Serie TV > Star Trek
Ricorda la storia  |      
Autore: Miamarty    31/05/2014    3 recensioni
Star Trek Voyager episodio n. 20 stagione 6 "il buon pastore"
Il Capitano Janeway si fa missione di integrare 3 membri dell'equipaggio che da sei anni a quella parte conducono vita appartata e asociale. Qualcosa va storto e la missione si conclude con un incidente che poteva ucciderli tutti, al risveglio trova il comandante Chakotay al suo capezzale. Ho immaginato cosa poteva succedere "a telecamere spente" ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chakotay, Kathryn Janeway | Coppie: Chakotay/Janeway
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Kathryn non voleva riaprire gli occhi, l’ultima volta che li aveva chiusi era sicura che sarebbe stato per sempre. La sua missione era fallita, non aveva mantenuto la promessa fatta ai tre ragazzi del suo equipaggio, e ora erano tutti morti. Lei compresa! E pensare che il suo primo ufficiale l’aveva avvertita della pericolosità della sua missione, ma lei ovviamente aveva fatto di testa sua. Come sempre. E adesso era morta nell’esplosione della navetta di ricognizione, insieme  a quei tre ragazzi che avrebbero pagato oro pur di non lasciare la Voyager. Era strano come la morte fosse così consapevole… poteva giurare di sentire qualcosa stringerle un braccio, il destro per l’esattezza. Vinta dalla curiosità aprì gli occhi per essere subito abbagliata da una luce bianca e fredda che la disorientò. Sentì montarle dentro un attacco di panico quando un’ombra si frappose tra lei e la luce ma durò pochi secondi finchè, finalmente, riuscì a mettere a fuoco il viso del suo primo ufficiale, giusto in tempo per notare l’ombra di preoccupazione che vi aleggiava lasciare spazio al sollievo. Il capitano Janeway si rese finalmente conto di essere nell’infermeria della Voyager… quindi erano riusciti a recuperarli prima della fine. 
-Il mio equipaggio!- gridò alzandosi di scatto. 
-non così in fretta, capitano!- la rimproverò Chakotay mentre la spingeva delicatamente contro il cuscino del lettino medico. Non tolse le mani dalle sue spalle fino a che non fu sicuro che lei avrebbe obbedito. 
-Siete tutti salvi, gli altri stanno dormendo, se la sono cavata con pochi graffi… quella più grave è Lei. Ci avete fatto spaventare…- poi avvicinandosi al suo orecchio mormorò – mi hai fatto spaventare Kathryn, per un attimo ho pensato che non ce l’avresti fatta…- 
Kathryn strinse le labbra e trattenne un sospiro, non voleva che lui vedesse come l’avevano turbata le sue parole. A toglierla dal momento di imbarazzo, inconsapevolmente, arrivò il medico olografico che con il suo solito modo di fare serio e professionale attivò il dispositivo per la lettura dei parametri vitali della paziente… paziente che in quel momento dava segni di grossa impazienza, a dire il vero.
- capitano… è inutile che lei continui a sbuffare, so già cosa sta per dire… la risposta è: no! – era per caso un sorriso di soddisfazione quello spuntato sul volto dell’ologramma? Kathryn preferì non soffermarsi sul volto del medico per non rischiare di arrabbiarsi ulteriormente, le scocciava ammetterlo ma in infermeria il suo potere veniva meno, soprattutto quando aveva a che fare con la personalità virtuale del dottore.
- bene… sentiamo- che fatica parlare, se ne rese conto solo in quel momento – cosa stavo pensando?- chiese cercando di apparire quanto più autoritaria la situazione le permettesse di essere. Dio! Le sembrava di sentire ogni singolo muscolo del suo corpo che urlava di dolore! 
- lei vorrebbe che io la dimettessi per tornare al lavoro già da domani mattina…- disse il medico guardandola in faccia, mentre sollevava un sopracciglio come per sfidarla a contraddirlo – beh… mi spiace per lei ma ho dovuto faticare abbastanza per risistemarle le ossa al posto giusto e come minimo lei starà qui una settimana!- concluse soddisfatto della sua prescrizione. 
-Una.. – urlò la donna provocandosi un attacco di tosse stizzosa – una settimana? Ma lei è pazzo, dottore! Io non resto qui una settimana! – “qui con lei” era sottointeso ma evitò di esternarlo ad alta voce per non turbare la natura permalosa dell’ologramma. 
