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Autore: Star_    07/06/2014    1 recensioni
[Storia inventata ispirata al mondo degli anime/manga]
"Lasciate ogni speranza o voi che entrate."
Questo racconto non narra storielle per bambini, in questo racconto vi faremo conoscere cosa sia la vera paura... perché lei, la "Regina del Male" sta progettando il modo per farvi inchinare al suo cospetto. Occhi di ghiaccio smeraldo vi faranno capire che non tutto è come sembra! Ma questo è solo un sogno, almeno per adesso, ovviamente. La giovane Ayame, una ragazza giapponese di 17 anni che ama il basket alla follia, non si lascerà abbattere così facilmente! Il suo sogno è diventare la "Regina del Male" ma degli imprevisti stanno per ostacolare la sua ascesa al potere. Uno di questi è un nuovo studente, il bello, snob e presuntuoso americano di nome Ryan, che le sconvolgerà la vita. Che succederà alla nostra Ayame? Con l'aiuto del suo migliore e unico amico di sempre Jin, l'unico di cui lei si fidi, riuscirà a sconfiggere l'americano? O forse anche lei cederà ai sentimenti umani?
Scopritelo seguendo il loro intreccio di destini tra comicità, parole non dette e sentimenti nascosti!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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I don't speak American.

 

 

Capitolo 9 ~ Controvento

 






«Il ginocchio… il mio ginocchio!» Sul mio viso scorrono veloci lacrime fredde e amare. Sì, amare. Perché sono finita in questo posto sperduto? Ma soprattutto, perché sto piangendo come un’ebete davanti a loro, a lui! Quello stupido americano che fino a cinque minuti fa mi stava… mi stava… Dio, vuoi punirmi per qualcosa?

I miei pensieri scorrono veloci quanto le mie lacrime. Sento in lontananza delle voci. Sono sicura che siano Jin e Ryan che mi avvertono che l’ambulanza sta per arrivare ma io non ho voce, anzi non ho proprio la forza per muovere un muscolo. Fisso il mio ginocchio con lo sguardo perso. Fa male! Fa malissimo! Cosa mi succederà? E se avessi rovinato per sempre la mia carriera nel basket? No, non ci posso credere. Rovinata la mia intera vita, e per cosa poi? Un bacio… perché c’è stato un bacio? Sento la mia mente sempre più pensante e la mia vista diviene sfuocata. Non vedo più nulla, solo ombre intorno a me. Penso sia colpa delle lacrime ma allora cos’è questa sensazione… mi sento… io… possibile che sia arrivata la mia ora? “Signore degli Inferi”, è lei? Sign-…


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Lentamente riprendo conoscenza. La testa mi sembra star per scoppiare… non capisco, cosa sta succedendo? Sono svenuta? Forse è proprio così… per questo mi sento così svampita. Il mio corpo! Perché non riesco a controllarlo? Forza, Ayame, svegliati! Apri quei maledetti occhi! Perché non riesco a svegliarmi? Eppure, io sono sveglia? O forse è solo un sogno? Cerco di concentrarmi per percepire quello che sta succedendo al mio corpo. Subito sento una strana sensazione… cosa? Dolore.

«Ayame, riesci a sentirmi? Ti fa male quando tocco qui?» La voce sembra appartenere ad un uomo sulla trentina ma purtroppo non riesco ad aprire gli occhi per accertarmene. Sono sicura che sia il dottore che mi hanno affibbiato… ahi! Mi sta controllando il ginocchio. Sento il mio corpo scosso da lunghe fitte di dolore e le lacrime che continuano inesorabili a scendermi lungo il viso. Allora perché non riesco a svegliarmi per tirare un pugno a quell’idiota che mi sta toccan- ahi, idiota! Certo che mi fa male, non sono venuta in ospedale così perché mi piacciono le pareti bianche deprimenti o il cibo riscaldato che fa schifo. Stupido dottore, stupido corpo! Stupida vita…

«Sembra sia ancora in stato di incoscienza, il dolore al ginocchio deve averle fatto perdere i sensi. Ma non c’è nulla di cui preoccuparsi, sono sicuro che si risveglierà al più presto. Ora vado a contattare i genitori della signorina Kazawa. Se si dovesse svegliare o avesse dei problemi non esitate a chiamare l’infermiera.»

Sento la porta sbattere, seguita da due lunghi sospiri… due? I miei pensieri iniziando a scorrere veloci ripassando i fatti degli ultimi giorni. Tutti questi avvenimenti in così poco tempo, la mia gamba, Jin, Ryan… il mio piccolo collage mentale di eventi viene interrotto bruscamente da un male allucinante al ginocchio. Mi sta facendo impazzire! È come se fosse ricoperto di spilli! Il dolore è insopportabile ma… cosa? Il dolore sta diminuendo? Com’è possibile? Mi sto rigenerando? Sono un demone? Che figo!

