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Autore: chos    07/06/2014    3 recensioni
SPOILER DEL FINALE DELLA 9X23.
Sam ha utilizzato il suo sangue per trasformare Dean in essere umano, e nell'ospedale in cui è finito qualcuno ha abusato di lui, provocandogli uno stress post-traumatico tale da agire e parlare come un bambino di 5 anni.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Crowley, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
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"Dee! Where are you?!"

“D-D-Dee?”, sussurrò quell'uomo troppo distrutto per poter ragionare come tale, dall'angolo in cui stava rannicchiato da ormai tanto di quel tempo che le ginocchia non sembravano aver intenzione di riprendere a funzionare a breve, “Sei il mio fratellino?”.
Dean assottigliò lo sguardo nel tentativo di non piangere, in una smorfia che talvolta l'aveva fatto sembrare distaccato dalle situazioni in cui si ritrovava coinvolto, ma quella volta non ci riuscì, ed una lacrima non poté nemmeno scivolare per la sua guancia che la tirò via con il dorso della mano, mentre si avvicinava al fratello, tirando su col naso.
“Sì, Sammy. Sono io”.
Era tanto fragile quando allungò le braccia come per farsi prendere tra di esse, e quelle labbra violacee si curvarono in un sorriso non appena riconobbero il suo punto di riferimento maggiore che gli era mancato da far male durante i giorni passati in quel posto infernale, che lo avevano ridotto a poco più di un rottame.
“Sono io, piccolo. Oggi ritorniamo a casa”.
Lo aiutò ad alzarsi caricandosi addosso il peso di una sofferenza che non avrebbe voluto provocare, di un dolore che vedeva tutto riversato nei piccoli gesti dello stesso che lo aveva salvato dalla dannazione eterna, e non poteva che incolparsi di questo; non poteva che tentare di fare tutto il possibile per riportare le cose come erano al principio.
A questo pensava sulla strada che portava a casa, tenendo d'occhio Sammy che si guardava intorno come se vedesse il mondo per la prima volta, e Dean era terrorizzato: non aveva mai visto il suo fratellino ridotto in condizioni tanto devastanti, ogni parola che usciva da quella bocca più lo feriva, come frustate mirate dritte al suo petto, impreparato com'era ad affrontare quelle circostanze da solo.
Completamente da solo.
Nessuno poteva aiutarlo stavolta, non Bobby, non Kevin, persino Castiel doveva limitare i suoi abracadabra a causa di quella maledetta grazia di ricambio che si stava esaurendo, ed il cacciatore perdeva le notti sui libri dei Men of letters, alternando le letture all'accudimento di quel Sam che era ritornato come il bambino di cui si era preso cura nella sua infanzia.
I ricordi di quei giorni lontani, infatti, si accavallavano a quelli che erano i momenti che oramai caratterizzavano ogni giornata: preparargli la colazione -tagliando i bordi dei toast proprio come faceva Mary con lui-, lavarlo con la cura con cui si maneggiano oggetti fragili e preziosi, passare del tempo con lui e finalmente ritornare a letto, abbracciati, per poi ricominciare tutto da capo.
Dean aveva riscontrato una paura tanto grande in quel corpo da gigante, che questo non riusciva a contenerla, rendendola visibile nei suoi occhi e nelle espressioni che utilizzava più spesso.
Non lasciarmi solo, Dee! I mostri mi porteranno via!”.
Non spegnere la luce, Dee”.
Tienimi la mano”.
A volte si preoccupava di nascondere le apparenze, forse per un qualche istinto primordiale che gli consigliava di non dar altri pensieri a quel fratello che tanto gli stava a cuore a prescindere da qualsiasi cosa gli capitasse, altre era così terrorizzato da tremare, tenendo stretta quella mano che ricambiava il contatto con altrettanto vigore per infondergli un minimo di coraggio; proprio questo era il caso che si verificò quel pomeriggio, sulle rive del lago più vicino che Dean aveva trovato dopo lunghe ricerce, ché Sam aveva tanto insistito per andare a giocare, ma a quanto pare l'idea non era stata delle più geniali.
