8. I love you, do you love me?
Dean
stava temporeggiando.
Ovviamente,
non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, ed era estremamente
grato che a
quell’ora la strada fosse deserta e lui non avesse un
pubblico ad assistere al
suo comportamento da verginella alla prima cotta. Tuttavia,
ciò non cambiava il
fatto che lui stesse temporeggiando.
Aspettava
sul portico disordinato dei Novak, lo sguardo fisso su una poltrona di
vimini
consumata con un libro aperto appoggiato sul bracciolo, in mano un
grosso
sacchetto con la fumante ordinazione che doveva consegnare al
più presto.
Non era
come se lui e Cas avessero litigato. Affatto.
Solo
che nell’ultimo periodo erano stati entrambi piuttosto
impegnati. Dean non era
mai da Mary’s quando Cas passava a prendere il
caffè e, fra i turni al garage
di Bobby e le uscite con Lisa, riusciva a malapena a incrociarlo in
giro per la
città e, quando accadeva, avevano a stento il tempo di
scambiarsi un breve
saluto prima che Castiel dovesse scappare alla pasticceria per il suo
turno, o
in chiesa ad aiutare il reverendo Murphy con il coro o il catechismo, o
da
Balthazar o a casa a studiare. E, con il peso di quanto si erano detti
l’ultima
volta che avevano avuto l’occasione di parlare per un
po’, ovvero il fatidico
giorno in cui Becky Rosen aveva deciso che lui e Castiel erano la
coppia
ideale…beh, quell’ assenza di incontri degni di
questo nome sembrava piuttosto
sospetta.
Dean
non era stupido, per quanto a volte si ritrovasse a interpretare suo
malgrado
quella parte. Sapeva benissimo che aver spifferato senza remora alcuna
ciò che
pensava del rapporto dell’amico con Balthazar poteva essere
stato decisivo per
la riluttanza nel vedersi nell’ultimo periodo. E poi,
ovviamente, c’era stato
il discorso su Lisa. Ora, quello lo aveva lasciato decisamente di
stucco.
Castiel aveva parlato della sua ragazza con gentilezza, ma Dean non
aveva
potuto fare a meno di notare come lo sguardo dell’amico fosse
insolitamente
privo di intensità mentre parlava della sua vita
sentimentale.
Dean si
riscosse, impedendosi di crogiolarsi nell’insolita
soddisfazione che gli dava
il pensiero che Castiel potesse essere geloso di lui. Il ragazzo scosse
la
testa di nuovo, cercando di farsi uscire dalla testa quei pensieri che
lo
facevano assomigliare sempre più a uno di quei melensi
protagonisti delle
ridicole commedie sentimentali che Lisa amava tanto, e, finalmente,
suonò il
campanello.
“Finalmente,
cibo!” trillò una voce, che Dean immediatamente
riconobbe essere quella di
Gabriel, dall’interno della casa.
Il
fattorino di Mary’s si ritrovò a far roteare gli
occhi, mentre sentiva rumore
di passi che si avvicinavano “Non cambiare discorso,
Gabe.”
Dall’altra
parte della porta, il maggiore dei
Novak sospirò teatralmente “Noi non riguarderemo The day after tomorrow, Cassie.
L’ultima volta ti sei convinto che
fosse in arrivo un’apocalisse atmosferica e hai seguito
ossessivamente la
situazione meteo mondiale per tre settimane.”
La
porta si aprì, e la voce di Castiel investì Dean
come una brezza “Vorrei solo
rivedere certi particolari. L’ultima volta non mi sono
concentrato molto sulla
storia dei vari personaggi e vorrei solo…Dean!”
Di
fronte a quei familiari occhi blu spalancati per lo stupore, Dean
sorrise “Hey,
Cas.”
“La
nostra cena, finalmente!- esclamò felice Gabriel, rivolgendo
un sorriso
smagliante al maggiore dei fratelli Winchester- Ringrazia tuo padre per
averci
fatto arrivare tutto anche se abbiamo ordinato così
tardi.”
“Non
c’è problema.- gli assicurò il giovane-
Siete la mia ultima consegna, questa
sera.”
Castiel
gli rivolse un sorriso timido “Hai un appuntamento con
Lisa?”
Dean
scrollò le spalle, sapientemente avvolte dalla sua
caratteristica giacca di
pelle “No, Lis mi ha dato buca.”
“Oh,
povero Romeo.” Lo schernì Gabriel, mentre gli
strappava di mano il grosso
sacchetto contenente l’ordinazione.
“Quindi
cosa farai nella tua serata libera?- domandò il maggiore dei
due fratelli,
facendogli cenno col capo di seguirlo all’interno della casa-
Baldoria con
Benny e gli altri tuoi amici?”
“In
effetti, non ci ho ancora pensato.- ammise il giovane, per poi
allungare il
collo per sbirciare nel salotto alla ricerca di qualcosa- Voi avete
ospiti a
cena?”
Castiel
seguì la direzione del suo sguardo e gli puntò
contro un’occhiata interrogativa
“No, perché?”
Dean si
girò verso di lui, gli occhi verdi spalancati “Non
mangerete davvero tutta
quella roba?”
“Certo
che no.- sbuffò Gabriel facendo roteare gli occhi- I
pancakes li facciamo scaldare
per la colazione di domani.”
“Wow.-
esalò il maggiore dei Winchester, scuotendo il capo
divertito- E io che pensavo
che io e Sammy fossimo pozzi senza fondo.”
“E’
solo questione di allenamento.- gli assicurò Gabriel
sventolando una mano- E
poi noi smaltiamo tutto velocemente.”
Dean
gli rivolse un ghigno, prima di strizzare l’occhio in
direzione di Castiel
“Beh, forse Cas un po’ più
velocemente.”
Il
giovane dai capelli color miele lo fulminò con lo sguardo
“Era dell’ironia sul
mio fisico quella che ho appena sentito? Ricorda che ho ancora fra le
mani la
tua mancia.”
L’apprendista
meccanico alzò le mani in segno di resa “Non ho
fiatato.”
“Se non
hai ancora cenato potresti rimanere qui e farlo con noi.”
Intervenne subito
dopo una voce fievole.
Gabriel
e Dean si voltarono di scatto verso Castiel, che si fissava i piedi,
nudi sul
parquet, come se questi potessero celare la risposta alle
più grandi domande
della vita, sulle sue guance, una vistosa sfumatura cremisi.
“Davvero?”
domandò Dean, elettrizzato dall’idea di recuperare
il tempo perduto e di
passare un po’ di tempo con l’amico.
“Davvero?!”
gli fece eco Gabriel, le sopracciglia alzate dallo stupore.
Il
diciassettenne dagli occhi blu si mordicchiò nervosamente il
labbro inferiore
“Ritorneremo al nostro programma originale dopo aver
mangiato. Di cibo ce n’è
più che a sufficienza.”
Dean
capì immediatamente che doveva esserci qualcosa di
più dietro quell’invito,
soprattutto dal modo in cui il maggiore dei Novak scrutava il fratello
minore,
cercando sul suo volto chissà quale risposta. Lui, dal canto
suo, si limitò ad
accettare quell’invito, seguendo i due padroni di casa fino
al salotto dove,
incredibilmente, c’era già del cibo cinese ad
aspettarli sul tavolino da caffè,
al fianco del quale vennero prontamente messi anche i sacchetti del
Mary’s.
“Siete
davvero sicuri di non aver esagerato?” chiese il ragazzo,
inarcando il
sopracciglio, ma la sua domanda venne prontamente ignorata quando
Gabriel si
voltò verso di lui, l’espressione del viso
illeggibile.
“Che
cosa pensi della saga di Die Hard?” domandò, con
una serietà tale da far
pensare che dalla risposta potesse dipendere il destino del pianeta.
Dean
sbatté le palpebre un paio di volte prima di dire
“Quei film sono dei
capolavori cinematografici.”
