“Today
is not the day I die”
- Oh, no, no,
no... Non puoi morire. Non ancora. Non hai confessato –
Oberyn Martell girava intorno alla Montagna che Cavalca, la lancia in
pugno, i
capelli neri scompigliati, gli occhi accesi di furia e determinazione.
L’arena
era ammutolita. Tutti lo fissavano e aspettavano che infliggesse
il colpo di grazia all’uomo che aveva stuprato e ucciso sua
sorella, Elia
Martell, per poi uccidere anche i suoi figli.
“L’hai
stuprata...”
Oberyn aveva
ripetuto quelle parole durante tutto il duello mortale.
“L’hai
assassinata...”
Le aveva
ripetute mentre combatteva, mentre infliggeva a Gregor Clegane
una serie di rapidi colpi di lancia. Si muoveva come se stesse
danzando,
Oberyn. Si muoveva e in testa aveva un’unica immagine: Elia.
Elia violentata.
Elia assassinata da quel mostro. Elia e i suoi figli. Elia e una
promessa.
Quella di vendicarla.
E quella di
tornare dalla sua amata, Ellaria.
“Hai
ucciso i suoi figli!”
La Montagna era
a terra e non si muoveva. Respirava ancora, però.
Sanguinava dappertutto, ma respirava ancora.
“L’hai
stuprata”.
“L’hai
assassinata”.
“Hai
ucciso i suoi figli”.
- Dillo...
Dì il suo nome – riprese Oberyn – Elia
Martell... Tu l’hai
stuprata... Hai ucciso i suoi figli. Elia Martell! Chi ti ha dato
l’ordine?!
CHI TI HA DATO L’ORDINE?! Dì il suo nome! Tu
l’hai stuprata! L’hai assassinata!
Hai ucciso i suoi figli! Dillo. Dì il suo nome...
– Alzò la testa e incrociò
gli occhi di Ellaria, che sorrideva. – Dillo...
Allora accadde.
La Montagna si
mosse. Il suo braccio si mosse.
Ellaria Sand
vide il braccio di Gregor Clegane muoversi. All’improvviso.
E il suo cuore spiccò un tremendo balzo nel petto.
(No...
No! No! NO!! Hai promesso,
Oberyn. Hai promesso che non mi avresti lasciata sola in questo mondo.
Hai
promesso! Promesso!)
Tyrion Lannister
vide il braccio di quel figlio di una baldracca di
Gregor Clegane muoversi. All’improvviso. E il suo stomaco
sprofondò un poco. Il
sangue gli andò al cervello. Il membro gli si
avvizzì tra le gambe.
(No...
No! NO!! Dannato Oberyn
Martell, ti avevo detto di non bere prima del duello! Ti avevo detto di
non
farlo! Dannato principe di Dorne, mi farai uccidere! Mio padre non vede
l’ora
che tu muoia per uccidermi e la mia dolce sorella... Oh, lei non sai
quanto
riderà se Tywin mi condannerà a morte. Dovevi
ucciderlo. Dovevi...)
Jaime Lannister
vide il braccio della Montagna muoversi. All’improvviso. Vide
la mano allungarsi verso i piedi dell’avversario.
(Oh,
no. NO! Questo no. Avresti
dovuto ucciderlo, principe. Avresti dovuto affondare la lancia nel suo
cuore.
Avresti dovuto finirlo. Ora...)
Tywin Lannister
sedeva, impassibile, immobile come una statua di sale. I
gelidi occhi azzurri fissi sui due contendenti. Vide il braccio di
Clegane
muoversi. All’improvviso. E gli angoli della sua bocca
iniziarono a spostarsi
verso l’alto.
(Sì!
Ha ucciso sua madre. Ha ucciso
Joffrey. È il momento che paghi)
Cersei Lannister
vide il braccio della Montagna muoversi. All’improvviso.
E nella sua mente esplose un grido di perfida esultanza. Un grido
silenzioso di
vittoria.
(Sì.
