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Autore: myricae_    01/06/2014    9 recensioni
[REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 20 E CAPITOLO 41] [REVISIONE IN CORSO]
Estate.
La stagione delle lunghe notti punteggiate di stelle e delle risate spontanee.
La stagione perfetta per dimenticare una relazione difficile e andare avanti.
La stagione perfetta per incontrare una persona speciale, magari innamorarsi e rimanere segnati per il resto della vita.
O, almeno, così è stato per Marco e Alisea.
Ma cosa possono saperne due giovani cuori dell'amore?
Della distanza?
Della morte?
E di un passato che è deciso a ritornare, forse, separandoli per sempre?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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41
 
Una settimana era stata sufficiente, le disse la preside venerdì mattina. Alis era pronta a ricominciare, anche se per il suo nuovo inizio avrebbe dovuto rinunciare a scelte passate.
 «Spero che tu abbia imparato la lezione» le disse la preside, con voce fiduciosa.
Alis annuì con fermezza. «Ho imparato».
 «Lo vedremo. Lunedì potrai riprendere le lezioni».
Alis le strinse la mano, congedandosi. Era ricreazione quando uscì dall’ufficio della preside e si meravigliò di trovare Christian ad aspettarla, appoggiato al muro del corridoio. Si abbracciarono, senza dire una parola. «Quindi? Ti ha riammessa a scuola?».
 «Comincio lunedì» annunciò, entusiasta.
 «Devo parlarti di una cosa» le disse sottovoce e si spostarono in un corridoio più silenzioso.
 «Di che cosa si tratta?» gli chiese, con una punta di preoccupazione.
 «Di Matteo». Le raccontò della cena della settimana precedente e del padre di Matt che aveva imposto al figlio il servizio militare. «Vogliamo stare insieme. Anche se saremo distanti, noi…».
Alis ormai non l’ascoltava più; lo osservava con occhi sbarrati, le labbra schiuse in qualche parola silenziosa.
 «Alis, di’, qualcosa» quasi la supplicò.
 «Christian, mi dispiace tanto. È orribile. Non c’è un modo per…?».
 «Funzionerà. La relazione a distanza funzionerà. Tu e Marco ce la state facendo. Anch’io e Matt possiamo…».
Lo sguardo di Alis fu attraversato da un’ombra cupa. «Non funzionerà. Io e Marco non ce l’abbiamo fatta».
Questa volta fu Christian a rimanere in silenzio; aprì la bocca per dire qualcosa solo per richiuderla quando capì che non esistevano parole per esprimere ciò che pensava. Fu Alis che parlò: «Io e Marco non ce l’abbiamo fatta. Era una cosa più grande di noi».
 «Vi siete lasciati?».
Alis annuì. «Parlerò con Marco domani» rispose con fermezza. Christian stava per avvolgerla in un abbraccio, ma la ragazza si ritrasse. «Sto bene. Non poteva continuare».
 «Invece sì. Se solo…».
 «Ormai abbiamo deciso».
 «Tu hai deciso» ribatté, incredulo di ciò che stava accadendo. A Christian era bastato vederli insieme solo una volta per capire che Marco e Alisea erano fatti l’uno per l’altra. Marco la guardava senza vedere nessun’altra e Alis lo adorava come se fosse la cosa più bella che esistesse. Lui l’aveva abbracciata come se quell’abbraccio non avesse fine e per un breve attimo Christian aveva pensato che non si sarebbero mai allontanati uno dalle braccia dell’altra.
 «Non fa differenza», il suo sguardo era come cristallizzato in ghiaccio color smeraldo.
 «Stai scappando, Alisea, come sempre».
 
Una settimana era stata sufficiente. Una sola settimana per capire che ciò che desiderava al proprio fianco era una persona pronta ad esserci. Aveva trascorso sette giorni con Andrea; senza allontanarsi e senza staccarsi se non per respirare. Andrea le stava dimostrando che era cambiato. Era gentile, simpatico, dolce, premuroso e paziente. E soprattutto non abitava a trecentosessantacinque chilometri da lei. Piò o meno era ciò che doveva dire a Marco. Oltre al fatto che gli doveva delle spiegazioni per aver ignorato i suoi messaggi e le sue chiamate.
Si lasciò andare sul sedile del treno. Prese il cellulare, rilesse vecchi messaggi di Marco, fissandoli nella mente per poi eliminarne uno dopo l’altro.
“-Dimmi qualcosa di poetico.
-Ho appena finito di correre. Sono sudato e non vedo l’ora di abbracciarti”.
Alis sorrise amaramente, poi cancellò anche quello. Passò alle foto.
Loro due sdraiati sulla spiaggia. Cancella.
Al concerto di Davide. Quella foto l’aveva scattata Claudia. Cancella.
Nel camerino dell’H&M. Cancella.
Si sentiva vuota, come se avesse cancellato qualcosa dentro di lei.
 
