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Autore: Aiko Inochi    30/05/2014    3 recensioni
Gli esseri umani sono riusciti a sopravvivere alla grande crisi ambientale che avrebbe portato alla rovina il loro pianeta. La Terra ora è salva e gli uomini hanno imparato a vivere in pace. Però non sempre è tutto come appare e a capirlo bene, sarà un giovane diciassettenne. Con due fazioni opposte, imponenti mecha che combattono, legami creati e distrutti ognuno continua a portare avanti i propri ideali.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ARGEST AGE - section 2

Una stanza luminosa, con tanti apparecchi che non sapeva a cosa servissero, un leggero odore di disinfettante, una scrivania con una sedia su cui era seduta una donna che gli dava le spalle.
Indossava un camice bianco, capelli castani, molto chiari, lisci che coprivano il collo.
Provò ad alzarsi, era su un letto morbido e profumato di pulito. Nel tentativo di alzarsi, il materasso fece rumore e la donna si girò.
«Ti sei ripreso!»disse subito avvicinandosi.
Takehito si sentiva confuso, non ricordava cosa fosse successo e non capiva dove si trovasse.
«Hai corso un bel pericolo. Ti rendi conto di aver fatto un’azione stupida? Per tua fortuna non siamo saliti troppo di quota.» sembrava che lo stesse rimproverando.
Quella donna aveva un tono di voce davvero severo, che non ammetteva repliche.
«Io …» non sapeva che cosa rispondere, anche perché non sapeva a cosa pensare, ma in breve tempo, come un flash, gli tornò in mente tutto.
Riflettendo in un secondo momento aveva regione quella donna, era stato decisamente avventato.
«Ha ragione … aspetti! Ricordo di essermi aggrappato  alla rete e di essere salito molto in alto fino ad intravedere un’aeronave, ma non posso essere caduto, altrimenti sarei morto, quindi se quei teknight si sono diretti verso l’aeronave io ora sono …»
«Sulla base della Phlayrh.» finì per lui la donna.
Un’espressione di paura si fece largo sul suo volto.
Sì alzò di scatto e corse fuori la stanza.
Percorse il corridoio che aveva davanti a sé, giungendo ad una vetrata che gli permise di vedere il cielo che stavano solcando.
Era vero. Si trovava su quell’aeronave che aveva visto, sulla base della Phlayrh.
Cadde in ginocchio. Che cosa gli sarebbe accaduto? Lo avrebbero rinchiuso? Forse approfitteranno della situazione e vorranno delle informazioni, torturandolo magari? O peggio lo avrebbero ucciso?
«Ehi ti senti bene?» la donna lo aveva raggiunto, sembrava essere preoccupata ma questo Takehito non lo notò.
«Lasciami!» balzò in piedi allontanandosi, si sentiva come un topo in trappola.
«Cosa sta succedendo?»
Il ragazzo si girò al suono di quella voce e vide un uomo alto, forse quasi due metri, pelle scura, capelli neri mossi e ribelli, pizzetto e anche abbastanza muscoloso.
«Il nostro ospite ha capito dove si trova e si è spaventato.»
L’ultimo arrivato gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sul capo.
«Colpa tua! Lo avrai rimproverato per bene, come tuo solito, così si è spaventato – poi lo guardò negli occhi – lei è il nostro medico, si chiama Lara. Non preoccuparti qui sei al sicuro.» spostando la mano dalla testa, gliela porse.
«Io sono Kirabo. Piacere!»
Takehito lo guardò per un po’ per poi allontanargli la mano con uno schiaffo.
«Non ci credo! Voi siete dei terroristi. Sono venuto fin qui per riportare indietro i teknight che avete rubato, quindi non ci credo che non mi farete nulla!» stava urlando e aveva il cuore in gola.
«Che brutto termine per definirci. Al massimo ribelli.»
«Minacciate l’Impero, come vorreste chiamarvi?» in quella giornata di sciocchezze ne stava commettendo fin troppe. Ora si era messo a fronteggiare un terrorista grande e grosso.
«Lascialo perdere Kirabo, sprechi fiato. Un medio cittadino che crede a tutto ciò che viene detto dall’impero non può capire.»
Takehito non si era accorto della presenza di un’altra persona, attirata dalle urla.
Quando lo vide si sorprese. Non sapeva più che cosa pensare.
«Ma tu sei il principe Seref Argest.» balbettò.
«Un medio cittadino che mi riconosce. Ciò vuol dire che nonostante sia passato del tempo continuano a parlare di me. Mi sento onorato» il suo tono era terribilmente ironico.
«Meglio terminare qui la questione.- si intromise Lara, poi rivolgendosi a Takehito – ti faccio vedere dove puoi stare. Purtroppo non possiamo farti andar via subito dato che questo non è un momento adatto per scendere a terra.»
Decise di fare ciò che gli era stato detto. Forse era un buon modo per scappare dalla situazione che si era creata.
La donna lo condusse per un altro corridoio ancora più lungo del precedente, si fermò davanti ad una porta elettronica che aprì.
Entrarono in una stanza né troppo grande né troppo piccola, con un letto un armadio e una finestra rotonda.
«Puoi stare qui per ora. Il bagno si trova una stanza dopo questa sulla destra, per i pasti ti verrò a chiamare io. Sei libero di girare dove vuoi, però non tentare di forzare le porte chiuse e vedi di non litigare con nessuno. Ora vado, ho delle cose da sbrigare.»
Così dicendo se ne andò. Ora che ci faceva caso la voce del medico era apprensiva, forse lo era anche prima.
In quella stanza si sentiva come in prigione, poteva andare dove voleva su quella base, ma non ne aveva il coraggio. Aveva detto che lo avrebbero liberato, chissà quando.
Poteva essere vero come poteva esserlo che non gli avrebbero fatto del male. Si mise a guardare la finestra che rifletteva i suoi occhi pieni di dubbi e paura.