Gabriel
annuì, serio “Ok, allora.”
Castiel
spalancò gli occhi “Davvero, Gabe?”
“Davvero
cosa?” chiese Dean, che non capì il
perché di tutto quell’entusiasmo riguardo
le sue preferenze in fatto di film.
L’amico
diciassettenne si voltò verso di lui con un sorriso radioso
stampato sul volto
“Pensa che tu puoi partecipare alla nostra serata
cinema!”
“E’ un
grande onore, Winchester, sappilo.- lo informò quindi il
maggiore dei Novak-
Nessuno prima d’ora è riuscito ad ottenere un
invito alla serata cinema dei
Novak. Anche Kalì ha partecipato solo una volta, perdendosi
il diritto di
partecipare ad altre serate fino a nuovo ordine.”
L’apprendista
meccanico alzò un sopracciglio, scettico “Ha perso
il diritto di vedere un film
con voi?”
“Non è
semplicemente guardare un film.- sbottò quasi esasperato il
padrone di casa- È vivere
un film. È una cosa estremamente
seria, Winchester, e nessuno dovrebbe ritenersi in diritto di giudicare
le mie
scelte cinematografiche.”
Castiel
si avvicinò all’amico per sussurrargli
all’orecchio “Kalì non voleva vedere La Rivincita delle Bionde.”
“Avete
guardato quel film?” domandò incredulo Dean.
“Hey!-
lo richiamò immediatamente Gabriel- Cosa ho appena detto
riguardo il giudicare
le mie scelte?”
Il
giovane alzò le mani in segno di resa “Non ho
detto niente.”
Il
maggiore dei due Novak lo scrutò, poco convinto, prima di
passargli una
confezione di cibo cinese e gettarsi seduto sul divano, fra le mani uno
degli
hamburger fumanti provenienti da Mary’s “Ok, visto
che sei dei nostri devi
partecipare alla scelta del film.” Decretò, prima
di dare un morso alla prima
portata della propria cena.
Castiel
si sedette a gambe incrociate sulla poltrona e, dopo aver mandato
giù l’enorme
boccone di hamburger che aveva addentato poco prima, aggiunse
“E Gabriel aveva
già bocciato la mia idea di guardare The
day after tomorrow.”
Gabriel
ignorò il suo tono contrariato “Vorremmo provare a
fare una maratona, visto che
domani Cassie non ha scuola e io aprirò la pasticceria nel
primo pomeriggio.”
“Il Signore degli Anelli!”
propose
immediatamente, e con estremo entusiasmo, Castiel.
Il
novello pasticcere scosse la testa, frenando immediatamente il fratello
minore
“Troppo lunga.”
“Star
wars!” trillò subito dopo Dean,
sventolando le bacchette e facendo così
ricadere nel cartoncino il grosso boccone che era riuscito ad
afferrare.
“Hai
sentito cosa ho appena detto?” ribatté quindi
Gabriel, alzando un sopracciglio.
Il
maggiore dei fratelli Winchester sbuffò, ma non si perse
d’animo “Rocky?”
“Mi
rifiuto di fare una maratona di Rocky.-
dichiarò con fermezza il padrone di casa- Ho amato i primi,
apprezzato
l’ultimo, ma odio con tutto me stesso il quarto.”
“E
allora saltiamolo.” Propose il giovane ospite con una
scrollata di spalle.
Gabriel
fece roteare gli occhi platealmente “Dean, non si
può fare una maratona
saltando un film, è contro le regole.”
“Gabe,
non ti sei accorto che non esiste una corte suprema che giudica come
passi le
tue serate cinematografiche, vero?” domandò quindi
il ragazzo, prima di
chiudere le labbra intorno ad un altro abbondante boccone della propria
cena.
Il
padrone di casa gli puntò contro con fare minaccioso una
manciata di patatine
grondanti maionese “Winchester, te l’ho detto, mia
la casa, mie le regole, mia
l’ultima parola su tutto.”
“Questo
è molto anti-diplomatico da parte tua.”
Sbuffò l’apprendista meccanico.
Gabriel
gli rivolse un ghigno soddisfatto “Non ti avevo informato che
qui siamo in un
ferreo regime totalitario con me al vertice?”
“D’accordo.-
li interruppe quindi Castiel, un po’ scocciato dal loro
battibeccare- Che ne
dite di Indiana Jones?”
Suo
fratello finse di rabbrividire “Devo ancora riprendermi
dall’ultimo capitolo
della saga.”
“Accidenti,
me ne ero completamente dimenticato.- ammise Dean, facendo una smorfia-
Mi ero
quasi convinto che non esistesse.”
“Come
tutti, Winchester.- lo consolò scherzosamente Gabriel,
dandogli un’amichevole
pacca sulla spalla- Che ne dite dei Pirati
dei Caraibi?”
Il
maggiore dei fratelli Winchester scosse la testa con veemenza
“Io odio con
tutto il cuore Olando Bloom. Potremmo guardare Fast
and Furious, invece: chi non ama le corse
clandestine?”
“No.”
Tagliò corto il diciassettenne dagli occhi blu, lo sguardo
triste e le labbra
piegare all’ingiù.
Il
fratello maggiore si avvicinò a Dean per spiegargli
“Castiel è molto sensibile:
non guardiamo più quei film da quando è morto
Paul Walker, lui lo adorava.”
“X-men?” propose
quindi il giovane, che
ormai stava iniziando a pensare che quella sera non sarebbero riusciti
a vedere
nemmeno un film.
“Hugh
Jackman e il suo fallito tentativo di mantenersi una buona manicure?-
commentò
annoiato Gabriel- No, grazie.”
Dopo
l’ennesima proposta bocciata la nuova idea di Castiel
arrivò come manna dal
cielo “Perché non guardiamo Ritorno
al
Futuro, invece? Non ho mai conosciuto nessuno a cui non
piaccia ritorno al
futuro.”
“Cassie,
tu e la tua anima da mediatore.- sorrise il maggiore dei Novak
arruffandogli i
capelli affettuosamente- Ma, sorprendentemente, hai avuto una buona
idea: io
sono sempre nell’umore giusto per le avventure di Marty e
Doc.”
Dean,
invece, gli sorrise “Sai una cosa, Cas? Io adoro quei film.
Facciamo partire
questa maratona.”
Anche
Castiel si aprì in sorriso radioso “Perfetto!
Allora metto il primo film.”
Quando
il giovane si sedette nuovamente di fianco a lui, il maggiore dei
fratelli
Winchester si sporse verso di lui “Balthazar non
verrà?”
“Oh,
quello spaventapasseri guarda solo noiosi film d’autore
europei.” Commentò
annoiato Gabriel, prima di addentare una barretta al cioccolato della
sua
scorta personaledi dolci.
“Non sono
noiosi.- protestò Castiel- A me piacciono.”
L’altro
sventolò con noncuranza la carta ormai vuota del dolce
“Beh, a te piace anche
stare seduto in biblioteca per quattro ore di fila senza muovere un
solo
muscolo, Cassie.”
“Ed
ora, religioso silenzio.” Aggiunse, prima di schiacciare il
tasto play sul
telecomando.
Quando
il secondo film stava ormai per finire Dean si rese finalmente conto
che si era
fatto piuttosto tardi. Non che lui non fosse abituato a tirare
l’alba assieme
ai suoi amici, di solito, però, lo faceva quando non aveva
un turno al garage
l’indomani mattina. Il ragazzo si ritrovò a fare
una smorfia, immaginandosi i
borbottii contrariati di Bobby quando lo avrebbe trovato mezzo
addormentato sul
lavoro e i suoi commenti allusivi quando gli avrebbe spiegato
perché e con chi
aveva fatto così tardi.
