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Autore: nothinglikejo    03/06/2014    0 recensioni
Il cuore di Trevor era piovoso.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rainy.

Ad Ale e Virgy.
 
 
 
CAPITOLO UNO.
 


Nell’estate del 1894, anno delle piogge perenni, Trevor Haygway percorreva le vecchie strade di Camden, appoggiato allo schienale della carrozza che lo aveva portato fin lì, da Dublino.
La pioggerella batteva contro i vetri, gli zoccoli del cavallo strusciavano lungo le strade provocando un rumore fastidioso alle orecchie del ragazzo.
Camden era una cittadina come un’altra, una grossa cittadina, popolata prevalentemente da famiglie d’alta classe. Gli Haygway sparsi per tutto il Regno Unito erano una delle famiglie più colte e conosciute d’Europa.
Trevor, che adesso se ne stava sdraiato passando il tempo a giocare a solitario, era un ragazzo sulla ventina e portava i capelli più lunghi di quanto gli fosse permesso.  Era alto, aveva delle braccia possenti. Il viso del ragazzo era contornato dai capelli biondi che coprivano le orecchie piccole, il naso faceva risaltare le labbra che erano rosse, di quelle da osservare senza dire una parola, di quelle da mordere e da baciare, forse. Gli occhi brillavano, alla luce del Sole ed erano bui e scuri di notte; forse era proprio quello il motivo per cui Miss Mary di Cambridge se ne era innamorata ed era previsto il matrimonio dopo la fine dell’estate. Il ragazzo, partito da Dublino ovvero la sua reggia, aveva percorso centinaia di chilometri per raggiungere proprio lì, a Camden, la famiglia degli zii ed invitarli, personalmente, al proprio matrimonio.
Fu preso da un senso di malinconia, mentre osservava i campi arati, bagnati dalla pioggia sempre più fitta.
Tuttavia, lui non amava Mary. Non aveva mai amato. Lui non era il tipo che s’innamorava, e non credeva nell’amore.
L’amore, lo aveva visto tante volte dalla finestra, ragazzi e ragazze che si amavano, si baciavano. Lo aveva visto tra le mura del suo castello, sua madre e suo padre che ridevano all’unisono. Lo aveva visto come un segreto, la sua badante ed il cameriere che s’incontravano di nascosto, per rubarsi un bacio; ma mai, e Trevor sapeva, lo giurava, di non essere mai stato innamorato. Di spezzare il cuore alla povera Mary, non era in grado. Non voleva ferire i sentimenti di quella fragile ragazza dai capelli ramati.
La carrozza si fermò, di colpo. Il ragazzo osservò per l’ennesima volta  fuori dal vetro. Un’enorme casa si reggeva davanti a lui, che si sentiva minuscolo. Un ometto, basso, e grassottello, con gli occhiali a cerchio posati sulla punta del naso accorse velocemente vicino a lui, che osservava, come rapito, le possenti porte della villa.
-Principe Trevor, benvenuto a Camden.- squittì l’uomo prendendo le due valigie malandate. Il biondo fece un segno di assenso senza rivolgergli lo sguardo.
Sulla casa erano dipinti molti decori, dorati ed argentati che risaltavano l’azzurrastro sbiadito e rovinato dei muri.
Fu condotto fino all’ingresso dove venne accolto dal cugino.
-Fletcher.- disse, osservando il ragazzo che gli si poneva davanti.
Aveva gli occhi più chiari di come se lo ricordava, aveva le labbra tirate in un sorriso di cortesia e le mani dentro le tasche del cappotto verde.
-Trev, mi sei mancato.- storse le labbra in una smorfia, prima di aprire le braccia.
Gli era mancato il cugino, come può mancare l’aria e la luna con il cielo nuvoloso.
Gli era mancato come manca il Sole durante la pioggia. Ed il cuore di Trevor, il ragazzo solitario, era piovoso. Ma con Fletcher era tutto diverso.
 
Fletcher, lasciato il cugino nelle sue stanze, si era ritirato nelle proprie.
La libreria era un’enorme stanza, che divideva la sua camera da letto dal resto della casa.
Il ragazzo amava starsene lì seduto a legger un buon libro, magari Guerra e Pace per l’ennesima volta.
Era il suo modo per fuggire dalla vita noiosa di tutti i giorni. Veniva svegliato la mattina dalla serva petulante che cercava invano di entrare tra le sue coperte, faceva colazione, “Busto dritto, Fletcher.” Oppure “Gomiti fuori dal tavolo, signorino”, studiava, letteratura inglese, amava Shakespeare. Pranzava, con nobili che provenivano da ogni dove con la presunzione di dare la mano della figlia a Fletcher, che non ci pensava nemmeno un po’ a sposare una sconosciuta.
Con suo cugino al proprio fianco sarebbe stato diverso, sarebbe tornato un bambino felice.
Si sistemò i capelli che gli ricadevano sulla fronte, disordinatamente. Un ricordo gli balenò in mente.
 
