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Autore: Wild imagination    05/06/2014    8 recensioni
2017. Kurt e Blaine si sono ormai lasciati da quattro anni, e le loro vite sono andate avanti. O almeno così Hummel credeva. Ma cosa succede se una busta sbagliata (o giusta) gli viene recapitata al momento sbagliato (o giusto) da un mittente ancora più sbagliato (o ancora più giusto)? Basteranno i suoi buoni propositi a tenerlo lontano da quello che era (e, probabilmente, è) l'amore della sua vita, quando flashback, sentimenti e persino amici sembrano opporglisi?
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La bottiglia scivolò velocemente sul bancone, e Blaine la afferrò al volo, portandosela alle labbra con aria pensierosa. Si girò sullo sgabello, in modo da avere una buona visuale della pista da ballo dello Scandal, gremita di ragazzi che si scatenavano a ritmo della musica assordante. I loro corpi si muovevano scompostamente, illuminati dalle luci psichedeliche e fredde del locale. 
Il riccio sospirò, mentre il sapore leggermente amaro della birra gli inondava la bocca, rinfrancandolo almeno un po'. Decisamente troppi ricordi, tutti dolorosamente piacevoli, erano legati a quel posto... Erano passati cinque anni da quando ci era andato per la prima volta, eppure le immagini di quella serata continuavano ad affollargli la mente; e purtroppo non erano le uniche che lo ricollegavano inesorabilmente a lui... Si rese conto di essersi incantato con la bottiglia a mezz'aria solo quando un ragazzo sulla pista gli fece cenno di avvicinarsi per ballare con lui. 
Blaine sorrise in direzione di Sebastian, annuendo e poggiando la bottiglia ancora mezza piena sul bancone. Mentre scivolava dallo sgabello si rese conto di aver preso una decisione importante: glielo avrebbe chiesto quella sera stessa.
 
 
La sveglia sul suo comodino suonò alle sei in un punto, come tutte le mattine.
Kurt sollevò le palpebre con lentezza, cercando a tentoni quell'oggetto infernale per poterlo spegnere. Si stropicciò gli occhi con aria assonnata, scivolando fuori dalle coperte e preparandosi psicologicamente ad affrontare un'altra giornata di lavoro a Vogue.com. Ormai erano quattro anni che era impiegato in quella redazione, e aveva fatto strada da quando era un semplice tutto-fare che passava le mattine correndo qua e là per l'ufficio con risme di fotocopie in una mano e caffè nell'altra; adesso era il primo assistente di Isabelle, la direttrice, e si occupava principalmente di organizzare la sua giornata e di risolvere i casini degli altri dipendenti. Poteva dirsi soddisfatto del proprio lavoro: dedicava almeno dieci ore al giorno a qualcosa che aveva sempre amato, la moda, e a soli 23 anni occupava un ottimo posto nella scala gerarchica della redazione. 
Il getto tiepido delle doccia lo aiutò a svegliarsi completamente, mentre il bagnoschiuma alla vaniglia scivolava sulla sua pelle chiara, facendolo rilassare. Ringraziò di avere l'abitudine di preparare i vestiti la sera prima, perchè quel giorno proprio non si sentiva in vena di creare abbinamenti fantasiosi tra gli abiti di Alexander McQueen e quelli di Marc Jacobs.
Da quando Finn, due anni prima, si era trasferito nel loft di Bushwick, Kurt aveva deciso di lasciare a lui e Rachel un po' di intimità, prendendo in affitto un piccolo appartamento nell'Upper West Side. A nulla erano valse le proteste della sua migliore amica e del suo fratellastro, che avevano cercato in tutti i modi di convincerlo a rimanere con loro; per quanto li adorasse, Kurt non ce l'avrebbe fatta a passare le serate in loro compagnia: il modo in cui si guardavano, si toccavano, si parlavano, non faceva altro che ricordargli che lui, da quattro anni a quella parte, non era riuscito ad avere una relazione stabile. O, per lo meno, che andasse oltre il quarto o quinto appuntamento.
Sospirò, affondando con poca convinzione il cucchiaio nella tazza di latte in cui galleggiavano tristemente i cereali integrali, portandolo alla bocca.
Osservando l'unica altra sedia vuota della piccola cucina, si domandò quale fosse il suo problema. Appena qualche settimana prima era uscito con un ragazzo incontrato per caso da Starbucks (un certo Edward, o  Edwin...). Era carino, abbastanza intelligente, e flirtava spudoratamente. E Kurt aveva provato davvero a farselo piacere. Si era sforzato di provare qualcosa per lui, anche solo un leggero tremolio alle ginocchia quando gli sfiorava accidentalmente la mano, un impercettibile sfarfallio nello stomaco quando si guardavano negli occhi... Ma niente. E lo stesso era successo con Nicholas, Ian, Alex e tutti quelli che li avevano preceduti. Per quale motivo non era più riuscito a farsi coinvolgere da qualcuno, dopo di lui? Insomma, pensava di meritarsi uno straccio di fidanzato da amare per un po'. Magari non per tutta la vita. Magari solo per un annetto... Qualcuno che riempisse quella voragine che gli si era aperta nel petto da quel lontano giorno di ottobre del 2012... Qualcuno che ricucisse i frammenti doloranti del suo cuore.
Tutto ciò era profondamente frustrante. Senza accorgersene aveva eretto un muro intorno a sè; una sorta di difesa automatica del proprio organismo che gli impediva di provare emozioni eccessivamente intense, che avrebbero potuto procurargli altro dolore. Perchè ne aveva provato tanto, lui, di dolore. 
 
Cinque parole. Come possono cinque semplici parole cambiare la tua vita? Un istante, un sospiro, e qualcosa dentro di te si spezza. All'inizio non vuoi crederci, non puoi crederci. Ti aspetti che qualcuno scoppi a ridere, annunciando che è stato solo uno scherzo di cattivo gusto, e che sarà tutto come prima.
Però non succede. Tu rimani con quelle dannate cinque parole che ti trapanano il cervello, e l'unica cosa che riesci a chiederti è: "Perchè?"
Pensi subito di aver fatto qualcosa di sbagliato. Magari è colpa tua. Non sei mai stato abbastanza, e mai lo sarai. Non riesci a ragionare e lacrime salate iniziano a rigarti il viso senza che tu te ne renda conto. Hai mal di gola, le tempie continuano a pulsarti, gli occhi a bruciarti; stringi i pugni e cerchi di non singhiozzare, perchè non puoi farti vedere indifeso da lui. Un dolore sordo al petto, e in un lampo di lucidità capisci che no, non può essere il tuo cuore a fare così male; perchè quel piccolo, inutile, martoriato e sanguinante organo l'ha sempre avuto lui sul palmo della mano, e andandotene ti dimentichi di riprenderlo. Ti giri e inizi a correre, ma non veloce quanto vorresti. Hai voglia di urlare la tua frustrazione, di gridare il tuo dolore, di prenderlo a pugni. Due anni di promesse, di amore, di baci, di sospiri, di carezze... Buttati al vento. Niente sembra avere più valore. Niente. Maledici lui, perchè lo odi, maledici te stesso, perchè lo ami più di quanto dovresti, maledici la distanza, le incomprensioni, New York, il tuo dannato sogno che te l'ha portato via, la sua debolezza, il tuo orgoglio. Perchè lui ha pronunciato quelle cinque parole, e non riesci più a fidarti. 
"Sono stato con un altro."
Perchè?
E quattro anni dopo sei lì, seduto su quella sedia, nel tuo appartamento dell' UWS. E non sai nemmeno cosa provi, perchè stai reprimendo tutto da talmente tanto tempo che ormai non riesci nemmeno più a capire i tuoi sentimenti.
Non passa giorno in cui non ripensi a lui, a quello che avete condiviso, al modo in cui l'ha distrutto.
Come se non contasse nulla. Come se tu non contassi nulla. Hai bisogno di sentirti dire che, almeno per un po', lui ti ha amato davvero, perchè ormai non sei più sicuro neanche si questo.
E c'è un'altra cosa di cui non sei sicuro: tu, Kurt, tu cosa provi per lui?
 