Una
piccola voce dentro di lui gli ricordò che, effettivamente,
avrebbe potuto
benissimo scusarsi alla fine del film che stavano vedendo e di certo i
due
Novak non se la sarebbero presa con lui se se ne andava nel bel mezzo
della
loro maratona cinematografica, non quando sapevano che aveva un turno
di lavoro
la mattina seguente.
Dean
decise immediatamente di ignorare quella voce.
Come
avrebbe potuto andarsene e perdersi le risate spensierate di Castiel
nelle
scene più divertenti del film, o le occhiate che gli
lanciava durante le sue
scene preferite, come se avesse dovuto assicurarsi che anche
l’amico le
apprezzava quanto lui?
L’apprendista
meccanico stava ancora sorridendo fra sé
e sé a quel pensiero quando Gabriel si
alzò di scatto, l’espressione del
volto allarmata, proprio nel momento in cui i titoli di coda stavano
iniziando
a scorrere sullo schermo.
“Ragazzi,
mi sono totalmente dimenticato di chiamare Kalì!-
piagnucolò il giovane,
passandosi una mano fra i capelli chiari- Le avevo promesso che lo
avrei fatto
una volta arrivato a casa.”
“Qualcuno
è nei guai.” Canticchiò in modo
petulante Castiel, rivolgendo al fratello
maggiore un ghigno divertito.
“Zitto,
Cassie.- lo ammonì Gabriel agitandogli l’indice
davanti al volto- Aspettatemi
prima di mettere l’ultimo film.”
Il
padrone di casa si alzò, afferrando il cordless e avviandosi
verso le scale che
portavano al piano di sopra e il fratello minore si alzò a
sua volta “Posso
fare vedere a Dean i miei libri? Ce ne sono un paio che vorrei
prestargli.”
Gabriel
lanciò uno sguardo sospettoso prima all’ospite e
poi alla camera di Castiel
“Ok, ma tenete la porta aperta.”
“Gabe!”
sbottò il diciassettenne, diventando paonazzo per
l’imbarazzo.
“Hey,
non è per te.- gli assicurò il maggiore dei
Novak- So che tu sei tutto preso da
quello spaventapasseri del tuo fidanzato. È di Casanova qui,
che non mi fido.”
Dean
fece roteare gli occhi: ormai stava diventando veramente seccato di
come tutti
fraintendessero il rapporto fra lui e Castiel “Io sto con
Lisa! E poi, io e Cas
siamo solo amici.”
“E così
deve rimanere.- assentì solenne Gabriel- Claro,
Winchester?”
Il
giovane sorrise soddisfatto dopo che l’apprendista meccanico
ebbe annuito
controvoglia e poi sparì su per le scale, le dita che
scorrevano a memoria per
comporre il numero della propria ragazza.
Castiel,
dal canto suo, rivolse all’amico un sorriso prima di fargli
cenno di seguirlo
“Ci vorrà più di un’ora prima
che Gabe riesca a calmare Kalì. Odia quando non
mantiene le sue promesse.”
Nel
giro di qualche passo, Dean si ritrovò per la prima volta
nella camera del
ragazzo dagli occhi blu. In un certo senso, l’ambiente era
come se lo sarebbe
immaginato, se solo avesse dedicato più di qualche secondo a
un pensiero del genere.
Nella camera di Castiel, l’ordine regnava sovrano, con il
letto a una piazza e
mezza rifatto in modo quasi militare, la scrivania minuziosamente
organizzata
con computer, penne, libri di scuola e altri soprammobili disposti in
modo
quasi simmetrico, gli abiti che avrebbe indossato il giorno seguente
già
appoggiati, perfettamente piegati, sullo schienale della sedia appena
adiacente
alle porte chiuse dell’armadio a muro. In tutto
ciò su cui Dean posava lo
sguardo c’era qualcosa che gridava Castiel
in un modo tale da togliergli quasi il respiro. Come le tende blu
notte, dal
tessuto leggero, che però non coprivano per niente la
finestra che si
affacciava sul giardino, o come la grande cassapanca di legno scuro,
sopra cui
erano organizzati decine di libri in ordine di grandezza, o come la
grande
bacheca di sughero di fianco alla testata del letto, sopra cui erano
attaccate
con puntine colorate foto di posti esotici così come frasi
di scrittori
famosi.
Il
ragazzo era ancora intento ad analizzare quella camera, ancora
fermamente
deciso a scoprirne i segreti più nascosti, che momenti
sobbalzò quando Castiel
gli parlò di nuovo.
“Ecco
qui, tieni.” Disse, porgendogli cinque libri dalla copertina
consunta.
Dean si
ritrovò a sfogliare il primo quasi con reverenza
“Libri di Vonnegut?”
“Sì.-
gli sorrise l’amico- Sam mi ha detto che tu non hai
più le tue copie…sai, dopo
l’inc-”
Il
maggiore dei fratelli Winchester lo interruppe, come se evitare di
pronunciare
quella parola potesse cancellare l’incendio e tutto quello
che di negativo
aveva portato “E allora mi vuoi regalare dei tuoi libri? Cas,
non posso
accettarli.”
Il
diciassettenne scrollò le spalle “Sono solo le mie
copie da viaggio.”
“Le tue
copie da viaggio?” ripeté scettico Dean, alzando
un sopracciglio.
Castiel
annuì sorridendo “Di alcuni libri ho diverse
copie: con copertina rigida, il
formato pocket e Charlie Bradbury mi sta aiutando a rimpolpare la mia
collezione di e-book. Inias, Samandriel e Meg me ne hanno regalato uno
per il
mio compleanno, ma io continuo a preferire il formato cartaceo, anche
se non
posso negare la comodità di quello elettronico.”
“Conosci
bene Charlie?” chiese quindi l’apprendista
meccanico, continuando a sfogliare i
libri che gli erano stati regalati per scoprire se Castiel fosse una di
quelle
persone che prendono appunti ai margini delle pagine. Non lo era.
L’altro
scrollò le spalle “E’ la mia vicina di
banco nelle lezioni di informatica.”
Dean
gli rivolse un ghigno, immaginandosi come potesse essere per il timido
e dolce
Castiel avere come compagna di corso un tornado come la rossa
“Oh, ecco allora
perché lei ti conosce
così bene.”
“Sì,
beh, Charlie ha l’abilità di estrapolare
informazioni con una certa
insistenza.- spiegò il ragazzo- Ma immagino tu lo sappia
più di me, è nel tuo
gruppo di amici, giusto?”
Il
maggiore dei fratelli Winchester annuì
“Sì. E ti dico una cosa: lei e Jo
insieme sono terrificanti.”
Dean
ritornò a girare per la stanza, guardandosi intorno con aria
incuriosita, tanto
che Castiel si ritrovò a domandargli “Che stai
facendo?”
“Cerco
i tuoi libri.- ammise quindi il giovane dagli occhi verdi- Non mi avevi
detto
di essere un aspirante scrittore che legge qualsiasi cosa gli capiti a
tiro?
Dove sono questi fantomatici libri? Sammy ne ha molti di più
di te.”
Il
minore dei due Novak sbuffò “Per prima cosa,
frequento la biblioteca.”
“Oh,
giusto.” Mormorò il ragazzo, ricordandosi solo in
quel momento che l’amico
faceva del volontariato lì un paio di giorni a settimana.
L’altro,
tuttavia, parve ignorare la sua risposta “E, in secondo
luogo, solo perché non
hai voluto scavare un po’ più a fondo non vuol
dire che non ci sia quello che
stavi cercando.”
Castiel
invitò l’amico a controllare sotto il letto, dove
decine e decine di libri
erano ordinati in file perfette, poi sollevò delle assi
cigolanti del parquet,
rivelando ulteriori tomi ed infine aprì i cassetti della
cassapanca vicino alla
finestra che, inaspettatamente, invece di contenere biancheria ordinata
cromaticamente come Dean si aspettava, nascondeva altri volumi.