Lui e suo cugino correvano nel prato, si rincorrevano, come ogni giovedì, quando Trevor lo andava a trovare.
Giocavano sempre a nascondino, ai moschettieri, persino ai maghi, nonostante li fosse severamente vietato, ad entrambi.
Credere nella magia era uno scandalo, un errore e Fletcher voleva essere tutt’altro, da bambino.
Ma adesso che se ne stava lì, chiuso in quella biblioteca, con la puzza di muffa sotto il naso, avrebbe desiderato un paio di ali, per volare lontano.
 
 
Sarah Hemmings se ne stava in giardino, il vestito che le arrivava fino alle caviglie, si sporcava di fango ed era costretta a tenerlo fino alle ginocchia.
La ragazza portava i capelli sciolti, che le ricadevano sulle spalle, ordinatamente. La  donna che le stava accanto teneva aperto l’ombrello sulle loro teste ed intratteneva una conversazione con il maggiordomo di casa Haygway. L’uomo raccontava di come il principe di Dublino era arrivato in quella casa nel primo pomeriggio per dare l’annuncio del matrimonio ai suoi primari. Sarah sorrise, era divertente ascoltare le conversazioni altrui nel mentre osservava la pioggerella cadere lentamente sulla terra e mischiarsi con il fango.
Lei trovava la pioggia affascinante, per quanto potesse essere fastidiosa al tempo stesso.
Sarah assomigliava ad una donna, postura eretta, bacino sollevato, e sorriso diligente, anche se aveva, all’epoca, diciassette anni.
Diciassette anni perfetti, qualcuno diceva. Lei, era perfetta. Un bel viso, dei begli occhi, un sorriso mozzafiato, come il fratello William.
William varcò la soglia di casa con gli stivali ricoperti dal fango e le serve che pulivano ai suoi piedi. Camminò velocemente fino alla sua camera, fregandosene di ciò che gli veniva detto, voleva solo urlare e fu quello che fece subito dopo. Urlò che non poteva vivere in quella casa, non era la sua vita, minacciava di lasciare la casa in mano a Sarah, che era piccola.
Il ragazzo era di una bellezza incredibile, ed era così bello che non era amato. “caratteraccio” spiegavano le vecchie sulle panchine dei giardini nei pomeriggi di Sole.
“Se non si trova una donna che lo sappia amare morirà giovane, il signorino.”
Ma lui non gli serviva nessuno da amare, perché lo avrebbe trovato, più vicino di quanto avesse pensato.
Un amore così grande da finire in frantumi.
 







NOTE:
eccomi!!!
Nuova fanfiction, alè.
Okay, quelle due tipe lassù in cima mi hanno letteralmente costretta a metterla, che bello eh.
Mi vergogno bc è tirata giù così e non so se continuare, ho paura che non vi possa piacere.
E' la prima """"" long"""" che pubblico quindi siate gentili, aha.
Per prima cosa chiariamo subito, è una storia incentrata sui muke, quindi boh, Ashton sarà etero
ma non perchè io credo che lui sia etero(okey, lo shippo con Calum, capite la mia sofferenza?), 
l'ho fatto etero solo per far felice mia sorella (Ciao Greta!!!!!).
Mi piace l'idea che questa storia sia ambientata a Camden, alla fine del 1894,
 trovo che sia un'epoca affascinante e piena di mistero, quindi vabeh, avevo voglia.
I ringraziamenti, già.
Quelle stupide lassù le ringrazio per ascoltarmi, chi tramite messaggi, chi a voce mentre sclero 
perchè ho l'ispirazione.
Voglio ringraziare anche Martina e Clelia, come sempre.
Voglio salutare mia mamma e mia sorella, anche se penso che non la leggeranno.
E poi basta, credo.
Se lasciate una recensione ricambio :-*
-G.xx

Vi lascio con le foto dei personaggi, nel caso non abbiate capito chi siano.




WILLIAM:




FLETCHER:




TREVOR:




SARAH:


 
  
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