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Autore: SonOfApollo    02/06/2014    2 recensioni
Gli dei esistono ancora oggi. Sono più vivi che mai, ma qualcuno di loro li sta tradendo, mettendoli in lotta tra loro. Solo una dea ha la forza di ribellarsi, chiamando a sé 8 semidei, tra i più potenti, per distruggere il caos che si è creato e ridonare equilibrio e amicizia tra gli dei.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Dei Minori, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cose non stavano andando per il verso giusto.
Innanzitutto Andrea aveva sempre odiato  quando era fissato troppo. Se in più lo si fissava con l’intenzione di farlo diventare una sorta di spezzatino l’odio si trasformava in paura prima e terrore in seguito.
Fino ad oggi era andato tutto bene!” pensò con rabbia mentre la sua mente viaggiava veloce in cerca di una soluzione che potesse salvarlo da quella situazione. Viaggiava anche troppo veloce per i gusti di Andrea, rischiava di deconcentrarsi. Adesso non era più nella grotta del piccolo paesino campano, si trovava a Roma, accerchiato da ragazzi spacconi che si divertivano a vestirsi come soldati dell’Impero Romano; aveva sette anni ed era a casa, con il cadavere di Grafo ai suoi piedi.
Fu quell’immagine a dargli la forza per resistere.
Devo cercare di concentrarmi sulla mia posizione di adesso, non mi devo perdere nel passato. Analizziamo i fatti” pensò con decisione, cercando nella sua testa tutto ciò che potesse tornargli utile.
Era imbavagliato e legato, dunque non poteva manipolare la foschia, come gli aveva insegnato quel vecchio che sosteneva di essere suo padre il giorno precedente. Stava per essere mangiato da due ciclopi, che, sebbene fossero alti poco meno di tre metri, possedevano un bell’arsenale di muscoli. Dunque niente scontro fisico, doveva batterli sulla velocità. “Devo aspettare il momento esatto in cui mi liberano per mangiarmi e fuggire” decise.
Calcolò che fossero più o meno le quattro del pomeriggio, dunque mancavano all’incirca quattro ore a quando quei due mostri sarebbero tornati dalla loro “spesa” nel paesino, un tempo più che sufficiente per concentrarsi e raccogliere le forze.
Nel vedere un barlume di speranza Andrea cercò di rilassarsi e cominciò a ripensare a tutto quello successo fino ad allora.
Fin da piccolo sapeva di essere speciale, un po’ come tutti i bambini, sognava di diventare un eroe dell’antica Grecia, come Ercole, Perseo, Teseo.
Solo a sette anni si rese conto di essere veramente diverso dagli altri.
Quel giorno il suo cagnolino, Grafo, stava veramente male. Quell’animale era un regalo di suo padre per i suoi cinque anni e per questo Andrea vi aveva stretto un legame profondissimo, di amicizia. Non c’era niente che non facessero insieme.
Da quando si era ammalato purtroppo se ne stava sdraiato nel giardino della casa a Roma, con il suo padroncino che lo fissava, ricambiando lo sguardo con insistenza. Non si muovevano per il giorno intero, si guardavano e basta, condividendo in questo modo il dolore dell’animale.
-Sta male vero?- disse una voce sopra di lui. Andrea, sebbene avesse imparto a diffidare degli sconosciuti, non ebbe alcun timore, alzò lo sguardo per curiosità e vide una strana signora retta in piedi al centro del giardino. Nonostante fosse vestita con un semplice telo nero, irradiava forza pura; il bambino non sapeva spiegarsi come, ma sembrava conoscere quella donna da sempre.
-Non temere piccolo eroe- disse la donna. La sua voce emanava calma e aveva lo stesso suono delle onde del mare viste da piccolo con il padre e la madre, l’unico momento in cui per Andrea erano presenti entrambi i genitori.
La donna si avvicinò al cagnolino che per un momento sembrò rinvigorirsi, come se si fosse scordato di essere malato e di aver trovato qualcosa di meglio da fare. Osservare quella donna ad esempio.
Deve essere una dea” pensò pieno di meraviglia il bambino, esprimendo un pensiero innocente sena sapere di non essersi affatto sbagliato.
-Non è ora il momento di avere paura della morte, Andrea- continuò la dea, allontanandosi dall’animale che, come se si fosse di colpo ricordato di stare per morire si distese e assunse un’aria quasi più sofferente della precedente.