“Ok, ritiro
tutto quello che ho detto fino ad- Hey!- cominciò a parlare
l’ospite,
interrompersi con occhi spalancati- Non mi avevi detto che avevi un
animale.”
Il
diciassettenne seguì la direzione del suo sguardo e si
ritrovò ad osservare la
grande gabbia addossata all’angolo della parete e nascosta
quasi completamente
dal letto “Oh, quello è Steve, il mio porcellino
d’India.”
“Steve…McQueen?”
indagò Dean con un sorriso divertito.
“Steve
Irwin.- ammise invece Castiel- Quando avevo dieci anni non facevo che
guardare
i suoi documentari.”
L’aspirante
meccanico rivolse all’amico un sorriso divertito
“Avrei dovuto aspettarmelo.”
“Sai,
questa camera è molto…te.- parlò di
nuovo dopo qualche secondo, abbracciando
con lo sguardo l’intera stanza- Mancano un bel po’
di evergreen sempre presenti
nella camera di un adolescente, però.”
Castiel
inclinò il capo in quel suo modo estremamente peculiare
“Ovvero?”
“Poster
di ragazze in bikini, per esempio.- gli spiegò
l’altro con un ghigno- Anche se,
immagino che a te non interessino.”
Il
ragazzo dagli occhi blu si strinse nelle spalle “Io sono del
tutto indifferente
all’orientamento sessuale.”
“Oh,
ok.- ribatté Dean, stupito- Comunque, mancano anche i tipici
riferimenti allo
sport. Anche Sammy, nerd com’è, ha la maglia e il
poster della sua squadra di
hockey preferita.”
“Io non
seguo nessuno sport e non ne ho mai praticati.” Gli
rivelò quindi il
diciassettenne, storcendo la bocca come se la sola idea di fare
attività fisica
potesse lasciargli un gusto amaro in bocca.
Il
maggiore dei fratelli Winchester alzò un sopracciglio,
incredulo “Davvero non
hai mai fatto sport?”
Castiel
strizzò gli occhi, concentrato e poi ricordò di
un pomeriggio di fine estate
passato con suo fratello “Una volta ho tirato una
palla.”
“Hai
tirato una palla?” ripeté il giovane dagli occhi
verdi, sbattendo le palpebre.
“Sì.-
l’altro annuì, sorridendo nel ripensare a quel
giorno- A Gabriel qualcuno ha
detto che i bambini devono fare sport e il baseball è lo
sport americano per
eccellenza. Così, un giorno, mi ha portato in giardino e
abbiamo giocato.”
Dean
sorrise, immaginandosi un piccolo Castiel con le ginocchia sbucciate,
uno
spazio vuoto fra i denti, degli occhi blu ancora più enormi
e un guantone da
baseball in mano “E come è andata?”
“Ho
scoperto quel giorno di non essere affatto portato per gli sport e di
odiarli
tutti.- gli confidò quindi il diciassettenne, stringendosi
nelle spalle- Credo
che sia una caratteristica ereditata geneticamente: anche Gabriel li
odia. Oh,
e quella palla dovrebbe essere ancora da qualche parte, sul
tetto.”
L’apprendista
meccanico scoppiò in una risata spensierata, prima di
tornare a rivolgersi
all’amico “Ok, niente sport quindi, ma non puoi non
avere dei gusti musicali.
Fammi vedere i tuoi cd, ma sappi che ti giudicherò in base
alle tue scelte.”
Castiel
annuì, prima di far scivolare verso di lui una grossa
scatola piena di cd che
aveva tirato fuori da sotto la cassapanca. Dean iniziò
immediatamente ad
analizzare i dischi, fermandosi ogni tanto per fare smorfie disgustate
oppure
strani mugugni con una parvenza di approvazione. Presto,
però, si ritrovò a
sventolare un cd, sul volto un’aria di disapprovazione
“Che cos’è questo?”
“Un
cd.”
“Un cd
degli Air Supply.- specificò il ragazzo dagli occhi verdi
facendo una smofia-
Cas, se sei messo così male da tenerti un cd del genere, mi
sento in dovere di
farti sentire al più presto della vera musica.”
“Vera
musica?- ripeté il padrone di casa- Tipo?”
Dean
scrollò le spalle “Led Zeppeling. AC/DC. Tu lascia
fare a me.”
Castiel
gli rivolse un sorriso obliquo “Non so, All
out of love mi sembra una buona canzone.”
“Io
Sammy lo uccido.” Sibilò l’altro,
maledicendo il fatto che Sam e Cas fossero
buoni amici e che il suo fratellino avesse spifferato particolari
imbarazzanti
della sua vita.
Il
diciassettenne scoppiò a ridere in modo tanto spensierato
che Dean non poté
fare altro che imitarlo dopo aver finto per qualche istante di essere
arrabbiato. E proprio mentre rovesciava la testa all’indietro
in una risata
liberatoria, notò nell’angolo della stanza, poco
lontano dalla grossa gabbia di
Steve, una cosa a cui non aveva fatto caso fino a quel momento.
“Suoni?”
domandò il ragazzo, avvicinandosi alla chitarra supportata
precariamente dalla
parete e portandosela al petto per analizzarla. Era scordata, un
po’
impolverata e tappezzata di adesivi di varia natura.
“Oh,
no.- ammise Castiel scuotendo piano la testa- Ho preso qualche lezione,
ma in
realtà non ho imparato molto.”
Dean si
ritrovò quasi inconsciamente ad accordarla, le dita esperte
che scorrevano sulle
corde “Peccato.”
Il
giovane dagli occhi blu sbatté le palpebre stupito mentre lo
osservava “Oh. Tu
sai suonare?”
“Strimpellare,
sarebbe la definizione corretta.” Ribatté
l’apprendista meccanico, le guance
leggermente imporporate come sempre accadeva quando qualcuno veniva a
conoscenza di una delle sue doti nascoste.
Castiel
gli rivolse un sorriso ampio e picchiettò lo spazio del
letto di fianco a cui
era seduto “Vuoi strimpellarmi qualcosa, allora?”
Dean
non riuscì a non sorridergli di rimando, mentre si sedeva
vicino a lui “Potrei.
Hai qualche richiesta?”
“All out of love.”
Rispose serio l’altro,
per poi scoppiare a ridere non appena sul volto dell’amico si
dipinse
un’espressione oltraggiata.
“Cas!”
“Ok,
scusa.- il diciassettenne alzò le mani in segno di resa-
Scherzavo.”
“Traditore.-
sbuffò Dean, scuotendo il capo- Allora, questa
richiesta?”
Castiel
arricciò un po’ il naso mentre pensava e, alla
fine, trovò una canzone che
avrebbe adorato sentire suonata, e magari anche canticchiata, da Dean
“Hey Jude.”
Invece
della reazione che si aspettava, però, il ragazzo si
ritrovò ad osservare il
volto del maggiore dei fratelli Winchester rabbuiarsi, i suoi grandi
occhi
verdi indurirsi e la bocca stringersi in una linea sottile
“No!”
Quasi
inconsciamente, il ragazzo si allontanò da lui, scostandosi
verso il bordo del
letto, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani
“Ok, scusa.” Mormorò contrito,
anche se non sapeva esattamente cosa aveva fatto di male per ottenere
una
reazione del genere.
Non
appena sentì quella voce flebile, Dean si riscosse,
voltandosi verso l’amico
per vederlo col capo chino, intento a mordersi nervosamente il labbro
inferiore
“No, Cas, scusami io…- il giovane si
allungò verso di lui fino a quasi
accarezzargli il braccio in un gesto consolatorio, per poi ritrarsi di
nuovo e
passarsi una mano nei capelli, esasperato da se stesso- Non avrei
dovuto
parlarti così solo che quella-quella era la canzone
preferita di mia madre. La
cantava sempre.”