Kurt si alzò dalla sedia passandosi nervosamente una mano fra i capelli, gettando senza particolare attenzione la tazza ormai vuota nel lavello, producendo un gran fracasso. Doveva smetterla di pensare a quella serata, o se ne sarebbe pentito: ormai erano passati tanti, troppi anni, e doveva solo andare avanti. Com'è che si dice? Se non riesci a voltare pagina, cambia l'intero libro. Ed è quello che lui aveva intenzione di fare.
Certo, peccato che, come disse John Lennon, "la vita è quello che ti succede mentre sei occupato a fare altri progetti".
Proprio per questo motivo quella mattina ritirò la posta prima di andare a lavoro, al contrario di quanto faceva di solito.
Scorse le varie buste mentre risaliva le scale del pianerottolo, con aria annoiata.
Bolletta.
Bolletta.
Pubblicità.
Nuova pizzeria...
Rimase fermo, immobile all'ingresso della cucina, col fiato sospeso e il cuore che gli rimbombava nel petto.
Sbattè le palpebre più volte, per essere sicuro di non aver letto male.
Da Lima, Ohio
Per Kurt Hummel
Seguiva l'indirizzo della sua casa nell'Upper West Side, ma al momento ciò che più gli interessava era la calligrafia di quelle poche parole vergate sull'altrimenti immacolata busta da lettere. Avrebbe potuto riconoscere quella scrittura tondeggiante e leggermente infantile ovunque: Blaine. Solo pensare il suo nome gli fece stringere il cuore in una morsa acuminata, mentre mille ricordi confusi gli affollavano la mente. Non erano flashback ben definiti, ma sprazzi di immagini, profumi, sensazioni, sorrisi smaglianti, occhi color caramello, riccioli scuri, risate, lacrime, mani calde e abbracci accoglienti. Si ritrovò quasi senza rendersene conto ad accarezzare quelle lettere sottili con le dita tremanti e gli occhi spalancati.
Blaine gli aveva scritto? Dopo quattro anni? Per dirgli cosa? Cosa ci poteva essere di tanto importante da spingerlo a scrivergli una lettera dopo oltre 1460 giorni in cui non si erano visti? 
Perchè, perchè pensare a lui gli faceva ancora quell'effetto? Erano passati quattro anni, dannazione! Maledì ogni singolo brivido che gli scivolò lungo la spina dorsale, ogni battito cardiaco mancato, ogni sospiro spezzato provocato da quel rettangolo di carta ancora sigillato. Si costrinse a respirare profondamente, chiudendo la porta d'entrata dietro di sè e appoggiandosi alla superficie di legno, senza staccare un attimo gli occhi da ciò che aveva in mano. Ancora con la mente annebbiata, fece scivolare il dito indice al di sotto lo strato sottile della carta, aprendo la busta con timore, il fiato sospeso.
Un cartoncino color canarino bruciato fece capolino, e Kurt lo sfilò lentamente dal suo involucro, con un pessimo, pessimo presentimento.
Quando i suoi occhi azzurri misero a fuoco ciò che c'era scritto, il suo cervello andò in totale blackout.
Tutto sembrò fermarsi per un attimo... Il suo respiro, il suo cuore, le sue mani. I rumori provenienti dalla strada divennero improvvisamente ovattati; sarebbe potuta scoppiare la terza guerra mondiale, e lui non se ne sarebbe accorto.
Quell'innocente cartoncino scivolò dalle sue dita insensibili, adagiandosi con grazia sulla moquette.
Il ragazzo non si rese conto di essere scivolato lungo la parete finchè non avvertì il pavimento freddo sotto di sè. Le sue iridi chiarissime erano fisse su un punto qualsiasi del muro di fronte a lui, e non accennavano a volersi spostare. Iniziò a respirare affannosamente, e non gli ci volle molto per capire di aver iniziato a piangere sommessamente. Il suo petto era squassato da singhiozzi silenziosi, mentre dolorose lacrime salate gli rotolavano lungo le guance, inarrestabili. 
Non riusciva a pensare, la sua mente era completamente annebbiata e inutilizzabile; si strinse le ginocchia al petto e vi affondò il viso, come per proteggersi dal dolore insopportabile che gli stava tormentando un punto ben preciso sulla sinistra del torace.
Una parte del suo cervello ritenne necessario fargli venire in mente una canzone che aveva ascoltato di recente, e che calzava a pennello col suo stato d'animo. Stranamente, lo rinfrancava sapere che, da qualche parte nel mondo, c'era qualcuno che aveva provato il suo stesso tipo di dolore. Lo faceva sentire meno solo.
 
I'm just the pieces of the man I used to be 
Too many bitter tears are raining down on me 
I'm far away from home 
And I've been facing this alone 
For much too long 
Oh, I feel like no-one ever told the truth to me 
About growing up and what a struggle it would be 
 
In my tangled state of mind 
I've been looking back to find 
Where I went wrong 
 
 
Non saprebbe dire per quanto tempo rimase lì, rannicchiato su se stesso, con la gola in fiamme e gli occhi aridi. Potevano essere minuti, ore, giorni... Non gli importava granchè.
E fu così esattamente in quella posizione che Rachel lo ritrovò quella sera, passando come al solito a salutarlo dopo una giornata di lavoro.
"Ehi, Kurt?" lo chiamò dal pianerottolo. "C'è la porta socchiusa... Va tutto be--"
La frase le si troncò in gola quando, entrando, vide il suo amico raggomitolato accanto alla porta, con gli occhi vitrei e arrossati. Si precipitò accanto a lui, scuotendolo energicamente per una spalla. 
"Kurt! Kurt, cos'è successo? Ti senti bene?" chiese, in preda al panico. 
Si guardò intorno in cerca dell'origine del suo malessere, ma non riuscì a vedere niente che avesse potuto sconvolgerlo a tal punto. Fu solo quando Kurt mosse impercettibilmente la testa, indicando un punto sulla moquette, che Rachel vide il cartoncino. Senza abbandonare la sua spalla, si sporse leggermente verso il biglietto, confusa e preoccupata.
Poi capì.
 
Siete invitati a partecipare al matrimonio di
Blaine Anderson
 &
Sebastian Smythe
che si terrà il giorno 15 ottobre 2017
 
Sperando nella vostra partecipazione,
cordiali saluti.
I futuri sposi.
 
 
Non esitò un istante ad abbracciare stretto il suo amico, poggiandogli la testa su una spalla e accarezzandogli dolcemente la schiena.
"Mi dispiace, mi dispiace tanto" continuava a mormorare, la voce attutita dalla sua maglietta.
Non preoccuparti, non è colpa tua. Come potrebbe esserlo? Avrebbe risposto Kurt, se improvvisamente non avesse sentito il proprio cuore spezzarsi silenziosamente. 
Non poteva credere che si sarebbe sposato con Sebastian... Non avrebbe mai detto che quel ragazzo, così arrogante e cinico, potesse mettere la testa a posto, ma a quanto pare si sbagliava. O forse era stato Blaine a cambiare, in quei quattro anni. Magari non aveva più quel sorriso sincero sulle labbra, quegli occhi dorati così ingenui, quel suo straordinario ottimismo...
Alla fine ce l'hai fatta ad averlo, mangusta. 
E c'era talmente tanta amarezza in quella conclusione, che un altro singhiozzo disperato gli sfuggì dalle labbra.
Ecco cosa rimaneva di due anni di relazione con l'amore della sua vita: una stupida partecipazione.
Un mese, e poi la minima speranza che albergava in fondo al suo animo gli sarebbe stata strappata dal petto.
Che poi, quale speranza poteva mai avere? Di riallacciare i rapporti? Di tornare ad essere amici? Di ridiventare il suo ragazzo?
Non era certo così sprovveduto e ingenuo da permettersi di sognare una cosa del genere.
E poi, perchè avrebbe dovuto? Lui aveva smesso di amare Blaine quel lontano giorno di ottobre... E l'avrebbe dimostrato a tutti, in particolare a se stesso.
"Devo andare a quel matrimonio" la frase gli uscì in un sussurro confuso.
"Come?" domandò Rachel, alzando la testa e fissandolo.
"Devo andare a quel matrimonio. Anche se significa ritornare a Lima." ripetè Kurt, con un filo di voce in più.
"Cosa? Ma sei sicuro? Insomma... Non vorrei che ti facesse troppo male. Non devi farlo per forza! Non ti costringe nessuno..."
Il ragazzo puntò gli occhi di ghiaccio in quelli della sua amica. "Devo farlo, Rachel."
Davanti a quell'affermazione convinta, la ragazza non se la sentì di contraddirlo, e si ritrovò ad annuire lentamente. "Io verrò con te." 
Kurt riuscì persino a sorriderle per un attimo "Vedrai che tra qualche giorno al massimo arriverà anche il tuo invito" la rassicurò, ma dentro di sè si sentì morire.
Era sicuro di dover andare a quel matrimonio. Doveva mettere la parola "fine" a quella... relazione una volta per tutte. Magari vederlo felicemente sposato gli avrebbe dato il coraggio necessario per buttarsi a capofitto in un nuovo flirt.
Per ora, doveva solo cercare di sopravvivere ad ognuna di quelle spine acuminate che stavano affondando nel suo petto senza pietà.
  