“Dee, non voglio stare qui”, disse quello con lo sguardo basso e le spalle così richiuse in se stesse che lo facevano piccolo piccolo nonostante le sue dimensioni effettive, e l'altro ci provò, provò con tutto se stesso a fargli superare la cosa, sussurrandogli frasi di incoraggiamento e impacciate espressioni che volevano comunicargli l'innocenza di quelle acque calme, ma nulla poté distogliere Sammy dal panico che lo prese tutto.
Cominciò puntando i piedi a terra e portando i pugni alle tempie, stringendo tanto le palpebre da fargli male e scuotendo la testa per tentare di dimenticare ciò che la sua mente voleva eliminare per sempre, ma che al contrario gli riproponeva una volta dinnanzi a quell'enorme quantità d'acqua.
Rimembrava di quella che lo aveva quasi ucciso.
Rimembrava di quanto avesse urlato il nome di suo fratello senza ricevere alcun aiuto.
“DEE! DEE! DOVE SEI, DEE!?”, urlava tra le lacrime allora, causando sconcerto ai pochi presenti e orrore a chi lo stava accompagnando, il quale lo strinse forte tra le braccia anche quando le sue gambe cedettero e si ritrovarono entrambi a terra, facendosi poi quelle grida sempre più sommesse appresso ogni “Shh, shh, Sammy va tutto bene, sono qui!” pronunciato da Dean.
Capitavano non di rado quegli attacchi di panico, ed il sospetto del più grande che qualcosa di sbagliato fosse successo dentro quel complesso ospedaliero, prese forma non appena si ritrovarono accoccolati sul letto, avvolti dalle lenzuola morbide e da un'oscurità alleviata da una flebile luce che rassicurava Sam, e quest'ultimo parlò sottovoce.
“Le persone cattive mi hanno fatto tanto male”, si morse la lingua, pronunciando quelle parole infantili fondamentali, e qualche singhiozzo scosse il suo corpo, mentre emozioni fin troppo contrastanti si appropriavano di chi adesso lo abbracciava ancora più forte, baciandogli la fronte, e giurava su qualsiasi cosa che se fosse riuscito a guarirlo l'avrebbe fatta pagare a chiunque avesse mai posato un dito su quel ragazzo.
“Quelle persone..”, parlò soppesando ogni parola, tentando di reprimere un odio omicida che aveva provato solo sotto l'effetto di quel marchio che ormai era soltanto una brutta cicatrice, “..quelle persone non ti faranno più niente, Sammy. Dovrebbero vedersela con me e sai che tutti hanno paura del tuo fratello spaventoso, vero?”.
“Dov'eri tu, Dee? Ti ho chiamato tanto...”.
L'ennesimo pianto soffocato dal buio trovò albergo sul volto del Winchester più grande, e schiarendosi quella voce incrinata dai sensi di colpa, gli accarezzò i capelli, “Non vado più da nessuna parte senza di te”.
E le notti erano inquiete, i sogni erano turbati dall'angoscia di non essere abbastanza, di non poter riuscire a riportare alla normalità quella realtà che lo stava esaurendo.
Vedere Sam in quelle condizioni lo uccideva, così come lo uccideva il pensiero di essersi fidato di qualcuno che si prendesse cura di lui mentre lui stesso si impegnava con la riabilitazione post-trasformazione tentando di fronteggiare i mancamenti che lo coglievano a causa del sangue umano che lo aveva reso instabile.
Avrebbe dovuto essere più forte, avrebbe dovuto lottare per rimanere con Sam e risparmiargli anche quel dolore, ma era stato stupido, tanto stupido, e forse quello che stava per fare, davanti tutto il necessario per evocare Crowley, lo sarebbe stato ancora di più.
Ma cosa poteva mai importargli?
L'unico suo obiettivo nella vita era sempre stato far sì che Sammy stesse bene senza badare alle conseguenze, senza dar conto a ciò che ne sarebbe stato di se stesso. Prendersi cura del suo piccolo fratellino senza alcun remore.