 
Scese dal treno con la convinzione che era la cosa giusta da fare, per entrambi. Marco le si avvicinò lentamente, osservandola come se la vedesse per la prima volta. Aveva capito. Una parte di lui aveva capito ciò che stava per accadere e si rifiutava di ammetterlo. Fece per baciarla, ma lei si scansò depositandogli un bacio sulla guancia.
Marco indietreggiò. «Non hai portato la valigia».
 «Non mi fermerò molto».
 «Alisea…» il suo richiamo era disperato. Ma lei non avrebbe ceduto.
 «Ascoltami, Marco» lo interruppe. «La distanza è troppo, per entrambi. Avremmo dovuto chiudere la relazione quest’estate, prima che iniziasse la scuola. Non possiamo continuare così, non può continuare. Non vedo più niente per noi, ormai. Il tuo amore mi acceca tanto da non riuscire a vedere più nient’altro, nemmeno un possibile futuro».
Marco scosse la testa con fermezza, come a non volerle dare ascolto. «Non puoi dire così. Dopo tutto quello che abbiamo passato…».
 «È passato, Marco».
Il ragazzo si passò una mano nei capelli; poi la guardò con occhi pieni di perdizione. «Io ti amo!» esplose, in un impeto di disperazione.
E quando Marco crollò, anche Alisea non resse. Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance. «Non capisci? Ti amo anch’io. Sei stato e sarai sempre il mio unico amore. Prima di conoscerti non pensavo di poter amare di nuovo. E ti ringrazio per avermi dimostrato il contrario. Ti amo e proprio perché ti amo devo lasciarti vivere la tua vita».
 «Non c’è vita senza di te» ribatté flebilmente.
 «Non volevo finisse» si torturò il labbro con i denti per fermare le lacrime.
 «Non ti lascerò andare di nuovo». Fece per prenderle le mani, aveva bisogno di sentire il suo calore; Alis ricambiò la stretta solo per un attimo, prima di ritrarsi.
 «Se non finisce ora, finirà domani. O fra dieci anni, ma finirà. Siamo abbastanza grandi per capire che il per sempre non esiste».
Marco rimase in silenzio. L’unica cosa che riuscì a fare fu osservarla scolpendo nella mente la sua immagine, sperando di poterla ricordare per sempre. Voleva davvero ricordare? Non ne era certo, ma non riusciva a distogliere lo sguardo.
 «Ti ho fatto troppo male» gli disse.
 «Tu mi ha salvato e tu adesso mi condanni».
Alis scosse la testa. Marco proseguì: «Non pensare che ti dica di andartene perché non ci riesco».
 «Me ne andrò lo stesso».
 «Ti fermerò».
Alis sospirò e fu scossa dai singhiozzi. «Perché non capisci? Anche tu mi fai male. Non voglio soffrire».
 «Ti prometto che un giorno…» cominciò.
 «Un giorno!» sbottò «Io voglio star bene adesso, Marco! E vorrei star bene con te, ma è impossibile perché le tue scelte mi fanno male. Quindi, ti prego, lasciami andare».
 «Tu vuoi che io stia qui fermo a guardarti partire?» chiese con voce incredula.
 «Posso stare io ferma mentre tu ti giri e te ne vai. Poi parto» rispose, tremando.