 
Le tre settimane che precedettero il loro ritorno a Lima passarono ad una velocità estenuante. Almeno, così le percepì Kurt. Fortunatamente il lavoro alla redazione lo tenne particolarmente impegnato, così durante le ore di luce non ebbe neanche il tempo di pensare a cosa sarebbe successo da lì a trenta giorni...
Ventinove...
Ventotto...
Ventisette...
Ma la notte era un altro paio di maniche. La notte era dannatamente silenziosa, cupa, opprimente... Il ragazzo si girava e rigirava nel letto per ore, senza riuscire a prendere sonno. C'erano sere in cui le sue urla furiose erano attutite dalla stoffa del cuscino, altre in cui le lenzuola erano bagnate dalle sue lacrime amare, altre ancora in cui i suoi occhi spalancati e vacui erano fissi sul soffitto spoglio della camera. Non dormiva più, non riusciva a mangiare, ogni ora era una stilettata nel petto, ogni settimana una morsa dolorosa che strangolava il suo cuore.
Non sapeva cosa fare. Si ritrovò a sperare che quel dannato quindici ottobre arrivasse e passasse, così che lui potesse ricominciare a vivere la propria vita. Che poi, era forse vita, quella? Sarebbe stata vita, con la convinzione che l'unico ragazzo che avesse mai amato era riuscito a dimenticarlo?
Doveva smetterla di comportarsi come un ragazzino: ormai erano passati quattro anni. In quattro anni le cose cambiano, le persone cambiano, i sentimenti cambiano.
Allora perchè aveva la sensazione che i suoi, di sentimenti, non fossero cambiati affatto? C'era stato un periodo in cui aveva odiato Blaine. Lo aveva odiato con tutto se stesso per quello che aveva fatto a entrambi, perchè aveva buttato all'aria il loro amore, le loro promesse, i loro sogni... Lo aveva odiato perchè continuava ad amarlo con tutto se stesso nonostante il dolore che gli aveva inflitto.
Eppure il suo stupido orgoglio gli aveva impedito di rispondere ai suoi messaggi, alle sue chiamate, alle sue lettere. Aveva paura che, se avesse sentito la sua voce pronunciare delle scuse, sarebbe crollato miseramente, pregandolo pur di riaverlo fra le proprie braccia. Perdonarlo avrebbe significato riaccoglierlo nel proprio cuore e dargli la possibiità di ferirlo ancora, e lui non ne poteva più di soffrire.
E adesso, dopo quattro lunghi anni, era lì, a fare avanti e indietro dall'armadio per chiudere gli ultimi vestiti in valigia e trovare il coraggio di partecipare al matrimonio del suo primo (e forse ultimo) amore. Solo un'altra settimana, e poi tutto sarebbe stato solo un ricordo. Poteva farcela, doveva farcela.
Si era chiesto più volte perchè mai Blaine avesse deciso di invitarlo, quando non riuscivano a stare nella stessa stanza per più di due minuti senza iniziare a lanciarsi occhiate di sottecchi o rischiare un crollo nervoso. 
Sii realista, Kurt. Se questo è quello che provi tu, non significa che anche lui si ritrovi nelle stesse condizioni.
Magari gli sei del tutto indifferente, ormai
L'ennesima, calda lacrima gli scivolò lungo la guancia, ma il castano l'asciugò quasi con stizza.
Non c'era più niente che potesse fare, se non stare lì e sperare di sopravvivere al dolore. Quello che non ti uccide ti fortifica, dicono. 
I giochi si erano chiusi, e lui era stato eliminato dal tabellone molto tempo prima.
Le sue mani chiusero inesorabilmente la zip della valigia, tremando leggermente.
 
 
I grattacieli di New York si fecero via via più piccoli mentre l'aereo decollava silenziosamente, lasciandosi alle spalle quella meravigliosa città. Kurt appoggiò la fronte al vetro freddo del finestrino, lasciandosi cullare dalla riproduzione casuale del suo Ipod.
Una settimana, continuava a ripetersi, una settimana e poi tutto questo sarà finito.
Rachel, seduta nel posto dietro di lui con la mano intrecciata a quella di Finn, proprio non riusciva a capire perchè il suo migliore amico avesse deciso di soffrire in quel modo. Era chiaro che l'idea di partecipare a quel matrimonio lo stava logorando lentamente, eppure non era riuscita a convincerlo a rimanere a casa. Si sentiva così impotente.
Sospirò, osservando con tristezza la figura smagrita e pallida di Kurt, malinconicamente afflosciata contro il seggiolino. Aveva sempre saputo che il ragazzo era ancora incondizionatamente innamorato di Blaine, e aveva visto i suoi pseudo-fidanzati passare senza lasciare la minima traccia su di lui; sinceramente, dubitava persino che si ricordasse i loro nomi. Sbuffò, sistemandosi la gonna con espressione corrucciata. 
"Rach, cosa c'è?" chiese Finn a bassa voce, guardandola preoccupato.
"C'è che Kurt sta uno schifo e io non so come aiutarlo" ribattè lei, profondamente irritata. "E c'è che Blaine Anderson poteva anche dimostrare un minimo di tatto e aggiungere qualcosa come 'mi dispiace tanto' o 'sono un idiota colossale' a quella dannata partecipazione, invece di limitarsi ad informarlo che si sarebbe sposato con quel microcefalo di Smythe! Giuro che li ammazzerei con le mie mani!"
Il ragazzo si mordicchiò le labbra, sorridendo e distogliendo lo sguardo. 
"Cos'è che ti fa tanto ridere?" chiese Rachel, guardandolo storto.
"Oh, assolutamente niente, amore." rispose l'altro, facendosi immprovvisamente serio. "Mi passeresti quella rivista?" 
 
Quando partì la canzone, Kurt era convinto che lassù qualcuno ce l'avesse con lui.
 
Made a wrong turn, once or twice 
Dug my way out, blood and fire 
Bad decisions, that's alright 
Welcome to my silly life 
 
Il ragazzo si irrigidì visibilmente sul seggiolino, spalancando le palpebre. Andò in iperventilazione, con il cuore a mille, incapace persino di cambiare canzone. Da quanto tempo non la ascoltava... Non pensava neanche di averla lasciata nell'Ipod.
Il ricordo di quando "Perfect" aveva assunto un nuovo significato, per loro, lo investì come un treno in corsa.
 
Kurt chiuse la porta dietro di sè, appoggiandovi la schiena con fare stanco. 
Un singhiozzo soffocato sfuggì dalle sue labbra, e una lacrima gli scivolò lungo la guancia nivea.
Una mano soffice e delicata accarezzò il suo viso, asciugandogli le gote umide. "Kurt..." sussurrò una voce carezzevole, proprio davanti a lui. Solo a quel punto Hummel alzò la testa, incrociando gli occhi luminosi e caldi di Blaine, che lo guardava con un misto di tenerezza e preoccupazione.
Il castano fece per passarsi una mano fra i capelli, ma le sue dita incontrarono subito qualcosa di freddo e rigido che gli stava schiacciando il ciuffo. Improvvisamente il suo sguardo si fece rabbioso, e afferrò la corona che aveva in testa per scagliarla in un angolo della stanza, producendo un tintinnio metallico.
Un altro singhiozzo gli squassò il petto, e le lacrime ritornarono ad incastrarsi fra le sue ciglia. Senza pensarci due volte, si gettò sul proprio ragazzo, stringendogli convulsamente le braccia al collo e affondando il viso fra i suoi ricci morbidi. Inspirò profondamente, riconoscendo il familiare profumo di miele e nocciola, e i suoi muscoli si distesero immediatamente. Blaine si irrigidì un attimo per la sorpresa, ma la sua reazione non si fece attendere: avvolse con fare protettivo la vita di Kurt, facendo aderire completamente i loro toraci. Con la mano sinistra iniziò ad accarezzargli i capelli, cercando di tranqullizzarlo. "Va tutto bene, Kurt. E' tutto passato." gli sussurrava all'orecchio, con voce dolce ma provata.
"Mi...mi hanno umiliato!" riuscì a mormorare l'altro fra le lacrime, spezzato dal dolore. Le sue mani si strinsero ancora di più allo smoking del riccio, stropicciandolo. "Avevi ragione tu... Ci sono riusciti... Ci riescono sempre... A far-- farmi sentire maledettamente sbagliato!" gridò contro la sua spalla, tremando.
Blaine lo allontanò da sè per poter incrociare i suoi occhi chiarissimi e arrossati dal pianto, appoggiando entrambi i palmi sul suo viso e impedendogli di distogliere lo sguardo. "Tesoro, ascoltami." iniziò, con voce ferma. "non c'è assolutamente niente di sbagliato in te, hai capito? Sei la persona più meravigliosa, dolce, coraggiosa e intelligente che ci sia su questo dannato pianeta, e non puoi permettere che uno stupido scherzo ti butti giù... Sono stato così fiero di te quando sei salito sul palco e hai preso quella corona, dimostrando loro che non possono toccarti... Che non possono toccare quello che abbiamo." la sua voce calda vibrò d'emozione sulle ultime parole, e i suoi occhi dorati si facero ancora più lucidi.
Kurt lo guardò un attimo senza parole, con la bocca semi-dischiusa dallo stupore "Non so come farei senza di te..." riuscì a sospirare alla fine, con un timido sorriso innamorato.
"Saresti comunque perfetto" gli assicurò il riccio, prima di avvicinare il proprio viso al suo e far combaciare le loro labbra in un dolce e soffice bacio.
Si separarono dopo qualche istante, poggiando le fronti una contro l'altra e sorridendo inverosimilmente.
Il cuore di Kurt vibrò e le sue guance si imporporarono di piacere quando Anderson iniziò a canticchiare con voce calda sulle sue labbra.
 
Pretty, pretty please
Don't you ever, ever feel
Like you're less than 
fuckin' perfect to me
 
Una mano lo scosse leggermente per la spalla, e Kurt si svegliò di soprassalto, rischiando di sbattere una testata contro il finestrino. Non si era neanche accorto di essersi addormentato. Gli auricolari gli erano scivolati dalle orecchie, e ora giacevano sulle sue spalle, ma continuavano a trasmettere le note di una canzone.
"Mi dispiace di averti svegliato, Kurt... Ma siamo arrivati" lo informò Rachel, sporgendosi oltre il suo seggiolino, sorridendo rassicurante.
Il ragazzo si irrigidì di colpo, mentre il suo cuore iniziava a martellargli nel petto.
Attaccò il viso al vetro, e iniziò a distinguere il familiare aereoporto di Lima che si faceva sempre più grande sotto i suoi occhi.
Non si sentiva pronto ad incontrare la sua famiglia, i suoi amici del Glee, Blaine...
Avvertì una lieve sensazione di nausea alla bocca dello stomaco, ed era certo di aver appena assunto un colorito verdognolo poco sano. Si massaggiò la radice del naso fra il pollice e l'indice, e solo in quel momento si accorse di avere le guance leggermente umide di lacrime. 
 
