Speculazioni.
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“Dovresti
andare a trovarlo”, disse Lestrade.
“Chi?”
Nessuna risposta. Sherlock non si voltò a controllare quale espressione stesse
attraversando il viso dell’uomo al posto di guida.
Sul serio
non hai ascoltato una sola parola di quello che ha detto?
Sherlock
scacciò la Voce di John con la consueta dose esecrabile di seccatura.
Lestrade sbuffò burberamente. “Anderson.”
Sherlock si
chiese fin dove potesse spingersi la stupidità dell’uomo comune. In nessuna
occasione cessava di sorprenderlo e a quanto pare mai avrebbe smesso. Che
prospettiva desolante. Avvera un desiderio comune e taci. Razza di idiota,
ti guadagni da vivere con lo sconforto altrui, grazie ai crimini che risolvi.
A malincuore, Sherlock dovette concedere un punto a favore della Voce di John.
“È
cambiato”, rispose Lestrade. “In questi due anni, mentre eri via. È un uomo
completamente diverso, ora. Dopo l’incidente al Barts, si è incolpato per quello
che ti era successo e -”
“Non vedo
come la cosa potrebbe interessarmi.”
“Dovrebbe.
Tu, la tua morte lo ha perseguitato. Ha fondato un fan club in tuo onore. Non
ha fatto altro che cercare dappertutto prove che dimostrassero che eri
sopravissuto e che ti nascondevi in chissà quale parte del globo. Era
ossessionato. Il suo appartamento è pieno di folli teorie sul modo in cui ci
saresti riuscito. Negli ultimi mesi si era messo in testa che stessi tornando.
Ha cercato di convincermi con queste…” Lestrade esitò, in palese difficoltà nel
trovare una definizione pertinente al caso.
“Speculazioni”,
gli venne in soccorso Sherlock.
Lestrade non
diede mostra di averlo sentito. "Ha portato avanti ricerche, si è messo in
contatto con l’INTERPOL e ha pagato un ragazzo per hackerarne la rete. L’ultima
trovata era davvero assurda. Bungee Jumping, Derren Brown e tu che piombavi nel
Barts, rompendo il vetro di una finestra e baciando Molly.”
Sherlock
batté le palpebre, preso in contropiede. Per una volta il mulinare tempestoso
all’interno della sua testa si sospese. Tabula rasa. Una sensazione insolita,
ma non propriamente sgradevole. “Molly?”
Di obliquo, senza distogliere gli occhi dalla strada, Lestrade lo guardò in
faccia e rise. “Molly Hooper”, puntualizzò a scanso di equivoci, come se
ritenesse necessario fare quella precisazione del tutto pleonastica. “Lo so, è
da pazzi.”
Sherlock
rivolse completa attenzione al paesaggio urbano che sfrecciava fuori, alla
velocità di 55 miglia, il mento poggiato sul palmo della mano e l’indice che
tamburellava di pari passo ai suoi pensieri. Troppi per raccoglierli in un solo
fascio o catalogarli. “Indubbiamente”, convenne, atono.
“Ci andrai?”
“Dove?”
“A trovare Anderson. Parlarci. Dargli anche dell’idiota, se vuoi.”
“Perché?”
Lestrade lo fissò, si fissò le mani che teneva serrate sul volante e poi lo
fissò di nuovo. Erano fermi ad un semaforo rosso. “È stato uno dei miei
uomini, non uno dei migliori, sul serio, una maledetta spina nel fianco per la
maggior parte del tempo quando c’eri di mezzo tu, ma era sotto la mia
supervisione e una volta che sei della squadra, rimani della squadra.”
Faresti
meglio a dire qualcosa, amico.
Sherlock non
batté ciglio.
“Lo farai?”
Quando un
quarto d'ora più tardi la macchina parcheggiò di fronte al 221 di Baker Street,
scendendo – Il solito incedere da signore oscuro – senza voltarsi per
replicare al saluto di Lestrade, Sherlock disse: “Mandami l’indirizzo tramite
sms, Ispettore.”
*
Sherlock
mise in atto quello che si era prefissato. Andò da Anderson e Anderson fece
esattamente quello che lui si era aspettato che avrebbe fatto. Non gli
credette.
Nulla potrà
mai svincolare un uomo dalla sua ossessione. Sopratutto, in considerazione del fatto inoppugnabile
che quella di Anderson non lo fosse. Non corrispondeva ai principali requisiti.
Ciò che lo aveva spinto ad agire - trovare scappatoie a una realtà che non era
di suo gusto - era il senso di colpa. Un chiodo fisso di ben altra portata.
Espiare.
Sherlock ammetteva di avere qualcosa su cui riflettere riguardo alla materia.
Certo,
doveva anche riconoscere di essere rimasto positivamente colpito
dall’esorbitante quantità di teorie che Anderson si era dato pena di formulare.
Teorie strampalate, assurde, arrampicate sugli specchi – Un Tardis? Sul
serio? -, ma con un loro potenziale.
“Un’ultima
cosa.”
Sherlock si fermò.