Oh, sì! SI! Tu hai ucciso
Joffrey, Tyrion. Hai ucciso il re. Hai ucciso il mio bambino...
L’hai
avvelenato. Tu e quella stupida ragazzina. Siete stati voi! La tua
puttana lo
sapeva. È giunto il tuo momento. È finita,
piccolo essere mostruoso!)
Oberyn Martell
vide il braccio dell’assassino di Elia muoversi.
All’improvviso. Capì di aver commesso un errore.
Capì di essergli stato troppo
vicino. Non avrebbe dovuto dare per scontato che Clegane non si sarebbe
rialzato. Non avrebbe dovuto dare per scontato di avere ormai la
vittoria in
pugno. Avrebbe dovuto girargli intorno, ma tenere gli occhi fissi su di
lui.
Avrebbe dovuto girargli intorno e stare più lontano dal suo
enorme corpo.
Il tempo si era
fermato. O almeno così parve a tutti.
Il tempo si era
fermato. Forse gli dei avevano deciso che, per quel
duello, valesse la pena congelarlo.
“Stuprata...
Assassinata... Ucciso i
suoi figli”.
“Non
lasciarmi sola in questo mondo”.
“Mai”.
“Non
dovresti bere prima di un
duello...”.
“Combatterai
contro... quello?”.
“Lo
ucciderò”.
“È
l’uomo più grosso che abbia mai
visto”.
“La
sua stazza non conta...”
“Grazie
agli dei”.
“Non
lasciarmi sola in questo mondo”.
“Non
lasciarmi sola in questo mondo”.
“Non
lasciarmi...”
La gamba
sinistra della Vipera Rossa reagì d’istinto.
Spiccò un piccolo
balzo.
“Non
lasciarmi sola in questo mondo”.
Il ginocchio si
piegò all’ultimo istante e il piede spinse verso
l’alto,
mentre le orecchie udivano il grugnito della Montagna. Che si
sollevava. Si
sollevava. Bestia ferita nel corpo e nell’orgoglio che
reagiva nonostante le
innumerevoli ferite. Bestia immonda e oscena che aveva stuprato sua
sorella,
l’aveva assassinata... E aveva ucciso i suoi figli.
Elia.
E poi Ellaria.
Il suo amore.
E Tyrion
Lannister. La sua prima delusione. Il mostro che non era mostro,
ma era molto più uomo di suo padre. Molto più
uomo di tutti gli uomini che
sedevano sugli spalti.
Oberyn Martell
vide quel movimento con la coda dell’occhio,
spiccò un
balzo e sentì le dita enormi di Clegane che sfioravano il
suo polpaccio. Sentì
le dita che scivolavano sullo stivale.
Ma non
riuscivano a farlo cadere. Se fosse caduto sarebbe stata la fine.
Se fosse caduto sarebbe morto e tutto sarebbe stato vano.
Gridò,
Oberyn Martell.
Gridò
e sfuggì alla Montagna che Cavalca. Poi, con un altro grido
da
ossesso, un grido carico di rabbia, di dolore e di frustrazione, un
grido che
salì sugli spalti e raggelò la folla venuta a
vedere il sangue, un grido che
Ellaria avrebbe sempre ricordato anche se gli dei le avessero concesso
di
vivere altri cento anni, il principe di Dorne sollevò
più in alto la lancia e
l’abbassò, ferocemente. Sollevò la
lancia, la cui punta era già quasi
completamente rossa, e la calò sul corpo della Montagna. La
calò sull’assassino
di sua sorella.
La mano di
Gregor Clegane afferrò l’asta e la strinse.
Ma la punta
trapassò la corazza nera. La punta trapassò la
maglia di
ferro e il cuoio sotto di essa.
E si
piantò nel cuore della Montagna.
L’uomo
che anni prima aveva posto fine alla vita di Elia Martell
spalancò
la bocca in un allucinato urlo di dolore e furia, sputò un
bolo di sangue,
roteò gli occhi nelle orbite... E spirò.