"Ehi, papà! Così mi soffochi!" ridacchiò Kurt, la voce ovattata dal golf di suo padre.
Burt Hummel lo liberò dalla morsa delle proprie braccia, con gli occhi luicidi, sistemandosi nervosamente il cappellino sulla testa. "Scusa, figliolo. E' che mi sei mancato tanto."
"Anche tu mi sei mancato, papà." rispose il ragazzo, sinceramente commosso, prima di abbandonarsi all'abbraccio più soffice e meno irruento di Carole, che aveva appena salutato affettuosamente Finn e Rachel.
"Come sei cresciuto dall'ultima volta!" esclamò la donna, sorpresa. "E sei anche più magro!"
Il castano evitò di specificare che nelle ultime tre settimane aveva perso più o meno due chili per colpa dello stress, e cambiò argomento. "Dove sono i ragazzi del Glee?" chiese, cercando qualche volto familiare tra la folla che correva su e giù per l'aeroporto. Ora che aveva rotto il ghiaccio coi propri genitori, non vedeva l'ora di rincontrare le vecchie 'Nuove Direzioni': magari l'avrebbero aiutato a distrarsi da tutta quella situazione. Il suo sguardo si fece confuso quando notò le strane occhiate che si scambiarono Burt e Carole. "Ehm... Mercedes, Puck, Santana, Mike e Quinn devono ancora tornare a Lima, mentre gli altri... Gli altri stanno aiutando Blaine a sistemare... sistemare le ultime cose." borbottò l'uomo con gli occhi bassi, controllando di sbieco la reazione di suo figlio.
Preparare le ultime cose per il matrimonio... Il matrimonio di Blaine. 
Il cuore di Kurt si incrinò ulteriormente, e lui si ritrovò a deglutire, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
No, non di nuovo! Ho già pianto abbastanza. Tra quattro giorni si sposeranno, e io tornerò a NY. Tutto come prima.
Sentiva gli sguardi ansiosi degli altri quattro su di sè, perciò si sforzò di assumere un'aria indifferente, o, per lo meno, neutra. "Ah, ok... Allora credo sia meglio tornare a casa... Scusate, ma il viaggio mi ha scombussolato un po'."
Senza attendere una risposta, afferrò il manico della propria valigia, e iniziò a trascinarla velocemente verso l'uscita dell'aeroporto, a testa bassa.
Si sentiva soffocare.
"Non ce la faccio a vederlo così..." sussurrò tristemente Carole, appoggiandosi alla spalla di suo marito.
"Lo so, ma vedrai che dopo starà bene."
 
Kurt si fermò sulla soglia della propria camera, poggiando delicatamente a terra la valigia.
Era tutto esattamente come l'aveva lasciato.
Il letto a due piazze, la coperta color crema in tinta con le pareti, l'enorme armadio in mogano, la scrivania in legno chiaro posta sotto la finestra...
Quasi senza pensare si avvicinò al proprio letto, e vi si distese supino, facendo ciondolare le gambe sulla moquette a pelo lungo. Intrecciò le mani sullo stomaco e chiuse gli occhi, cercando di respirare profondamente e tranquillizzarsi.
C'era qualcosa in quella stanza che gli ricordava il se stesso di diciotto anni: impacciato, insicuro, ingenuo... Fino a quattro anni prima quella camera era stata il suo rifugio, il suo porto sicuro... E adesso, la sentiva a malapena come propria. Appoggiò l'avambraccio destro sugli occhi, provando a capire come mai si sentisse fuori posto.
C'erano così tanti ricordi, lì dentro...
 
"Blaine!" ansimò Kurt, rabbrividendo. "Mio padre è di sotto!"
Il moro continuò a mordicchiare la pelle della sua clavicola, stringendogli dolcemente i fianchi.
"Oh, andiamo Kurtie... Lo sai che non riesco a resisterti quando ti metti questa maledetta camicia" mugolò, senza staccare la bocca dalla sua gola.
Il castano sorrise di nascosto, avvampando: certo che lo sapeva, se la metteva apposta.
"Blainey..." ritentò, con poca convinzione.
 Quando le labbra soffici di Blaine risalirono lentamente lungo il suo collo candido, arrivando a tormentare un punto imprecisato dietro al suo orecchio, tremò visibilmente, artigliando i suoi ricci.
"Beh, questo sì che è interessante..." ghignò il Warbler, soddisfatto della sua reazione. "Vediamo se..."
Avvicinò ancora di più i loro toraci, riuscendo ad afferrare il lobo del suo orecchio e a stringerlo delicatamente fra i denti; Kurt si lasciò sfuggire un sospiro spezzato, mentre un brivido gli attraversava la spina dorsale e il familiare odore di nocciola e miele dei suoi capelli gli incendiava le narici. Blaine ridacchiò sulla sua gola, soffiando sulla pelle sensibile, e iniziò a succhiare con tutta l'energia che aveva quel morbido lembo di carne. 
Il castano gemette distintamente, serrando le palpebre e intrecciando i suoi ricci attorno alle dita. 
Aveva la mente annebbiata, il viso in fiamme e il cuore in gola, e la lingua di Blaine vicino al suo orecchio lo stava facendo impazzire.
"Penso di aver trovato il tuo punto debole..." soffiò il moro a due millimetri dalle sue labbra, pronto a lanciarsi in un bacio mozzafiato.
Kurt lo fermò con un sorrisetto, poggiando le mani sulle sue spalle. "Penso che adesso sia il tuo turno."
L'altro lo guardò con espressione confusa, ma non ebbe il tempo di dire alcunchè, perchè Hummel lo fece arretrare finchè non andò a sbattere contro la scrivania. Le sue dita sottili scivolarono sui fianchi di Blaine, e con un piccolo sforzo riuscì a sollevarlo su quella superficie chiara, per poi farsi spazio fra le sue gambe e far sfiorare le punte dei loro nasi.
"Stupiscimi" lo sfidò Blaine, con sguardo malizioso.
Il controtenore ghignò, iniziando a lasciare una striscia di baci umidi e bollenti lungo tutta la sua mascella, evitando accuratamente le labbra; sentì il Warbler sospirare di piacere e rabbrividire quando arrivò all'altezza della gola.
Decise di farsi più intraprendente, e i suoi tocchi leggeri si trasformarono in morsi e succhiotti, che vagarono sul suo collo olivastro alla ricerca del punto più sensibile. Le sue mani affondarono in quei deliziosi capelli ricci, e un gorgoglio cupo molto simile a delle fusa si fece strada nella gola di Blaine.
Ormai la presenza di Burt al piano di sotto era diventata assolutamente irrilevante.
Kurt sorrise sulla sua pelle, prima di tirare fuori la punta della lingua e farla scorrere sperimentalmente sul suo pomo d'adamo; a quel movimento, il moro fremette, e si fece sfuggire un rantolo.
Trovato.
Hummel ridacchiò, soddisfatto, e iniziò a succhiare, mordicchiare e tormentare il lembo di pelle scura vicino alla giugulare, beandosi di ogni sospiro e gemito che scivolava dalle labbra del suo fidanzato.
Le sue mani scivolarono sotto la t-shirt di Blaine, e iniziarono ad accarezzare dolcemente le ossa sporgenti dei suoi fianchi, soffermandosi sui lunghi solchi a V che sparivano nei suoi jeans. Il Warbler rabbrividì, emettendo un mugolio spezzato e spingendo automaticamente il bacino verso di lui.
"Baciami" sospirò, quasi scongiurandolo.
Kurt non se lo fece ripetere due volte, e abbandonò la sua gola sollevando il viso.Un attimo dopo, le sue labbra si stavano muovendo dolcemente insieme a quelle soffici e morbide di Blaine, mentre le loro lingue si intrecciavano nelle loro bocche.
 
Kurt si portò istintivamente l'indice destro all'orecchio, accarezzando leggermente il lobo.
Dopo di lui, nessuno dei suoi ragazzi era riuscito a trovare quel punto così sensibile... Per un attimo si chiese se Sebastian avesse scoperto quella zona sulla gola di Blaine che lo faceva sospirare e rabbrividre; oppure se intrecciasse le dita ai suoi ricci come era solito fare lui, se gli mordicchiasse il labbro inferiore, se amasse far scorrere le punte delle dita sulla sua schiena muscolosa...
Il pensiero che qualcuno avesse il privilegio di toccare Blaine come (una volta) poteva fare solo lui, gli fece torcere lo stomaco in una stretta ferrea, ed era abbastanza sicuro che un altro frammento del suo cuore si fosse sbriciolato nel suo petto. D'altra parte, anche per questo non era riuscito a perdonarlo del suo tradimento: l'idea che qualcuno che non fosse lui lo avesse accarezzato, baciato, fatto gemere e sospirare, lo mandava al manicomio. 
Ma adesso doveva farsene una ragione. Ce la poteva fare ad assistere al bacio che avrebbe suggellato l'amore fra Blaine e Sebastian. Il bacio che avrebbe allontanato per sempre l'unico ragazzo che avesse mai amato. E che adesso non era più suo.
Kurt si girò su un fianco, abbracciando il cuscino su cui, molti anni prima, Blaine dormiva quando rimaneva a casa da lui.
Per un attimo, solo per un attimo, gli parve di avvertire il profumo dei suoi capelli sulla federa bagnata di lacrime.
 
