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Autore: joongzz    05/06/2014    1 recensioni
❝ Living in cloud cuckoo land ❞ significa vivere in un mondo irreale creato dalla propria mente in cui ogni cosa è perfetta, si è sempre ottimisti ed è un luogo in cui rifugiarsi per vivere nell'illusione di una realtà migliore. ❝ Un bacio. Ecco di cosa aveva bisogno. E poi di un abbraccio. Forse anche uno sguardo, una complicità che lo avrebbe fatto sentire protetto, al sicuro. Necessitava di un calore al suo fianco, aveva bisogno di qualcuno da stringere fra le coperte oppure non gli sarebbe andato bene dormire, non ancora.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: joongzz
Titolo: I 'm living in cloud cuckoo land. ( cloudcuckooland = wikipedia ).
Tipologia: oneshot.
Genere: Introspettivo, angst, sadness over 9000.
Rating: per tuttissimi.
Avvertenze: ( !! ) importante ( !! ) – ho scritto questa storia di getto, con l'aiuto della loro musica. Non c'è un vero e proprio protagonista, ognuno può immaginarsi a piacere uno degli altri 11 principi. Loro dodici sono veramente importanti per me, buona lettura !

 

❝ I'm living in cloud cuckoo land. ❞

 

Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva ascoltato quella canzone. Solitamente non gli piaceva ascoltare canzoni che gli ricordassero momenti passati, di qualsiasi passato si trattasse, perché gli facevano stringere il cuore e tremare le labbra. Ma quella notte, diversamente dal solito, il polpastrello del pollice si appoggiò in automatico su quella traccia e fece partire, in un battito di ciglia, una melodia così antica per le sue orecchie; quasi si emozionò all'istante, quando neppure le prime note avevano fatto in tempo a suonare attraverso gli auricolari. Chiuse gli occhi e vide nero.

Non voleva dormire, non ancora, nonostante fosse tardi e il mattino dopo dovesse svegliarsi presto. Preferiva di gran lunga immergersi in quella seconda realtà fatta solamente di lui e di sé stesso. Era bello darsi un po' di tempo libero: sgomberare completamente la mente da ogni tipo di problema, sentire ogni parte del corpo rilassarsi al ritmo della canzone e capire che sì, un futuro lo avrebbe avuto lo stesso.

Un bacio. Ecco di cosa aveva bisogno. E poi di un abbraccio. Forse anche uno sguardo, una complicità che lo avrebbe fatto sentire protetto, al sicuro. Necessitava di un calore al suo fianco, aveva bisogno di qualcuno da stringere fra le coperte oppure non gli sarebbe andato bene dormire, non ancora.

Mentre le ultime note della canzone si dissolvevano lentamente nelle sue orecchie, apre gli occhi e il soffitto è esattamente lo stesso di prima: quel grigiore pallido reso tale dal buio della stanza e dalla tenera luce lunare che filtrava dalla finestra aperta, colori contrastanti uniti in un unico amalgama. Non ha freddo, per niente, vorrebbe alzarsi e raggiungere il davanzale, sporgersi oltre ed imparare a volare. Ha sempre immaginato, fin da piccolo, come potesse essere avere ali enormi e bianche, saperle muovere con agilità e librarsi in aria.

Con quei pensieri leggermente stonanti nella sua mente si alza a sedere sul letto, le coperte rozzamente accartocciate ai suoi piedi. Si toglie di getto le cuffiette mentre, in ripetizione, la canzone di poco prima riprende a suonare. Mentre le piante dei piedi poggiano dolcemente al suolo, si rende conto che l'unico rumore udibile in quell'ambiente così famigliare è la musica distorta proveniente dagli auricolari che prima gli adornavano le orecchie e gli liberavano la mente da ogni complicazione. Si guarda attorno: dormono tutti in quella stanza, tranne lui. E' incerto se fare qualche passo, rischiare di sbattere contro qualcosa e svegliare tutti o se continuare a crogiolarsi nelle sue fantasticherie senza arrivare a nulla di concreto. L'aria che nasce dalla finestra aperta e muore accarezzandogli la pelle esposta, però, gli fa capire tante cose, una in particolare: ha bisogno di calore, non per il freddo, no, vuole stringere.

