Partire
Capitolo
1
Ecco
a lei il biglietto, gate quattro-
-Grazie,
arrivederci- rispose Rebecca ritirando la carta
d’identità e uscendo dalla fila
del check-in.
C’era
da impazzire dal caldo sotto quel tetto di lamiera
dell’aeroporto di Treviso.
D’altra parte non sarebbe stato un suo problema ancora per
molto, dato che se
ne stava per andare.
Il
volo per Dublino l’avrebbe finalmente portata al fresco..
forse anche troppo,
viste le temperature della poco calorosa estate irlandese.
Avrò tempo per
godermele tutte le
stagioni lassù, comunque, pensò
lei con un sospiro, sperando che vada
tutto secondo i piani.
Guardò
verso la pista, fuori, e vide il sole tramontare. D’un tratto
le ritornò in
mente di un caldo, afoso pomeriggio passato in giardino, nascosti dai
suoi
genitori, loro due, a raccontarsi a vicenda delle loro sventure e
fumando
Marlboro light.
Che cosa sto
facendo… non resistette a non
domandarselo di nuovo. Se
lo domandava ormai da due settimane, mentre un altro pensiero, ben
più nascosto
e timido affiorava… verrebbe a
salutarti?
Capirà in tempo? Pensieri, questi, che non osava
nemmeno la accarezzassero.
Sarebbe
stato troppo doloroso veder svanire un’idea balzana,
un’illusione dettata
unicamente da quelle false speranze che l’avevano tormentata
per dieci anni.
Dieci
anni… sembravano di più a dire il vero.
Era
così lontano quel campo scout durante il quale
l’aveva guardato con occhi
diversi, aveva per la prima volta prestato attenzione al suo uscire
dalla tenda
scompigliato la mattina, e scoprirsi a sorridere della sua incredibile
e
dolcissima aria da sonno, cercare tra gli angoli di squadriglia quei
capelli
dorati. Un pulcino.
Voltò
immediatamente lo sguardo da quella vista, accendendo l’mp3,
dal quale aveva
appositamente cancellato tutte le canzoni inseritevi da lui, o comunque
prese
da quei suoi cd di gothic, inconfondibili come il suo ciuffo.
Praticamente
aveva dovuto resettarlo.
Sperava
che mettendoci dentro quanto di più rock conosceva avrebbe
forse potuto
distrarsi e magari evitare di cambiare idea.
Già,
cambiare idea… guardò fugacemente
l’uscita dell’aeroporto, le macchine
parcheggiate, la luce soffusa che addolciva ogni cosa, tingendola di
una strana
malinconia.
L’Italia…
la bella Italia, con l’arte, la cultura, la gente simpatica,
la pizza, i paesini
come quello dov’era cresciuta lei. Le sue amiche, la sua
famiglia… stava per
abbandonare ogni cosa e partirsene per un paese del quale si era
innamorata da
ragazzina, quell’Irlanda selvaggia e verde, dimora di ricordi
e di altissime
scogliere.
E
Galway, la cittadina dei giovani, spumeggiante di novità ma
tuttavia ancora
cullata dal suono delle arpe nelle sue isole Aaran.
Partire.
In
realtà a sapere la vera natura del suo viaggio erano solo
sei o sette persone,
ovviamente scelte in base alla loro affidabilità. Tutti gli
altri sapevano che
andava in Irlanda un paio di settimane con le sue due compagne di
università.
Ma
Rebecca non intendeva ritornare.
Non
poteva, doveva andarsene, non avrebbe potuto assistere alla morte di
quello che
aveva incessantemente aspettato per un decennio, che le era a tratti
sembrato
talmente vicino da poter toccare il cielo con un dito.
Testimone
di nozze… il destino è perfido talvolta.
Testimone
della sua fine, testimone del successo di una persona che non si
meritava
neppure un millesimo della fortuna che nemmeno sospettava di avere.
Testimone
della sua eterna protesta contro un mondo ingiusto, colmo di etichette
e di
cazzate. Testimone di un matrimonio che l’avrebbe distrutta
per sempre.
Si
raccolse i lunghi riccioli in una sommaria coda di cavallo dirigendosi
verso il
bar per ordinarsi una birra.
Birra
che però non bevve mai: lo vide entrare dalla porta
principale. La sua solita
t-shirt scura, quel ciuffo che ormai resisteva da un paio di anni forse.
Presa
irrimediabilmente dal temporaneo blocco delle funzioni psichiche,
Rebecca si
dimenticò di avere un bicchiere di birra in mano, e si
girò di scatto verso la
toilette.
Disgrazia
volle che i suoi non trascurabili tacchi producessero un inconfondibile
ticchettio al quale, forse non suo malgrado, Francesco era ormai
abituato.
-Rebecca!-
Mi ha beccata? Chi cazzo gliel’ha
detto che ho cambiato aeroporto?