Svegliarsi in quella stessa stanza si  rivelò leggermente destabilizzante: per un attimo si sentì il sedicenne preso di mira dai bulli di sette anni prima.
Ma c'era un dettaglio più importante, un numero che lo tormentava da quando si era alzato dal letto.
-2
Non poteva smettere di pensarci, gli trapanava il cervello, impedendogli di distrarsi. Era una sensazione che non riusciva a definire, qualcosa di freddo che gli attanagliava lo stomaco, il petto, impedendogli di respirare a pieni polmoni.
Sfogliava Vogue con aria assente, il mento appoggiato sul palmo della mano e le gambe incrociate sul letto. Quel giorno il cielo era terso, e un leggero venticello freddo sgusciava fra le tende della finestra, accarezzandogli la nuca e facendogli venire la pelle d'oca.
Sospirò, passandosi una mano fra i capelli e inumidendosi il dito per voltare pagina.
TOC TOC
Un discreto bussare alla porta lo distrasse dai suoi pensieri.  "Avanti"
Fece capolino il viso di Rachel, disteso in un dolce sorriso. "Ehi, Kurt" lo salutò, entrando e guardandosi intorno con aria sognante. "Era da un sacco di tempo che non entravo qui dentro..." mormorò, più a se stessa che a lui.
Kurt la seguì con gli occhi mentre lei accarezzava con la punta delle dita l'armadio, la scrivania... La capiva: era la stessa sensazione che aveva provato lui qualche giorno prima: un misto di nostalgia e tristezza.
Dopo qualche secondo la ragazza si riscosse, riportando l'attenzione su di lui e comunicandogli il motivo della visita. "Finn e io andiamo a prendere un caffè... Ti va di venire?"
Il controtenore si accarezzò la nuca, pensieroso. Non era molto in vena di uscire di casa, a dire la verità, ma persino lui aveva capito che rimanere da solo coi propri pensieri troppo a lungo poteva essergli fatale.
Inoltre, quel periodo dell'anno era perfetto per una tazza di caffè caldo, soprattutto considerando la dipendenza che il ragazzo aveva per quella bevanda.
Rachel lo squadrò con aria implorante, rimanendo silenziosamente appoggiata alla scrivania.
"Va bene" si arrese Kurt con un sospiro, scivolando dalle coperte. "Fammi prendere qualcosa da mettere addosso e sono pronto."
L'amica gli regalò un sorriso smagliante, allacciandosi gli ultimi bottoni del cappotto verde e avviandosi alla porta. "Ci vediamo di sotto" gli lanciò un bacio volante e lasciò la camera, trotterellando allegramente giù per le scale. "Ehi, Finn, avevi ragione!" gridò, rivolta alla cucina.
Il castano ridacchiò, scegliendo un cappotto grigio dall'armadio.
La solita discrezione di Rachel Berry.
 
 
Oh, merda.
Chiariamoci, Kurt Hummel non era mai stato una persona volgare. Mai.
Tra l'altro, imprecare dopo essersi reso conto di non aver considerato un piccino, piccino sebbene cruciale dettaglino, non poteva proprio essere classificato come "volgare", no?
Quando aveva accettato di uscire per prendere un caffè, mai gli sarebbe venuto in mente che fra tutti i bar/ristoranti/cafè dell'Ohio, Finn avesse deciso di trascinarlo proprio al Lima Bean.
Tanto meno gli sarebbe passato per l'anticamera del cervello che il suo fratellastro e la sua presunta migliore amica lo avrebbero scaricato lì davanti, senza la possibilità di replicare, dopo un confuso: "Dobbiamo... ehm... fare una cosa. Ma tu entra e ordina pure... Torniamo tra poco."
Tutto chiaro, no?
E adesso era lì, inchiodato fuori da quell'innocente caffetteria, con brividi gelati che gli correvano lungo la spina dorsale. E non tutti erano dovuti al freddo pungente di quel pomeriggio. Continuava a tormentarsi le mani, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. 
Per un attimo considerò l'idea di girare i tacchi e tornarsene a casa, perchè non poteva semplicemente mettere piede nel cafè in cui si erano detti "Ti amo" per la prima volta; in cui avevano deciso di partecipare al prom insieme; in cui avevano cantato il giorno di San Valentino... Proprio non poteva. Il suo cuore martoriato non avrebbe retto ad un colpo del genere. Aveva una dannata paura di tutti i ricordi che sarebbero certamente riaffiorati se avesse messo piede lì dentro, e non ci teneva a scoppiare a piangere disperatamente davanti ad una povera commessa che tentava di pagarsi gli studi universitari
Maledizione! Come posso pensare di partecipare al suo matrimonio, se non riesco neanche ad entrare lì dentro?
Sobbalzò. Ogni volta che pensava la parola "matrimonio", il cuore gli sprofondava dolorosamente nel petto, e lo stomaco si chiudeva in una presa ferrea. Si sentiva così dannatamente frustrato, impotente e stupido. Molto, molto stupido.
Aveva voglia di mettersi ad urlare in mezzo al centro di Lima, magari pestando istericamente i piedi, perchè non era assolutamente giusto.
Non era giusto che Blaine l'avesse tradito.
Non era giusto che fosse riuscito ad andare avanti.
Non era giusto che l'avesse dimenticato.
Ma, soprattutto, non era giusto che Kurt dovesse ancora provare... tutto quello quando si ritrovava a pensare a lui; dal momento che, a quanto pare, il suddetto lui non si faceva neanche troppi scrupoli ad invitarlo al proprio matrimonio.
Il suo umore oscillava dalla depressione più nera all'irritazione più profonda.
Oh, al diavolo. Ne va della mia dignità.
Prese un respiro profondo e, senza pensarci due volte, spalancò con poca grazia la porta della caffetteria.
Rimase un attimo fermo all'uscio, sentendo appena lo scampanellio cristallino che aveva accompagnato la sua entrata ad effetto. Era tutto esattamente come se lo ricordava: le vetrate che affacciavano sulla strada, i  tavolini rotondi, il bancone dei dolci accanto alla cassa, i piccoli divanetti appoggiati contro la parete...
Tutto dolorosamente e meravigliosamente familiare. Inspirò a pieni polmoni il rilassante profumo di caffè che permeava l'aria, mentre il calore delle stufe lo avvolgeva morbidamente.
Si riscosse solo quando venne urtato da un uomo diretto all'uscita, e spostò lo sguardo sulla fila davanti a sè.
In quell'esatto momento, si sentì morire.
Il fiato gli si mozzò in gola e il cuore iniziò a galoppare nel suo petto; fu tentato di appendersi alla prima ragazzina che gli capitò sotto tiro, visto che le ginocchia iniziarono a tremargli pericolosamente.
No. No. NO. NON E' POSSIBILE.
Non era possibile che a ad una decina di persone da lui ci fosse Blaine. Doveva essere frutto della sua immaginazione.
Non poteva essere vero. Non poteva.
Eppure era lì, di spalle, bello come sempre. 
Kurt avrebbe potuto riconoscere ovunque quei morbidi ricci mori trattenuti dal gel, quegli aderenti pantaloni neri arrotolati sopra la caviglia, il lungo cappotto scuro che gli fasciava perfettamente la schiena...
Avrebbe voluto voltarsi e scappare. Avrebbe voluto correre lontano da lui finchè avesse avuto fiato in corpo, fino a farsi bruciare i muscoli delle gambe. 
Ma c'era qualcosa che lo tratteneva, incapace di muovere un passo, col cuore in gola e la pelle d'oca, gli occhi spalancati fissi sulla sua figura.
E poi Blaine si girò verso di lui.
Proprio come nei film, il castano vide la scena al rallentatore, mentre i suoni attorno a lui si facevano ovattati, e gli altri clienti semplicemente sparivano. C'era solamente lui
Hummel avrebbe voluto distogliere lo sguardo, fingendosi interessato alle decorazioni che pendevano dal soffitto, incuriosito dai dolci del bancone... Ma non era capace di fare una qualunque di queste cose, perchè, dopo quattro anni, sentiva quello sguardo dorato puntato su di sè. E non si era mai accorto di quanto realmente ne avesse sentito la mancanza.
Deglutì rumorosamente, stringendo la tracolla talmente forte da farsi sbiancare le nocche, più agitato che mai.
I suoi occhi spalancati accarezzarono i tratti armonici del viso di Blaine, scivolando sulle sue sopracciglia arcuate, sulle lunghe ciglia scure, sulla mandibola pronunciata coperta da un sottile strato di barba... Lasciò i suoi occhi per ultimi, conscio della reazione che gli avrebbero causato. Come previsto, nel momento esatto in cui incontrò quelle iridi luminose, un brivido gli percorse la spina dorsale, avvolgendogli lo stomaco in una morsa familiare. Riuscì a leggere ogni singola emozione che sporcò quel caramello fuso: shock, sorpresa, confusione, sollievo e... felicità?
Ci siamo lasciati in un modo terribile, e lui è contento di vedermi?!
Poi Anderson sorrise, uno dei suoi soliti sorrisi spontanei, entusiasti, che rendono i suoi occhi ancora più dannatamente fantastici, e il cuore di Kurt si fermò.
Quanto gli erano mancati i suoi sorrisi, il modo in cui le palpebre gli si socchiudevano leggermente, le adorabili fossette che si formavano agli angoli della sua bocca... Si ritrovò ad arricciare leggermente le labbra in risposta, come aveva sempre fatto.
E una parte di lui sapeva che tutto quello era assolutamente sbagliato, perchè molte, troppe cose erano cambiate da quando il  viso gli si illuminava solo perché Blaine faceva il suo ingresso nell'aula del Glee. Tutto era cambiato. 
Non si accorse di essere rimasto imbambolato a fissare l'altro ragazzo finchè questi non inclinò leggermente la testa di lato (altro dettaglio che gli parve fin troppo familiare), facendogli cenno di avvicinarsi.
Probabilmente, se fosse stato una persona normale, Kurt avrebbe scosso la testa con decisione, girando i tacchi e uscendo in grande stile dalla caffetteria. Ma lui non era mai stato una persona normale.
Senza staccare gli occhi dai suoi, superò praticamente fluttuando le persone che lo precedevano, guadagnandosi sbuffi scocciati e rimproveri a mezza voce.
Kurt, ma cosa diavolo stai facendo?! Tu lo odi, ti ha tradito, e adesso devi anche partecipare alla celebrazione del suo eterno amore per quel bastardo di Smythe!
"Ciao" lo salutò Blaine con voce calda, come se non si vedessero che da qualche giorno.
"Ciao" la propria voce risultò strana alle sue stesse orecchie: sembrava troppo tranquilla, quasi apatica. Davvero curioso, considerando che era talmente nervoso che il cuore sembrava volergli uscire dalla cassa toracica.
Rimasero qualche altro istante in silenzio, fissandosi negli occhi, persi in chissà quali ricordi.
Magari anche lui sta pensando a tutti i momenti trascorsi in questa caffetteria... Magari anche io gli sono mancato...
Stupido, stupido Kurt! Si sta per sposare, non si sarà nemmeno accorto della tua assenza! Scommetto che non appena ci siamo lasciati, si è gettato fra le braccia di Smythe.
A quel pensiero, un lampo di dolore attraversò i suoi occhi azzurri, e Hummel si irrigidì, fingendo di interessarsi alla fila che continuava a scorrere davanti a loro.
Davvero non riusciva a capire come fosse finito in quella situazione assurda... Ricapitolando:
era al Lima Bean, in compagnia del suo ex (che gli faceva ancora uno strano effetto), alla quasi-vigilia del matrimonio del sovracitato, ancora indeciso se gettargli le braccia al collo per abbracciarlo o per strangolarlo.
Viva le occasioni emozionanti che la vita ti regala!
Spostò il peso da un piede all'altro, urtando accidentalmente il braccio di Blaine, coperto dalla stoffa del cappotto.
Un brivido gli attraversò l'avambraccio, facendogli venire la pelle d'oca, ma si costrinse a respirare normalmente.
Dannatissimo Anderson!  Quattro anni sono passati, maledizione! Ti odio, insopportabile ammasso di profumato dopobarba, riccioli morbidi, occhi luminosi e sorri-
"Ti trovo bene, sei in gran forma" il complimento dell'altro ragazzo, accompagnato dal suo sorriso meraviglioso, lo fece boccheggiare per un secondo. 
Mi trovi bene?! Ma dico, ti senti quando parli!? E smettila di guardarmi con quei dannatissimi occhi da cucciolo, che poi finisco per dire cose come...
"Anche tu"
Ecco, peeerfetto. Kurt, hai usato un tono sospirante, vero? Perchè senza non saresti stato abbastanza patetico.
Doveva ammettere di aver sentito la mancanza del proprio sarcasmo, nelle ultime quattro settimane; a quanto pare, era la presenza del riccio a risvegliarlo...
"Quindi..." continuò Blaine, con tono apparentemente casuale "come vanno le cose a New York?"
Andrebbero meglio, se ci fossi tu con me...
Oh, cazzo. Nononono. Kurt, non ci provare. Torna in te, tu non hai bisogno di lui.
Il castano fece spallucce, tentando di mettere a tacere le voci nella propria testa. "Abbastanza bene, direi. Il lavoro a Vogue.com è pesante, ma mi dà molte soddisfazioni." Le sue labbra sottili si tesero in un sorriso forzato.
Cos'è che si chiede in queste situazioni?
"Come vanno i preparativi per il matrimonio?
 Come sta Sebastian?
 Che colore avete scelto per i centro-tavola?
 Mi ami ancora?"
Fortunatamente per lui, l'arrivo al bancone gli impedì di formulare una qualsiasi di queste frasi, la cui risposta l'avrebbe sicuramente reso ancora più depresso. Sempre che fosse possibile, certo.
"Cosa vi preparo, ragazzi?" chiese gentilmente una commessa bionda.
Kurt fece per aprire bocca, ma fu preceduto.
"Un espresso e un non-fat mocha, grazie" ordinò per entrambi il moro, il volto disteso in un sorriso rilassato.
Hummel si girò verso di lui, con la bocca spalancata e l'espressione sconvolta.
Lui si ricorda... se lo ricorda?!
 
