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Autore: memi    04/08/2008    11 recensioni
Lo scanzonato Benjamin Price e il paziente Tommy Becker, rispettivamente numero uno e undici della nazionale di calcio giapponese, alle prese con un piccolo problemino "di fondo". Riusciranno a cavarsela? E Oliver Hutton, il più tirannico dei capitani, sopravviverà alla falce che grava incombente sulla sua testa? Bella, bella domanda. Davvero.
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Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Captain Smell

Captain Nappy

 

 

“…Perciò, credo sia più giusto che sia tu a farlo, ecco.”

Tom alzò lo sguardo, l’ultima traccia di un sogno sbiadito negli occhi ancora un po’ vacui, e lo fissò nel volto terribilmente beffardo di Benjamin Price con una nota basita ad impallidirgli le guance.

“Prego?” Domandò quindi, incerto e del tutto insicuro della sua sanità mentale.

Stava sognando, vero? Per forza, e quello era un incubo. Un incubo che non aveva assolutamente nulla, nulla di profumato.

Accanto a lui il SGGK, numero uno del Giappone e ad un passo dal divenirlo pure nell’ambito europeo, gli regalò un’occhiata accattivante, fin troppo smaliziata per i gusti dell’altro.

“Tom.” Iniziò, poggiandogli una mano sulla spalla in un gesto che definire ambiguo, opportunista e ipocrita, sarebbe stato comunque minimizzare. “Tu mi conosci, no? E da quanto? Dieci? Undici anni?”

Becker sospirò, passandosi poco convinto una mano nei capelli castani. “Quindici, veramente.” Lo corresse, paziente.

“Ah, sì, ecc-” Benji si bloccò, col fiato corto e gli occhi sbarrati per la sorpresa arrecata dalla notizia, prima di voltarsi verso l’amico in un bizzarro effetto da robot mezzo arrugginito. “Cosa?! Quindici anni? Scherzi? Sono già passati tutti questi anni?” Poi si guardò allo specchio, posto di fronte a loro, e sorrise compiaciuto. “Va beh, devo dire che me li porto benissimo, vero fustacchio?” Chiese, rivolto al suo stesso riflesso.

Tom alzò gli occhi al cielo, esasperato.

Venticinque anni di carcere sarebbero stati meglio, poco ma sicuro.

“Ueeeh!”

Un improvviso quanto stridulo gridino, li costrinse a tapparsi le orecchie, assordati, e a riconcentrare le proprie attenzioni sul fagotto mezzo nudo che si sbracciava dinanzi ai loro occhi vacui.

“Tom, fa qualcosa!” Sibilò Benji, stizzito.

Fantastico, veramente fantastico.

Ma quell’idiota decelebrato e con dubbie capacità intellettive gliel’avrebbe pagata cara. Oh, molto, molto cara… Avrebbe dovuto vendersi pure le mutande e implorarlo strisciando ai suoi piedi fino ad avere i ginocchi consumati, e-

“Benji, devi cambiarlo!”

Aveva davvero sentito ciò che credeva di aver sentito? No, perché il livello di sordità era ad un punto talmente prossimo al non-ritorno che non ci sarebbe stato di che sorprendersi se avesse iniziato a sfarfallare. Tanto più che ciò che gli pareva di aver sentito, era bizzarramente assurdo per essere reale.

“Devo essermi o totalmente rincretinito, o assordato, ma Tom, vecchio mio, credo di aver capito qualcosa come cambiarlo io. Mi sono sbagliato, giusto? Stai scherzando, no?” Domandò, con tono quanto più ingenuo possibile, i lineamenti alterati da una quanto mai inverosimile aria angelica.

Dal canto suo il numero undici della nazionale nipponica di calcio, nonché membro effettivo della Golden Combie, mostrò le proprie doti artistiche in un’eccelsa imitazione del famoso Urlo di Munch.

“Benji, ti sembra che io stia scherzando?!” Ribatté, troppo rimbambito per afferrare la drammaticità dei fatti, ma non il fetido odoraccio che si respirava, per quanto i polmoni si sforzassero di farlo ovviamente.

“Tommy, ti sembra che io potrei mai farlo?” Fu la risposta del portiere, sinistra quanto lo era l’eau di toilet – in questo caso – divampato nel bagno.

-Okay Tom, stai calmo. Respir- No, meglio di no. Allora, non respirare ma stai calmo. Calmo, Tom, c a l m o.-

“Oh, ti muovi o no?” La voce seccata di Benji, unita al pianto isterico sollevatosi già da diversi minuti, e non solo quello, sfibrò anche l’ultimo nervo di Tom, ormai al limite della sopportazione.