«Ho appena dato alla vostra amica un po’ di anestetico per sopportare meglio il dolore.» Questa volta è una voce molto più delicata e gentile, un’infermiera, ecco perché il mio corpo sta diventando così leggero. Certo, sento ancora del dolore ma è sopportabile… ahhh come mi sono ridotta, devo accettare la pietà di un’inutile mortale che mi regala un po’ di sollievo? Bah, che schifo… forse è questo quello che si prova quando si va a passeggiare in Australia e un canguro decide di giocare con te… no, non credo.

«Vado a vedere se è arrivato suo padre. Già che ci sono faccio un salto al bar per prendermi qualcosa da mangiare, oggi non ho toccato niente, vuoi qualcosa anche tu?» Riconosco questa voce, è Jin!

«Un panino, per favore. Io resto qui con lei.» Questo è… l’americano? Cosa? Jin, mi lasci sola con questo? Dopo quello che è successo oggi… noooooooooo potrebbe cercare di torturarmi, di baciarmi, di… uccidermi per diventare lui stesso il “Signore degli Inferi”! Nooooooo, Jin, noooooooo!

Sento dei passi allontanarsi dal mio letto e la porta sbattere. Il mio cuore manca un battito… sono sola con lui? Di nuovo…

«Ayame… perché?» Sento dei piccoli passi leggeri avvicinarsi a di me. La sua voce trema leggermente come se stesse trattenendo le lacrime con tutte le forze. Cosa succede a questo stupido? Perché si fa vedere così davanti a me? Perché mi ha baciata?

Sento qualcosa di caldo appoggiarsi sulla mia mano distesa inerme sul letto. È il contatto ben distinto di due mani che sollevano la mia e la stringono forte, ma con delicatezza, per non farmi male. Sono le sue mani. Il mio cuore salta un battito e me lo ritrovo in gola. Cosa sta facendo? Perché lui…?

Sento un altro sospiro, questa volta molto più malinconico. La mia mano viene sollevata leggermente ancora di più verso l’alto e sento qualcosa di morbido che sfiora la mia pelle. Qualcosa di fresco, che contrasta con il palmo bollente della mano dell’americano. Ma io questa sensazione l’ho già provata… sulle mie labbra, oggi. Lui… lui… lui mi sta baciando la mano? Cosa diavolo gli prende a questo qui? Perché si comporta così… con me? Io che sono l’unica a cui non è mai fregato nulla di ragazzi, amore, trucchi, eccetera. Perché si sta aprendo con me? Perché ha lasciato che lo vedessi in quel modo vicino al fiume? Perché mi ha chiesto di andare via insieme a lui? Che io piaccia a…

Vengo subito interrotta da due piccole parole, che mi fanno accelerare il battito tanto da pensare che il mio cuore stia per scoppiare.

«Scusami, Ayame.» Rimane in silenzio, un pesantissimo silenzio. Per fortuna sono in queste condizioni, non penso sarei riuscita a tener testa alle sue scuse faccia a faccia. C’è solo un dubbio che mi assale…

Scusami, per essere uno stupido ed averti fatto peggiorare il ginocchio?

Scusami, per non essere morto quando dovevo? O forse…

Scusami, per averti rubato il tuo primo bacio? Nella mia mente si fa strada la sua risata soddisfatta. Ma io ti uccido, stupido americano!

«Non avrei mai voluto che ti succedesse questo, Ayame. Anche se tu mi… “odi”… devi ammettere che fra noi due…» Fa una piccola pausa, che sembra infinita. «C’è qualcosa, oltre all’odio, non trovi?»

Biip biip, biip biip, biip… biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip! Ora del decesso 18:45. Oggi, siamo qui riuniti per piangere la morte di una delle più promettenti “Regine del Male”, Ayame Kazawa, che per diciassette anni ha monopolizzato l’intera umanità facendola cadere nel terrore con un solo sguardo. Ella sognava di potersi un giorno finalmente sedere sul trono degli Inferi come consorte del Signore, diventando, lei e solo lei, l’unica “Regina degli Inferi”. Oggi, con grande rammarico, piangiamo la sua scomparsa. Ella non è morta per cause naturali come:

Un attacco di un sicario professionista assunto da un’altra pretendente del Signore.

Un fulmine mandato da Zeus per fermare il suo regno mortale.

Ustioni di quarto grado causate da una piccola nuotatina dentro al magma.

Ma… perché “la regina dagli occhi di ghiaccio smeraldo” provava qualcosa per un vile e normalissimo essere umano.

Provava qualcosa per un ess- provava qualcosa?! Ok, stop, mente del cavolo! Io, provare qualcosa per quello stupido americano?

«Non ho parlato di nessun americano, cara.» Una voce risuona nella mia mente.

«C-cosa vorresti insinuare? Ovvio che stavi parlando di lui, di chi altri sennò?»

