Una volta qualcuno mi disse che non è vero che ci si
innamora di una persona con il passare del tempo; ci si interessa ad
una persona, questo sì. Quando ci si innamora di qualcuno, mi disse,
questo avviene in un attimo. All’improvviso. E inaspettatamente. Alla
velocità di un battito di ciglia.
Il problema vero è che poi nessuno se lo ricorda, quell’attimo
magico, e finisce per credere che non esiste.
Eppure, io me lo ricordo, quel momento. Come se fosse accaduto qualche secondo
fa.
Mi ricordo ancora il suo tailleur color panna, i capelli castani sciolti sulle
spalle e quel suo sorriso, dolce e radioso come il sole, mentre, con parole
gentili, cercava di cambiare il pannolino a quel piccolo fagottino che si dimenava
come un matto e continuava a urlare come impazzito.
No, non guardatemi così: per il novantanove virgola novantanove percento
della popolazione mondiale, e forse interplanetaria, cambiare un pannolino è
un’azione che non ha niente di romantico; e per la verità, se mi
avessero detto che mi sarei innamorato guardando una ragazza cambiare pannolini
a suo nipote, probabilmente gli avrei riso in faccia per un’ora buona.
Eppure accadde proprio questo.
Non ho più memoria di che giorno fosse, esattamente. Era primavera, di
questo ne sono sicuro, perché mi aveva trascinato per non so quanti giorni
in giro per negozi alla ricerca dell’abito giusto per quell’occasione
speciale. Come se un battesimo potesse essere definita tale, avevo pensato in
quel momento, ma mi guardai bene dal farglielo presente: da fedele cristiana
qual era, il mio pensiero da ateo convinto di sicuro non le avrebbe fatto assolutamente
piacere.
Sì, e adesso che ci penso, era maggio. Sua sorella Elisabetta era allergica
al polline, così iniziò ad inveire contro il cameriere, perché
continuava a dire che non era possibile eliminare il vaso di orchidee posto
al centro della tavola.
“Ravviva l’atmosfera” aveva specificato l’uomo, e lei
gli aveva risposto che se fosse andata all’ospedale per colpa di quegli
stupidi fiori, avrebbe citato sia lui che il padrone di quel dannato ristorante.
E poi Mattia aveva iniziato a piangere. Lo capivo benissimo, povero piccolo:
le urla di sua madre avevano spaventato anche me; tuttavia, benché fossi
completamente dalla sua parte, mi resi conto che non aveva scelto proprio il
momento migliore: Elisabetta, nonostante la minaccia avesse avuto i suoi effetti,
continuava a starnutire, incurante dei vagiti che il suo rampollo emetteva;
probabilmente, con quel concerto di nasi, non se ne era neanche accorta.
“Betta, porto Mattia fuori, sperando che così si calmi”,
sento ancora oggi la tua voce proporre e la testa bionda di tua sorella annuire.
“Ti accompagno”, ricordo di aver detto io e lei mi sorrise in segno
di approvazione.
Probabilmente non parlammo di niente di particolare, visto che nella mia mente
non riaffiora alcun ricordo di quei momenti; rammento solo che le urla di Mattia
non accennavano a diminuire, nonostante lei lo coccolasse e io cercassi di farlo
ridere in tutti i modi possibili.
“Non è che ha fame?” chiesi, ma bastò una sua occhiataccia
per farmi tacere “Ha poppato cinque minuti fa, Andrea. La tua memoria
comincia a far cilecca, eh? Stai diventando vecchio!”
“Tsè, sei solo un mese più piccola di me!”
“Ma noi donne siamo più sensibili di voi uomini verso certe situazioni.
Non lo sapevi?”
Mai che potessi spuntarla con lei, io. Era sempre stato così, in tanti
anni di conoscenza.
“Forse ho capito cos’ha” se ne uscì tutt’a un
tratto e velocemente rientrò in sala. La raggiunsi che stava conversando
con Elisabetta, ancora alle prese con i kleenex, anche se l’attacco era
passato e il numero degli starnuti al minuto ridotto considerevolmente.
“Lo faccio io, allora. Non c’è problema” stava dicendo;
poi si rivolse verso di me e mi indicò il borsone che conteneva tutte
le cose di Mattia “Mi aiuti tu, Andrea?”
Annuii e la seguii verso le toilette iniziando vagamente a capire cosa avesse
intenzione di fare; e infatti: “Vieni con me”, mi ordinò.
“Ma… questo è il bagno delle donne!”
Lei sbuffò, contrariata “Avanti, non rompere. Non c’è
nessuno e poi mi devi solo portare dentro la borsa.”
Ancora oggi provo imbarazzo a rievocare quel momento: mi affacciai un attimo
all’uscio, constatai che non c’era effettivamente nessuno e le mollai
la borsa a due centimetri dai suoi piedi prima di correre fuori con il cuore
in gola, la sua risata che mi inseguiva divertita.
“Va bene, dài, aspettami fuori!” accondiscese alla fine.