Si avvicina alla porta con passi felini e la apre con attenzione sentendola cigolare appena. La socchiude nuovamente alle proprie spalle una volta che si ritrova nel lungo corridoio e il silenzio, ora, è veramente percepibile. Spesso si è chiesto come potesse essere udibile un concetto così contraddittorio e fugace qual è il silenzio. Ma, in quel preciso istante, non si tratta del silenzio inteso come " nessun rumore "; non sente alcun tipo di caos dentro di lui, solamente quiete ed è ciò che ora intende per silenzio. E' così che si vuole sentire sempre, ogni giorno. Vorrebbe ascoltare quella canzone ancora ed ancora, pensare a quei ricordi senza intoppi, stringere, baciare, accarezzare. Vorrebbe parlare e parlare di qualsiasi cosa, in qualsiasi momento ma, purtroppo, non gli è possibile. Deve accontentarsi, rispettare i limiti e frenare i sentimenti anche se risulta estremamente difficile.

Un passo, un altro ancora e poi molti altri. Raggiunge la stanza che cerca e si ferma esattamente davanti; il naso che quasi sfiora il legno fresco. Dormirà? Starà, come al suo solito, ascoltando della buona musica? E che espressione avrà in viso? La mano raggiunge il pomello e si ferma, senza toccarlo. Se gli desse fastidio? Se vederlo sbucare dalla porta dovesse irritarlo in qualche modo? Ancora qualche centimetro e potrebbe scoprirlo da solo, dissetare le sue domande con risposte concrete. Ha davanti solamente quella porta e deve aprirla, lo deve fare perché ha bisogno di calore. Quel calore all'altezza del petto che solamente lui gli può donare.

China il capo e, in un attimo, la mano ha afferrato la maniglia e la porta si è semiaperta davanti a lui. Guarda oltre: buio. Non che si fosse aspettato altro ma sente una lieve amarezza possederlo come un virus poco gradito. Ed infatti, lo scalcia via dal petto, dal cuore, non può assolutamente permettersi di rovinare quella tranquillità, deve stare bene e solo assicurandosi quel calore tanto ricercato potrà veramente tirare un sospiro di sollievo.

La canzone che ascoltava prima gli rimbomba nella testa, rimbalzando da una parete all'altra del cranio e, se prima gli donava una sensazione positiva, mentre spalanca la porta silenziosamente si trasforma in rumore. Quasi accompagna il battere travolgente del cuore nelle orecchie. Un rumore stridente, sgradito, ripetitivo. Tu – tum, tu – tum. Non vuole sentirlo, non vuole ascoltarlo, perché è così spiacevole? Tu – tum, tu – tum. La necessità di riempire il suo cuore di calore fino a scoppiare lo fa avanzare quasi per inerzia; avanza e non gli interessa più fare rumore, ignora qualsiasi cosa non sia posta tra lui e il luogo che vuole raggiungere, non si fa toccare minimamente dal tonfo poco elegante di ogni suo passo. E il cuore fa male, batte irregolarmente nel petto, in gola, nelle orecchie e la musica sembra essersi trasformata in unforchestra ridondante.

Tu – tum, tu – tum, tu – tum.

L'organo stride in tutto il suo corpo, i tamburi seguono il ritmo del cuore, le trombe non fanno altro che peggiorare la situazione. Sembra la colonna sonora della scena finale di un film. Un film psicologico, di quelli in cui il protagonista viene schiacciato da sé stesso e da tutte le paure che lo accompagnano fin dall'inizio.

Tu – tum, tu – tum, tu – tum, tu --

Ma d'improvviso l'orchestra smette di suonare; tutto il caos dentro di lui diviene velocemente un ricordo lontano. Il silenzio, stavolta, è affilato. Lo sente crepitare sulla pelle, in ogni dove e rischia di collassare, quell'ampio oblio simile ad una voragine tenta di schiacciarlo e riportarlo in quella realtà che non vuole vivere ancora. Non senza di lui.

