Disclaimer: I personaggi non mi
appartengono
La storia
è stata scritta senza scopo di lucro
E
credo si veda
Well, I
Could Dance With You, Honey
- If You
Think It’s Funny -
Phil Coulson si era infilato in un
pasticcio da cui sarebbe stato difficile tirarsi fuori: ci era finito dentro
con tutte le scarpe e, cosa ancor più incredibile se non proprio patetica, ci
si era buttato a pesce di propria, inconsapevole volontà e senza nemmeno avere
un salvagente a portata di mano.
Eroico protagonista di quella
tragicommedia dai risvolti non esplicabili in fascia protetta era Clint Barton,
alias il pupillo di Fury, alias l’arciere-quasi-mascotte della scuola, alias
Mister Aborro L’Esistenza Delle Maniche –Con buona pace delle cheerleader e
delle coronarie dello stesso Coulson.
Da dove il Preside Fury l’avesse
raccattato non era dato sapere, sebbene Clint si divertisse a sparlare e
sproloquiare di circhi, leoni, Donne Barboncino e pirotecniche fughe nel cuore
della notte in groppa ad un pachiderma di nome Boris. Era semplicemente
comparso, così, da un giorno all’altro, con la testa incassata nelle spalle e
gli occhi selvatici, i pugni conficcati nelle tasche di una giacchetta
incolore, l’aria di chi avesse appena fatto a botte con Fury –E avesse perso alla grande.
Neanche il tempo di abituarsi alla
sua presenza ed il Preside glielo aveva appioppato, intimando che gli facesse
conoscere la scuola, gli trovasse un lavoro a caso e chiudesse un occhio se e
quando Clint avesse deciso di costruirsi un nido
nello sgabuzzino delle scope.
Coulson aveva riso –Balle, aveva
balbettato un risolino poco convinto ed anche debitamente terrorizzato. Poi aveva trovato un materasso, delle lenzuola,
persino un comodino montato e con
tutti i pezzi al loro posto, una abat-jour ed una montagna traballante di
vestiti viola nell’ala della palestra
dove tenevano i palloni. Erano stati cinque minuti davvero brutti e i neuroni
erano saltellati e scoppiettati tra le tempie come grani di mais sul fuoco.
Barton,
perché c’è camera tua in palestra? Lo aveva, a proprio parere giustificatamente, ripreso Phil, dopo averlo
stanato a fregare un pacchetto di Powdered
Donuts –Le sue Powdered Donuts,
accidenti- dalla scorta in sala professori.
Clint si era girato a fissarlo,
stupito.
Ma non
è camera mia. aveva
replicato con tranquillità, facendo spallucce Mancano i poster del Dottore e non ho ancora un tappeto sotto cui
nascondere la polvere.
La faccia da cucciolo non svezzato di
labrador abbandonato sulla superstrada, con labbro inferiore sporgente e
sopracciglia arricciolate comprese nel prezzo, avevano fatto perdere la
pazienza al povero Phil –E un battito al suo cuore sorpreso e ancora
dannatamente ingenuo.
«Allora, signore…!» lo apostrofò
Clint, comodamente seduto sul bordo della scrivania, le braccia in bella vista
tese dietro la schiena e le caviglie incrociate, le gambe dondolanti nel vuoto;
reclinò la testa sulla spalla, gli indirizzò un’occhiata eloquente «Libero
questa sera?»
«Scendi di lì, Barton.» replicò Phil
e si guardò bene dal passargli vicino: circumnavigò cauto il tavolo, lo tenne
sotto tiro perché evitasse ogni deliberato attacco alla propria persona,
scivolò sulla sedia e indicò la porta dell’ufficio con un cenno della testa.
Contrariamente ad ogni pia speranza,
Clint si torse con un colpo di reni e con un salto tornò ad appoggiarsi a
terra, i gomiti ora puntellati tra un fermacarte a forma di Chevrolet
decapottabile rossa del 1962 e un portapenne di Capitan America da collezione,
il mento appoggiato sui pugni e le ciglia che sbattevano languide, nella
grottesca e quanto mai ridicola imitazione di una fanciulla d’altri tempi.
E pensare che Phil sperava di non
avere più problemi emotivi di questo tipo dal caso di Akela Amador, alcuni anni
prima. Sperava che la storia con Audrey convincesse studentesse, studenti,
professori e professoresse a lasciarlo in pace. Sperava che ogni pantomima
amorosa da spiacevole e cupo dramma rimanesse relegato nelle quattro pareti del
Glee Club.