Castiel
alzò il voltò immediatamente, girandosi di nuovo
verso l’amico “Oh. Scusami,
non lo sapevo.”
L’altro
gli rivolse un mezzo sorriso “Non fa niente.”
Se
c’era una cosa che Dean Winchester non era in grado di fare
era capovolgere la
situazione quando accadeva una cosa del genere. Sam lo avrebbe definito
emotivamente
costipato, ma Dean era del tutto convinto che la propria
inabilità ad uscire da
determinati episodi caratterizzati da un exploit di sentimenti era
causata
dalla propria cocciutaggine che gli impediva di ammettere apertamente
di avere
sbagliato a causa dell’eccessivo trasporto con cui certe
emozioni lo
spingevano, a volte, a ferire gli altri. Ciò che rendeva la
situazione anche
peggiore, quella volta, era che si era verificata con Castiel, che
sembrava
sempre così intento a preoccuparsi degli altri, che non
riusciva a rendersi
conto che il suo cattivo umore non poteva di certo essere colpa sua.
Così,
Dean, da sempre non molto propenso a lasciarsi andare a discorsi troppo
personali, decide di fare ciò che sapeva fare meglio. Agire.
Fu così che si
ritrovò a chiudere gli occhi, passare le dita sulle corde
della chitarra e
suonare Blowing in the wind di Bob
Dylan, le note accompagnate dalla sua voce sommessa.
La
musica si era già dissolta da qualche minuto quando Castiel
parlò di nuovo “Sei
molto bravo.”
Dean
gli rivolse un sorriso tenue, di quelli che rivolgeva a poche persone e
totalmente diverso dal suo solito ghigno da sbruffone
“Grazie. A Lawrence suonavo spesso. Avevo una
chitarra che mi regalò papà per il mio
tredicesimo compleanno. È bruciata. Insieme
a tutto il resto.”
Il
ragazzo sapeva che dopo aver detto qualcosa del genere la reazione che
avrebbe
ricevuto sarebbe stata la solita compassione, che lui odiava con tutto
se
stesso. Invece Castiel sorrise semplicemente “Dovresti
tenerla.”
L’apprendista
meccanico spalancò gli occhi, sorpreso “Cosa? No,
Cas, è la tua chitarra!”
“Io non
la uso mai, e tu invece sei così bravo.”
Spiegò quindi il ragazzo dagli occhi
blu, sul volto un sorriso timido.
Dean lo
guardò, scettico “E se decidessi che vuoi provare
di nuovo ad imparare?”
“Vorrà
dire che me la presterai.” Tagliò corto Castiel.
Il
maggiore dei fratelli Winchester accarezzò quasi con
reverenza lo strumento
musicale “Sei davvero sicuro?”
“Al
cento per cento.”
“Grazie,
Cas.”
“Di
nulla.- sorrise Castiel- Mi piace vederti felice.”
“Wow,
Cas.- Dean sbuffò una risata- Non puoi uscirtene con una
frase così!”
“Perché
no?” domandò il ragazzo, tutto innocenza con la
sua testa leggermente inclinata
da un lato.
Dean si
ritrovò ad osservarlo e a domandarsi che cosa quel giovane
dolce, serio e
dannatamente perfetto potesse vedere in lui. Sentiva il cuore battergli
all’impazzata nel petto e si ritrovò a domandarsi
perché mai prima di allora
gli fosse capitata una cosa simile, perché non gli capitasse
mai quando Lisa lo
guardava. Prese un respiro profondo e si avvicinò ancora di
più a Castiel, che
lo osservava, gli occhi così enormi e blu da fargli mancare
il fiato.
Dean
non pensò a Lisa in quel momento, né a Balthazar.
Lui e Castiel erano lì,
separati solo da un respiro, e l’idea che gli sarebbe bastato
sporgersi solo un
po’ per scoprire il sapore di quelle labbra rosa gli faceva
girare la testa.
Anche Castiel lo voleva, ne era certo. C’era poco che quegli
occhi del colore
dell’oceano riuscivano a nascondere.
“Ragazzi!”
la voce di Gabriel riecheggiò in
tutto il piano inferiore della casa e i due ragazzi si ritrovarono a
sobbalzare.
Quando
il maggiore dei Novak si affacciò in camera di Castiel, Dean
era ormai in
piedi, a qualche passo di distanza dal diciassettenne ma con ancora in
mano la
chitarra che gli era stata regalata. Tuttavia, Gabriel
sembrò non trovare
niente di strano nel loro atteggiamento e nemmeno nei loro volti ancora
stravolti da quanto sarebbe potuto accadere se lui non li avesse
interrotti.
“Kalì
ha detto che continuerà domani a lamentarsi della mia
immaturità, possiamo
vedere il terzo Ritorno al futuro,
adesso!” trillò il padrone di casa, rivolgendo ad
entrambi un sorriso luminoso
prima di correre di nuovo in salotto, pronto a continuare la sua amata
maratona
cinematografica.
I due
ragazzi si fissarono imbarazzati per qualche secondo, ma prima che Dean
potesse
dire qualcosa Castiel si era già alzato per seguire il
fratello e, subito dopo,
rassegnato, anche lui si ritrovò a fare altrettanto.
Balthazar
stava temporeggiando.
Ovviamente,
non lo avrebbe mai ammesso con nessuno. Non che ci fosse qualcuno per
giudicarlo, comunque. Gabriel, quella sera, non era in casa. Castiel
glielo
aveva comunicato quella mattina, quando insieme erano andati, come al
solito, a
prendersi un caffè prima di dover andare a scuola. Balthazar
aveva accompagnato
come sempre il proprio ragazzo all’uscio
dell’edificio e poi, come al solito,
aveva dovuto sfidare il limite di velocità per potere
arrivare in tempo alla
propria scuola privata, a qualche chilometro da Heaven.
In ogni
caso, si ritrovò a riflettere il giovane, era un bene che
Gabriel non fosse in
casa. Erano giorni che Balthazar si stava preparando a quel momento ed
era
certo che non sarebbe stato in grado a concludere niente, non con
l’irriverente
presenza del fratello maggiore di Castiel pronto ad interromperlo in
qualsiasi
momento e, senza dubbio, con il solito chiaro obiettivo di stuzzicarlo
sugli
argomenti più disparati sotto le occhiate rassegnate del
fratello minore.
Balthazar
prese un grosso respiro, suonò il campanello e si
piantò sul volto il suo
solito sorriso al limite dell’arroganza, e, ben presto si
ritrovò le braccia
piene di Castiel.
“Balth!
Sei in ritardo.” Lo rimproverò bonariamente il
giovane, prima di allungarsi
verso di lui e piazzargli un dolce bacio sulle labbra.
Il
giovane rispose a quel bacio delicato prima di parlare “Lo
so. Avevo paura che
Gabriel potesse essere ancora qui.”
“Kalì
lo ha costretto a portarla a un ristorante francese e poi a teatro.-
spiegò
quindi Castiel, rivolgendogli un lieve sorriso- Te l’avevo
detto stamattina,
non ricordi?”
“Beh,
tuo fratello è notoriamente un ritardatario.” Si
giustificò quindi Balthazar,
senza sciogliere il caldo abbraccio in cui i due ragazzi erano avvolti.
Il
diciassettenne annuì piano “Anche questo
è vero. Entriamo? Potremmo ordinare
una pizza…”
“Perché
non restiamo qui fuori?- lo interruppe l’altro, additando il
divanetto di
vimini sulla veranda- È una bella serata.”
“Ok.-
acconsentì Castiel, sedendosi vicino a lui e lasciando che
il suo ragazzo gli
avvolgesse la coperta di lana precedentemente appoggiata attorno allo
schienale
di vimini intorno alle spalle-
Mi
sembri strano, questa sera. Va tutto bene?”
Balthazar
sospirò pesantemente: era difficile che qualcosa potesse
sfuggire a lungo alla
quieta attenzione del giovane “In realtà, Cassie,
volevo parlarti.”
