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Autore: Clary F    01/06/2014    8 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 13
SO IT ENDS

 
Un mese dopo
 
Clary si guardò nello specchio della sua camera. Indossava un vestito azzurro di un tessuto setoso che le arrivava poco sopra le ginocchia, lasciando scoperte braccia e spalle. Le rune nere erano visibili su tutto il suo corpo pallido e i capelli rossi le ricadevano morbidi sulle clavicole. Nella Piazza dell'Angelo si stava per celebrare la firma dei nuovi Accordi, nonostante i recenti avvenimenti e le aspre discussioni che si erano tenute tra Shadowhunters e Nascosti. La Regina della Corte Seelie e Camille Belcourt erano ufficialmente ricercate dal Conclave, anche se non c'erano molte speranze di stanarle e imprigionarle. Le Nascoste Lily, Maureen, Hyacinth e Kaelie erano morte nell'incendio alla tenuta dei Wayland. Invano, visto che gli Accordi erano comunque stati firmati.
Clary aveva visto raramente Jace, in quell'ultimo periodo e Jonathan sembrava distante e irraggiungibile come non lo era mai stato.
«Sei bellissima, tesoro.» Le disse Jocelyn, comparendo sulla soglia della sua camera. Anche sua madre, come le altre ragazze ferite, si era ripresa completamente, grazie all'aiuto di Ragnor Fell e dalla sua amica Catarina Loss.
Sembrava tutto a posto, anche se qualcosa nella mente di Clary continuava ad agitarsi inquieto.
Non aveva più fatto sogni strani, da quella fatidica notte e da quello che le aveva detto Jace, anche i suoi sembravano essere svaniti.
«Grazie, mamma.» Rispose abbracciandola. «Tu non vieni alla festa?»
«Oh, sì. Verrò più tardi, prima devo incontrarmi con Lucian.» Disse Jocelyn, evasiva. «Beh, vado. Non fare tardi, mi raccomando.»
Clary alzò gli occhi al cielo, raccogliendo una molletta dal comodino e tornando allo specchio per appuntarsela fra i capelli. Quando guardò il suo riflesso per poco non le balzò il cuore in gola. C'era Jonathan in piedi dietro di lei, con addosso i pantaloni della divisa da Cacciatore e una camicia grigia.
Clary si voltò per fronteggiarlo. «Mi hai quasi fatta morire di paura.»
«Non volevo.» Rispose con voce strascicata e un'espressione indecifrabile. «Stai andando alla festa?»
«Sì. Andiamo insieme?»
«Dipende. Ti vedrai con quel Jace?»
«Oh, andiamo. Non vorrai riniziare con questa storia.» Clary scansò il fratello, avviandosi verso la porta della stanza, ma lui l'afferrò, veloce come sempre, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Di cosa hai paura precisamente?» Lo incitò Clary, guardandolo dritto negli occhi. «Che se esco con Jace non avrò più tempo per te? Lo sai che io non tradirei mai la tua fiducia. Sei tu che mi eviti da quella notte, io ho provato a parlarti e a starti vicino ma -»
Clary non ebbe il tempo di finire la frase che le labbra di Jonathan si abbassarono sulle sue. Sentì il suo naso affilato sfiorarle la guancia e i suoi capelli d'argento solleticarle la fronte. Le mani di lui si strinsero sulle sue braccia, mentre le loro lingue si scontravano.
La prima cosa che la colpì fu il suo modo di baciare, così diverso da quello di Jace. Le labbra di Jonathan erano più sottili e sicure. Era una sensazione strana.
A quel punto avrebbe dovuto ritrarsi. Lui, incerto, le accarezzò la schiena e scese fino alla vita e poi fino all'orlo dell'abito da sera, sfiorandole le cosce e solo a quel punto Clary si ritrasse. Quando si staccò, Jonathan emise un gemito sommesso. L'emozione di Clary era così intesta che dovette sedersi sul letto per paura di cadere a terra.
Si portò le mani alle labbra, ancora umide per il bacio. Gli occhi verdi sgranati e il cuore che sembrava voler uscire dalla sua gabbia toracica.
«Cosa abbiamo fatto,» sussurrò con un filo di voce, gettando un'occhiata angosciata alla porta, dove pochi attimi prima c'era Jocelyn. «Cosa significa.» Continuò in preda allo shock e al disgusto per sé stessa.
«Significa che voglio stare con te e che non riesco a smettere di pensarti. Ci ho provato in tutti i modi, ma tu sei ancora lì, nella mia mente.»