Il letto è vuoto, la stanza è vuota; tutto ciò che doveva esserci è sparito. Anche lui. Dov'è? Dove se n'è andato? Perché lo ha lasciato solo?

Nel momento in cui le sue ginocchia toccano il suolo, tutto ciò che prima era nero si illumina e muta in un candore simile alla luce del sole. Ed è proprio ciò che lo accoglie, il sole. Le pupille estremamente dilatate si muovono senza sosta in giro per la propria stanza e il petto non riesce a contrarre un ritmo unico, si muove quasi innaturalmente. Fa male. Fa troppo male. Non vuole alzarsi, non vuole affrontare l'ennesima giornata senza di lui.

Perché dovrebbe? A che scopo? Non c'è niente al mondo che gli possa donare lo stesso calore. Ha bisogno di baciare, di stringere, di parlare. Vuole sapere se sta bene, vuole essere sicuro della sua salute, vuole sapere cos'ha mangiato a colazione, perché ancora non si è fatto sentire, dove si sta nascondendo. Ma più di tutto vuole sapere se non si è dimenticato di loro. Si convince che va bene così, eppure fa male. Fa veramente molto male. Si copre il viso con un braccio e il tessuto del pigiama presto viene intriso di lacrime, esattamente come il cuscino e la coperta.

Ma ciò che più brucia è il suo cuore: non batte, non senza di lui. Il viso è contratto in una maschera di dolore: nessuno lo deve vedere così, non devono sapere. Non vuole raccontare quanto gli manchi, non vuole condividere con altri ciò che gli colorava le giornate, il modo in cui si sentiva parte di qualcosa. E' estremamente geloso di quei ricordi, custodisce meticolosamente nel cuore ogni parte del suo essere condivisa con lui. Una lacrima racconta la loro gioia, una lacrima il dolore, un'altra ricorda il suo sorriso, l'ennesima racconta sé stessa.

Presto anche l'altro braccio raggiunge il suo viso e crea una barriera dalla luce del sole. " Il sole bacia i belli ", già, ma chi bacia il sole?

Strizza gli occhi: chi lo bacerà? Non vuole rifugiarsi nei sogni, vuole sentirlo sulla pelle.

Una lacrima ricorda un pomeriggio estivo, l'altra un loro litigio, quella che gli si incastra fra le ciglia, invece, mostra il loro primo incontro. Quando i suoi occhi sembrano non avere più lacrime, ecco che l'ultima gli percorre la guancia e si infrange sull'orecchio: è la più importante e gli brucia il cuore quasi fosse un incendio.

L'ultima lacrima racconta di Kris.

Una voragine gli apre il cuore in due e non sente né vede nulla. Ha gli occhi bagnati, il viso bagnato e il cuore a pezzi. Per non parlare dello stomaco che sembra mangiarsi da solo. In quel momento vive nel suo mondo distrutto, cerca inutilmente di trovare una via concreta ad ogni domanda. Deve annodare tutti i fili recisi, creare un alter ego in grado di farlo sopravvivere da solo.

Una pressione sul materasso vicino ai piedi, però, lo riscuote da quel tepore distruttivo. Apre la bocca impastata dal sonno e dal pianto per giustificarsi con chiunque lo abbia colto in flagrante e la sua mente cerca velocemente di trovare una spiegazione: il perché della sua posizione, delle lacrime, vorrebbe dire che non è colpa sua se ancora non ha mosso i piedi giù dal letto, è colpa della sveglia e - ...

« Sono tornato. »

 

 

Ringraziamenti: ( !! ) importante ( !! ) – ringrazio solamente dodici persone per avermi fatto stare bene dal 21 / 12 / 11 fino ad ora, sono le mie dodici stelline e lo saranno sempre. Jongin, Chanyeol, Baekhyun, Kyungsoo, Sehun, Joonmyeon, Luhan, Jongdae, Minseok, Yixing, Zitao e Wu Yifan aka Kris 감사합니다


 

   
 
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