- Il mio ordine non è discutibile,  mi dispiace.- disse l’uomo incrociando le braccia all’altezza del petto. Kathryn chiuse gli occhi per recuperare un po’ di forze prima di sferrare un altro attacco verbale, ma il comandante Chakotay che fino a quel momento aveva assistito al diverbio nel più totale silenzio, la precedette.
- Dottore… se le garantissi di occuparmi personalmente del capitano, acconsentirebbe affinché trascorra la convalescenza nel suo alloggio?- Kathryn esultò… astuto il suo comandante, ancora una volta la toglieva dai guai con uno stratagemma perfetto. La donna guardò speranzosa verso il dottore, esagerando un po’ con lo sguardo supplichevole…ma chi se ne fregava! Un po’ di teatro valeva bene la sua libera uscita. Una settimana in compagnia del dottore che in quel periodo passava il suo tempo cantando arie liriche del ventesimo secolo, non la augurava nemmeno alla regina borg! 
Il dottore si prese qualche secondo per studiare i visi dei suoi due superiori, l’espressione talmente seria che Kathryn fu quasi certa della risposta negativa. Invece la sorprese.
-E va bene… di lei mi fido, è sempre stato un uomo di parola, soprattutto quando si tratta della salvaguardia di qualcuno- prese un iniettore sottocutaneo e lo appoggiò al collo del capitano.
- questo è un tranquillante, tra una ventina di minuti comincerà a fare effetto- si voltò verso il comandante – faccia in modo che per allora la nostra paziente sia nel suo letto, al caldo, sotto ad una coperta termica- Kathryn si morse la lingua per non dire ai due sopra di lei di non parlare come se non fosse presente, non voleva giocarsi la sua unica possibilità di tornare nel comfort della sua stanza. Non appena ebbe ricevuto l’inoculazione si alzò prima che il medico potesse trovare un altro sintomo da valutare o una patologia da diagnosticare. Il capitano appoggiò i piedi a terra ma…un momento! Le cose erano due: o la nave stava attraversando una serie di violente turbolenze o lei si era sopravalutata. Ballava tutto. Non appena si rese conto di stare pericolosamente ondeggiando sul suo baricentro il comandante prevenne la sua caduta certa sostenendola con una presa forte e decisa. 
- forse è meglio se chiedete un teletrasporto, comandante- non credo che la nostra paziente possa arrivare al turbo ascensore. 
- concordo – annuì Chakotay attivando il suo comunicatore con un colpo di dita – Comandante Chakotay a sala teletrasporto, agganciare il mio segnale e quello del capitano Janeway. Trasportateci negli alloggi del capitano, subito. Chakotay chiudo.- La tipica, leggera scossa che sopraggiungeva con l’attivazione del teletrasporto non tardò ad arrivare e in men che non si dica i due si ritrovarono nel salottino privato del capitano. Kathryn individuò subito il divano e lo indicò con un cenno del capo. Tirò un sospiro di sollievo solo dopo essersi lasciata cadere pesantemente su di esso. 
- Ok comandante- disse con voce assonnata- grazie per il suo supporto. Ci vediamo domani- Lo liquidò con un gesto della mano.
- non credo proprio, capitano- disse l’uomo mentre reprimeva un sorriso ironico che sapeva benissimo, se fosse stato visto da Kathryn, avrebbe causato una bella reazione di disappunto. Infatti il capitano aveva già puntato gli occhi ridotti a fessura in quelli del suo primo ufficiale.
- non scherzi comandante, non sono proprio dell’umore giusto…- continuò a sostenere lo sguardo scuro di Chakotay fino a che non fu costretta a chiudere rapidamente le palpebre, probabilmente a causa del sedativo datole dal medico – non sta scherzando, vero? – si passò stancamente una mano tra i capelli scompigliati e, sospirando, accettò l’aiuto del suo comandante per alzarsi. 