Jonathan aveva parlato con il suo solito tono di voce piatto e strascicato. Il suo viso non trasmetteva alcuna emozione, l'unico indizio era il suo petto che si abbassava e rialzava velocemente al ritmo del suo respiro affannoso.
«Ma sei mio fratello! Oh mio dio.» La testa le girava e sentiva il sapore della bile in gola.
«Clary,» Jonathan fece per inginocchiarsi accanto a lei, posando le sue dita sottili sulle sue ginocchia nude.
Lei si scostò bruscamente, il viso rovente per la rabbia e la confusione. «Non toccarmi!» Strillò, alzandosi di scatto e correndo verso la porta. Poi si fermò, come se avesse appena cambiato idea.
«Quello che abbiamo fatto è orribile e disgustoso. Non dovremo rifarlo mai più.» Puntò un dito tremante su suo fratello, che continuava ad osservarla con aria inespressiva. «Mai.» Gemette.
Il viso di Jonathan si trasformò all'istante. I suoi lineamenti affilati vennero distorti dalla furia, mentre gli occhi neri si scurivano ancora di più.
«Vuoi dire che non ti è piaciuto? Che non hai desiderato farlo da un sacco di tempo?» Coprì la distanza che lo separava dalla sorella in due falcate, afferrandola per la spalla e stringendola con la sua forza non umana, tanto da lasciarle lividi rossi.
«No.» Urlò lei, sull'orlo delle lacrime, non badando al dolore alla spalla.
Jonathan mollò la presa e spinse Clary lontano da sé, come se fosse un orribile insetto. «Perfetto. Vai dal tuo angioletto, allora e non provare a tornare da me, quando lui ti avrà scaricata.» Le sibilò all'orecchio, prima di sorpassarla senza un ulteriore sguardo. Lasciandola sola e disperata, sulla soglia della stanza.
 
 
La piazza dell'Angelo era addobbata a festa. La Sala degli Accordi brillava, nascosta in parte da un boschetto di alberi cresciuti al centro, frutto di un incantesimo. C'erano lunghi tavoli e panche, dove Cacciatori e Nascosti si mescolavano. Fiori bianchi erano sparsi ovunque, insieme a lanterne luminose di vari colori. Helen individuò Mark, seduto ad un tavolo accanto a Isabelle. La ragazza sembrava molto interessata a tutto ciò che usciva dalle labbra di suo fratello, notò Helen con un mezzo sorriso sulle labbra. Fece per raggiungerlo, ma dita sottili le sfiorarono la schiena nuda.
«Ciao Aline,» disse Helen, voltandosi a guardare la ragazza, che indossava un abito rosso sgargiante molto corto e molto stretto.
«Helen, posso parlarti?» Chiese Aline, incerta.
Lei la guardò con i suoi grandi occhi verde mare, tormentandosi i capelli biondi che nascondevano le sue orecchie appuntite. «Veramente dovrei raggiungere mio fratello …»
«Ci vorrà un secondo.» Esclamò Aline, prendendo fiato e afferrando le mani piccole di Helen tra le sue. «Volevo chiederti scusa, Helen, per tutto. Mi sono comportata come un idiota, ho cercato di allontanarti, perché mi vergognavo, mi vergognavo dei sentimenti che provo per te. Per questo mi sono iscritta a quella stupida gara per Jace Wayland, avevo paura della gente e dei loro giudizi, così ho pensato fosse una buona tattica per sviare i sospetti, in modo che non pensassero che sono … Sì, insomma, che mi piacciono le ragazze.»
«E il comportarsi da stronza anche con tutti gli altri faceva parte del piano?» Chiese Helen, cercando di mantenere un tono di voce fermo e tranquillo, anche se dentro si sentiva morire.
«Sì, cioè no. Volevo allontanare te … ma poi tu mi hai salvata da quelle Nascoste e -» disse quella parola con tale disgusto che Helen si accigliò. «Ti prego perdonami, Helen.» Concluse Aline, con un sorriso sulle labbra rosse, come se Helen l'avesse già perdonata.
«Non credo si possa fare.» Disse la ragazza, dopodiché le voltò le spalle senza aspettare risposta, camminando verso Isabelle e Mark. Avrebbe voluto perdonare Aline e prenderla fra le braccia e baciarla un'altra volta. Ma questo non avrebbe cambiato le cose, non avrebbe mai perdonato il suo comportamento.
 
 
«Direi che come primo appuntamento non è male,» cercò di sdrammatizzare Magnus, posando una mano ingioiellata sulla schiena di Alec.
«Come no. Con mia madre che ci fissa da lontano e mio padre che ti guarda come se fossi un alieno.» Ribatté Alec con rabbia.