«Di un umano qualsiasi, no?»

«Cosa…?»

«Ayame, cara, se tu pensi subito a lui, ci sarà un motivo, no?»

«Forse lo penso sempre perché lo odio?»

«Non si pensa sempre alla persona che si odia, bensì a quella che si a-»

Tuuuuuuuuuuuuuu tuuuuuuuuuuu tuuuuuuuuuu sconnessione cervello in corso… connessione di emergenza fra: tre, due, uno… bip, bip

Stupido americano, cosa stai cercando di dirmi? Mi molli la mano? Penso seccata e irritata dalla fantasia che ho appena vissuto per colpa di quel maledetto anestetico, perché era sicuramente colpa dell’anestetico… dev’essere colpa di qualcosa! Non mia di sicuro! Anzi, la colpa è tutta sua!

«Ayame, so che il gesto di poco fa ti ha sconvolta…» Sento le sue mani stringersi sempre di più attorno alla mia. «Ma devi sapere che per me non è stato un errore, io… Aya, io ti v-» Percepisco le sue mani abbandonare la mia e sento un tonfo, come se qualcosa fosse caduto sul pavimento accanto a me.

«Ahio! Ma che cavolo?! Che ti prende?!» La voce di Ryan sembra alquanto seccata. Penso che stia parlando con Jin perché sento dei passi dirigersi verso di me e uno sbuffo che risuona per tutta la stanza. Il tipico sbuffo di Jin quando è irritato.

«Scusami, pensavo si aver sentito le parole: “io voglio un panino”, così te l’ho lanciato. Non hai una bella presa, eh, americano? Eppure l’America è la patria del baseball.»

Sento una piccola risatina finta venire dalla mia sinistra quindi intuisco che adesso Jin si trovi proprio di fianco a me, di fronte all’americano… che abbia sentito tutto? Oddio, no! Jin non deve sapere… non deve… non deve… non posso perdere Jin! Jin è troppo importante… per me.

«Hai sentito male, mi dispiace.»

Cala il silenzio dentro alla stanza, sento rumori simili a quelli di una persona che sta masticando, quindi ne deduco che stiano mangiando. Che ora sarà mai?

Il mio stomaco inizia a lamentarsi. Cavolo, ho fame! Come vorrei svegliarmi e mangiare un bel panino, anzi meglio una pizza! Sì, una pizza in ospedale, ma sono stupida?

«Stop Aya, pensaci bene, ti preoccupi veramente del cibo? Preoccupati del fatto che non riesci neanche a svegliarti!» Di nuovo la voce nella mia mente.

«Ovvio che ci riesco! Sta a guardare!»

Muovo le palpebre leggermente, è come se le ciglia fossero incollate tra di loro… colpa delle lacrime, tsk! Riesco finalmente a staccare le ciglia appiccicose e vedo filtrare la luce del lampadario. È troppo forte per i miei occhi. Aspetto che questi si abituino un po’ alla luce e poi li apro il più possibile. Vedo una stanza banale, di un ospedale banale, banalmente bianca, arredata peggio della casa di Topolino… che posso dire? È così banale. Oh, c’è un lampadario osceno!

Alla mia sinistra intravedo Jin con lo sguardo rivolto verso il basso. Che stia ammirando il pavimento mortalmente banale? Suppongo di no. È intento a sgranocchiarsi il suo panino: würstel, insalata, maionese e pomodori. No, non ne vedo il contenuto, né sono un segugio da tartufi, semplicemente è lo stesso panino che Jin prende da anni. Alla mia destra, invece, trovo quel biondo di un americano girato di schiena, anche lui intento a mangiare. Che allegria questa stanza.

«A-anch’io ho fame…» Dico con voce flebile, mi esce quasi come un sussurro. La gola mi brucia per il solo pronunciare quelle poche parole. Ho sete, mi sento disidratata, la gola è tutta secca e inizia a darmi fastidio. Mi sforzo di pronunciare poche parole ma in modo che siano udibili anche alle loro orecchie. «Non potreste darmi una coca?»

Vedo la figura di Jin diventare sempre più sfuocata e dei movimenti bruschi verso di me. Non distinguo nemmeno più le loro ombre. Sento le loro voci farsi lontane. Eppure sono qui davanti a me, che succede?