Le accarezzò la guancia e lei lo lasciò fare, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, lui le prese il viso tra le mani. La baciò togliendole il respiro.
 «Ti ho fatto un promessa quest’estate» iniziò lui a mo’ di spiegazione «Quando sono tornato a Roma, a luglio, non credevo mi saresti mancata così tanto. Tu non sai com’è stare senza di te. Ho promesso che non ti avrei mai più lasciata scappare e che se ci avessi provato, ti avrei inseguita. Be’, non costringermi a correre» .
Alisea lo detestò perché era un ragazzo d’onore, di parola. Non l’avrebbe lasciata andare, non di sua spontanea volontà.
Alis si sentì meschina per ciò che stava per fare. «M-mi dispiace. È stato un momento di debolezza».
Marco si rilassò. «Mi hai fatto spaventare».
 «È tutto così difficile senza di te».
 «Ora siamo insieme», la strinse a sé provando a dimenticare ciò che gli aveva detto poco prima, convincendosi che lo amava.
Lo baciò alzandosi sulle punte.
Marco la prese per mano e, insieme, si allontanarono dalla stazione. Mangiarono al solito ristorante a cui erano stati la prima volta che Alis arrivò a Roma, Il Gladiatore. Si sforzò di dimenticare ciò che stava facendo, ma non riuscì a non pensare che ogni carezza di lui era l’ultima. E Marco non lo sapeva. Perdonami.
 «Allora, qual è il programma di oggi?».
Invece di rispose, Marco le prese una mano e la condusse verso il Colosseo. «L’hai mai visto?».
Alis scosse la testa, sorridendogli.
Entrarono dopo un paio d’ore, le gambe di Alis dolevano, ma non lo diede a vedere, emozionata com’era.
 «Davide sogna di esibirsi qui, un giorno».
 «Basta che non ci dedica un’altra canzone costringendoci a ballare davanti a tutti».
Marco ridacchiò. «È stata una mia idea».
Alis lo guardò con occhi ridenti, cercando di rimanere seria. «Come hai potuto? Stavo quasi svenendo dall’emozione!».
 «Hai bisogno di ballare. Hai bisogno di vivere».
 «Vivo bene rimanendo nel mio».
 «Ed è qui che ti sbagli!» esclamò Marco. «Dai, seguimi».
Prima che Alis potesse ribattere, lui si stava precipitando giù dalle scalinate. Alis lo chiamava, mentre gli correva dietro. Raggiunsero il palco che lei aveva il fiato corto. «Cosa vuoi … fare?...».
Marco saltò sul palco, posizionandosi al centro. Urlò a gran voce: «IO AMO ALISEA!».
Alis rabbrividì piacevolmente. Marco gridò ancora, finché lei non lo raggiunse sul palco. «Si può sapere che stai facendo? Ci stanno guardando tutti!».
 «Dici che hanno anche sentito?».
 «Marco, non…».
 «IO AMO ALISEA!».
 «Smettila» avvampò lei.
 «Non finché non mi dici che mi ami anche tu».
 «Ti amo!».
 «Oh, ma io lo so. Le altre persone no, e nemmeno i mattoni o i muri qui intorno».
 «È ridicolo…» rise, nervosa.
 «Fallo per me. Vivi, Alisea!».
Prese un profondo respiro, riempì i polmoni prima di urlare la verità. «IO AMO MARCO!».
Qualcuno applaudì debolmente. Poi si alzò un coro di: «BACIO! BACIO! BACIO!».
Marco l’attirò a sé in un bacio che conteneva tutto l’amore del mondo.
 