Sperava, oh, sperava ardentemente che
Clint smettesse all’istante di guardarlo a quella maniera e che le vene sugli
avambracci cessassero una buona volta di gonfiarsi, plastiche ed estremamente erotiche ogni qualvolta Barton compiva
un qualsiasi gesto, finanche soffiarsi il naso.
«Ho preso due biglietti per American Hustle» lo informò l’arciere –Perché,
in fondo, era di questo che si occupava all’interno della scuola, oltre a
bazzicare le panche della sala prove ed occupare impunemente ogni metro quadro d’aria
Phil si ritagliasse per sé: Clint insegnava tiro con l’arco e Coulson aveva
riposto fiducia al limite della preghiera sui ceci nell’attaccamento che una
delle studente, Kate Bishop, aveva sviluppato nei suoi confronti. «Non
accetterò un No come risposta.»
«Assolutamente
fuori questione, allora.» replicò Phil e, allo sguardo deluso e
indispettito dell’altro, decise di prendere in mano la situazione nell’unica
maniera concessa al direttore della squadra del Glee Club –Il Progetto Avengers, tanto per citare il
Preside Fury.
Sbatté quindi le mani sulla scrivania,
costringendo Barton a retrocedere per la sorpresa, e lo squadrò serio prima di
sollevare la mano destra e tendergli l’indice contro.
«You're
so hot, teasing me» esordì e Clint mosse sensuale le spalle, un colpo di
bacino e la lingua che schioccava soddisfatta contro il palato -Phil avrebbe
voluto mandarlo al diavolo «So you're blue but I can't take a chance on a kid like you. That's something I
couldn't do»
L’arciere socchiuse le palpebre,
infastidito, mentre Coulson scostava la sedia e si liberava dall’impiccio della
scrivania: gli si piazzò davanti «There's that look in your eyes: I can read in your face that
your your feelings are driving you wild» ammise: era palese, la tensione tra
loro era tanto alta da far scintille «Ah,
but boy you’re only a child!»
E Phil sgusciò via dall’ufficio,
sperando di aver chiuso la questione con aplomb magistrale e anche un poco
British.
«Well, I could dance with you,
honey.»
Nulla da fare, Clint l’aveva
raggiunto, l’aveva superato e aveva cercato di bloccargli il passaggio,
approfittando degli studenti che uscivano e sciamavano dalle classi al suono
della campanella. I corridoi parevano a festa, parevano danzare tra lustrini e
divise e code di cavallo e gonne e fibbie e bracciale e orecchini anelli,
donando a tutta la situazione un’aria, un’atmosfera di ghironda e giostra
francese.
«If you think it’s funny. Does your mother know that you’re out?» replicò Phil,
fissandolo di sottecchi e cercando una vita di fuga alla propria destra «And I could chat with you, baby»
propose: dannato lui, Barton fece abile uso della pressione di alcune ragazze
cinguettanti per spingerlo contro gli armadietti, le mani appoggiate alle ante
di metallo per incastrargli la testa tra le braccia.
«Flirt
a little, maybe.» sussurrò Clint, un guizzo poco fraintendibile degli occhi
azzurri.
Phil lo spinse via –Does your
mother know that you’re out?
«Take it easy, take it easy, better slow down boy: that’s no way to go. Does
your mother know?» si spolverò le spalle e aggiustò la giacca del completo,
la cravatta, lo gelò con un’occhiata di sbieco «Take it easy, take it easy, , try to cool it boy. Play it nice and slow.»
lo ammonì «Does your mother know?»
La salvezza, la salvezza era nell’aula
di canto: lì, era sicuro, con il Glee Club già riunito, Clint non avrebbe fatto
pazzie, né gettato sconcezze e sottintesi a piene mani.
Fu quindi con un sospiro di sollievo
che Coulson quasi si gettò nella zona franca –E fu con un singulto che s’avvide
di Barton disteso sul pianoforte, le
ginocchia piegate, i ragazzi, Stark in particolare, che un po’ lo fissavano e
un po’ cianciavano, ridacchiavano gli uni con l’altri.
«I
can see what you want» Phil alzò le mani più che in segno di resa, nel
tentativo di non stringerle alla gola dell’altro e strangolarlo «But you seem pretty young to be searching
for that kind of fun. So maybe I’m not the one.» allargò le braccia, come a
dire Non posso farci nulla.