«Ryan, presto, prendi dell’acqua!» Esclama Jin. Dov’è la sua solita calma? Oh, Jin, ti sto facendo preoccupare molto, vero? Mi dispiace moltissimo, non volevo causare dei problemi a te, non proprio a te…

La mia vista torna lentamente a farsi più nitida. Vedo difronte a me un bicchiere verde con una cannuccia sempre verde infilata dentro. È sorretto da una mano abbronzata. Che sia quella dell’americano? Penso proprio di sì, anche perché so benissimo che Jin ha la pelle bianca come il latte. In questo ci assomigliamo, odiamo entrambi prendere il sole. La gola inizia di nuovo a provocarmi fastidio quindi decido di accettare l’aiuto dell’americano. Avvicino lentamente le labbra alla cannuccia, cerco di aprirle e poi richiuderle sopra ad essa. Finalmente! Acqua fresca! Da quanto! Stavo proprio per disidratarmi. Ne prendo parecchie sorsate per poi lasciare lentamente la cannuccia. La mia gola finalmente viene rinfrescata. L’acqua scende giù che è una delizia. Nella mia mente ringrazio Ryan per l’aiuto, ma ovviamente non c’è bisogno che io glielo dica a voce. Alzo lo sguardo e incontro subito occhi color cioccolato. Jin è seduto sul mio letto accanto a me e mi fissa attentamente, scrutandomi per capire se sto bene o meno. A lui non servono parole, a lui basta guardarmi per capirmi. Gli regalo un mezzo sorriso, almeno quello che i miei muscoli mi permettono di fare. Sono tutta intorpidita. Com’è possibile che per un ginocchio io sia stata messa del tutto K.O.? L’americano, appena capito che ho finito di bere, allontana il bicchiere, appoggiandolo sul comodino che si trova di fianco al mio letto. Si avvicina per scrutarmi bene. I nostri occhi si incontrarono, blu e verde, verde e blu. Questa sensazione…

«Io…» Cerco di raccogliere le idee per formare una frase di senso compiuto. Inutile dire che è un tentativo completamente privo di senso, la mia mente non è ben sveglia. Mi viene in mente solo una cosa, ma cerco di soffocarla dentro di me. Non sarebbe uscita, mai!

«Dov’è mio padre?» Riesco infine a dire qualcosa, apparentemente normale, ma ad essere onesti non è che mi interessi molto di mio padre in questo momento. Ovvio, vorrei vederlo, stringerlo e chiedergli se andrà tutto bene, ma in questo momento riesco solo a pensare ad una cosa… soltanto una… blu.


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Abbasso il viso, osservo le mie mani bianche giocare fra di loro in modo nervoso. Sono nervosa. Le mani non mi interessano poi molto ma se alzassi lo sguardo incontrerei quello di mio padre preoccupato. Nella stanza ci sono due dottori, uno di mezza età, credo sia il primario dato che sta illustrando a mio padre la situazione del ginocchio, e uno giovane che credo abbia circa 30 anni, con la mia cartella clinica in mano. Mostra le radiografie a mio padre che fra un sospiro e l’altro chiede quando sarò dimessa. Il dottore giovane mi spiega con molta calma la situazione. Con dolcezza mi alza il viso e guardandomi sospira e scandisce: «Questo ospedale è proprio fortunato, avrà la fortuna di avere come ospite questa graziosa giocatrice di basket.»

Lo scruto perplessa, questo doveva essere un complimento? Dovrei essere felice di restare qui così che tu ci possa provare con me? Hai idea della differenza d’età, bello? No… Aya, controllati, non puoi uccidere un dottore, almeno prima fatti guarire.

«Immagino che tutti siano onorati di potermi servire, ma preferirei tornare a casa. Quanto tempo devo essere tenuta sotto controllo?» Rispondo in modo pacato.

«Due settimane, Ayame. Tranquilla, farò in modo che le infermiere non ti diano noie con i loro pettegolezzi.» Mi risponde facendo l’occhiolino, mmh forse mi sono sbagliata non è poi tanto male questo dottore.

Il dottore esce insieme al primario dalla mia stanza, rimaniamo solo io e mio padre. Lui in piedi vicino alla porta che cerca di rimuginare sul da farsi e io bloccata in questo letto. Jin entra con un sorriso smagliante chiudendo la porta in faccia a Ryan che è subito dietro di lui, il quale dopo alcuni secondi riapre la porta, fulminandolo. Jin si siede sul letto al mio fianco, mi sistema le coperte senza mai incontrare i miei occhi. Gli rivolgo un sorriso dolce e pieno di affetto ma non vedo lo stesso nel suo sguardo. Intanto Ryan prende le distanze e si mette vicino alla finestra aperta, dove cade il suo sguardo malinconico. Insomma sono proprio di compagnia questi due, eh? Mio padre dopo una lunga riflessione viene a baciarmi la fronte dicendo che sarebbe andato a prendere le cose che mi sarebbero servite a casa e Ryan, ritornato dal magico mondo della “finestra delle meraviglie” si offre di accompagnare ed aiutare mio padre, il quale accetta cortesemente. Si avviano verso la porta e mio padre mi fa un cenno con la mano per dirmi che sarebbe ritornato più tardi con le cose. Ryan invece mi fissa, nei suoi occhi c’è il caos. So che vorrebbe restare e dirmi molte cose ma trova che questo sia il momento meno opportuno. Rivolge uno sguardo duro a Jin che gli sta dando la schiena.