Castiel
annuì piano, ad un tratto preoccupato, e si voltò
per guardare in faccia il
proprio ragazzo “Ok. Di cosa?”
“Di
noi.” Spiegò quindi l’altro con un nuovo
sospiro rassegnato.
“Di
noi?- il diciassettenne aggrottò la fronte- Questo non
è il genere di discorso
che ti piace fare, Balth. Cosa c’è
sotto?”
Balthazar
era voltato verso di lui, ma sembrava fortemente deciso a non guardarlo
negli
occhi mentre gli parlava “C’è che io e
te stiamo andando in direzioni diverse.”
“Cosa?”
la voce di Castiel uscì debole come un soffio e le sue
palpebre sbatterono per
lo stupore.
“Ultimamente
le cose fra noi non vanno bene, non negarlo.”
Continuò quindi a parlare il
giovane, stringendosi nelle spalle ben coperte dal cappotto pesante.
Il
ragazzo dagli occhi blu scosse la testa, impedendo alla propria voce di
tremare
mentre ribatteva con convinzione “No, Balth…
E’ solo un periodo un po’ pieno,
tutto qui. Lo sai che devo aiutare Gabe alla pasticceria, ma
andrà sempre
meglio, vedrai. Non devo più nemmeno fare da tutor a Sam,
ora, se la cava più
che bene da solo e col suo gruppo di studio e…”
Balthazar
gli posò una mano sul ginocchio per interromperlo
“Non è solo questo. Che mi
dici di Dean?”
“Dean?-
ripeté il minore dei Novak sgranando gli occhi- Che
c’entra Dean?”
“Ti
hanno visto tutti, Cassie.- incalzò l’altro, sul
volto stampata la solita
espressione infastidita quando parlava dell’apprendista
meccanico- Hai passato
la notte da lui la scorsa settimana, ammettilo.”
Castiel
protestò immediatamente “Sul suo divano!”
“E il
giorno dopo ha dovuto proprio riaccompagnarti a casa, vero?”
domandò di nuovo
Balthazar, inarcando un sopracciglio.
Le
spalle del diciassettenne si incurvarono nel sentire quel tono
d’accusa, le
braccia immediatamente avvolte attorno alla propria vita in un gesto
quasi di
autodifesa da quelle accuse “Balthazar, ora sei ingiusto. Io
e Dean siamo amici
e tu lo sai, ha voluto fare una cosa gentile per me.”
“Sai
una cosa?- continuò quindi il giovane di origini inglesi,
improvvisamente
incapace di guardare ancora il volto triste e devastato del proprio
ragazzo-
Credo che dovremmo frequentare gente diversa, prenderci una bella pausa
e
riflettere se questo è davvero il tipo di relazione che
vogliamo.”
“Non lo
pensi davvero.”
La voce
di Castiel era rotta e i suoi occhi annacquati e Balthazar non
poté continuare
oltre. Odiava quello che stava succedendo in quel momento: lui adorava
Castiel,
con tutto il cuore, e non poteva di certo continuare a convincerlo che
lasciarsi in quel modo fosse la cosa migliore. Non quando lui stesso
pensava al
contrario.
“No, in
realtà no.- ammise quindi con un sorriso triste- Sto per
partire.”
“Partire?”
ripeté Castiel con un filo di voce.
Balthazar
annuì piano, lo sguardo basso e un atteggiamento docile
così poco
caratteristico “Ti ricordi di quando ti ho parlato dei miei
parenti? Quelli che
abitano in Inghilterra?”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì, attento e preoccupato
“Sì, ma cosa c’entra con
noi?”
“Mio
nonno è morto.- spiegò quindi l’altro
senza giri di parole- Non lo conoscevo,
ma il mio vecchio è rimasto sconvolto. Ci ha lasciato dei
soldi. Parecchi
soldi, e la sua casa, una specie di reggia poco lontano da Londra. I
miei hanno
passato un paio di sere a litigare e alla fine hanno deciso. Hanno
già venduto
la nostra casa qui e fra due settimane partiremo per
l’Inghilterra. Non tornerò
più, Cassie.”
Castiel
scosse la testa, improvvisamente incapace di formulare una frase di
senso compiuto
“Cosa? Io non
capisco…Perché-Perché non mi hai
raccontato niente di tutto
questo?”
“Dovevo
assimilare la cosa, credo.- Balthazar gli rivolse un sorriso mesto-
Capisci,
ora? Credo che il nostro tempo sia finito, Cassie.”
Il
diciassettenne si sporse verso di lui, travolgendolo in un abbraccio
disperato
“Balth… Non puoi lasciarmi, Balth, io ti
amo.”
“E’
meglio così per tutti e due, credimi.” Anche la
voce del giovane inglese
tremava, mentre passava le lunghe dita tra i capelli scuri del dolce
carico che
stringeva tra le braccia.
“Allora
è così?- Castiel quasi ringhiò,
incredulo per come il proprio ragazzo fosse
disposto ad abbandonarlo senza pensarci due volte- Se davvero non conto
nulla
per te perché non mi hai lasciato prima?”
Balthazar
lo strinse ancora di più, come se non volesse farselo
scivolare della dita “Tu
sai che tu per me sei importante. Mi dispiace, Cassie, davvero, ma non
credo
possiamo fare altrimenti.”
Il
minore dei Novak tirò su col naso, ma si impedì
con tutto se stesso di piangere
“Possiamo…Possiamo sentirci via Skype. Mandarci
messaggi, e-mail…Con tutta
questa tecnologia credi davvero che non potremmo portare avanti una
relazione a
distanza?”
“Credi
davvero che funzionerebbe?- ribatté l’altro senza
convinzione- Io non credo di
farcela a vederti solo tramite uno schermo sapendo che tu non potresti
mai
venire a trovarmi e che io continuerei ad essere intrappolato alla
stupida
scuola per ricconi a cui i miei mi hanno già
iscritto.”
“Ma non
è…Non è giusto!”
sbottò Castiel, le braccia una morsa ferrea intorno al
torace
del giovane.
Balthazar
lo attirò ancora di più a sé e gli
baciò i capelli con dolcezza “Lo so, Cassie,
lo so.”
Rimasero
così per un po’, seduti sullo sghembo divanetto
sulla veranda dei Novak, lo
sguardo dei due ragazzi fisso davanti a loro, ma le loro menti
indaffarate fra
mille pensieri.
“Quando
parti?” domandò infine Castiel, il volto affondato
nel petto di quello che
sarebbe diventato presto, appena si fossero separati, il suo ex-ragazzo.
Balthazar
gli posò un altro bacio fra i capelli “Tra due
settimane.”
“Mi
mancherai.” Sussurrò il ragazzo, senza staccare
gli occhi dalla staccionata a
qualche metro di fronte a loro.
L’altro
sospirò “Mi mancherai anche tu, Cassie.”
Gabriel
osservava il fratello minore con sguardo preoccupato. Quella mattina
gli aveva
raccontato con entusiasmo del ristorante francese dove lui e
Kalì avevano
mangiato la sera precedente e di come lo spettacolo teatrale non fosse
poi così
soporifero come se l’era prospettato. Castiel, da sempre
tranquillo e spesso
taciturno, non aveva parlato molto però, limitandosi ad
annuire nei momenti
opportuni e fare un mugugno di tanto in tanto per fare capire che stava
seguendo il discorso. Gabriel aveva capito immediatamente che doveva
esserci
qualcosa che non andava. Dopotutto, aveva cresciuto lui stesso il
ragazzo e se
ne era occupato, con l’affetto più di un padre che
di un fratello, da quando
aveva capito che non ci sarebbe stato nessun altro a farlo.