In tutta risposta, Clint piegò la
testa e arcuò le sopracciglia, come a ricordargli Grazie a Dio, sono maggiorenne.
Esalando un ringhio frustrato, Phil
si avvicinò a Barton a passi lenti, l’attesa che cresceva e modulava la melodia
dalle bocche sorprese degli studenti, Janet Van Dyne a guidare con la sua voce
argentina e squillante.
A punta di dita Coulson fece
scivolare i polpastrelli lungo le curve dello strumento, l’arciere con gli
occhi conficcati nei suoi, lo sguardo dritto nell’obiettivo, un velo di saliva
a brillare sul labbro inferiore tinto di violento scarlatto, lì dove se l’era
umettato con la lingua.
«Now
you’re so cute, I like your style» Coulson vide distintamente il respiro
fermarsi nel petto sconquassato del giovane «And I know what you mean when you give me a flash of that smile» e
qui Clint rispose allargando la bocca nel sorriso più smagliante che si fosse
mai visto –E lo stomaco di Phil si rattrappì, il cuore uggiolò un guaito.
Barton fece leva sui gomiti per
trarsi su col torace e parte della schiena, il volto appena sotto quello di
Coulson, distante appena il tremito di un fiato…E Phil, ripresosi in un
sussulto, gli appoggiò il palmo della mano sulla fronte e lo spinse indietro «But, boy, you’re only a child!»
Clint assorbì l’urto e rotolò sul
pianoforte, il tempo di cadere a terra con ginocchia flesse e braccia stese all’indietro
che anche gli altri ragazzi erano balzati dalle sedie e dai gradoni del piccolo
spalto e si erano divisi, le femmine a muoversi e cantare e fare da supporto a
Coulson, i maschi dalla parte di Barton.
«Well,
I could dance with you, honey» propose questi e Stark si sciolse in un
inchino svolazzante verso Virginia “Pepper” Potts, che subito si ritrasse in un
sobbalzare di gonna, le dita a nascondere il riso sulla bocca.
«If you think it’s funny. Does
your mother know that you’re out?» rimbeccò e Phil con lei.
«And
I could chat with you, baby» disse Coulson e non poté non cogliere l’occhiata
veloce, silenzio, di Banner in direzione di Pepper, troppa impegnata a
spintonare Phil in avanti per accorgersene.
«Flirt
a little, maybe » Janet lanciò un bacio in direzione di Hank Pym, il suo
ragazzo, seguendo e disegnando per lui il profilo delle curve e dei fianchi
sinuosi. Stark afferrò Barton per le spalle e lo gettò contro il torace di
Coulson –Con buona pace di quest’ultimo e somma felicità del primo.
I ragazzi presero l’uno la mano dell’altra
e in cerchio «Well, I could dance with
you, honey, If you think it’s funny. Does your mother know that you’re out?», le
femmine improvvisando un can can, i maschi un po’ spiando sotto le loro gonne –Tony
più di tutti, ovviamente- un po’ alzando e abbassando le spalle a tempo di
musica.
«And
I could chat with you, baby» tentennò Phil, spingendo la testa all’indietro
e cercando di retrocedere e il ritmo si faceva più serrato, il cerchio più
stretto, le voci più alte ed entusiaste.
«Flirt
a little, maybe» mormorò Barton ad un soffio dalla sua bocca e gli occhi
erano, oh, erano di una tonalità d’azzurro liquida e bollente, le labbra cremisi,
le ciglia gettavano ombre lunghe, sottili, sugli zigomi pizzicati di rosso, il
cuore palpitava contro la clavicola, un filo di sudore era scivolato dalla sommità
della testa ad imbiondire di scuro l’attaccatura dei capelli alle tempie e il
mormorio era stato così fine, inudibile che l’esplosione finale, ripetuta, Does your mother know? Does your mother know
that you’re out? l’aveva coperta interamente ed era finita per esplodere in
un tripudio di applausi, risate scroscianti, prese in giro, pacche più o meno
amichevoli, più o meno complici, più o meno canzonatorie sulla schiena.
«Allora per questo cinema?» gli
chiese Clint, senza scostarsi di un millimetro.
E Phil, istupidito, non seppe come
rispondere, troppo preso dal movimento ipnotico del suo petto ansante per
articolare una frase di senso compiuto.