«Tu resti qui?»

L’unica risposta che riceve è: «Questo è il mio posto.»

Stringe la maniglia senza controbattere e se ne va chiudendo la porta senza salutarmi.

Cosa succede? Non ho mai visto il viso dell’americano con quell’espressione. Perché gli da così fastidio che Jin sia qui al mio fianco? Insomma, solo perché mi ha baciata pensa che io ora sia di sua proprietà?! Rido fra me e me. Hai sbagliato tutto, bello. Ayame non è di nessuno. Un bacio… non cambierà ciò che siamo io e lui. Nemici, nemici, nemici. Ecco quello che siamo e quello che continueremo ad essere. Io non mi innamorerò mai di un stupido americano. Anzi, io non mi innamorerò mai! I miei pensieri continuano a volare da un argomento all’altro senza alcun filo logico per un po’. Chiudo gli occhi e il mio respiro si calma. Finalmente sono sola con me stessa. Il silenzio mi penetra l’anima, è ora di chiarire con me stessa cosa sia realmente successo poco prima con lui. Mi ha baciata, ormai non posso più nasconderlo a me stessa. Sono stata baciata, ma la sensazione che ho provato in quel momento… cosa significa?

Quando finalmente riapro gli occhi trovo Jin seduto in silenzio davanti a me, che mi fissa senza espressione. Sta aspettando con la sua solita calma che io finisca di chiarirmi le idee… per tutto questo tempo è restato al mio fianco senza muoversi, vegliando su di me e sui miei pensieri. Lui è l’unica persona al mondo che mi trasmette questo senso di pace e comprensione, lui è la mia comprensione. Apro la bocca, ma da essa non esce nulla. Cerco di mettere due o tre parole insieme per dirgli anche solo un “ciao, come va?”… ma nulla sembra voler uscire dalle mie labbra. Jin abbassa lo sguardo e si mette a giocare con dei foglietti colorati. Per quanto adori Jin, a volte non sopporto il fatto che lui non prenda mai l'iniziativa. So che sono una ragazza egoista e adoro avere sempre io la prima parola, ma in momenti come questo, ti prego, almeno tu, amico mio, salvami, ti prego… io davvero ho bisogn-

«Ho avuto paura.» Dice, senza smettere di giocherellare con i foglietti. «Quando ti ho vista in questo letto, ho pensato che avrei dovuto difenderti, cha avrei dovuto evitarlo.» Stringe in mano i pezzetti di carta.

Allungo la mia mano verso la sua, la apro con gentilezza e afferro uno di quei foglietti stropicciati. Prendo una penna dal comodino di fianco a me e vi ci scrivo sopra. Lo rimetto dentro alla mano di Jin, che lo porta vicino al viso per leggerlo. Sul foglietto c’è scritto: “Ora sei qui”. Alza lo sguardo amareggiato verso il mio, io ricambio con un sorriso.

«Non dovresti lasciar fare alla futura “Regina degli Inferi” una cosa così smielata, non trovi? Mi rovino la reputazione.» Un sorriso si dipinge sul volto di Jin.

«Mia signora, dopotutto questo è il mio solo privilegio.» Si alza e mi stringe fra le sue braccia.

Non ci abbracciamo spesso io e lui, ma devo ammettere che i suoi abbracci non mi danno fastidio, anzi, sono piccoli gesti da mortali che ancora sopporto. Solo da lui, ovvio. Proprio in quel momento sento la porta sbattere. Entra un ragazzo con i capelli rossi, alto all’incirca poco più di Jin. Tiene fissi i suoi occhi verdi su di noi, che ovviamente eravamo ancora abbracciati e guardavamo straniti quell’individuo.

«Oh cielo, ho disturbato la coppietta? Scusate, pensavo che qui ci fosse il dottor Shion…»

«Daisuke! Non puoi andare in giro per l’ospedale a tuo piacimento!» Entra il dottore giovane di prima, lo prende per il braccio e lo fa inchinare in segno di scusa. Lui sbuffa, fissandoci. «Scusate davvero il disturbo, i bambini non dovrebbero andare in giro da soli.» Fissa il ragazzo al suo fianco.

«Bambino?! Guarda che ormai ho ventiquattro anni! Tsk, sei tu che sei vecchio.» Risponde seccato il ragazzo, liberandosi dalla sua presa e incrociando le braccia al petto. «Mi dispiace di essere entrato così, volevo solo vedere come stava il signor Kazawa…» Mette il muso. «Ma devo avere sbagliato stanza.»

Il dottore tira uno schiaffo leggero sulla fronte del ragazzo. «Ti ho già detto che non è lui ad essere ricoverato, ma sua figlia, la ragazza qui presente.»

