come fenice
(
il ciclo di vita degli eroi )
[ I wish I could save
you ]
[ I wish I could say to
you, it’s gonna
be alright ]
[ it’s gonna be alright ]
{
nascita }
La piantina è verde come
null’altro sull’Arca. La mamma la cura, l’accarezza, le parla, in un modo che a
volte lo fa sentire quasi geloso. Ma ogni
volta, poi, la mamma gli racconta il perché
– gli racconta degli alberi e della Terra e dell’aria pura; chissà che odore
ha, l’aria pura. E chissà se ci sono altre cose così verdi sulla Terra.
Di solito la mamma
sorride, quando gli parla così, ma ci sono dei momenti in cui il suo sorriso
sembra solo triste. La Terra è perduta, dicono molti. La Terra è lontana,
dicono tutti. Non si sa nemmeno se la si rivedrà mai più.
«Non devi preoccuparti»
le assicura Marcus, sfiorandole la guancia appena un po’ ruvida dei sette anni
passati a dargli la speranza assieme a quelle storie; «quando sarò grande ci
penserò io a portarci tutti a casa.»
E la mamma ride. «Il mio
piccolo eroe» sussurra.
{ morte }
La Terra è vicina e non
è affatto perduta, ma quanto è
costato scoprirlo e dimostrarlo?
Cammina nei corridoi
vuoti dell’Arca, incapace di dimenticare l’uomo che è diventato. Non è riuscito
a portarli a casa. Non riuscirà a portarli a casa. Lacrime silenziose gli
scorrono sul viso, e non sono lacrime di eroe. L’eroe è morto.
Forse anche l’uomo.
{ resurrezione }
Ma nessun altro
morirà per colpa sua.
Abby guarda con occhi
sfiniti al suo sorriso incredulo – la sta salvando – e poi si lascia andare
contro la sua spalla, senza un sospiro. C’è ancora molto da fare – ci sono
ancora tanti da salvare – ma lui non la lascia andare, per qualche minuto resta
semplicemente con lei, a ricordare le storie della mamma.
Forse non saprà mai
quante cose verdi ci sono sulla Terra e forse non conoscerà mai l’odore dell’aria
pura. Forse non importa. Tornare a casa non è l’unica strada; si può salvare
una vita anche solo così, tenendola abbracciata, condividendone il respiro, nello
stesso modo in cui si parla a una piantina.
Marcus chiude gli occhi,
e sa che non sarà mai un eroe, ma sa anche che per un po’ non piangerà più.
[ and I choose at every turn and any cost to make sure that the human
race stays alive. ]
Spazio dell’autrice
La verità è che Marcus Kane mi ha uccisa. Sento dire di tutto su di lui,
sento dire che il suo percorso di riscatto e di espiazione è fin troppo affrettato.
A questo io rispondo: va bene così. Va bene così, perché mi immagino nei panni
della persona che perde le speranze e arriva a prendere la decisione peggiore
dell’universo, e che poi scopre che quelle speranze dopotutto c’erano, erano solo nascoste ai suoi
occhi, e allora immagino il senso di colpa infinito di chi ha mandato uomini e
donne a morire volontariamente e – non
m’interessa, Marcus Kane mi ha uccisa. Judge me as you wish.
Ho voluto strutturare questa pseudoraccolta in
piccoli squarci della sua vita: la prima flash, che ammetto essere la più
fantasiosa, lo vede maturare all’età di sette anni la decisione di “fare la
differenza” grazie alle storie di Vera che si prende cura della piantina; il
momento centrale corrisponde naturalmente alla scoperta che i Cento sono vivi e
che la Terra è abitabile, ma potete considerarla anche come una riflessione
posteriore alla morte di Vera, oltre che di tutte quelle persone sacrificate;
la flash finale si ambienta là dove Marcus, salvando i superstiti dell’Arca,
afferma a chiare lettere che nessun altro
morirà per colpa sua. (L’accenno Marcus/Abby è a vostra completa e
totale discrezione. u///ù)
I versi in incipit sono tratti da Save
you di Kelly Clarkson. La
citazione finale è pronunciata dallo stesso Marcus all’inizio di tutto: in un
senso tutto nuovo, nessun’altra scelta di parole poteva sintetizzare il suo
percorso. Il mio è solo un piccolo, umilissimo omaggio, e spero di avergli reso
almeno un filino di giustizia.
Aya ~