Morì con le dita ancora strette
intorno all’asta della lancia.
Nessuno
fiatò per alcuni secondi.
Nessuno
parlò.
Nessuno disse
niente.
La Vipera Rossa
gridò un’altra volta ed estrasse la lancia dal
corpo di
Clegane, puntandola verso il cielo e gettando goccioline di sangue
ovunque.
Anche sul suo viso.
“L’hai
stuprata. L’hai assassinata.
Hai ucciso i suoi figli!”
“Ed
io... Io ho preso la tua vita. Ma
non hai confessato... Non hai confessato”.
La folla
esplose.
Il mondo si
riempì di urla. Di applausi. Di piedi che pestavano il
pavimento. Il mondo si riempì di imprecazioni, di insulti,
di esultanza e di
gioia.
Tyrion
barcollò in avanti, come se fosse stato ubriaco. Il sollievo
lo
investì, lasciandolo sfinito, totalmente senza fiato. Ma
ciò non gli impedì di
voltarsi verso il padre e verso Cersei.
La regina
reggente aveva perso la sua compostezza. La sua faccia era una
maschera di orrore, di collera e di indignazione.
- Padre!
– gridò Cersei, cercando di superare le urla dei
presenti.
Jaime sorrideva.
Si sforzò di farlo senza essere notato, ma sorrideva.
Non poteva smettere.
- Padre, non lo
permettere! Non lo devi permettere! Ha ucciso Joffrey! –
blaterava Cersei, fuori di sé.
Tyrion fissava
suo padre.
Tywin si
alzò. Non aveva neppure cambiato espressione, eppure il nano
avrebbe giurato di vedere un guizzo nei suoi occhi. Era furibondo.
Oberyn Martell
era ancora là. In mezzo all’Arena, vicino al corpo
senza
vita della Montagna.
Era
là, con le braccia levate, la lancia grondante sangue, gli
occhi
spalancati e rivolti verso il cielo, il respiro ansante. Era
là e non pareva
intenzionato a spostarsi.
- Gli dei hanno
espresso il loro volere – iniziò Tywin, i
lineamenti
induriti dalla furia. – Tyrion Lannister...
- No!
– urlò Cersei.
- ...Nel nome di
re Tommen Baratheon, il primo del suo nome...
- Padre, non
potete fare questo!
- Oberyn!
– sbraitò Ellaria.
- Sei...
– Tywin sputò le parole come se fossero veleno.
– Sei assolto da
ogni accusa. Liberate il prigioniero!
I presenti
urlarono di nuovo. Pestarono i piedi. Applaudirono. Gioirono.
Imprecarono.
Ellaria Sand
corse verso il centro dell’Arena. Verso il suo amato, che
ancora teneva le braccia sollevate e fissava le nuvole. Una lacrima gli
sfuggì.
Un’unica, singola lacrima. Il principe di Dorne non aveva
avuto la confessione
che voleva. Non aveva avuto la confessione che aveva cercato per anni.
Clegane
era morto senza confessare ciò che aveva fatto ad Elia.
Oberyn si mosse.
Si mosse e colpì la Montagna. Affondò la lancia
nel suo
corpo.
Ancora. Ancora e
ancora. E mentre colpiva ripeteva le sue accuse.
-
L’hai stuprata! L’hai assassinata! Hai. Ucciso. I.
Suoi. Figli!!!
Scagliò
la lancia lontano.
Ellaria si
gettò su di lui. Lo abbracciò forte e pianse.
Cersei
continuava a maledire il padre e il fratello.
Tyrion chiuse
gli occhi.
***
Angolo
autrice:
Questa
è la mia prima storia nel fandom di GoT. Ovviamente,
è un finale
alternativo. Una cosa che, conoscendo Martin, non sarebbe mai potuta
accadere,
ma avrei voluto che accadesse. Ecco. Oberyn se lo meritava.
Spero vi sia
piaciuta. ;)