Il ragazzo si illumina e corre fino al bordo del mio letto. «Tu sei Ayame? Quella Ayame?! OMG! Vero, assomigli un sacco a tua madre, non ti avevo riconosciuta! Chi è questo? Il tuo ragazzo?» Sorride fissando Jin che era ancora stretto a me. Ci accorgiamo di essere ancora abbracciati e ci stacchiamo imbarazzati. Che figura… mi ero lasciata trasportare dalla situazione. Cerco di far passare il mio colorito bordeaux tentando di collegare ciò che il ragazzo rosso ha cercato di dirmi. Jin lo ferma chiedendo: «Conosci Aya?»

Il ragazzo si calma e mi fa l’occhiolino. Sorride a Jin rispondendogli: «Sì, ma non credo che lei si ricordi di me, eravamo piccoli, sono un vecchio alunno di sua madre e suo padre. Venivi a giocare a casa mia quando eri piccola, Aye.» Rimango stordita dalla rivelazione dello strano ragazzo. Non ricordo assolutamente nulla di lui… aspetta… Aye?! Io mi ricordo di un ragazzo che mi chiamava così! Lui mi ha insegnato i tiri liberi, come potrei mai dimenticarlo!

«Daisuke!» Rispondo.

Lui sorride mostrandomi il pollice all’insù. «Non sono facile da dimenticare, eh?»

«Per niente, sei sempre stato eccentrico, come dimenticarlo.» Rido, ormai a mio agio.

«Forse ti ho un po’ contagiata. Mi sei mancata, Aye.» Sorride, avvicinandosi.

«Anche tu, Dae.» Ricambio.

Jin e il dottore restano sconvolti e rimangono a fissarci per alcuni minuti, poi, in silenzio, decidono di andare alla caffetteria dell’ospedale fin tanto che noi ricordiamo i bei tempi. Mi sembra così strano incontrare una persona che non vedi più da anni e sentirsi così a proprio agio…

«Allora, Aye, chi era il ragazzo di prima?» Mi chiede mangiandosi due o tre cioccolatini che mi aveva portato mio padre.

«È il mio migliore amico, Jin.» Ne rubo uno dalla sua mano e lo mangio.

Scuote la testa. «Migliore amico? E lo abbracci in quel modo? Ah, se Shion ti vede mangiare quello sei nei guai… quindi, mi sacrifico e li mangio tutti io.» Ride di gusto, mangiando i miei cioccolatini.

«Sì, è solo un amico. Così quel dottore si chiama Shion? Mi sembra abbastanza simpatico, è un tuo amico?»

Mi osserva per un secondo e poi risponde pacatamente: «Diciamo che siamo in ottimi rapporti. Oggi sono venuto a trovarlo per mangiare insieme ma poi ho visto la tua cartella clinica e ho pensato che fosse di tuo padre e così sono corso qui per salutarlo, ma alla fine ho incontrato te. Non mi è andata male, no?» Sorrido, serena.

Sento bussare alla porta. Entra Jin con due piatti e li appoggia al tavolino. Deduco che sia già ora di cena. Beh, meno male, stavo morendo di fame.

Daisuke si alza dalla sedia. «Ragazzi, io vi lascio mangiare in pace. Vado a scovare Shion dal suo nascondiglio per costringerlo ad offrirmi la cena. Ci vediamo domani, Ayame!» Ricambio e mi volto verso Jin che sta preparando i nostri piatti. «Tuo padre ha chiamato. Dice che dovrebbe arrivare verso le 20:30 con le tue cose, quindi resterò qui con te fino ad allora.» Sorride porgendomi il mio piatto: insalata, pomodori ciliegini e… pollo? Mmh, il premio per il miglior pasto dell’anno va… all’ospedale di Tokyo! Yeah… beh, meglio di niente.

Jin mangia vicino alla finestra il suo manzo al bambù. Il profumino arriva fino a me. Quanto mi piacerebbe mangiare qualcosa di sostanzioso, non capisco a cosa serva avermi messa a dieta. Insomma, non sono sovrappeso e non sto nemmeno per morire, sono solo una povera ragazza sportiva infortunata al ginocchio che ama mangiare bene. Solo perché ho il ginocchio malandato non significa che una pizza possa uccidermi, dico bene?

«Oh, andiamo mangia e stai zitta!» Di nuovo quella stupida voce nella mia mente.

«Zitta? Guarda che schifezza ci hanno rifilato!»

«Allora continua a nutrirti di aria, contenta te.»

«Uff…»

Inizio a masticare il mio banale pasto, nel mio banale letto, in questo banalissimo ospedale aspettando che succeda qualcosa di altrettanto banale.

Mentre il mio noioso monologo interiore continuava senza sosta, Jin si alza di scatto, girandosi verso di me. «Vuoi andare a fare una passeggiata?»

Rimango zitta per qualche secondo. «Non posso camminare, te ne rendi conto?»

