Lo
hai vestito come te.
Lo
hai reso quello che è oggi, qualunque
cosa sia.
Lo
hai accudito come un animaletto di pezza, lo hai
persino sfamato.
E lui ti odia.
{Non potrebbe essere
altrimenti.}
Tu
lo hai reso un essere pensante, lo hai portato ad una vita che, potendo
scegliere, chi di voi avrebbe mai accettato?
E pazienza per i vostri nomi, quei vizi che portate
ricamati sulla carne, intrecciati come fili d’oro nelle umane lettere dei vostri appellativi.
Sai
che il peccato è per gli uomini, per le donne e per i soldati.
Ma per voi? Per favore.
Te lo ha detto chiaro e tondo, un’infinità di
volte da quel giorno.
E tu hai fatto scena, tenuto duro, rubato la sua identità e
vestitone l’ira.
Lo
hai pestato perché solo guardarlo ti porta alla mente qualcosa che non dovresti più essere in grado di ricordare.
Hai
cercato di insegnargli, amorevolmente, come un mentore, un precettore – continui a ripetertelo, ma c’è poco da fare,
queste sono cose da umani – che esistono solo due modi per andare avanti
nel vostro stato.
Fidarsi
o Apprendere.
Sai
da tempo qual è la tua strada, e inconsciamente hai implorato che fosse anche
la sua.
{Per sentirti un po’ meno
solo.}
Eppure è strano, perché a te piace, essere quello
diverso. Lo hai adorato per i secoli della tua esistenza.
Per opporsi a te, che disprezza più di se
stesso, ha scelto di Fidarsi.
Non
hai tentato di persuaderlo, allora.
{C’è un limite anche alla
tua perseveranza.}
Tutto
ciò che hai fatto è stato tenerlo d’occhio, da vicino, vicino, più del necessario, impegnato com’eri ad
osservare il suo crollo.
In altri tempi non ne
avresti forse goduto?
Non
prendiamoci in giro, adesso. Non è questione di vecchiaia.
È
la sua diversità, quel suo essere un patetico bimbo
sperduto che nessuno vuole accanto.
Te ne sei accorto troppo tardi, che la sua
strada era ancora differente.
Se
sei arrivato a questo punto, insisti, è solo grazie alla tua capacità di vedere
le cose per ciò che sono. Per il cinismo, se è così che si chiama, con cui hai
intravisto la verità e hai saputo agguantarla, tenerla stretta e gelosamente
custodirla.
Precludendola,
parrebbe, agli occhi degli altri.
Non che t’importi, naturalmente. Sei stato il primo e
sei ancora il migliore. Peggio per loro.
{Ma la tua reliquia, la
tua preziosa verità del cazzo, saresti stato disposto a dividerla con lui. Con
lui soltanto.}
Più che affidarsi alle brame di Quella
Persona, ha continuato a rincorrere lo spettro di una madre.
E adesso, adesso che hai compreso realmente quanto vano
tutto sia stato, quanto impotente ti abbia reso, adesso vedi che è anche peggio.
Perché
lui qualcosa in cui credere e che lo tradisse ce l’aveva
sul serio.
Se
un tempo – in altre circostanze,
ammettilo – ti saresti fatto fregio della tua rinnovata ed indiscussa
superiorità, persino per meriti non tuoi come essere
baciato da un fato più indulgente, ora che lui se n’è andato ti sembra di aver
perso la voglia di trionfare.
Non
puoi neanche iniziare ad accettarlo,
ma capirai, non è questa gran cosa.
Tu
non conti niente. Non sei importante.
Le
cose vanno in un certo modo a prescindere dalla tua volontà di mezzo uomo
artificiale, e ne hai avuto piena conferma.
{Se le cose fossero andate
come volevi tu, non sarebbe mica finita così.}
Ti ha lasciato spalancare il portale e
inseguire la tua vendetta, perché di te non gli è mai importato.
Ora
te ne stai qui, in questa cella d’altro tempo, conoscendo solo le buie mura
della nuova dimensione. Quella in cui ti sei gettato
rinunciando ad ogni cosa, persino alla tua forma,
pur di conseguire il tuo ultimo scopo.
Troverai
Hohenheim della Luce e pagherà, oh se pagherà, per tutte le sue colpe.
Perché è solo a causa sua se porti quel marchio sulla
pelle.
{Perché è solo a causa sua se
hai rinunciato al corpo con cui hai conosciuto lui.}
Deve essere stata una liberazione.
Ovunque
sia in questo momento, sai che Wrath è pieno d’ira.
E i conti tornano, perché tu non hai mai invidiato con tale
intensità.
Qui,
in un mondo che ti appartiene ancor meno dell’altro, siedi e attendi, sbuffando
caldo fiato di fuoco sulle tue stesse squame.
Aspetti
l’arrivo dell’uomo che ti libererà di nuovo, quale sia degli Elric, neanche
t’interessa.
Sai
che presto sarai ancora utile, strumentalizzato da
esseri che hai aborrito con ogni atomo. Il peggio
è ammettere che questo è il meglio in
cui potessi sperare.
Tu,
che non hai mai sperato in niente.
{Forse in qualcuno.}
E
hai vissuto decenni solo per arrivare a questo istante,
a questi occhi d’ambra che poi sono anche
i tuoi, alla presunzione di questi uomini-dèi dalla ridicola fallacia, alle
armi di questi burattini militari senza coscienza – ma più
veri di te.
E
hai vissuto decenni solo per arrivare a questo istante,
per arrivare ad afferrare la grande legge che è dietro la vita, dietro la
morte, dietro il peccato e dietro l’Alchimia, dietro il tuo stesso essere e
dietro il suo, dietro il bimbo
patetico e sperduto in cui hai riposto ogni traccia d’umanità, e convogliata
nel bene e nel male, e in un’affezione macabra e strana che ti ha portato
all’orlo.
E
hai vissuto decenni solo per arrivare a questo istante,
per arrivare a capire che è sempre mancato qualcuno, tra voi, un ottavo vizio che è il padre degli
altri ed è loro padrone.
{Giacché nulla logora uomini veri o presunti come il peccato, e non
v’è peccato che più dell’Amore possa
annientare.}
Fin.
_*_
La mia
prima fic su questo fandom!
^^
Venuta di
getto, senza alcuna pretesa se non quella di omaggiare
il mio homunculus preferito.
Gli ultimi tre
periodi si riferiscono, come credo facilmente intuibile,
alla
trasformazione di Envy in drago, nel film
The Conqueror Of Shamballa.
Dedicata a NekoRika, perché
anche se lei può non ricordarsi di me,
io conosco e
ammiro il suo lavoro, così come
la passione
per questo pairing
che piace
tanto anche
à moi ^.^