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Autore: Lady Atena    30/05/2014    2 recensioni
Un momento quotidiano tra Bruce Wayne e Alfred, ambientato quando ancora Villa Wayne era in piedi.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman aka Bruce Wayne
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Signorino, le ricordo che non è la sua idea migliore” disse Alfred.
Guardò Bruce cercare di girare una manovella arruginita per attivare la gabbia di ferro ascensore. Corrugò la fronte e aggrottò le sopracciglia.
“È parecchio alto e il suo mantello ancora non è collaudato" gli ricordò.
Bruce fece forza con le braccia, la manovella stridette e della ruggine cadde in terra.
“Fin'ora ha funzionato”.
Voltò il capo, socchiuse gli occhi e accennò un sorriso.
“E poi quale occasione migliore per un collaudo?”.
Alfred guardò la grata base cedere con un fragore metallico e Wayne precipitare. Bruce dimenò le braccia, il mantello ondeggiò liscio alle due spalle. Si gonfiò, tornò liscio e si gonfiò di nuovo rallentando la caduta. Wayne strillò, roteò aria e il mantello si fece nuovamente liscio. L'uomo cadde in terra, rotolò e gemette di dolore sentendo delle fitte. Alfred lo raggiunse, s'inginocchiò accanto a lui e lo sollevò appoggiandoselo contro.
“Signorino, lei deve smettere di cadere nelle caverne” borbottò.
Bruce ridacchiò, strusciò in terra mettendosi seduto e alzò il capo.
“Cadiamo per imparare a rimetterci in piedi, Alfred” disse, scherzoso.
Alfred lo issò tenendolo in braccio.
“La aiuto a tornare dentro, ma si ricordi che queste attrezzature non vengono usate dai tempi della guerra di seccessione” gli ricordò.
“Non sono un po' grande per essere preso in braccio?” domandò l'altro.
Socchiuse gli occhi sentendo le tempie pulsare, intravide i contorni dei sassi della caverna sentendo il fruscio dell'acqua; alzò il capo osservando la cascata.
“Inoltre mi pareva di ricordare che tu odiassi avvicinarti a quella roba”.
"Io odio molte cose che sono costretto a fare. Le giovani che mi chiede d'intrattenere sono fanciulle davvero aggraziate, ma decisamente potrebbero essere mie figlie". 
Lo punzecchiò il maggiordomo. Bruce sbuffò roteando gli occhi, li assottigliò quando la luce lo colpì al volto e mugugnò abbassando il capo. Sentì l'onore d'erba bagnata mischiarsi a quello chiuso della caverna.
“Sei stato tu a insistere che io avessi una vita sociale”.
"Ed è giusto che sia così, signorino" rispose Alfred atono.
Bruce si umettò le labbra, provò ad allungare le gambe e sentì una fitta alla spina dorsale; il mantello si era avvolto attorno alle gambe facendole pulsare.
“Non m'interessa del buon nome della famiglia Wayne” ringhiò.
Osservò i cespugli del cortile, alzò il capo verso le scale e sospirò guardando la porta. Sentì delle fitta, strinse la presa sulla giacca di Alfred.
< Non è cambiato nulla. Manca solo ... > pensò.
Deglutì, chiuse gli occhi e sentì Alfred iniziare a salire i gradini. Alfred si fermò, strinse di più a sé il giovane uomo e tornò a camminare lentamente. Wayne espirò, guardò l'atrio della casa ed inspirò profondamente sentendo l'odore di chiuso.
“Devi portarmi per forza in camera di mio padre?” sussurrò.
“Le ricordo che ha distrutto il suo letto durante gli allenamenti di ieri notte. Ho provveduto a portare in prima persona fuori i resti. Mi deve spiegare a cosa le servono quelle flessioni se non riesce a sollevare pesi così irrisori” rispose atono il maggiordomo.
Bruce roteò gli occhi, abbassò il capo osservando i piedi del maggiordomo percorrere le scale fino alla diramazione.
“L'unica persona che deve spiegare qualcosa qui sei tu, Alfred” borbottò.
Guardò il maggiordomo svoltare a sinistra, affondò il volto nella sua giacca.
“In realtà faccio io le flessioni e diventi più robusto tu” affermò.
“Mi preparo alla sua adolescenza” disse ironico Alfred.
Bruce grugnì, si sentì poggiare sul letto ed ebbe delle fitte alla schiena. Espirò, inspirò e si leccò le labbra.
“Ogni tanto te lo ricordi che sono stato anni senza di te?” domandò.
Si morse il labbro, si voltò verso il comodino osservandolo.

Suo padre gli rimboccò le coperte, sorrise e gli diede un bacio sulla fronte.
“Ora Alfred ti porterà un the caldo, va bene?” domandò dolcemente.
Lui annuì, strinse le coperte e fissò la porta. Alfred entrò dentro la stanza tenendo con entrambe le mani un vassoio d'argento. Guardò il padrone di casa rimettere il proprio stetoscopio dentro l'astuccio. L'uomo poggiò l'astuccio sul tavolino, sorrise al figlio e gli passò la mano tra i capelli. Si voltò, indicò il comodino.
“Per favore, Alfred, resta finché Bruce non si addormenta”.
Il bambino sgranò gli occhi trattenendo il fiato e l'uomo raggiunse il maggiordomo. Gli mise una mano sulla spalla.
“Quando sei stanco chiamami, ti do il cambio” aggiunse, con tono dolce.
"Certamente signore" disse Alfred. 
Strinse le labbra, raggiunse il comodino e vi appoggiò sopra il vassoio.
"Resterò qui se al signorino non darà fastidio". 
Aggiunse.

Bruce sospirò, si tirò a sedere sul letto e guardò Alfred.
“Credo di aver bisogno di un po' di the, Alfred”.
  
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