Non è che volessi spiarla, eh, ci mancherebbe altro; solo che, ecco,
nell’attesa non avevo niente da fare e, nella fretta di sfuggire da quel
luogo infernale, avevo chiuso male la porta. Ecco tutto, che ci crediate o meno.
Eppure, quando vidi che, con fare sicuro, gli toglieva il pannolino, lo puliva
con attenzione e gliene metteva un altro, mentre le grida del piccolo diminuivano
di intensità fino ad esaurirsi del tutto, non riuscii a staccarle gli
occhi di dosso. Per la prima volta, dacché ci conoscevamo, l’avevo
vista comportarsi come una ragazza e non come il maschiaccio violento a cui
ero abituato dopo tanti anni di giochi nel fango, nel cortile interno del nostro
palazzo.
Avevo visto le sue labbra protendersi in un sorriso, mentre le mani del piccolo
cercavano di afferrare i suoi capelli e lei che li ricacciava indietro, decisa
a finire la sua opera prima che il nipotino si ammalasse; l’avevo vista
sorridere, mentre lo prendeva in braccio, ormai pulito e sorridente e dire “Hai
visto, Mattia? Adesso sì che sei bello e profumato come un bravo ometto!”;
e l’avevo vista ridere, sì, mi ero perso in quelle iridi sorridenti,
quando Mattia era riuscito finalmente a mettere le mani su quel tesoro che in
un primo momento gli era stato negato. E l’avevo guardata avvicinarsi,
verso l’uscita, verso di me, senza riuscire a muovere un solo muscolo
per evitare di essere scoperto a fissarla imbambolato come un idiota.
Il rumore fastidioso di una porta dai cardini non ben oleati mi destò
dalla mia visione quasi di soprassalto; un attimo dopo anche la porta del bagno
femminile si aprì e vidi il piccolo Mattia sorridermi come sempre.
Ringraziai mentalmente l’uomo che mi aveva evitato la più grande
figuraccia della storia del genere maschile grazie al suo tempismo perfetto,
mentre, ancora intontito, recuperavo in fretta la borsa del piccolo e rientravamo
in sala.
“Andrea, va tutto bene? Hai una faccia strana…” mi chiese
lei. Cavoli. Evidentemente qualche postumo dovevo avercelo ancora, anche se
non me ne ero accorto.
“No, no, va tutto bene” mi affrettai a precisare. “Solo che…”
“Solo che…?”
Dannazione. Non mi ero ancora ripreso del tutto, evidentemente.
“Solo che…” Dirlo o non dirlo? “Solo che… Oggi
sei particolarmente carina, sì.”
Silenzio. Mi aspettavo un pugno in pieno viso, conoscendola. O un calcio dove
non batte il sole. Insomma, quella roba lì. Abbassai lo sguardo, continuando
a camminare, aspettando la punizione divina.
Invece udii solo il suono dei suoi passi attutirsi sul parquet, fino a scomparire
completamente.
“Oh. Grazie, Andrea. E’ la prima volta che mi dici che sono carina,
sai?”
“Andrea?”
“Uh?”
La tua voce mi scuote un attimo, allontanandomi da quei ricordi così
lontani, ma per me ancora vividi.
“C’è una cosa che vorrei chiederti…”
“Sì?”
Lasci un attimo quello che stai facendo e mi fissi, abbassando un po’
lo sguardo. E’ così raro vederti imbarazzata, e la cosa mi fa un
po’ sorridere. “Mi stavo chiedendo… perché quando cambio
la piccola mi osservi?”
Reprimo un moto di sorpresa nel constatare che, nonostante tutti i miei sforzi
per non farmi scoprire, sono stato beccato in flagrante e mi avvicino a te,
per cingerti in un abbraccio.
“Perché in quel momento sei la cosa più bella del mondo”.
Fine
Oddio, che storia melensa! XD La verità è che, come al solito,
questa storia non doveva svilupparsi in questo modo! XD Cercavo semplicemente
un’idea per la Pannolini!Challenge
e alla fine mi venuta in mente la scena di un maschietto che si innamora della
sua futura compagna vedendola cambiare un pannolino; all’inizio volevo
adattarla a qualche fandom, ma visto che non me ne veniva nessuno in mente,
ho optato per una originale.
Non ho idea se può andare bene per il bando, oppure no, ma a me piace!
XD In ogni caso lo cito, che sia accettata o meno, visto che è questo
che, di fatto, mi ha ispirata!
Un doveroso ringraziamento a Sol, che ha letto la storia in anteprima –
ancora piena di così tante imperfezioni, che mi sono vergognata di averla
mandata senza averla neanche riletta – e a quel cameriere che, durante
un pranzo di nozze, disse esattamente quelle parole parlando di un vaso di fiori!
XD Un saluto anche al vero piccolo Mattia, ispirato a un mio cuginetto, anche
se ormai sono passati tre anni dal giorno del suo battesimo! ^^