Così, perfettamente
conscio che affrontare di petto una conversazione a cuore aperto in
quel
momento poteva risultare controproducente, decise di portare il ragazzo
da
Mary’s, conscio del fatto che c’erano poche cose al
mondo che riuscivano a
metterlo di buon umore come i deliziosi e soffici pancakes al
cioccolato di John
Winchester.
Tuttavia,
invece di divorare la propria colazione con entusiasmo, Castiel si
stava
limitando a punzecchiarli svogliatamente con la propria forchetta.
“Che
c’è, non ti vanno più i
pancakes?” domandò infine Gabriel, ormai troppo
esasperato da quel comportamento per poter aspettare oltre.
Due
enormi occhi blu si puntarono immediatamente su di lui “No, i
pancakes vanno
bene.- il giovane esitò, prima di continuare a parlare di
nuovo- Volevo
comunicarti una cosa.”
Gabriel
si raddrizzò sulla sedia, attento “Uh-oh, quando
usi quel tono è sempre
preoccupante.”
Il
minore dei due fratelli prese un grosso respiro prima di parlare di
nuovo “Io e
Balthazar non stiamo più insieme.”
“Cosa?”
il giovane si ritrovò a sbattere le palpebre un paio di
volte, certo di avere
capito male.
“Ci
siamo lasciati.” Ripeté invece Castiel,
confermando quanto aveva detto
precedentemente.
Gabriel
strinse gli occhi, studiando attentamente il volto del fratello
“Lo hai
lasciato tu? Perché posso capirlo,
davvero…”
“Uhm,
lui ha lasciato me.- spiegò quindi con voce flebile il
diciassettenne- Lui…Lui
si trasferirà in Inghilterra e pensa che sarebbe meglio per
tutti e due non
provare a portare avanti una storia a distanza.”
Il
maggiore dei Novak si mosse sulla sedia, l’irritazione in
grado di renderlo
ancora più iperattivo del solito “Quel
brutto…”
“Gabriel.”
Sussurrò Castiel, che un po’ si era immaginato una
reazione del genere da parte
del fratello maggiore.
Dal
canto suo, Gabriel, lo ignorò completamente “Io lo
ammazzo, quello spaventapasseri…”
“Gabriel!”
lo chiamò di nuovo il ragazzo dagli occhi blu, la voce
più alta per attirare la
sua attenzione.
Il
giovane puntò gli occhi nocciola sul proprio fratello
minore, la rabbia ancora
evidente nello sguardo “Che
c’è?”
Castiel
iniziò a torturare il proprio tovagliolo di carta con le
dita “Io…Io rispetto
la sua decisione.”
“Potresti
anche rispettare la mia di andare da lui e spaccargli il naso,
allora.” Suggerì
quindi il maggiore dei Novak, incrociando le braccia al petto.
“Gabe,
no.” Ribadì il diciassettenne, gli occhi
imploranti.
Gabriel
studiò la sua espressione per qualche secondo, prima di far
roteare gli occhi
platealmente e capitolare “Ok. Sappi però che non
lo faccio solo perché me lo
hai chiesto tu. Oh, e dovresti convincere anche Kalì a non
avvelenare quel
damerino da strapazzi, se proprio sei convinto di questa
decisione.”
Castiel
gli rivolse un sorriso tenue “Grazie, Gabe.”
“Sì,
sì, certo.- il maggiore dei due fratelli fece sventolare una
mano con non
curanza- Ora che ne abbiamo parlato, perché non vai a farti
scaldare quei
pancakes e ti fai una colazione come si deve?”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì, prima di alzarsi e recarsi
col proprio piatto
ben stretto fra le mani al bancone.
Dean lo
raggiunse immediatamente, subito dopo aver servito
un’abbondante tazza di caffè
fumante a Pamela Barnes, seduta qualche sgabello più in
là.
“Hey,
Cas.- lo salutò gioviale, un sorriso ad illuminargli il bel
volto- Cosa ti
serve?”
Castiel
gli sorrise timidamente di rimando “Uhm, potresti scaldarmi
questi pancakes? Mi
sono distratto parlando con Gabe e si sono raffreddati.”
Dean
guardò scettico prima il piatto che gli era stato porto e
poi l’amico “Hai
fatto raffreddare i pancackes? Di solito mio padre fa appena in tempo a
servirteli prima che tu te li divori in pochi secondi. Sei sicuro di
stare
bene?”
Il
ragazzo si ritrovò ad arrossire sotto lo sguardo
dell’apprendista meccanico
“Uh, io e Balth ci siamo lasciati.”
Inaspettatamente,
però, la notizia non parve sorprendere troppo il maggiore
dei fratelli
Winchester “Oh. Quindi è vero quello che si dice
in giro.”
Castiel
si ritrovò a spalancare gli occhi, il battito
improvvisamente accelerato “Lo
sanno già tutti?”
“Quasi.-
ammise Dean, prima di voltarsi e infilare il piatto nel piccolo forno
elettrico
dall’altra parte del bancone- Credo che Chuck Shurley non ne
sia ancora a
conoscenza, ma solo perché oggi non è ancora
uscito di casa.”
“Lo
sanno già tutti.” Esalò di nuovo il
diciassettenne, il respiro affannato.
L’altro
giovane si accorse in quel momento del piccolo attacco di panico che
stava
assalendo l’amico e si precipitò al suo fianco,
posandogli le mani sulle spalle
e invitandolo a sedersi su uno degli alti sgabelli poco distanti
“Hey, va tutto
bene, Cas. Questa è una città di impiccioni, ma
non sono affari loro. Non
pensarci.”
“Lo
sanno già tutti.- ripeté di nuovo Castiel, in un
soffio- Io e Balth ci siamo
lasciati ieri sera e ora lo sanno già tutti.”
“Cas,
guardami.- lo esortò Dean facendo un po’ di
pressione sulle sue spalle fino a
che l’amico si decise a guardarlo negli occhi- Tu sai che
prima o poi sarebbe
successo, giusto? Ok, è accaduto un po’ prima di
quanto ti saresti immaginato,
ma tu sei perfettamente in grado di affrontare questa situazione. Te lo
dico
io, che sono il nuovo arrivato in città: essere il
protagonista dei
pettegolezzi cittadini non è una cosa così
disastrosa come può sembrare.”
Il
diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata, per poi
annuire piano “Hai
ragione.”
“Certo
che ce l’ho!- ribatté con entusiasmo il ragazzo
dagli occhi verdi, sul volto un
sorriso radioso- Ed ora vedi di mangiare quei pancakes, se no mio padre
inizierà a pensare che sta perdendo il suo tocco magico.
Voglio dire, già è un
problema la sua crisi di mezza età.”
“Ti ho
sentito, sai?” disse John, guardando il figlio con
un’aria troppo divertita
perché fosse davvero arrabbiato.
Sul
volto di Dean si dipinse immediatamente un’espressione quasi
contrita, come
quella di un bambino scoperto a rubare dall’armadietto dei
dolciumi ma che è
perfettamente consapevole che non avrebbe ricevuto alcuna punizione.
Tuttavia,
il viso del ragazzo cambiò in fretta non appena il suo
sguardo individuò una
figura familiare in procinto di entrare nel locale.
In un
attimo, raggiunse l’entrata, la rabbia chiara tanto nel suo
tono di voce come
nei suoi occhi fiammeggianti “Hey, tu! Che cosa credi di
fare?”
Balthazar,
dal canto suo, sembrava del tutto serafico “Mi sembra ovvio,
Winchester, entro
a prendere un caffè.”
“Non
puoi.” sibilò Dean, bloccando col proprio corpo
l’entrata del locale.
Il
giovane di origine britanniche sbuffò una risata
“Cosa?”
Il
maggiore dei Winchester non si lasciò condizionare dal suo
atteggiamento
strafottente “Ho detto che non puoi, vai a prenderlo da
un’altra parte.”
“Stai
scherzando, vero?” l’espressione di Balthazar
cambiò subito, non appena si rese
conto che il giovane che aveva di fronte era perfettamente serio.