“Sinceramente.” Attaccò, imbufalito, ringhiando peggio di un cinghiale di fronte al pericolo. “Non capisco perché debba essere io a farlo, e non tu.”

Al che Price scrollò le spalle, con noncuranza, e mormorò qualcosa coperto dall’urlo disumano che quell’esserino sembrava in grado di cacciare. Sospirò – senza respirare, ormai era a buon punto nel raggiungere il record mondiale di apnea – e si sforzò di parlare a voce più alta.

“Perché…Holly…amico…poppante…tu!”

Tom sbatté le palpebre, una, due volte, l’aria basita di uno che non crede alle proprie orecchie. Beh, a quella misera parte che le sue orecchie avevano udito, almeno. Tranci di parole condite di urla e pianti isterici.

“Che??” Domandò, sperando che la sua voce riuscisse a sovrastare la vocina assordante del bimbetto.

Benji sospirò, poi ispirò, quindi espirò, sforzandosi di mantenere il controllo di se stesso e dei suoi già comprovati nervi. Infine… “Perché Holly è più amico tuo, perciò del poppante te ne devi occupare tu!”

Dire che era sbigottito, attonito ed esasperato, era ancora troppo poco.

Guarda che è anche amico tuo!” Ribatté, a tono, i pianti che ormai avevano raggiunto un elevato grado di decibel.

Non sono mica un pallone!”

Benji sapeva ovviamente trovare una giustifica per tutto, ma proprio tutto.

E Tom sapeva bene che ostinarsi in quella posizione, non avrebbe sortito vantaggi né all’uno, né all’altro, né al poppante, come lo chiamava il portieruncolo. Perciò, decretò, meglio passare ad una saggia azione diplomatica. Il che lo portò a sfidare il destino, il ribrezzo e il proprio vacillante affetto verso quella testa quadrata di un capitano che, sposandosi, aveva decretato l’inizio dei loro guai.

“D’accordo, lo faremo insieme.”

Come? Non ti sento, parla più forte!”

Ispirare, espirare, inspirar- “Ho detto che lo faremo insieme porca vacca!”

“Ah.” Benji sospirò, terribilmente pallido. “E che ti urli!”

-Uhm. Calma Tom, calma. C a l m a.-

-Non dice sul serio… Vero Tommy bello?! Dice sul serio?-

“Al mio tre. Uno…”

Benji portò una mano sulla striscia adesiva destra, la sinistra era di Tom.

“…due…”

Deglutì un paio di volte, impedendosi di respirare.

“…e tre!”

Zip.

Le urla finirono (magia?), l’orologio si fermò e…

“Che schifo!!”

 

 

 

{Due ore, un pannolino, una maglietta sporca ed irrimediabilmente una pulita, due bicchieri di scotch forte per Benji, uno di whisky invecchiato per Tom, un biberon di latte per il moccioso Hutton, dopo…}

 

“Siamo tornati!” La voce giuliva di Patty, reduce da una stupenda serata in teatro con il suo adorabile maritino, si propagò nella casa allo stesso grado di decibel di un’arpia che si azzanna sulle proprie vittime.

O, perlomeno, questa fu la percezione che ne ebbero Benji e Tom dal sofà del soggiorno, spalmati fino a confondersi con l’arredamento.

“Ehi!” Li salutò Holly quando, entrando con il dubbio gusto di farsi beccare mentre sorrideva compiaciuto, li notò a riposarsi sul proprio divano.

Era talmente contento di come era andata la serata di libertà, lontano dagli obblighi e dai vincoli paterni, da non fare neppure caso all’ambiguo silenzio regnante nella stanza, con tanto di televisione spenta anziché essere puntata su qualche canale con una vecchia partita di calcio in programmazione.

“Tesoro!” Ululò raggiante l’ex manager all’indirizzo dell’adorabile pargoletto, seduto placido con il ciuccio in bocca tra i suoi due comprovati babysitter. “Ti è mancata la mamma? Sì? Vero che ti è mancata? Bravooo. Tu sei bravo, sei l’amore della mammina,vero?”

Tralasciando lo sfogo di Patty, chinata su quel piccolo portatore di colera ambulante, Tom e Benji continuarono a fissare un punto imprecisato dinanzi ai loro occhi, quasi che la cosa gli scivolasse addosso senza neppure sfiorarli.