Il tempo passava. Takehito non era più uscito dalla stanza eccetto poche volte per recarsi al bagno, stando attento che non ci fosse nessuno nelle vicinanze.
Lara andava sempre a controllare come stava, gli portava i pasti e i vestiti puliti . Ogni tanto andava anche quell’uomo alto, Kirabo, che tentava ogni volta di scambiare qualche parola con lui ma invano.
Non sembravano essere così spietati e crudeli come pensava o probabilmente non era di nessuna utilità o interesse per loro.
Al primo mattino di uno di quei giorni, quando si svegliò, trovò seduto accanto al suo letto un uomo di mezz’età seduto a braccia incrociate che lo osservava fisso.
Takehito era davvero terrorizzato. Lo sguardo di quell’uomo era agghiacciante con quegli occhi azzurri, i capelli brizzolati corti, pettinati all’indietro, i baffi e il pizzetto folti e i lineamenti marcati contribuivano a dargli un aspetto intimidatorio.
Non sapendo cosa fare restò seduto sul letto fino a quando l’uomo non si decise a parlare.
«Sono il generale della Phlayrh. Il mio nome è Owen Fukuda. Sono qui perché vorrei sapere delle cose da te.»
Aveva una voce calma e profonda ma continuava a fare paura e il ragazzo si limitò ad annuire col capo.
«Lavoravi nel laboratorio dove abbiamo rubato i Teknight?»
Un altro cenno positivo della testa.
«Che ruolo avevi?»
«Sono un collaudatore.» si sentì appena.
«Conosci le caratteristiche dei nuovi modelli?»
Annuì.
«Ebbene questi nuovi modelli sono davvero così diversi dai precedenti? Sono davvero così straordinari da non aver rivali?»
«Certo che lo sono! I TNG non conosceranno rivali.»
«Allora ci hanno ingannato.» sospirò abbassando lo sguardo.
Il ragazzo non capiva il senso di quelle parole così si fece coraggio.
«Che intende con “ci hanno ingannato”?»
Il generale tornò a guardarlo e Takehito arretrò.
«Quei teknight che abbiamo recuperato non sono altro che normalissimi vecchi modelli. Dei teknight TH con un aspetto diverso.»
«Non può essere! E allora tutto il riserbo, la segretezza delle operazioni a cosa sarebbero servite?»
«A proteggere i veri nuovi teknight. Non penso si tratti di una trappola altrimenti non ci sarebbero state di guardia solo due unità. Così facendo, hanno costretto noi ad allontanarci per far perdere le nostre tracce e loro di preparare con calma e sicurezza le nuove unità.»
«Voglio vedere di persona!» tremava come una foglia ma lo guardava dritto negli occhi.
«Non ho nulla in contrario. Seguimi!»
Si alzò e con calma uscì dalla stanza. Takehito rimase un po’ sorpreso ma si affrettò a seguirlo.
Si guardava intorno, non c’era nessuno. Continuava a seguirlo, restandogli dietro senza avvicinarsi troppo. Lo portò al piano inferiore da dove si trovavano. Si ritrovò in una sala gigantesca, probabilmente era larga quanta tutta la larghezza dell’aeronave. Dentro vi erano i teknight.
Qualcuno lo riconobbe, li aveva visti su qualche rivista e tre di quelli qualche giorno prima dal vivo. Erano enormi, tutti diversi sia per forme sia per colori e sicuramente ognuno di quei capolavori della tecnologia doveva essere unico nel suo genere.
«Ehi ragazzo! Cosa fai lì impalato? Non volevi vedere con i tuoi occhi che non ti stavo mentendo?»
Non si era reso conto che l’uomo si era allontanato. Lo raggiunse e gli vennero dati dei fogli sui quali doveva esserci descritta l’analisi dei teknight. Li lesse attentamente.
«Ciao Owen!»
 «Buongiorno Owen.»
Da uno dei robot sbucarono un uomo piccoletto e un ragazzo. Il generale rispose al saluto e spiegò loro il motivo della sua visita.
Takehito non si accorse di nulla e continuava a leggere.
«Posso vedere anche i dati analizzati dai computer?»
«Aruto mostragli anche quelli.» l’uomo piccoletto si mise al computer seguito da Takehito.
«Loro sono i nostri meccanici. Aruto Harada che tra poco ti mostrerà i dati al computer e il ragazzo è suo figlio Katsu.» spiegò Owen.
Takehito quasi si sentì in imbarazzo.
«Il tuo nome?» chiese Aruto.
«Ta … Takehito.»
«Bene Takehito questi sono tutti i dati.»
Si avvicinò al computer. Ancora una volta quello che gli era stato detto corrispondeva a verità. Ma doveva esserci una spiegazione.
Quella che aveva detto il generale Owen era plausibile ma in questo caso sarebbe stato ingannato come loro. Tutto doveva avere una spiegazione.
Non poté rifletterci su troppo a lungo poiché si sentirono delle esplosioni molto forti e poi qualcosa che colpì la base.
«Aruto! Katsu! Preparate i teknight di K4, S6 e Y7. Assetto di combattimento. Sarà una mattinata movimentata.»
  
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