 
"Sai come prendo il caffè?"
"Certo!"
 
 
Sentì un rossore ormai poco familiare inondargli le guance, mentre qualcosa di non ben definito iniziava a svolazzare nel suo stomaco.
Blaine si accorse della sua aria interdetta, e arrossì vistosamente. "Oh, Dio, che idiota. Probabilmente tu hai cambiato ordinazione... Scusa, è stata una cosa del tutto istintiva..." iniziò a borbottare, gesticolando vistosamente.
Kurt lo interruppe, poggiandogli una mano sulla spalla con un gesto molto, troppo naturale. 
Non mi ricordavo quanto fossi adorabile quando sei nervoso.
"No, Blaine, non ho cambiato ordinazione... Solo che non pensavo che te lo ricordassi, tutto qui..." ammise, con un filo di voce. Il volto dell'altro si ridistese, e le sue labbra soffici si aprirono in un sorriso. "Certo che me lo ricordo..." ribattè, quasi con ovvietà. "Certe cose non cambiano..." aggiunse, con un'occhiata intensa.
Hummel credette di affogare in quelle iridi verdi, castane e dorate, mentre le ginocchia rischiavano di cedere sotto il suo peso.
No, certe cose non cambiano...
Si accorse di aver ancora la mano poggiata sulla sua spalla quando le dita iniziarono a formicolargli, e si affrettò a ritirarla, distogliendo lo sguardo, imbarazzato.
"Ecco a voi" il rumore delle tazze di caffè poggiate sul bancone li riportò alla realtà, e Kurt afferrò meccanicamente la propria. Infilò una mano nella tasca dei jeans per estrarre delle monete, ma una banconota era già stata prontamente afferrata dalla commessa. Blaine l'aveva preceduto. Di nuovo.
Un sorrisetto inconsapevole si disegnò sulle sue labbra sottili, mentre tentava di rivolgergli uno sguardo di rimprovero.
"Non guardarmi così" ridacchiò il riccio, allontanandosi dalla fila. "Quel caffè te lo offro io, e non ho intenzione di discutere."
Kurt si arrese di malavoglia, sbuffando sonoramente.
Blaine non commentò, limitandosi a scoccargli un'occhiata divertita. Scostò elegantemente una sedia da un tavolino libero, invitandolo a sedersi. "Ti va di rimanere un po' qui, o hai da fare?"
Il castano fece per avvicinarglisi, entusiasta, ma un medley di Pink iniziò a risuonare nell'aria, facendogli aggrottare le sopracciglia con aria confusa.
Dovevo immaginarlo, pensò ridacchiando, quando l'ex Warbler estrasse il cellulare dalla tasca, sorridendo con tono di scuse e portandoselo all'orecchio.
"Ehi, Seb!" esclamò, scoccando un'occhiata in tralice a Kurt, che sbiancò.
Sebastian.
Smythe.
Il suo futuro marito.
Ma cosa cavolo sto facendo!? Lui si sta per sposare... Fra due giorni. E io... Io sono qui ad arrossire, a farmi offrire il caffè, a sentire le farfalle nello stomaco! Non posso farlo. Non posso farlo.
Si sentì mancare la terra da sotto i piedi e fu costretto ad arpionarsi ad una sedia, cercando di respirare normalmente, con lo sguardo puntato sulle proprie scarpe.
Come aveva potuto essere così stupido? Ci era ricascato, per la seconda volta... E non poteva incolpare altri che se stesso. Gli occhi gli si inumidirono, mentre avvertiva un enorme macigno opprimergli il petto.
"Kurt? Kurt, stai bene?" la domanda ansiosa di Blaine gli giunse alle orecchie ovattata, ma Kurt non alzò neanche la testa.
"Scusa, devo andare. Ci vediamo al matrimonio." la sua voce si incrinò sensibilmente sull'ultima parola, e una lacrima riuscì a sfuggirgli dalle ciglia.
Senza aggiungere altro, girò i tacchi e si diresse fuori dalla caffetteria.
 