-La morte non è nulla di fronte al dolore e alla perdita di un’amicizia. Confido che tu possa far strada nelle tenebre del dolore ai tuoi amici-
A quel tempo Andrea, che non conosceva altro che Grafo, pensò che si rivolgesse al cagnolino; ora, legato e imbavagliato, capì che magari potesse esistere qualcun altro che avrebbe accettato di essergli vicino.
Sebbene non avesse capito appieno le parole della donna, una frase aveva colpito nel profondo il bambino: “la morte non è niente in confronto al dolore”.
Quindi, senza rendersi conto dell’improvvisa assenza della dea, accarezzò il suo migliore amico pregando con tutte le sue forze che potesse smettere di soffrire.
Poche ore dopo Grafo morì, risparmiandosi quelli che sarebbero stati tre giorni di dolore secondo i veterinari.
La vita di Andrea da quel giorno fu ancora più complicata del previsto. Cresciuto con come unico amico il cagnolino ora si sentiva solo, passava le giornate chiuso in camera a fare disegni di donne con mantelli scuri. I genitori si preoccuparono solo quando Andrea cominciò a frequentare il liceo, e continuò la sua vita solitaria, senza né amici né nemici.
Alla vigilia dei suoi quindici anni accadde quello che i telegiornali avrebbero messo sotto “aggressioni di ragazzi da parte di vandali” se non fosse stato per una ragazzina di colore che lui non aveva mai visto.
Andrea non seppe come, ma si ritrovò accerchiato da ragazzi tutti della sua età, ma vestiti come legionari romani mentre tornava a casa da una passeggiata. Capì solo poche cose in latino, fra cui “greco” e “sangue”, pronunciate da un ragazzo più basso di lui, di certo almeno un anno più piccolo, sebbene sembrasse dare ordini agli altri. Era vestito esattamente come loro, se non fosse stato per il mantello che invece di essere bianco era rosso e fermato da una spilla d’oro che raffigurava un’aquila; “Probabilmente è il comandante” pensò Andrea.
-Edoardo Molteni cosa credi di fare?!-
Andrea ed i ragazzi romani si voltarono verso la voce, che proveniva da una ragazza di colore , senza armatura ma con lo stesso mantello del ragazzo che si chiamava Edoardo.
Pretori” pensò “ma ciò è impossibile, i pretori esistevano 2000 anni fa. E soprattutto non avevano quindici anni!”
Nel frattempo la ragazza li aveva raggiunti ed aveva incominciato a discutere con il compagno.
-Ma Cri è un greco, ce lo ha detto..- provò a controbattere Edoardo.
-Non mi importa nulla neanche fosse norvegese o egiziano, non puoi prenderti la guardi di Roma per attaccare un ragazzo senza neanche consultare me e il Senato!-
La ragazza aveva cominciato ad alzare il tono e, sebbene fosse più piccola della maggior parte dei “legionari romani”, sembrava che nessuno volesse controbattere.
Mentre i due pretori si attaccavano a vicenda, Andrea si accorse che nessuno prestava più attenzione a lui, e corse via. Era arrivato quasi cento metri distante quando sentì i ragazzi urlare e capì di essere nei guai finchè si sarebbe trovato a Roma. “C’è un’unica cosa da fare”.
Dopo aver seminato i legionari Andrea era passato a casa sua e non trovandovi nessuno nonostante fosse domenica mattina comprese veramente di essere in pericolo, mise un po’ di cose in uno zaino e scappò dalla città. Si “imbarcò” su un treno diretto verso Napoli e su suggerimento di quel vecchio che insisteva nel dire di essere suo padre  decise di andare in Sicilia.
Fino ad ora era andato tutto a meraviglia.
BUM!
Un rumore lo destò dai suoi pensieri.
-Ahr, la caccia non ha dato frutto-
-Sì, ma ne abbiamo già uno. Stasera si banchetta!-
-Quel ragazzo è talmente magro che non basterebbe nemmeno per un antipasto!-
Il discorso proveniva da due voci cupe all’interno della grotta, di sicuro dovevano essere i padroni di casa; ed in effetti                 Andrea era dimagrito molto da quando aveva lasciato Roma. Non mangiava ormai da due giorni, se si faceva eccezione per poche bacche.
La fame non è un buon motivo per deconcentrarsi” pensò.