Aspettò che
Anderson, il busto voltato di tre quarti contro lo schienale della sedia,
parlasse.
La
telecamera era spenta.
“Molly
Hooper. Il suo ruolo è stato marginale. Perché doveva essere lei a gettare il
cadavere in strada? Perché non qualcun altro? Chiunque altro?”
“Era
necessario che io fossi completamente concentrato. Per farlo, occorreva che non
mi preoccupassi degli eventuali errori che le altre parti involte avrebbero
potuto commettere. Con
Anderson
fece un cenno, riflettendo. “Dubito che Molly ti troverebbe altrettanto
affascinante come cadavere.”
“Oh, non saprei”, ribatté Sherlock con un sorriso ironico. “Molly mostra una
deprecabile affezione
“Quindi avevo
ragione.”
Sherlock
roteò gli occhi. “Cosa te lo fa credere? Ti ho mostrato l’esatta portata dei
tuoi clamorosi errori di valutazione.”
“Non del
tutto.” Anderson scoppiò in una risata sollevata, esultante. “Avevo ragione. Ho
sempre avuto ragione. Quel caso nel monastero tibetano, quello a Nuova Delhi e
anche quello di Amburgo. Eri tu. Sei sempre stato tu. Stavi tornando. Non
sbagliavo neanche su Molly. Sapevo che era coinvolta, anche se non sono mai
riuscito a farla parlare. Ora devo solo provare che quel suo
Sherlock
ripercorse i suoi passi. Lo afferrò per la spalla. “Di cosa parli?”
Anderson
aggrottò la fronte. “Il suo fidanzato”, rispose. “Ho il fondato sospetto che
sia un agente sotto copertura. È perché era una testimone chiave, giusto? Andava
protetta, nel caso in cui -”
Idea
ridicola. Sherlock contrasse la mandibola. “Non quello.”
“Cos’altro,
allora?” Anderson fece una risata incredula.
Sherlock
aumentò la stretta. “Hai interrogato Molly? Riguardo alla mia morte?”
Anderson
sgranò gli occhi con un lampo di comprensione e vaga colpevolezza. “Non sono
stato l’unico”, si giustificò. “Ha eseguito la tua autopsia. Tutti volevano
sapere la verità. Hanno cercato di ottenere un'intervista con lei non so quante
emittenti televisive, compresa la BBC. Cosa credevi? Che aiutarti non avrebbe
avuto ripercussioni, per lei? Che essere la custode del tuo segreto le avrebbe
dato pace?”
Sherlock non
rispose. Lo lasciò andare di scatto e la sorpresa di Anderson sfumò in
disappunto.
“In fin dei conti mi ero sbagliato. Su una cosa almeno. A te non importa di lei,
non davvero. Altrimenti –”
“Altrimenti
cosa?” sollecitò Sherlock con una smorfia di disgusto.
Anderson non
demorse. “Quella donna ha affrontato l’Inferno per te. Ha mentito e rubato e
tutto per cosa?”
“Per permettere a Mrs. Hudson, John e Lestrade di sopravvivere.”
“E a te.
Molly Hooper ha aiutato a salvare anche la tua vita.”
Sherlock ne
era cosciente. Lo stesso, non poteva permettere che altri ne fossero messi a
parte. Molly Hooper aveva manipolato i referti di una procedura legale e
gettato per lui un cadavere dalla finestra
“Molly
Hooper ha eseguito delle disposizioni che le avevo dato in precedenza. La sua complicità
finisce qui.”
“La storia
non è solo quello che decidi di rendere pubblico. Poco fa hai lasciato
intendere che sia stata lei a tenere le fila di tutto il piano, nelle retrovie.
D’altronde come avresti potuto occupartene
Non avendo
niente da controbattere, Sherlock si mosse verso la porta.
“L’hai mai
baciata?”
“Chi?”
“Molly.”
Sherlock gli
rivolse un’occhiata sprezzante. “Sei pazzo.”
Anderson
sorrise, sollevò un indice, muovendolo come la bacchetta di un direttore
d’orchestra. “Pazzo suona meglio di idiota; è un netto passo in avanti.”
Sherlock
alzò gli occhi al soffitto. “Le tue rimangono semplici speculazioni. Corri
dietro alle ombre.”
“Allora
salutamela, eh, la mia ombra.”
Sherlock non
lo degnò di una seconda risposta e la risata sopra le righe di Anderson lo
accompagnò per tutto il pianerottolo.
N/A:
Non una
Sherlolly. Non proprio. Forse per niente.
Tutto è nato
da un commento che mi è capitato di leggere su Tumbrl. Qualcosa del tipo:
immaginate la faccia di Sherlock se Lestrade decidesse di raccontargli l’ultima
teoria di Anderson?
Ovviamente
io non ho descritto la sua faccia, (ho immaginato un’espressione simile a
quella de “Il segno dei tre”, per intenderci. Quando John gli chiede di essere
il suo testimone e lui si blocca, come se un ingranaggio si fosse inceppato) ma
una simile dichiarazione non è che la miccia per debite e conseguenti
riflessioni di questo tipo.