 
Kurt si sedette su una delle sedie in legno chiaro in terza fila, lisciandosi tranquillamente le pieghe dei pantaloni di velluto scuro. Alzò gli occhi sul gazebo bianco di fronte a sè, illuminato dai raggi del sole di quel quindici ottobre, non particolarmente freddo.
Non provava assolutamente niente. 
E con ciò non intendeva sostenere di aver saltellato allegramente sul tappeto rosso che i due futuri sposi avrebbero calcato di lì a mezz'ora, nè di essersi fermato ad annusare estasiato ogni singolo garofano rosa, o rosa in piena fioritura incontrati lungo la strada: questo era ovvio. Semplicemente, non sentiva nulla.
Completamente e irrimediabilmente apatico.
Dopo aver pianto per ore ed ore prima di addormentarsi, aver bagnato la federa di lacrime per l'ennesima volta, e aver avuto la sensazione di soffocare a causa del peso che gli gravava sul petto, aveva deciso di averne abbastanza. 
Ne aveva abbastanza dei flashback che li riguardavano, delle canzoni che si erano dedicati, del ricordo delle sue labbra morbide che lo sfioravano con dolcezza...
Erano bastati dieci minuti con Blaine in una stupida caffetteria per fargli capire che lo amava ancora. Che non aveva mai smesso.
Quella consapevolezza lo aveva investito come un tir sparato a tutta velocità lungo una strada in discesa.
Ebbene sì, lo amava ancora.
Lo aveva fatto dal primo momento in cui si erano incontrati sulle scale della Dalton, e probabilmente lo avrebbe fatto fino al giorno della sua morte.
Si lasciò sfuggire una risatina isterica: ironico che fosse arrivato a quella conclusione la sera prima del matrimonio, no?
Rachel, avvolta in un tubino rosa e seduta sulla sedia accanto alla sua, gli scoccò un'occhiata preoccupata. "Kurt, ti senti bene?"
"Mai stato meglio" pigolò lui con voce assurdamente acuta, concentrandosi sulle persone che stavano facendo il loro ingresso nel giardino, adibito per la cerimonia.
Scorse un gruppo ben nutrito di ex Warblers che si affrettava a prendere posto in prima fila, fremente d'aspettativa. Avvertì i capelli rizzarglisi sulla nuca quando Wes, David, Jeff e Nick (che si tenevano per mano) si voltarono verso di lui contemporaneamente (certe abitudini sono dure a morire), guardandolo in modo strano; Hummel si limitò a sorridere, alzando i pollici verso l'alto.
Le espressioni dei quattro ragazzi si fecero confuse, mentre un sopracciglio biondo di Sterling schizzava poco elegantemente verso l'attaccatura dei capelli.
Kurt si sistemò meglio sulla sedia, salutando con un cenno della mano Burt e Carole, arrivati in quel momento e rilegati in un angolino del prato. Anche loro due si riservarono un minuto per guardarlo con aria strana, prima di accomodarsi in ultima fila, l'unica ancora libera.
Si può sapere perchè mi guardano tutti in quel modo?
Il ragazzo che amo da sette anni si sta per sposare con un altro, e io non ho intenzione di fare alcunchè per impedirlo. E' così strano da credere?
In quel momento, Puck e Mercedes si accomodarono accanto agli altri membri delle New Directions, ammiccando discretamente nella sua direzione; vale a dire che tutti gli invitati si resero conto di quello scambio. E probabilmente lo fece anche l'ufficiale chiamato per presenziare alla cerimonia, che aveva raggiunto il gazebo proprio in quel momento: su tutto il giardino calò un silenzio carico di aspettativa.
Kurt non ebbe bisogno di girarsi per capire cosa stesse succedendo: il respiro trattenuto da tutti i presenti e la marcia nuziale bastò a fargli capire che Blaine e Sebastian avevano appena fatto il loro ingresso sul lungo tappeto. Si irrigidì istintivamente, artigliando i bordi della sedia con le dita sottili, gli occhi fissi sul gazebo. Cercò di respirare profondamente quando si rese conto che l'apatia stava ben presto lasciando spazio a qualcos'altro, qualcosa di molto più doloroso che gli soffocava il petto. Un mormorio concitato si alzò dalle file degli invitati quando i due ragazzi iniziarono ad avanzare tra le sedie, tenendosi per mano. Hummel fu in grado di vederli solo qualche minuto più tardi, quando finalmente arrivarono davanti al giudice di pace, e rimase senza fiato.
Blaine era... era semplicemente bellissimo. 
Un sorriso leggermente nervoso gli arricciava le labbra invitanti, illuminando i suoi occhi luminosi. I suoi ricci, finalmente liberi da quello strato di gel cementificato, gli ricadevano in ciocche ordinate ai lati del viso, sfiorandogli la fronte. Indossava uno smoking scuro dal taglio classico, che gli fasciava perfettamente la schiena e le spalle; i pantaloni di raso ricadevano morbidamente sulle sue gambe muscolose, coprendo in parte le lucide scarpe Dolce&Gabbana. Sotto la giacca portava una semplice camicia bianca, che metteva in risalto la sua meravigliosa pelle olivastra, fermata da una cravatta sottile ed elegante.
 
"Oh, andiamo Kurt!"
"Accidenti a te, Blaine! Lo sai che non riesco a resisterti se mi guardi in quel modo!"
"Beh, è la mia arma segreta! Allora? Ti prego, ti prego, ti prego."
"Va bene, va bene! Al nostro matrimonio potrai metterti un papillon, sei contento?"
"Assolutamente sì!"
"Uff... Posso almeno sapere di che colore hai intenzione di indossare quell'offesa alla moda?"
"Azzurro, ovviamente!"
"..."
"E' il colore dei tuoi occhi"
 
 
Non è necessario specificare che non degnò Smythe neanche di un'occhiata, troppo concentrato nell'impresa di non scoppiare a piangere come una ragazzina.
A malapena si rese conto che l'officiante aveva appena iniziato a parlare, gesticolando in modo alquanto familiare... Una parte del cervello di Kurt si accorse di aver già sentito quella voce da qualche parte...
Gli altri invitati (ma non solo) continuavano a lanciargli occhiate piuttosto strane, come se si aspettassero che facesse qualcosa di più che rimanere immobile come una statua di sale, gli occhi fissi sulle proprie scarpe tirate a lucido. 
 
"Sei l'amore della mia vita"
"Non ti dirò mai addio, ti amerò fino al giorno della mia morte. Te lo prometto."
 
 
Il cuore gli sprofondò un altro po' nello stomaco, e dovette farsi violenza fisica per non alzarsi immediatamente dalla sedia e precipitarsi senza troppi complimenti fuori di lì.
Perchè, perchè si era cacciato in una situazione del genere? Avrebbe dovuto saperlo che partecipare al suo matrimonio dopo aver capito di amarlo ancora l'avrebbe ucciso lentamente e dolorosamente.
Lui, apatico? Per favore! Era una drama queen nata, essere insensibile non era proprio nella sua natura.
Lui piangeva, si disperava, usciva di scena teatralmente...
 
"Amore?"
"Si, Kurt?"
"Stavo pensando una cosa..."
"..."
"Non credi che questa canzone, 'Come what may', sia... più intima del sesso?"
"adsgooofghyl coff coff"
"Blaine! Non ti soffocare con i pop corn!"
"Ehm, scusa Kurt, ma mi hai preso un po' di sorpresa... Cosa intendi esattamente con 'più intimo del sesso' ? Perchè potrei offendermi..."
"Umpf. Penso che dichiarare ad una persona che 'la amerai fino al giorno della tua morte, qualunque cosa accada', ti esponga molto più che... beh, farlo. E poi noi non facciamo sesso!"
"Allora come lo chiami quando ci spogliamo e tu inizi a..."
"BLAINE! Lo chiamerei 'fare l'amore', ma qualcosa mi dice che risulterebbe patetico e mel-pfff"
"Mmmh, te l'ho mai detto che adoro le tue labbra quando sanno di diet-coke?"
"No, ma mi fa piacere saperlo..."
"Comunque, penso che tu abbia ragione riguardo alla canzone... Magari potremmo cantarla al nostro matrimonio, che ne dici?"
"Penso che sia un'idea perfetta"
"E... Kurt? Ti amerò fino al giorno della mia morte, qualunque cosa succeda"
 
E poi iniziarono a scambiarsi le promesse.
E niente potè impedire ad una lacrima di scivolare sulla sua guancia nivea, il viso ancora rivolto al terreno. Perchè le parole che Sebastian stava per rivolgere a Blaine... avrebbero dovuto essere sue.
 
"There's a moment in your life when you say to yourself: 'Oh, there you are... 
I've been looking for you forever...' You move me, Kurt."
 