Il suo giretto tra i piani bassi non aveva cambiato le cose.
“Crowley, sarà meglio che tu ti faccia vivo o giuro su Dio che-”, non poté finire la frase, chiuso in quella stanza pensando all'unico motivo per il quale era in vita dormiente sul divano, che comparve il Re dell'Inferno con la sua solita faccetta arrogante che in quel momento non era per nulla gradita.
“Nonostante i nostri bei momenti passati insieme continui a trattarmi così...”, disse fingendo disappunto, per poi guardare rassegnato la trappola e sospirare, “...davvero, Dean?”.
“Ho bisogno del tuo aiuto”, lo sguardo del cacciatore si bloccò sulle iridi verdastre del demone, la mascella serrata e le palpebre chiuse in una fessura.
“Di certo da qui non posso far nulla, non credi?”.
Dean non era famoso per la sua pazienza, non lo era mai stato, e con i nervi a fior di pelle che promettevano un vicino crollo, era impossibile non aspettarsi una delle sue violente reazioni, che lo portarono a prendere Crowley per la collottola ed obbligarsi a non prenderlo a pugni fino a fargli sputare tutti i denti che si ritrovava.
“Stammi a sentire, cazzone. Ho protetto tante di quelle volte quel culo demoniaco che ti ritrovi, che quasi lo scambiavo per il mio. Ora tu ti cuci quella boccaccia e fai quello che dico io, prima che ti tagli la testa, capisc?”, le sue parole erano così taglienti e rudi che non ci voleva un genio per comprendere cosa non andasse: Sam, perché quando c'era lui di mezzo, quel pazzo di un Winchester non si tirava indietro nemmeno dal minacciare il Re dell'Inferno in persona, il quale si bagnò il labbro inferiore con la lingua, e si limitò a fare un cenno di assenso con la testa.
“Sam sta male. Sta molto male. Ho bisogno che tu faccia il possibile per cambiare le cose”.
Il tempo di annullare ciò che teneva bloccato il demone, e quello fu accanto all'ammalato per capire quali fossero le reali condizioni di quest'ultimo, senza far trasparire quella lieve preoccupazione che non s'addice di certo ad un antagonista quale può esserlo uno del suo calibro, scostando piano i capelli da quella fronte corrucciata nel sonno mentre l'altro lo raggiungeva con la normale velocità umana che gli spettava e di cui si accontentava.
“Sta anche peggio di come l'avevo lasciato”, le braccia di Dean erano incrociate al petto mentre stringeva i denti nel tentativo di non piangere davanti all'unico individuo che si sarebbe permesso di fare dell'umorismo in quella situazione, e chiuse gli occhi per un attimo, “parla e agisce come un bambino ed io... io non so cosa fare, maledizione!”.
Un veloce sguardo all'uomo che scalciava il vuoto furioso, con le mani ai capelli e quelle lacrime che non aveva intenzione di far cadere, e Crowley scosse la testa con un altro sospiro, perché quei due non facevano altro che cacciarsi nei guai.
Si chiese come avesse fatto Bobby, prima di lui, a star dietro a tutte quelle stronzate, ma massaggiandosi il collo, già indolenzito al pensiero di quello che avrebbero dovuto fare, si schiarì la voce attirando l'attenzione del ragazzo che non aveva intenzione di darsi pace.
“C'è un incantesimo che è possibile usare in questo caso...”, e con quella frase tutto il viso di Dean si illuminò, lo stesso Dean che aveva minacciato di ucciderlo, gli corse incontro risoluto, “E qual è?! Dimmi di cosa hai bisogno!”.
“Beh, bisognano un paio di erbe qua e là... ed il sacrificio del Re dell'inferno”.
L'unica risposta a quell'affermazione fu un'espressione di confusione da parte del ragazzo, che rimase immobile mentre il demone si dava da fare per vedere se avessero gli ingredienti necessari in quel bunker, “Crowley, che diavolo stai facendo?”.
“Tu volevi il mio aiuto, ed io ti sto aiutando”.