Cominciò a piovere forte all’improvviso. Alis e Marco arrivarono all’appartamento che erano bagnati fradici. Trovarono il nonno di Marco seduto sul divano a leggere un libro. Alzò lo sguardo, sorridendo. «Cari ragazzi!» esclamò andando loro incontro. «Alisea, quale piacere rivederti!».
 «Il piacere è tutto mio».
 «Vi preparo un ».
Ad Alis tornarono alla mente i pomeriggi di quella settimana passata con Andrea. Quanti tè aveva bevuto? Provò ad ingoiare il nodo alla gola.
Marco la trascinò in camera. Le posò una coperta sulle spalle e lei si strinse contro di lui cercando ancora più calore. Il nonno portò loro il tè in camera, assieme ad alcuni biscotti. Tutto quell’affetto che il nonno e il suo ragazzo provavano per lei le fece salire le lacrime agli occhi, che ricacciò indietro.
 «Com’è andata la settimana?».
 «Mi hanno riammessa alle lezioni di scuola» sorrise. Non poteva certo dirgli che aveva trascorso la settimana con Andrea. Non che avesse fatto chissà cosa – Andrea era solo un amico ora – ma si sentiva in colpa ugualmente. «E tu?».
 «Ho studiato e…».
 «Hai fatto altri servizi fotografici?».
Marco abbassò lo sguardo. Sembrava vergognarsi della sua scelta, quando l’unica che doveva sentirsi in colpa era Alisea.
 «Mi dispiace di essermi arrabbiata, ma… io ci tenevo a quella cena. Desideravo che tu conoscessi i miei genitori, che entrassi in qualche modo a far parte della mia famiglia».
 «Ti avevo comprato un mazzo di rose. Volevo fare colpo sui tuoi. Volevo vedere dove vivi, la tua cameretta. Stringerti la mano durante la cena. Parlare ai tuoi genitori di noi. Di te. Saresti diventata tutta rossa e avrei coperto di baci le tue guance. Come vedi, avevo immaginato ogni cosa».
Alis ormai stava affogando nel senso di colpa. Gli gettò le braccia al collo, nascondendo la testa contro la sua spalla.
 «Amore?».
Lei trovò il coraggio di guardarlo negli occhi. «Sì?».
Marco deglutì, a disagio. «Perché hai detto quelle cose prima? Quanto eravamo alla stazione».
 «Te l’ho detto, ero arrabbiata. Ci tenevo moltissimo a quella cena e pensavo che…». Bugie, bugie e ancora bugie. Non dubitava più che Marco l’amasse, era sicura del suo amore ormai. Pregò che quella giornata finisse presto oppure durasse per sempre.
 «Tesoro mio» la strinse a sé.
 «Non pensavo sul serio quelle cose. Ero davvero furiosa».
 «Mi dispiace. Odio vederti così. Vorrei renderti felice».
Ma brava, Alis, facciamo sentire in colpa lui! «Va tutto bene. Ora ho capito» gli sorrise, rassicurandolo con una carezza. «Non l’hai fatto apposta. Se vuoi continuare a lavorare per quella rivista, fallo. Dico sul serio. Hai dei buoni motivi per farlo».
 «Hai capito sul serio?».
Ho capito che non sei quello che fa per me, che le tue scelte non coincidono con le mie e che ti amo. Ma che devo ascoltare la testa, pensare razionalmente come tu mi hai insegnato. «Ho capito che ti amo» questa era l’unica verità che poteva dirgli.
Dopo qualche minuto, Marco si mise a studiare. La pioggia continuava a cadere, minacciando di non smettere.
 «Mi dispiace».
Alis lo guardò. «Per cosa?».
 «Per la pioggia. Avrei voluto portarti fuori».
 «Io voglio solo stare con te. Cosa studi?».
 «Fisica».
 «Serve una mano?».
Studiarono insieme. Alis non capiva un accidente, ma la voce controllata e calda di Marco faceva suonare come poesia quelle formule astruse.
 «I tuoi genitori sanno che sei qui?» le chiese Marco, all’improvviso.
 «Sì». Perché sanno che è l’ultima volta. «Ma devo essere di ritorno stanotte». Se avesse passato la notte con lui, non avrebbe più trovato il coraggio di lasciarlo.
 «Fantastico!» il suo viso si illuminò. «Hanno capito! D’ora in poi sarà…».
 «Più facile?» suggerì.
 «Forse. Più… serio».
 «Pensavo che la nostra fosse già una relazione seria».
 «Dobbiamo festeggiare!» esclamò, saltando sul letto al suo fianco.
 «Suona tanto come una scusa per non studiare».
 «Solo una piccola pausa». Marco la stava attirando a sé.
 «E tuo nonno?».
 «Faremo piano» le sussurrò all’orecchio, per poi baciarla. Proprio ciò che lei desiderava e voleva evitare.
Più tardi, dopo il solito rito alla fontana di Trevi, alla stazione, Alis lo strinse in un abbraccio disperato. «Non voglio andare» si lamentò, contro il suo petto.
Strano, pensò lui, non aveva mai fatto certe scenate. «Ci rivedremo presto» la rassicurò.
 «Già».
 «Ehi». Le prese il viso tra le mani, guardandola con amore. «Ti amo».
 «Marco» non poté frenare le lacrime. Diglielo! Diglielo! Merita di sapere! «Giuro che ti amo. Non ci sono parole per ringraziarti per tutto ciò che fai per me. Sei il mio amore, ti prego, non dubitarne mai». Perdonami, Marco, ti prego, perdonami. Anzi, odiami e dimenticami.
Lo guardò per l’ultima volta. Le stava sorridendo come la prima volta che si erano incontrati. Ti ho vista qua da sola e mi chiedevo se volevi giocare con noi.
Si voltò e salì sul treno, senza sapere che lui era rimasto fermo sotto la pioggia a guardarla partire.
Quant’è bella, pensò Marco.
---
 
E siamo giunti alla fine (della prima parte).
Iniziamo con i ringraziamenti ai voi, fantastici lettori. Grazie di cuore per tutti i commenti che avete lasciato e per il tempo che avete dedicato alla lettura della mia storia.

Parlando del capitolo,
non odiatemi. Mi è scesa una lacrimuccia mentre lo scrivevo e lo ricontrollavo.
 
Come già detto, questa è la prima parte. Ho iniziato a scrivere la seconda e personalmente la trovo molto più interessante di questa. Nella seconda parte vedremo i nostri personaggi crescere, diventare adulti e maturi. Entreranno in scena personaggi che nella prima parte sono solo citati e altri ci abbandoneranno per sempre.
Ops, ho parlato troppo ;)

Aspetto vostre opinioni.
 
Grazie ancora ♥
   
 
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