Si avvicina al mio letto, toglie le coperte dalle mie gambe e mi mette il giubbotto. Senza fare tante storie lo lascio fare volendo vedere fin dove ha intenzione di arrivare. Mi prende per le gambe saldamente in braccio, come una principessa. Cerco di resistere alla sua presa. Questa cosa sta diventando un’abitudine, devo troncala sul nascere, devono smetterla di prendermi in braccio!

«Stai ferma o ti farai male al ginocchio.» Dice Jin con tono autoritario.

Mando giù il boccone amaro e mi lascio trasportare da Jin per l’ospedale. Le infermiere ridono fra di loro guardandoci come se stessimo sfilando sul red carpet. Perfetto, per una o due settimane saremo l’argomento più succoso dei pettegolezzi dell’ospedale, altro che Gossip Girl o altri telefilm. Arrivati in giardino, Jin mi fa sedere sotto il gazebo e mette la sua giacca sopra alle mie gambe, per proteggermi dal freddo.

«Grazie.» Rispondo, osservando le sue mani rosse.

«Vuoi qualcosa di caldo da bere?»

«Grazie.» Rispondo ancora.

Scruta la mia espressione e poi dice con euforia: «Bene, allora ti prendo il tè al limone! Ma no Jin, che schifo, io odio il tè al limone! Ok, allora alla pesca. Nooo, non voglio il tè! Prendimi la cioccolata, non sono mica a dieta, sai? Ok, cioccolata sia.» Nel suo mini dialogo Jin cerca di imitare la mia voce ma ne risulta una voce stridula e bambinesca che mi fa scoppiare a ridere.

Fra una risata e l'altra dico: «Io non parlo così, idiota.»

Lui mi sorride. «Io non parlo così, bellissimo idiota.» Mi imita ridendo e si allontana per non rischiare di ricevere un calcio dalla gamba buona.

«Arrivo subito, aspettami qui. Mi raccomando, non ti muovere!» Mi fa l’occhiolino e si allontana verso l’entrata dell’ospedale.

Grrrrrrrrrrr! Quasi quasi gli tiravo una scarpa in testa. Mi ha fatta sorridere, ecco perché è voluto venire fuori. Ora mi sento meglio… forse dovrei ringraziarlo? Mmh… solo se nella cioccolata c’è anche la panna. Muahahah! Mentre sono intenta a fare la mia risata super malefica (nella mia mente ovvio, o la gente mi avrebbe fissata male…) noto che Daisuke è appena passato vicino a me senza accorgersene. Si siede sotto un albero poco lontano da me ma dato che davanti alla sottoscritta c’è uno stupido cespuglio non mi ha notata. Decido di chiamarlo per chiedergli cosa ci faccia qui.

«Daisuke! Ehi, che sta-» Proprio in quel momento, da dietro l’albero spunta il dottore giovane. Quel suo amico, come aveva detto che si chiamava? Shan, Shin? Mmh, no, Shion! Ah, i nomi non sono proprio il mio forte. Ma che ci fanno al buio da soli quei due? Guardano le stelle? Mmh, a me sembra troppo luminoso per vederle. Il dottore si piega verso Daisuke, accarezzandogli i capelli. Cavolo, devono essere amici da un bel po’ di tempo. Jin arriva proprio in quel momento con la mia cioccolata. Ha la panna. Ok, ti adoro.

«Grazie.» La prendo con un mega sorriso. Jin ricambia, sedendosi vicino a me. Mentre sono intenta a godermi la mia cioccolata alzo lo sguardo e mi trovo davanti ad una scena incredibile. Daisuke afferra il viso del dottore, lo porta vicino al suo e lo bacia. Il dottore ricambia chiaramente il bacio… con passione… molta passione… non smettono?! Mi scivola la cioccolata dalle mani che mi si versa tutta sulle gambe.

«Ahiaaaaa!» Jin mi soccorre subito, prendendomi in braccio per portarmi dentro. Dopo pochi minuti arrivano il dottore e Daisuke per vedere di chi erano quelle voci. Il dottore mi fissa e mi prende in braccio per portarmi a controllare che non mi fossi ustionata. Daisuke e Jin ci seguono in silenzio. Che disastro, perché combino solo disastri?! Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia…


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«Daisuke, resta qui con Ayame. Io vado a prescriverle una crema da mettere sulle gambe per darle sollievo. Ayame, tranquilla, non è nulla di grave, non rimarranno cicatrici. Jin, puoi seguirmi, per favore? Ti faccio vedere quale devi prendere.» Jin esce dalla stanza insieme al dottore… al dottore che aveva baciato il mio amico d’infanzia… o che era stato baciato dal mio amico d’infanzia? Dal mio amico d’infanzia omosessuale? Scuoto la testa per levarmi questi pensieri dalla mente. Anche se fosse? Che c’è di male nell’essere omosessuale? Di certo non avrei smesso di essere sua amica per quello. Ma allora perché mi ha detto che era un suo amico? Aspetta, l’aveva detto?! La curiosità mi uccide…

Daisuke rimane a fissarmi in silenzio con le braccia incrociate sul petto. Dopo lunghi, lunghissimi attimi di silenzio, sento un sospiro pesante venire da lui.