Non era mai stato più vicino all'implosione in vita propria.
Stava provando troppo, e tutto insieme: angoscia, rabbia, frustrazione, rimpianto, dolore...
La testa iniziò a girargli, mentre ogni singola parola pronunciata da Smythe gli si conficcava nel petto come una scheggia di vetro. Per un attimo si sentì come quella notte, combattuto fra la voglia di scappare, e quella di gridare con quanto fiato aveva nei polmoni.
"Blaine, ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto..."
"COSA?!"
Fu quando tutti gli invitati si voltarono verso di lui con espressioni esterrefatte che si rese conto che no, quello non lo aveva solo pensato.
Oh, merda. Merdamerdamerdamerdamerdamerda.
Kurt si girò un attimo verso Rachel, con espressione smarrita e spaventata.
La ragazza gli sorrise, con un pizzico di nervosismo. "Grazie a Dio. Se non lo avessi fatto tu, lo avrei fatto io." bisbigliò ammiccante, dandogli una leggera spinta con la spalla.
Beh, visto che ci sono... Tanto la figuraccia l'ho già fatta.
Si alzò in piedi, con le ginocchia tremanti. Non osava immaginare cosa stesse pensando Anderson di lui... O Burt, Carole, i suoi ex compagni del Glee...
Dirò quello che devo dire, e poi mi catapulterò fuori dal giardino. La cerimonia andrà avanti come se niente fosse , e io avrò un peso in meno sullo stomaco. Almeno spero.
Si schiarì la voce, fissando un punto imprecisato alle spalle di Blaine, incapace di guardarlo negli occhi.
Una singola goccia di sudore gli scivolò lungo la tempia, il cuore gli batteva affannosamente nel petto, perfettamente udibile in mezzo a quel silenzio assordante. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
Forza, Hummel, è il tuo momento.
"Ehm... Scusate l'interruzione... Vorrei solo dire una cosa, se posso." iniziò, titubante.
"Altrochè se puoi!" sbottò una voce alla sua destra, straordinariamente simile a quella di Puck.
Risatine.
"Bene. Tanto per cominciare, non sono venuto qui per impedire il matrimonio. Anche perchè sennò mi sarei alzato al fatidico 'parli ora o taccia per sempre', giusto per rispettare i clichè. A dire la verità, ero venuto qui con l'intenzione di starmene zitto in un angolino, accettando passivamente che il mio ex si stesse per sposare..." fece un attimo una pausa, deglutendo rumorosamente. "Poi... Beh, poi ho sentito una cosa che mi ha fatto, come dire... sbarellare." si girò verso Sebastian, che lo fissava con un'espressione indecifrabile. Kurt fece un sorrisetto. " 'ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto". Smythe, sappiamo entrambi che non è così. Tu hai apprezzato solamente il 'golden boy degli Warblers'. E sai perchè lo so?" chiuse un attimo gli occhi e inspirò profondamente. 
Ora o mai più
"Perchè IO l'ho amato dal primo momento in cui l'ho visto. Perchè potrei dirti il giorno, l'ora e il minuto in cui l'ho incontrato sulle scale della Dalton. Perchè mi sono perso nelle sue iridi la prima volta in cui mi ha guardato, e perchè potrei descriverti la perfetta sfumatura color nocciola dei suoi occhi di quel giorno. Lo so perchè so cosa significhi essere convinti di non poter sopravvivere senza di lui, e so cosa significhi perderlo. Conosco la sensazione di completezza che ti assale quando ti sfiora con le dita, e mi ricordo come se fosse ieri ciò che ho provato quando mi ha detto per la prima volta che 'lo emozionavo'. Ho amato i suoi capelli impossibili da appena sveglio, il suo indispensabile gel, la sua ossessione per i papillon e per i pantaloni arrotolati sulla caviglia, la sua assurda dipendenza dal caffè... Ho amato la sua mania di saltellare su qualunque superficie piana disponibile, ho amato il fatto di aver pensato che ne era valsa la pena, anche se ci aveva impiegato quattro mesi per capire che provava qualcosa per me. Ho amato la sua spontaneità, il suo magnifico sorriso, la sua ingenuità, la sua gentilezza. Non c'era una cosa che avrei voluto cambiare, perchè improvvisamente il mondo sembrava un posto perfetto. Io ho amato tutto di lui e... Lo amo ancora. E sono stato un completo idiota, perchè non mi ero reso conto che il dolore di perderlo avrebbe superato di gran lunga quello causato dal suo tradimento... E adesso sono qui" allargò le braccia, lasciandosi sfuggire una risatina amara. "Quattro anni dopo, ancora perdutamente innamorato di lui, al suo matrimonio con te. Tutto questo monologo è solo per dirti, nonostante ti abbia sempre odiato e pensi che i tuoi denti siano notevolmente peggiorati in questi anni, di non fare come ho fatto io. Non lasciarlo andare. Perchè poi ti ritroverai con una mezza dozzina di fidanzati alle spalle... e nessuno di loro con la giusta sfumatura di occhi nocciola." l'ultima frase la pronunciò in un sussurro appena udibile, gli occhi pieni di lacrime fissi sulle proprie scarpe.
Aveva detto tutto quello che aveva da dire, e adesso si sentiva stramente vuoto. E leggero. 
Non era ancora in grado di capire se fosse una sensazione positiva o negativa, voleva solo andarsene da lì e lasciarsi quella pesante verità alle spalle... Magari ora sarebbe riuscito ad andare avanti.
Andiamo, Kurt. Sai benissimo che non riuscirai mai a dimenticarlo.
Cosa puoi fare se incontri il tuo grande amore, ma scopri di non essere il suo?
Su tutti gli invitati era calato un silenzio assoluto, e Hummel era pronto a girare i tacchi e lasciare il matrimonio con un'uscita trionfale, quando una voce lo costrinse ad alzare la testa di scatto.
"Cazzo, Hummel, ce ne hai messo di tempo! Qui stavo per morire di diabete." commentò acido Smythe, sfilandosi malamente la cravatta.
Ci fu un attimo di silenzio, e poi tutti i presenti esplosero in un applauso fragoroso, seguito da fischi di ammirazione e risate.
"Ce l'abbiamo fatta!" l'urlo di Puck riuscì a sovrastare il fragore generale, e Kurt, sempre più sconvolto, fu certo di averlo visto abbracciare un emozionatissimo Jeff.
Ma cosa diavolo sta succe---
"Va bene, ragazzi, ora calmatevi!" esclamò Cooper ridendo, sbracciandosi per richiamare l'attenzione dalla sua postazione sotto il gazebo.
Aspetta un attimo... COOPER?!
Notò in quel momento che il maggiore dei fratelli Anderson stringeva in mano una barba finta e un paio di occhiali piuttosto ridicoli.
La barba finta e gli occhiali che indossava il... il giudice.
Kurt iniziò ad andare in iperventilazione, e fu costretto a reggersi allo schienale della sedia per non svenire. Non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo, e non voleva concedersi il lusso di sperare: questa volta non sarebbe sopravvissuto.
"Adesso è meglio che noi brave persone ce ne andiamo di qui, e lasciamo un po' di tempo alla nostra coppia preferita per... chiarire la situazione. Che ne dite? Di là c'è comunque il buffet-di-consolazione" continuò l'attore, con aria ammiccante. In risposta, ci fu un assordante rumore di sedie spostate e risatine soddisfatte.
"FINN! MA COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?! Tu lo sapevi, e non mi hai detto niente?!" le urla isteriche di Rachel sfondarono qualche timpano, mentre la ragazza si avventava con aria feroce sul povero Hudson, che la stava letteralmente trascinando di peso lontano da lì. In meno di un minuto, erano rimaste solo due persone in quel piccolo angolo verde.
Kurt e Blaine.
Solo in quel momento il castano ebbe il coraggio di alzare gli occhi su di lui, ancora tremendamente confuso e shockato.
Il respiro gli si mozzò in gola quando si rese conto che Blaine lo stava già guardando da qualche minuto (forse di più), con gli occhi dorati magnificamente dilatati e inumiditi dalle lacrime.
"Kurt" fu un unico, sottile sussurro spezzato, ma bastò perchè Hummel avvertisse il desiderio bruciante di sfiorare quella mano calda, leggermente tesa verso di lui. Avrebbe voluto chiedere cosa fosse appena successo, cosa significasse tutto quello; voleva sapere se quella fiammella di speranza che si era appena accesa nel suo petto (nonostante tutto) fosse destinata ad essere calpestata dalla verità ... Ma quando aprì la bocca, non riuscì ad articolare alcun suono. Il cuore batteva in modo forsennato contro le sue costole, la testa gli girava, ed era sicuro di essere prossimo allo svenimento.
Rimasero così, separati da qualche fila di sedie, affogando uno negli occhi dell'altro. 
Fu Blaine a spezzare quello spiacevole silenzio, con la sua voce calda e avvolgente, che fece tremare le ginocchia di Kurt.
"Dopo tutto questo tempo?"
Hummel sapeva esattamente quello che intendeva. Erano passati quattro anni. In quattro anni cambiano molte cose, in quattro anni cambia tutto. 
Ma certe cose non cambiano mai.
"Sempre" rispose con semplicità, e vide con stupore una singola lacrima bagnare la guancia olivastra del moro.
Cinque parole.
Solo in quel momento si rese conto che Blaine lo stava guardando proprio in quel modo, con gli occhi luccicanti e l'ombra di un sorriso dolce sul volto. Lo stava guardando come lo aveva guardato prima di dirgli che lo amava, come lo aveva guardato durante "Blackbird", come lo aveva guardato quando aveva giurato di non poter stare lontano dalla persona che amava.
"Perchè lo hai fatto?" le parole gli scivolarono dalle labbra prima che ne fosse pienamente consapevole.
Perchè hai finto di sposarti? Perchè mi hai fatto venire qui? Perchè mi hai costretto ad ammettere che ti amo ancora?
"Perchè io ti amo ancora"
Cinque parole.
E Kurt semplicemente ritornò a respirare. La ferita che gli squarciava il petto da quattro lunghi anni si rimarginò, come se non fosse mai esistita. Il mondo ricominciò a girare nel verso giusto, e un sorriso spontaneo gli arricciò le labbra sottili.
"Non ho mai smesso di farlo. Nemmeno per un istante."
Due grossi lacrimoni scivolarono lungo le sue guance nivee, e poi sul collo, inumidendogli il colletto della camicia.
Mi ama.
Lui mi ama.
Non saprebbe dire cosa successe nei successivi trenta secondi, fatto sta che il suo cervello si scollegò nell'esatto momento in cui le loro bocche si toccarono.
Avvertì le proprie labbra bruciare a contatto con le sue, soffici, delicate, morbide... Quanto gli era mancato sentire il suo respiro sulle guance, il suo sapore sulla lingua, i suoi ricci morbidi fra le dita.
Si sentì finalmente a casa. Avrebbe voluto rimanere così per sempre, col suo meraviglioso profumo che gli incendiava le narici, e le sue mani calde che gli cingevano dolcemente la vita.
Si separarono dopo istanti che parvero infiniti, e poggiarono le fronti una contro l'altra, il battito del cuore accelerato.
Le dita delicate di Anderson gli accarezzaronoil viso, come se stessero sfiorando qualcosa di perfetto.
"Mi sei mancato tantissimo" sussurrò, facendo scorrere il pollice sulla sua guancia. "Non sono niente senza di te."
"Ti amo, Blaine."
"Anch'io, Kurt. Qualunque cosa succeda, ti amerò fino al giorno della mia morte."
  
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