«Sì, in effetti non è il massimo.» Asserì lo stregone, tornando a concentrarsi sul suo piatto vuoto.
Gli schiamazzi delle ragazze sedute al loro tavolo gli impedivano di pensare. Ma almeno sembrava che Leah, Ridley, Marlene e Rebecca si fossero riprese bene dalle recenti disavventure. Erano tornate esattamente come quando le aveva incontrate la prima volta: frivole, chiassose, bellissime e irritanti.
«Che ne dici di andarcene?» Propose Magnus senza esitare.
Alec era già scattato in piedi come una molla quando gli rispose. «Certo!»
Magnus si avviò verso il boschetto fitto e intricato al centro della piazza, cercando di ignorare gli sguardi gelidi di Maryse Lightwood.
Una volta che furono al riparo degli alberi, lo stregone prese per mano il ragazzo, addentrandosi nell'ombra della vegetazione. Diede una piccola scossa alla mano di Alec, costringendolo a roteare su sé stesso fino a che non fu con la schiena contro un tronco argenteo. Riuscì a scorgere i tratti sorpresi del suo viso, prima di chinarsi su di lui e baciarlo sulle labbra con intensità. Alec rispose immediatamente al bacio, stringendo le mani sui fianchi di Magnus e attirandolo contro di sé in un bacio frenetico, mentre le mani dello stregone affondarono nei capelli corvini del giovane. Alec gli baciò il collo, lo zigomo e la clavicola, mandando scosse di piacere per tutto il corpo di Magnus che si tese contro il suo. Non c'era un centimetri di spazio fra i due e Magnus poteva sentire ogni singola parte del corpo di Alec premuto contro il suo torace, le sue ginocchia che scontravano sulla sue e le mani che scorrevano lungo l'intera lunghezza del suo corpo.
Si staccarono per un istante, il tempo di riprendere fiato, respirando affannosamente e guardandosi negli occhi con sorrisi identici stampati sui volti.
«Va decisamente meglio,» mormorò Magnus, spegnendo con uno schiocco di dita le luci decorative sui rami degli alberi adiacenti, in modo che sopra e attorno a loro calasse una dolce oscurità.
«Ah! Lo sapevo!» Esclamò una voce a pochi passi di distanza. «Te l'avevo detto, Raphael, che se la faceva con uno dei giovani Nephilim. Mi devi venti dollari.» La voce acquistò subito un nome nella mente di Magnus, che chiuse gli occhi per un istante prima di voltarsi verso di lui.
«Eh va bene, hai vinto. Dios, non credevo saresti caduto così in basso, Magnus.» Ridacchiò la seconda voce.
Magnus lanciò uno sguardo gelido ai suoi vecchi amici: Ragnor Fell e Raphael Santiago. «Possibile che il vostro hobby preferito sia quello di rendermi la vita un inferno?»
Sentì Alec irrigidirsi accanto a lui. Non voleva turbarlo. «Tranquillo, Alexander, non lo diranno a nessuno.» Gli sussurrò piano.
«Sono le tue scelte di dubbio gusto che ti manderanno all'inferno, caro Magnus.» Ridacchiò Raphael.
«Parla il morto vivente dannato per l'eternità.» Rispose Magnus, acido. «E ora sparite!»
I due si dileguarono, continuando con i commenti derisori finché non furono fuori portata d'orecchio.
«Mi dispiace, Alec. Sono fatti così, due idioti
«Non fa niente,» mormorò il ragazzo, anche se il suo sguardo era basso e tutta la passione di poco prima sembrava essersi trasformata in imbarazzo.
Magnus sospirò. «Che ne dici di andare in un posto in cui nessuno può vederci?»
«Non credo che esista, qui ad Alicante.» Rispose l'altro, amaramente.
«Hai ragione.» Asserì Magnus e iniziò ad agitare le mani, da cui fuoriuscirono fiammelle azzurre. L'ombra di un Portale si aprì davanti a loro e al di là di esso apparvero i contorni di un loft.
«Dove …?»
«Ti sto invitando a casa mia. Precisamente a New York. Tranquillo, ti riporterò a casa per cena.» Sorrise Magnus, tendendo una mano al ragazzo. Lui l'afferrò senza esitare e insieme vorticarono nel Portare, fino a quando non atterrarono sopra un lucido parquet, tra un divano e un caminetto spento.
«Wow.» Disse semplicemente Alec, sgranando gli occhi.
«Che ne dici?»
«Decisamente meglio.» Rispose Alec, riprendendo a baciarlo con foga.
 
 
«Clary!»