“Aspetta un attimo! Sei tu il Re dell'Inferno, che cosa-”, il suo braccio toccò quello del suo interlocutore che si girò per un attimo giusto per regalargli un'occhiata di superiorità e poi ritornare al suo lavoro, “So chi sono e so qual è il mio compito, Dean. Non c'è bisogno che tu stia qui a ricordarmelo”, disse impegnato nella ricerca o almeno facendo finta di esserlo, interrompendo il silenzio che si era venuto a creare solo quando fece un gesto con la mano come a mandarlo via con disinteresse, “Vai a prendere un mortaio piuttosto, renditi utile per quanto possa esserlo tu nelle vesti di un misero umano... eri un gran demone, sai? Eravamo proprio una bella coppia”.
La nostalgia nella sua voce era genuina, reale, quasi era possibile sfiorare quei momenti che li avevano tanto legati, nonostante avrebbero detto sempre il contrario rifiutando l'ipotesi di aver mai potuto essere coinvolti in qualsiasi tipo di rapporto che li unisse, dato che a loro dire, una tale conoscenza comune li avrebbe privati della dignità e dei loro posti ben definiti nella storia dell'umanità: Dean era dalla parte del giusto ed agiva sempre in funzione di questo, così come Crowley era l'esatto opposto e non voleva essere considerato come qualcos'altro.
Questo si rifornì comunque di tutto l'occorrente necessario prima che il cacciatore ritornasse, e proprio quest'ultimo non sapeva come comportarsi dinnanzi ad una scelta tanto radicale come quella che stava compiendo il demone, senza alcuna via di ritorno; egli teneva molto alla presenza del Re dell'Inferno, dal momento che lui era stato l'unica figura paterna -a modo suo- che potessero avere, eppure non riuscì ad emettere parola, tanta era la tensione che li aveva resi distanti e distaccati tutto d'un tratto.
“Devi fornirmi un coltello bagnato nel sangue di chi richiede l'incantesimo”.
Il più grande dei Winchester era combattuto tra l'urgente bisogno di riavere Sam e quel malato rapporto che si era creato tra loro, di tacita alleanza ed amicizia; quella stessa amicizia che stava portando proprio Crowley a sacrificare la propria esistenza per qualcuno che aveva tentato di farlo fuori più e più volte. In passato Dean non avrebbe esitato nemmeno e l'avrebbe fatto fuori su due piedi, ma tagliandosi l'avambraccio il suo viso non era rilassato, il suo sguardo piuttosto era angustiato ed avvilito, continuando a chiedersi perché quel mondo maledetto non potesse donargli una vita normale, senza dover sacrificare tutto il resto per poter vivere felicemente con la persona che più amava. Eppure, nonostante fossero tante le cose da dire, solo silenzio v'era tra i due amici-nemici, e ancor di più ce n'era durante la consegna dell'arma insanguinata.
“Non c'è proprio un altro metodo?!”, disse il cacciatore sporgendosi in avanti, mollata ormai quella facciata di indifferenza, prima che il demone si trafiggesse il petto dopo aver preparato il necessario e avergli spiegato la procedura per filo e per segno, scrivendo la formula che poi avrebbe dovuto pronunziare.
Allora Crowley fece un gran sorriso, i cuori di entrambi che battevano all'impazzata per la paura e l'adrenalina, poi guardò verso la stanza in cui dormiva Sam, con occhi pieni di malinconia e prematura nostalgia di una vita che si era costruito con tanto sforzo e di tutte quelle stupidaggini in cui veniva coinvolto da quei due ragazzi, tanto legati da essere pronti a lasciar andare chiunque altro.
Ma non gli dispiaceva più di tanto. Aveva vissuto abbastanza, e probabilmente era giunto anche il suo, di momento.
“Ci vediamo all'Inferno, Dean”, furono queste le parole, dette quasi per gioco, che precedettero il gesto che pose fine alla vita di quel demone dal cuore corrotto ma umano, rinsavito dopo tutto quel sangue che aveva ingerito a causa della dipendenza.
Tutto quel sangue che si riversò per terra, violento.