“Il teatro era pieno, avreste dovuto vedere! Non ho mai visto tanta gente in vita mia e dopo lo spettacolo, ci hanno offerto anche un buffet di tutto punto. Pensate che c’era persino Freddy! Ah, ma non vi ho ancora chiesto niente! Allora: come è andata la serata?” Domandò trasognato il capitano, sedendosi sul bracciolo della poltrona coordinata al sofà, di fianco agli amici.

Al che i due fuoriclasse nipponici proprio non riuscirono a mantenere quella stoica parvenza d’indifferenza verso tutto e tutti, e, voltandosi verso il capitano, lo degnarono della migliore espressione trucida del loro repertorio.

“Holly.” Tuonò Benji dopo aver messo mano all’ultimo brandello di energia rimastogli in corpo, elemosina dello scotch, e dopo essersi rialzato con non poca fatica. “Fammi un favore: la prossima volta che ti viene la brillante idea di chiamarmi per accudire Capitan Pannolino, là, fatti una bella doccia fredda. Ghiacciata, anzi. Perché si dà il caso che il sottoscritto ne ha fin sopra i capelli di latte e merda varie.”

“Ma Benji.” Lo richiamò indietro il capocannoniere quando quello, ormai sulla porta, sembrava intenzionato a sgombrare il campo quanto prima possibile. “Domani io e Patty avremo…”

Occhiata assassina, espressione feroce e broncio assai poco raccomandabile, prima di scomparire dalla scena accompagnato da un sibilo minaccioso molto simile ad un non ortodosso ‘fanculo capitano.

“Chissà che gli è preso.” Fu quindi l’ingenua osservazione di Holly, che si scontrò con l’esasperazione di Tom e l’aria perplessa di Patty. “Un momento: ma quella non era la mia maglietta?!”

L’amico per tutta risposta scrollò le spalle, in un sospiro.

“È una lunga storia Holly.” Mormorò, stanco come appariva, mentre a sua volta si avviava verso l’uscita da quell’inferno marrone.

“Tom, possiamo contare almeno su di te, domani, vero?” Lo supplicò con lo sguardo Patty, memore del party che attendeva lei e suo marito e del categorico rifiuto di Benji di porsi come babysitter.

Becker allora si voltò, un bizzarro e preoccupante tic all’occhio destro.

“Non volermene, Patty, ma la prossima volta che deciderò di fare da bambinaia, sarà quando non avrò nemmeno più un neurone in grado di ragionare logicamente. O quando avrò perso completamente la memoria, è uguale. Buonanotte.” E così dicendo, anche l’ultima speranza di un’altra serata in stile coppietta felice, svanì oltre la porta.

Rimasti soli con aria basita e bocche spalancate, i due coniugi Hutton fissarono il portone d’ingresso ancora per qualche istante prima di focalizzare la disarmante verità di non avere più i loro due efficaci babysitter.

Alla fine fu Holly il primo a riscuotersi e a gettare un’occhiata perplessa alla moglie, ancora china sul loro adorabile angioletto con sguardo ancora palesemente smarrito.

“Che dici, se la sono presa perché io ho chiamato Benji e tu Tom? Ma mica era colpa nostra se io non sapevo di te, e tu non sapevi di me! Bah, piuttosto: chiamo Bruce?”

 

 

 

 

 

[Captain Tsubasa copyright © Yoichi Takahashi]

 

N/A

(ovvero: memi’s return)

Piccola postilla d’obbligo dopo questo divertente esperimento che, devo dire, ha suscitato parecchi consensi. Bien, che dire? Mi è piaciuto ritornare a scrivere su questo anime e non posso non ringraziare le ideatrici di tale contest per avermi dato l’idea e l’occasione buona per prendere in mano le redini di CT. Com’è che si dice in questi casi? Ah sì, il primo amore non si scorda mai, già, già u.u .

E diciamocelo, chi non si è innamorato dei più famosi calciatori nipponici? Io di certo! Tanto più che Benji e Tom in versione babysitter ce li vedevo proprio a pennello! ^.-

Okay, volo via, ma prima vorrei ringraziare in anticipo (eventualmente) coloro che si azzarderanno a leggere e magari a recensire tale sciocchezzuola. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, considerato che era da un bel po’ di tempo che non mettevo mani su questo anime. Ma sapete, letto il contest e preso carta e penna, beh più che altro mouse e tastiera, l’idea è corsa a loro. Subito. Non potevo non rendere omaggio all’idea, non vi pare? D’accordo, la finisco qui, prima d’iniziare a delirare sul serio.

Baci.

Memi J

 

  
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