'eternità da quando guardavo film rosa mangiando gelato con un plaid addosso e invece ora ero mano nella mano con un ragazzo fantastico che, a quanto lui diceva, mi amava. Ci sedemmo su uno scoglio posto abbastanza orizzontalmente da far si che non cadessi. Io mi sedetti e lui mi abbracciò da dietro. Adesso la mia schiena era appoggiata al suo petto. 
E rimanemmo così, fin quando il sole, come una grandissima palla infuocata, non toccò l'acqua del mare, dipingendola di mille sfumature d'arancione e rosso diverse, come quando un pennello intinto in un colore lo libera nell'acqua limpida. Ecco poi il cielo, con il suo rosa magenta, mischiato all'arancio, al giallo, all'ocra, all'azzurro pallido, completare quel quadro stupendo. In quel momento mi voltai verso Dylan, accoccolandomi meglio tra le sue forti braccia. Gli sorrisi timidamente, come se non lo conoscessi affatto. Era ancora più bello della prima volta in cui l'avevo visto. I capelli castani, le labbra morbide e dolci, la mascella marcata, gli occhi celesti e quel suo piercing che in qualche modo lo caratterizzava. Sentii nascere una palla da tennis al centro dello stomaco e capii, in quel preciso istante, di amare veramente la persona che avevo davanti. Non era come la prima volta, in cui mi ero innamorata solo del suo aspetto; adesso mi ero innamorata dei suoi modi di fare, delle sue manie, dei suoi vizi, dei suoi pregi e difetti. L'aspetto non contava più nulla. Ero sicura di amare solo una persona al mondo, per la quale avrei fatto qualsiasi cosa e quella persona era a due respiri da me. 

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Sentii la gola secca quando quella bellissima ragazza, la mia bellissima ragazza, si voltò verso di me. I capelli castani e ondulati apposta per l'occasione incorniciavano il suo viso d'angelo, le guance rosee, gli occhi grandi e profondi, i lineamenti dolci ma definiti. I suoi occhi sembravano scavarmi nell'anima, cercando tutte le risposte che voleva ottenere. Senza dire niente, le nostre labbra si avvicinarono le une alle altre e ci abbandonammo alla felicità del momento. Era incredibile pensare che fino a un anno fa eravamo due sconosciuti e ora invece l'una nelle braccia dell'altro, protagonisti di un quadro che sembrava dipinto da Monet in persona. Fu un bacio lento, morbido, bellissimo. Lei poggiò la sua piccola e affusolata mano sulla mia guancia, come per trattenermi, come se stessi per andare via, forse avrei dovuto ripeterle che non sarei mai andato da qualche parte senza lei. Ci separammo alcuni secondi per riprendere fiato, durante i quali i suoi meravigliosi occhi penetrarono nei miei in cerca di qualcosa che mi restava ancora sconosciuto. Sorrise e chinò la testa. Adoravo il suo sorriso, così innocente, così tenero. In fondo lo era, si vestiva sempre in modo semplice e carino ed era sempre gentile con tutti, ma nascondeva una forza nascosta, quella stessa forza che avevo scorso nella durezza del suo sguardo, l'unica volta in cui avevamo litigato. Mio fratello non approvava, diceva che ero troppo 'piccolo' per avere una fidanzata ma io non gli davo peso. Mi rimproverava il fatto di non aver pensato al domani, a cosa avrei fatto se ci fossimo lasciati, ma quel giorno mi pareva lontanissimo.  Io amavo Jennifer. C'eravamo solo io, lei, il mare, il cielo e il nostro amore. In quel momento non m'importava un accidente del domani, volevo godermi l'oggi. 


Questa storia partecipa al contest 'Dove mi innamorai' di _MoonBeam e Nereide OmbraSmagliante. Spero che abbiate avuto una buona lettura!

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