La ragazza si voltò di scatto, asciugandosi in fretta una lacrima e stampandosi sul viso un sorriso forzato.
«Jace.» Si sistemò meglio il vestito e tornò a sedersi sugli scalini che conducevano alla Sala degli Accordi.
Jace la guardò con un sopracciglio biondo alzato. «Che è successo?»
«Niente, ho solo litigato con …» Jonathan. Non riusciva neanche a pronunciarlo quel nome. «Mio fratello. Non preoccuparti.»
«Mi dispiace.» Le disse lui, sedendosi accanto a lei sul gradino. Sembrava a disagio e continuava a mordersi il labbro inferiore.
«Mi sei mancata.»
«Anche tu.» Rispose lei meccanicamente, anche se non ne sembrava convinta.
Il viso di Jace divenne una maschera di inespressività. In questo era molto simile a Jonathan, pensò Clary. Non appena qualcuno feriva i loro sentimenti, si nascondevano dietro una finta facciata.
«Ti lascio sola, vedo che non sei in vena di compagnia.» Jace parlò con voce atona e inespressiva, fece per alzarsi ma Clary lo trattenne, guardandolo dal basso con gli occhi verdi lucidi.
«Non andare.»
Jace rimase in piedi a fissarla per un tempo che le parve infinito, poi si risedette con un sospiro.
«Cosa c'è, Clary? Se non vuoi -»
«Sssh,» lo interruppe lei, guardandolo negli occhi e attirandolo a sé per il colletto della camicia.
I due ragazzi si baciarono per un tempo lunghissimo, le mani di lei erano allacciate sulle sua nuca mentre quelle di lui strette sulla sua vita. Quando si fermarono, Clary posò la fronte su quella di Jace, respirando velocemente. Lui sorrise, quel sorriso arrogante e adorabile.
«Devo fingere di andarmene più spesso se scatena queste reazioni.» Disse sarcastico.
Lei lo colpì su una spalla, nascondendo il viso per non mostrargli che stava ridendo.
«Ti senti mai in colpa per quello che è successo?» Le chiese all'improvviso, nessuna traccia di ilarità nella voce.
«Intendi per le Nascoste che sono morte nell'incendio?»
Jace annuì e Clary rispose. «Sì, sempre. Ma l'incendio è stato un incidente e loro stavano per ucciderci …» la frase le morì in gola.
«Anche io mi sento in colpa. Ogni giorno. Soprattutto perché quando stavano bruciando mi sentivo felice, ero davvero convinto che lo meritassero.»
Clary allungò una mano per spostargli una ciocca di capelli dorati dalla fronte, ma si immobilizzò a mezz'aria.
Il suo sguardo era stato catturato da una sfumatura rossa, sul limitare della piccola foresta. Strizzò gli occhi e mise a fuoco la figura. Aveva lunghi capelli rossi e la pelle diafana. Anche da quella distanza poteva scorgere i suoi occhi innaturali, privi di bianco e azzurri come vetro. Indossava una corona e un vestito di fiori. Era la Regina Seelie, nascosta all'ombra di alcuni alberi.
Ma la cosa che aveva fatto aumentare il battito cardiaco di Clary era il fatto che non fosse sola.
Nell'ombra accanto a lei c'era una seconda figura.
Alta, slanciata e muscolosa. Con capelli corti, di un biondo argenteo. Jonathan.
I due sembravano intimi, parlavano concitatamente, uno accanto all'altro.
«Che succede, Clary?»
Lei distolse in fretta lo sguardo. «Senti, Jace, Isabelle ti ha detto come lei e i Blackthorn ci hanno trovati quella notte?»
«Sì, ha detto che li ha guidati Jonathan, attraverso dei tunnel sotterranei. Perché? Non li avete avvisati voi?»
Nessuno sapeva dove fossimo. Io e Alec non abbiamo avvertito nessuno. Stava per dire, ma si trattenne.
Come faceva suo fratello a sapere dove fossero? Come sapeva dei tunnel segreti attraverso i sotterranei? E soprattutto perché parlava con la Regina della Corte Seelie, ricercata dal Conclave in tutto il mondo?
Tornò a guardare quel punto al limitare del boschetto, ma i due erano spariti.
Forse se li era solo immaginati.
Forse stava diventando pazza.
«Clary, mi stai spaventando. Cosa hai visto? Cosa c'è?»
«Niente,» sorrise lei, sforzandosi con tutta sé stessa di risultare naturale e con sua grande sorpresa ci riuscì, perché Jace le sorrise di rimando.
Non avrebbe mai tradito suo fratello.
   
 
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