- va bene- concordò sbadigliando – resti pure se vuole, il divano non sarà tanto comodo per uno della sua stazza, ma immagino che questo non la distoglierà dalla sua missione… io me ne vado a dormire. Ci vediamo domani!- caparbiamente, Kathryn si alzò, scansò infastidita la mano che Chakotay le porgeva e, stringendo i denti, si avviò verso il locale che conteneva il suo letto, situato davanti ad una grande vetrata panoramica. La prima volta che l’aveva vista ne era rimasta deliziata, le prime notti passate su quella nave erano all’insegna dell’orgoglio e dell’autocompiacimento per essere riuscita a far carriera in così breve tempo rispetto ai suoi compagni di corso all’accademia della flotta stellare, e spesso aveva passato le ore con lo sguardo perso nel buio dello spazio a far progetti sul futuro. Ora quel panorama stava li a ricordarle tutti gli errori fatti da sei anni a quella parte, errori che stavano pagando anche persone innocenti. Fermò sul nascere quei pensieri, avrebbe avuto tempo più avanti, sicuramente si sarebbero riproposti una volta da sola, non voleva rischiare di farsi vedere in lacrime dal suo primo ufficiale. Spesso le accadeva, anche se era un aspetto di se che odiava a morte, ma quando l’oppressione al petto si faceva insostenibile, sapeva che il solo modo per non restarne sopraffatta era sfogarsi in un pianto liberatorio. Senza nemmeno togliersi l’uniforme ormai logora si sdraiò sul letto ancora rifatto e chiuse gli occhi, lasciandosi finalmente andare a un sonno ristoratore, anche se indotto dal tranquillante. L’ultima cosa che percepì, prima di lasciarsi avvolgere dalle braccia di Morfeo,  fu una coperta morbida e calda che le veniva sistemata addosso con cura mentre una voce maschile, morbida ma perentoria, ordinava al computer di abbassare le luci.
Una grossa e lunga vibrazione, un lampo accecante e un rumore forte riportarono Kathryn dal mondo dei sogni. Ansimando si guardò intorno cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava, tirò un sospiro di sollievo quando distinse i contorni dell’arredamento familiare del suo appartamento. Per fortuna era solo un incubo quello che aveva appena fatto. Il silenzio che la circondava le diceva che era ancora notte fonda. Lentamente si alzò e mise i piedi a terra, quando decise di essere abbastanza stabile si diresse verso il bagno, iniziando a spogliarsi durante il breve tragitto, non sopportava più la divisa polverosa che ancora indossava, sembrava avercela addosso da mesi. Soddisfatta pensò che si stava riprendendo alla grande, come sempre il dottore sottovalutava la sua forgia irlandese. Non sarebbe stato un banale incidente a fermarla. Con un gemito accolse il sollievo della doccia sonica che lavò via ogni traccia della brutta giornata appena trascorsa. Finita la doccia indugiò un minuto più del necessario a bearsi della calda e morbida stoffa del pigiama pulito appena indossato. La lama di luce che attraversò il salotto quando aprì la porta illuminò un angolo del divano, fu allora che si rammentò del suo primo ufficiale. Usando solo la luce che proveniva dal bagno, si diresse silenziosamente nel salottino. Nella penombra vide Chakotay che dormiva girato su un fianco, non indossava alcuna maglietta e la coperta che a malapena lo copriva fino al torace stava quasi per finire a terra. Muovendosi furtivamente per non svegliarlo si avvicinò e sollevando il lembo di lana che toccava ormai il pavimento, lo sistemò sopra la spalla muscolosa dell’uomo. Fu tutto improvviso, un secondo prima era in piedi di fianco al divano, un secondo dopo era sdraiata a terra con le mani bloccate sopra la testa da una presa d’acciaio e novanta chili di muscoli incollati al suo corpo che le impedivano quasi di respirare. 
- Chakotay! Chakotay! Sono io…svegliati!- Aveva gli occhi a un palmo dai suoi e si accorse esattamente dell’attimo in cui l’uomo prese coscienza di dove si trovava.
- Non… Kathryn… non farlo mai più, per l’amor del cielo!- nella sua voce dopo la prima esitazione non c’era più traccia di sonno. Kathryn era costernata, si chiese se tutta quella situazione non fosse un sogno. – cosa non devo fare?-
- muoverti silenziosamente a meno di dieci centimetri da un soldato che dorme…avrei potuto farti male, molto male.- Lei spalancò gli occhi quando capì che lui era serio e molto preoccupato per lei. 
- ma non è successo…- disse lei con un filo di voce…- ora… lasciami le mani, Chakotay. -Kathryn si mosse a disagio quando non ottenne reazioni alla sua richiesta. Due occhi neri come carboni la fissavano con un magnetismo tale che per un attimo temette di scordare anche il suo nome.