Dean
incrociò le braccia al petto “Sto forse
ridendo?”
“Senti,
voglio solo prendermi un caffè, niente di
trascendentale.” Spiegò quindi l’altro,
passandosi stancamente una mano sul volto.
“Tu non
entri lì dentro.” Ribadì nuovamente
l’apprendista meccanico.
Balthazar
aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento il suo
sguardo si posò su
qualcuno alle spalle di Dean “Oh. Ora capisco. Stai giocando
al cavaliere senza
macchia e senza paura per il dolce Cassie?”
“Vattene
via, Balthazar.”
Castiel,
fino a quel momento paralizzato dallo stupore per ciò che si
stava svolgendo di
fronte ai suoi occhi, fece uno scatto in avanti, frapponendosi fra i
due e
posando una mano sul braccio dell’amico in un vano tentativo
di calmarlo “Dean,
davvero, non c’è bisogno che tu faccia questo.
Balthazar può…”
“No,
Cas.- lo interruppe Dean- Balthazar è uno stronzo e noi qui
dentro non serviamo
gente del genere.”
“Gioca
pure al salvatore quanto vuoi.- disse l’ex-ragazzo di Castiel
squadrandolo- Non
diventerai magicamente degno di Cassie, questo lo sai, vero?”
Fu a
quel punto che la rabbia sopraffò Dean completamente.
Scostò Castiel in un
secondo e in quello successivo il suo pugno aveva già
colpito con forza la
mascella di Balthazar.
“O mio
Dio!- esclamò il diciassettenne, esterrefatto e un
po’ spaventato, mentre si
avvicinava al proprio ex per sorreggerlo dopo quel duro colpo- Signor
Winchester!”
John
uscì di corsa dal locale, immediatamente seguito da Gabriel
e qualche altro
avventore “Dean? Dean!”
“Dean,
che diavolo ti prende?” domandò quindi
l’uomo, afferrando il figlio per le
spalle e allontanandolo dal suo avversario.
Di
fronte a loro, Balthazar cercava di liberarsi dalla presa che aveva su
di lui
Castiel “Lasciami!”
“Sì,
Cas, lascialo andare, così forse riesco a rompergli il
naso!” ringhiò Dean,
mentre tentava di scrollarsi di dosso il proprio padre.
“Va
bene, Cassie.- capitolò infine Balthazar- Me ne vado. Ma la
prossima volta
dovresti mettergli un guinzaglio prima di portarlo in giro.”
Il
giovane non attese risposta e se ne andò con passo svelto e,
velocemente come
era iniziato, tutto finì. John Winchester lasciò
andare il proprio figlio,
ricordandogli che avrebbero parlato di quanto era successo quella sera
e
intimandogli di tranquillizzarsi un po’ prima di ritornare al
lavoro, e tutti
gli avventori del Mary’s, Gabriel compreso, decisero di
ritornare all’interno
del locale e riconcentrarsi sulle proprie colazioni. Ben presto, sul
marciapiede di fronte alla tavola calda rimasero solo Castiel e Dean,
il primo con gli occhi bassi e le labbra strette in una linea dura, il
secondo con le
mani che scorrevano fra i corti capelli nel tentativo di calmarsi.
“Cas,
che hai?” si ritrovò infine a domandare
l’apprendista meccanico, non appena fu
certo di avere stemperato la tensione che si era impossessata di lui
fino a
quel momento.
L’altro
emise un sospiro “Sono deluso, Dean.”
Dean
annuì comprensivo “Senti, non pensavo che
Balthazar si potesse comportare così,
però…”
“Sto
parlando di te e di quello che hai fatto.- lo interruppe Castiel, una
certa
rabbia nella voce- Pensavo fossi diverso.”
Il
maggiore dei Winchester spalancò gli occhi, incredulo
“Cosa? Io l’ho fatto per
difendere te!”
“Ma io
non ho bisogno di essere difeso!- sbottò il diciassettenne-
Tutti in questa
città pensano che io sia un angelo caduto dal cielo, dolce,
innocente e
totalmente indifeso. Ma non è vero! Io sono una persona e
sono in grado di
affrontare le cose in quanto tale. Avevo fatto una scelta, Dean, e tu
l’hai
completamente ignorata. Credevo che tu fossi dalla mia
parte…”
“E lo
sono, Cas, non lo capisci?” ribatté immediatamente
l’apprendista meccanico.
“Ti sei
comportato esattamente come tutti loro.- ribadì Castiel- Hai
pensato che io non
fossi in grado di affrontare una cosa e allora l’hai fatto tu
per me. Ma non è
vero, Dean, e lo sai anche tu.”
“Sai
una cosa?- proruppe Dean agitando le mani- Io volevo aiutarti e basta.
Vuoi
essere autonomo e non dipendere più da chi ti sta intorno?
Perfetto, visto che
i miei sforzi non sono apprezzati mi tolgo dai piedi. Cavatela da solo,
d’ora
in poi!”
Castiel
lo osservò voltarsi di scatto e rientrare con passo svelto
alla tavola calda,
per poi sparire in fretta su per le scale che portavano
all’appartamento dei
Winchester. E una volta rimasto lì, sul ciglio della strada,
con le braccia
strette attorno alla propria vita e la consapevolezza che forse quella
volta
lui e Dean non sarebbero riusciti a risolvere i loro problemi, si
sentì solo
come mai prima in vita sua.
*****
Lo
so, lo so. Sono una pessima
persona. Sono lenta come una fila alle poste nel giorno della consegna
delle
pensioni. Ma io sono consapevole di avere un problema e sto cercando di
migliorare, lo giuro. Se ci fossero dei gruppi di supporto per
procrastinatori
mi ci iscriverei all’istante, davvero. Purtroppo per voi,
questa mia nuova
consapevolezza spirituale sulla mia natura non vi ha fatto avere un
nuovo
capitolo in tempi più brevi del solito, ma quantomeno sono
riuscita a sfornarvi
qualcosa di una lunghezza accettabile per farmi perdonare
l’attesa. Credo.
Spero.
Comunque, a parte il mio immenso
ritardo (più che altro causato da un totale ammutinamento da
parte del mio pc,
fermamente intenzionato a non fare funzionare NESSUNO dei miei
programmi di
scrittura, non vi dico il mio panico) vorrei subito scusarmi per le
note
dolceamare di questo capitolo. Probabilmente mi odierete, ma credo che
ciò che
succede in questa fase della storia sia importante per
l’evoluzione del
rapporto fra Dean e Castiel. Oltretutto, ho deciso di riscrivere in
toto la
parte in cui Balthazar lascia il dolce Cassie perché, visto
il mio immenso
amore per il buon Balth, non sono proprio riuscita a descriverlo come
totalmente insensibile e capace di lasciare il proprio ragazzo per un
mero
capriccio. Spero che la mia scelta possa soddisfarvi, dal canto mio non
riesco
proprio a non immaginare Balthazar e Castiel come una di quelle
mitologiche
coppie in grado di mantenere l’amicizia alla fine di un
amore. E per quanto
riguarda il quasi-bacio…Quanto volete uccidermi da uno a
dieci? Per il resto,
io ce lo vedo molto un Dean impulsivo deciso a difendere a spada tratta
e anche
un po’ inopportunamente i propri amici. Soprattutto se quegli
amici sono un
qualcosa di più…
Ok, ora la finisco di ciarlare.
Di nuovo, grazie a chiunque legge questa mia storiella, a chi
recensisce, a chi
l’ha messa nelle preferite/seguite/da ricordare. Ne
approfitto per scusarmi
anche con chi recensisce, ho tempi geologici anche per rispondere alle
recensioni. Pessima, ve l’ho detto. Sono pessima.
Per voi che avete avuto la
pazienza di arrivare fin qui, un bacio e alla prossima
JoJo