«Per quanto hai intenzione di andare avanti?» Mi chiede guardandomi freddamente negli occhi. «So che hai visto, non hai nulla da dire? Ti vedo parecchio turbata.»

Il mio corpo si paralizza per qualche secondo, poi trovo la forza di rispondere: «Perché non mi hai detto nulla?» Si passa una mano tra i capelli ravvivandoseli all’indietro. Sorridendo amaramente mi dice: «Sai, non è da me presentarmi dicendo: “Ehi, ciao, sono Daisuke e sono gay”.»

Lo fisso, confusa. «Non mi importa che tu sia gay o no! Ma perché non mi hai detto che stavi con mister camice sexy?!» Sbuffo, un po’ indispettita. Sorpreso dalla mia risposta scoppia a ridere e si avvicina a me.

«Scusami, non volevo nascondertelo, ma sai, a molti non piacciono le relazioni omosessuali e non volevo che tu…» Gli prendo la mano.

«Che io cosa? Che io ti disprezzassi? Io ti voglio bene, sei il mio senpai che mi ha insegnato i tiri liberi! Quello che mi ha regalato le prime scarpe da basket! Come potrei non accertarti?! E poi, cavolo, stai con un dottore!» Scoppiamo a ridere insieme.

«Shion non ama molto le effusioni in pubblico.» Proprio nell’attimo in cui Daisuke termina la frase entrano il dottore e Jin, seguiti da mio padre e Ryan con delle borse. Oh, che bella riunione di famiglia…


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Escono tutti dalla stanza a parte Ryan, che continua a fissarmi mentre mi fascio il piede come una vera esperta… mmh o quasi. Stancatosi di vedermi fallire nell’impossibile impresa di farmi una fasciatura decente, decide di farmela lui stesso. Prende la garza e inizia a fasciarmi il piede. Ogni tanto alzo lo sguardo dalla fasciatura per osservarlo. La tensione si può tagliare con un grissino… oh no, aspetta, quello è il tonno, comunque il silenzio è sprofondato fra noi due.

Prende fiato e senza guardarmi in volto dice: «Scusa per il bacio, non volevo causarti problemi.» Il sangue mi si raggela nelle vene all’istante. Sentirlo dire dalla sua voce è troppo. È tutto il giorno che cerco di distogliere il mio pensiero da quello, ciò che mi ha portata ad essere in questa situazione problematica ed imbarazzante: Ryan mi aveva baciata.

Infarto fra uno, due, tr-

La porta si apre di scatto, vedo Jin spingere contro il muro Ryan. Non parlano ma i loro occhi fanno paura. Non avevo mai visto Jin così arrabbiato in tutta la mia vita. Che lui avesse sentito? No! Non Jin, lui non avrebbe mai dovuto sentirlo, non posso… non voglio! Jin si stacca da Ryan e viene verso di me, mi afferra dietro al collo e mi tira verso di lui. Tutto dura un attimo. Mi ritrovo con le mie labbra contro le sue, calde, morbide, umide. Si stacca da me, fissandomi freddamente negli occhi, e poi fissa l’americano, che in tanto ha stretto le mani a pugno per cercare di controllare la rabbia.

«Che stai facendo?!» Chiede a denti stretti Ryan.

Jin, con fare alquanto altezzoso, risponde: «Non sono affari tuoi, americano.»

In quel momento la porta si spalanca. Vedo la figura di Daisuke appoggiarsi alla parete, con un ghigno sulle labbra. «Ragazzi, ragazzi, la guerra non è ancora iniziata. Ora entro io.» Si girano tutti e due di scatto verso di lui.

Che era successo?! Era un sogno?! Ero stata baciata da due ragazzi nello stesso giorno, e tutte e due le volte contro la mia volontà… no… è un sogno… solo un sogno…

Che cosa sta succedendo nella tua vita, Ayame Kazawa?!


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Quella notte fui tartassata in più e più modi nei mie sogni. Il continuo rigirarmi nel letto, il dolore al ginocchio, sogni che non dovrebbero mai accadere… paure rivelate, troppe cose fatte e poche dichiarazioni rilasciate. La testa mi scoppia. Mi sveglio di soprassalto e controllo il mio cellulare. Segna le 7:20, l’infermiera sarebbe venuta a svegliarmi fra poco. Sono tutta sudata, ho i capelli spettinati, la gola secca, la testa che pulsa… era davvero stata una notte infernale. Ma la domanda era… era solo la notte ad esserlo stata?








 

   
 
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