-No- la sua voce era bassa ma decisa
-come, prego?- ribatté il capitano- le ordino sub…- le labbra di Chakotay le chiusero la bocca con un bacio che le mozzò il respiro, letteralmente. Il suo primo ufficiale, il caro amico e confidente sempre al suo fianco e sempre protettivo con lei la stava, senza alcuna ombra di dubbio, baciando e non era un bacio qualunque, pensò lei, gli occhi spalancati e le labbra immobili che assaggiavano per la prima volta la morbidezza e la forza di quel bacio che spesso si era chiesta come sarebbe stato.  Si accorse che lui non la stava più baciando quando sentì la sua voce, forse era svenuta nel frattempo, forse stava sognando. Forse...
-smettila di pensare, Kathryn- disse lui cercando di mascherare un sorriso insolente che lei non fece fatica a vedere.
-non stavo pens…-
-oh si invece…- disse lui sorridendo. Risplendeva quando sorrideva, lei ne era consapevole e molte volte, quando erano in plancia, cercava il suo sguardo solo per vederlo rispondere con il suo sorriso, mai una volta falso e mai forzato.
-ti dico di no…la smetti di interrompermi? – fece con aria leggermente scocciata, cercando di liberarsi i polsi, ancora saldamente stretti nella mano dell’uomo. Quanto era forte? E si che lei non era una mammoletta. Non era un soldato ma era ben addestrata al combattimento e si allenava tutti i giorni per mantenersi in forma. – mi lasci per favore? – chiese guardandolo diretto negli occhi, più che altro per evitare di fissargli la bocca che era così allettante per lei– dobbiamo parlare di… questa cosa – finì la frase incerta. Come poteva definire questa situazione? Come l’avrebbe affrontata? Lei era il suo capitano, non poteva farsi coinvolgere in questo modo. – Comandante! E’ un ordine. Mi liberi le mani. Ora.- sibilò lei riducendo gli occhi a due fessure. Sospirando lui si sollevò e con una mossa agile le liberò i polsi per afferrarle subito dopo le mani così da aiutarla a rialzarsi. Indugiò un attimo più del dovuto sul suo abbigliamento inusuale, quel pigiama azzurro, il viso pulito e pallido ma con una nota di rossore dovuto alle emozioni appena vissute e i capelli spettinati, la facevano sembrare una ragazzina. Oh al diavolo, la voleva di nuovo baciare e non sarebbe stata quella stupida stellina in più sul colletto della sua uniforme e fermarlo. Alle conseguenze ci avrebbero pensato se e quando sarebbero tornati sulla Terra. Non ora. Prima che lei potesse dire una sola parola, la afferrò per il collo e la baciò, stavolta forzando la sua bocca con la lingua e, miracolo, lei rispose al bacio. Dopo un primo attimo di resistenza, si abbandonò a quell’uomo impetuoso che ora le stava accarezzando la schiena con una mano, mentre con l’altra, continuava a trattenerla saldamente a se, come se avesse paura che lei potesse sfuggirgli. Ma lei non voleva. Erano sei anni che durava questo gioco tra di loro, lui era a tutti gli effetti il suo compagno, anche se non avevano mai sconfinato in una relazione sentimentale. Ma adesso basta. Più lui diventava audace nelle sue carezze e nei suoi baci, più Kathryn era convinta che stava accadendo la cosa giusta. Era la normale conseguenza di sei anni costruiti insieme, fianco a fianco. Lui era l’unico che l’aveva vista piangere nei suoi momenti di sconforto, l’unico con il quale rideva volentieri e l’unico per il quale valeva la pena lottare per tornare a casa e costruire una nuova vita insieme. 
- stai ancora pensando- sussurrò lui, le loro labbra separate da un soffio
- si, hai ragione, sto pensando che abbiamo aspettato fin troppo, io ti voglio comandante, ti ho sempre voluto, fin dal primo giorno in cui ti ho visto… e adesso mi rammarico del tempo perso, e tutto per la mia cocciutaggine…- lui le chiuse la bocca con un bacio veloce prima di esclamare:- adesso oltre a pensare stai anche parlando troppo… - ghignò- donna bianca!- appena vide la reazione scandalizzata di lei, non si trattenne più e scoppio nella risata più vera e sensuale che Kathryn avesse mai sentito. Si appese al suo collo e sollevandosi sulle punte gli intrappolò le labbra in un bacio dolcissimo, struggente e finalmente legittimato da entrambi. 
- chiamami come vuoi, basta che io sia tua …- disse lanciandogli uno sguardo carico di promesse mentre lo spingeva verso il sofà preparandosi a ricevere un bacio dalla bocca sorridente di quello che finalmente avrebbe potuto chiamare “il suo uomo”.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Star Trek / Vai alla pagina dell'autore: Miamarty