Tutto quel sangue che Dean non non aveva il tempo di piangere, ché doveva recitare quelle parole latine nonostante la vista fosse oscurata dalle lacrime ed il sacrificio avesse appena esalato l'ultimo respiro.
Si faceva forza, il cacciatore, pensando che tutto quello gli avrebbe ridato Sam, e solo ciò poteva farlo andar avanti, mentre i rivoli di quel liquido rosso si congiungevano in un cerchio formatosi attorno al divano su cui stava dormendo il beneficiario di quell'incantesimo. E fu faticoso: più volte l'uomo temette di non farcela e perdere qualsiasi speranza di poter vivere con il fratello in salute e privo di una paura troppo potente da sostenere, soprattutto non appena, quasi alla fine del procedimento, un urlo squarciò le pareti del bunker, insieme all'animo di Dean, che si ritrovò a dubitare della veridicità della formula e a pregare, forse per la prima volta, che Crowley non gli avesse fatto un orribile tiro mancino, facendo star anche peggio Sam.
Sperava soltanto di trovare di nuovo il suo piccolo grande uomo, attraversando i corridoi a passo svelto, nonostante la parte di lui che dubitava lo spingesse a camminar più lentamente per godersi il beneficio del dubbio che tuttavia lo stava uccidendo.
Voleva Sam, e lo voleva proprio in quel momento.
Così, quando lo vide messo a sedere, con le mani che gli massaggiavano la fronte e le palpebre strette in un'espressione di dolore, Dean fece qualche passo titubante, rallentando di botto l'andatura che aveva mantenuto per tutto il tragitto.
“Sammy?”, lo richiamò preoccupato per accertarsi delle sue condizioni, e l'altro alzò lo sguardo, osservando il fratello per almeno un minuto che sembrò eterno, per l'altro.
Era confuso, la testa gli doleva da impazzire e alcuni dettagli riguardanti l'ultimo periodo della sua vita sembravano essere scomparsi lasciando un vuoto poco piacevole ma gradito, tuttavia poco importava, se c'era Dean con lui. “Dean... dove-”, interruppe la frase sul nascere, vedendo la ferita sanguinante sul braccio e gli andò incontro pronto ad aiutarlo, “cosa è successo? Lascia che ti aiuti con questo taglio”.
Un solo sguardo commosso diede il bentornato a Sam, solo una lacrima scese per la gota del più grande dei Winchester, poi un lungo abbraccio li legò per svariati minuti in cui quest'ultimo non poté far altro che tirare su col naso e ringraziare silenziosamente quel demone che aveva dimostrato di essere più umano di molti di quegli uomini che occupavano la Terra.
Sono.. parecchio confuso", confessò Sam non appena quel contatto si concluse riducendosi ad un sospiro, e l'altro sorrise accarezzandogli una guancia, smanioso di toccarlo con la consapevolezza che stesse bene. "Un giorno forse ti spiegherò", le iridi di Dean erano più chiare del solito, mentre pronunciava con dolcezza quelle parole, e di poco si scurirono quando dovette interrompere quell'attimo per dare un degno addio a chi lo aveva reso possibile, quasi trascinato con forza alla realtà, "ma al momento abbiamo un funerale da onorare". E le fiamme che bruciarono quel corpo erano alte possenti, coi loro strepitii sembravano parlare al più piccolo dei Winchester del gran sacrificio che stavano commemorando, nel rispettoso silenzio che li accompagnò fin quando non raggiunsero il divano di casa, sfiniti, l'uno tra le braccia dell'altro di nuovo, come era giusto che fosse. "Temevo di non poter sistemare le cose, temevo di non poter adempiere al mio compito", disse Dean, assorto in quei pensieri mentre accarezzava i capelli al fratello che riposava con lui, in un'atmosfera di ritrovata e agognata serenità, "non farmi mai più questi scherzi, altrimenti potrei riempirti di pugni", e potrebbe sembrar strano sapere che quella frase sciolse Sam in un sorriso prima di allungarsi per baciare dolcemente le labbra dell'altro. 

   
 
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