-Hey voi!- urlò, sperando che fossero talmente stupidi da lasciare la grotta aperta.
Fortunatamente dovevano essere due ciclopi piuttosto stupidi oltre che bassi per la loro razza.
-Ahrahr, il pasto si è svegliato!-
Un rumore di passi gli annunciò l’arrivo dei due mostri.
-Allora come preferisci essere cotto?- chiese la voce, oramai a pochi metri da lui.
Ora!” decise Andrea. Si concentrò rilasciando tutto il suo potere raccolto fino ad allora, come gli aveva insegnato il vecchio il giorno precedente.
-Hey dove ti sei cacciato?-
-Fratello imbecille lo hai fatto scappare?!-
Andrea sapeva di non essersi mosso, semplicemente aveva offuscato la mente dei mostri, che per controllare che lui ci fosse ancora lo slegarono.
Prendendo al balzo l’opportunità e ignorando i morsi della fame il ragazzo scappò dalla grotta. Appena cominciò a correre e dimenticò di star manipolando la foschia i due ciclopi si accorsero che la loro cena stava scappando e urlando gli si fiondarono contro. Ma a causa della loro eccessiva mole si mossero troppo lentamente e quando uscirono dalla grotta Andrea aveva già raggiunto il centro abitato della cittadina poco distante.
Arrivato stanco morto riuscì a salire sul piccolo autobus di una scolaresca diretto in Sicilia, facendo credere agli accompagnatori di essere un loro studente.
Il viaggio era durato alcune ore e giunse in Sicilia verso le prime ore del mattino, sbarcando a Catania.
Non capiva come, ma in qualche modo sapeva di essere in pericolo e decise di allontanarsi dal porto il prima possibile.
Si avvicinò alla strada e chiamò un taxi. Appena si avvicinò Andrea tentò di salire, ma fu bloccato dal conducente.
-Cell’hai con che pagare ragazzo?- chiese. Solo in quel momento si accorse di essere lurido con i vestiti stracciati; non doveva dare una buona impressione. Sperando di avere con sé qualcosa con cui pagare cercò in tasca dove trovò una moneta d’oro ed un biglietto:
“FIGLIO, QUESTA E’ UNA DRACMA, MOSTRALA AL CONDUCENTE ED ARRIVERAI AL CAMPO. NON DIRE COME LA HAI AVUTA. PAPA’”
Ancora quel “papà”. Andrea non riusciva a capire come fosse possibile, ma comunque era oro, e di sicuro valeva qualcosa.
Mostrò la dracma all’autista che fischiò di ammirazione e lo fece accomodare.
Il viaggio in taxi fu piacevole, il conducente ispirava fiducia e la sua parlantina lo stesso. Inoltre  Andrea viaggiava ormai da quattro  giorni, non mangiava da due e non dormiva da 12 ore. Però non riusciva a rilassarsi troppo, preoccupato di trovarsi di fronte ad altri guai.
Di colpo la macchina si fermò, su una strada senza uscita, in aperta campagna.
-Siamo arrivati, scendi- fece frettoloso l’autista, abbandonando il tono suadente. E senza dargli modo di controbattere lo costrinse a scendere e lo lasciò solo, in mezzo al nulla.
Sebbene fosse Ottobre, il sole lì era fortissimo e Andrea si senti mancare.
Devo andare avanti” pensò, e mosse i primi passi verso l’unica cosa che scorgeva all’orizzonte, un tempio greco.
Un passo, due. Poi non riuscì più a muoversi, era bloccato. Si guardò i piedi e vide due mani che crescevano dalla terra e lo bloccavano. No, non erano mani, ma…
-Spighe? Ma cosa?-
Andrea smise di lottare contro la natura che sembrava prenderlo in giro e si lasciò cadere a terra.
Prima di abbandonarsi completamente alle tenebre sentì le strette ai piedi diminuire e poi cessare del tutto.
-Karpoi idioti- disse una voce con accento del sud.
Sforzandosi di vedere scorse due ombre davanti a lui.
-Ti dispiace tirarlo su?-  chiese la stessa voce al compagno.
Una ragazza” pensò Andrea con l’ultimo barlume di coscienza. Tentò di riaprire gli occhi e vide il volto di una ragazza che lo fissava.
-Ciao, io sono Giada, figlia di Poseidone e consigliere del Campo Mezzosangue-
Poi, buio.
   
 
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