Vicino a te non ho paura.
Mordred camminava sperduto nella foresta,
guardandosi intorno impaurito, nella speranza di trovare il sentiero smarrito:
si era allontanato troppo dal nascondiglio dei druidi ed ora non sapeva come
farvi ritorno.
Ad aggravare ulteriormente la situazione, la
guerra tra Camelot e la magia perdurava, minacciando lui ed i suoi “simili” di
finire in pasto ai famelici cappi dei patiboli;
come se non bastasse, Uther Pendragon aveva ordinato ai suoi uomini di
catturarlo pochi mesi prima, braccandolo alla stregua di un criminale della
peggiore specie.
Il pensiero di quello che aveva passato in quella
terra ostile lo fece rabbrividire, scatenando ricordi che avrebbe voluto
seppellire nei recessi della sua mente … Rivide il suo maestro, colui che lo
aveva aiutato ad accettare i suoi poteri, catturato ed impiccato senza pietà.
Come potevano stroncare delle vite umane con quella facilità?
Se non fosse stato per i figli del re, a quest’ora
anche lui avrebbe fatto quella fine, perché al monarca non importava che si
trattasse di un bambino …
Senza rendersene conto, si ritrovò a singhiozzare
e dovette mordersi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere. La ferita
era ancora troppo fresca, il dolore era ancora troppo forte …
Era talmente perso nei suoi ricordi da non
accorgersi dell’arrivo di alcune sue vecchie conoscenze: alla sua sinistra si
trovava il sovrano di Camelot, accompagnato dal principe Arthur, lady Morgana,
i loro servitori ed alcuni cavalieri.
Il piccolo Mordred sussultò alla loro vista e si
guardò nervosamente intorno in cerca di una via di fuga sicura. Gli alberi
circostanti lo celavano alla vista dei suoi nemici, tuttavia restare in quel
punto era troppo rischioso, per cui decise di muoversi cauto in direzione opposta
alla loro.
Camminava sulle punte, attento a non fare il
benché minimo rumore, mentre i Pendragon chiacchieravano spensierati; eppure, nonostante
i suoi sforzi, non ebbe l’accortezza di badare al suo mantello, il quale con un
fruscio andò a impigliarsi su un ramo secco.
Quell’improvvisa trazione bastò a fargli perdere
l’equilibrio, facendolo cadere rovinosamente al suolo con un tonfo sonoro. I
nemici si voltarono di scatto, allarmati da quel rumore repentino, temendo che
potesse trattarsi di un’imboscata ad opera dei briganti: il primo a scorgere il
giovane druido fu proprio Uther, sul cui volto si dipinse un’espressione feroce
ed intransigente.
Con un urlo belluino ordinò ai suoi uomini di
catturarlo, ignorando le proteste sconcertate di suo figlio e le suppliche di
Morgana; a Mordred non rimase altro da fare se non scappare, pur sapendo che le
sue gambette non avrebbero potuto competere con i cavalli delle guardie.
Slegò frettolosamente il mantello e cominciò a
correre a perdifiato tra gli alberi, affidandosi alla protezione che poteva
dargli quell’intricata trama di rami e radici. Sentiva il cuore battere all’impazzata
nel petto e il respiro farsi sempre più affannoso; secondo dopo secondo,
percepiva i suoi inseguitori avvicinarsi sempre più, il suono degli zoccoli che
battevano il suolo gli rimbombava nelle orecchie.
Si volse un attimo per valutare la distanza che lo
separava dai cavalieri, ma quello fu un errore fatale: difatti, non si accorse
di una radice che sporgeva dal terreno e v’inciampò, sbattendo con forza la
testa contro la superficie.
Ebbe bisogno di qualche istante per riprendersi
dal colpo, il tempo necessario per far scomparire i puntini neri che
tempestavano il suo campo visivo, tuttavia quell’esitazione gli costò caro,
giacché i suoi assalitori gli furono addosso.
Mordred non seppe cosa fare, quegli uomini erano
in troppi e lui era talmente atterrito da non riuscire a controllare i suoi
poteri. Cercò di chiamare telepaticamente Emrys, ma questi non gli rispose, il
che lo rese ancora più inerme di quanto già non fosse.
Quando le speranze stavano per abbandonarlo, ecco
che avvenne qualcosa di incredibile: i destrieri nemici s’imbizzarrirono,
disarcionando gli uomini armati e scappando via spaventati, lasciando i
cavalieri a terra, privi di sensi.
Il bambino spalancò la bocca, incapace di
spiegarsi quanto accaduto, poi si riscosse e si guardò intorno alla ricerca di
un nascondiglio. Scorse un albero alla sua sinistra, il cui tronco creava
insieme ai rami una sorta di percorso che conduceva alle fronde superiori, così
rigogliose da celare qualunque creatura si rifugiasse in esse.
Trovò la forza di sorridere debolmente, poi si
avviò spedito verso la salvezza, arrampicandosi goffamente fino in cima, dove si
fermò sopra un ramo particolarmente spesso e ricco di fogliame. Reggendosi
saldamente, guardò in basso per controllare gli spostamenti di Uther e delle
sue guardie; vide il re agitarsi nello scorgere i suoi fedeli soldati sgominati
e s’infuriò tanto con Arthur quanto con Morgana, convinto che uno dei due
dovesse averlo aiutato. Entrambi negarono senza però nascondere il sollievo per
la salvezza del giovane druido, cosa che adirò ancor di più il monarca, il
quale giurò nuovamente vendetta contro tutti coloro che possedevano poteri magici.
Dopo quello sfogo, spronò il suo destriero e
scomparve dal campo visivo di Mordred, mentre i due giovani Pendragon si
lanciarono uno sguardo d’intesa, poi anche il principe se ne andò, lasciando
sola la sua amica.
Quest’ultima levò lo sguardo alle fitte chiome
degli alberi e sorrise, facendo un cenno col capo al bambino, mostrando il
mantello verde che stringeva tra le mani; nel vederlo, egli sussultò e scese
cauto dal nascondiglio, ricambiando il sorriso della ragazza.
Il druido non dimenticò mai ciò che quella
fanciulla aveva fatto per lui durante la sua permanenza a Camelot, di come
avesse sfidato il re per difenderlo e della nobiltà d’animo che aveva
dimostrato in quei delicati frangenti. Inoltre, la loro amicizia si era
rafforzata nel momento in cui lei aveva scoperto di possedere i poteri magici
ed era partita in cerca del suo villaggio, così da comprendere il dono che
aveva ricevuto dalla natura invece di temerlo.
Persino in quella circostanza ostile, il solo
guardarla gli infondeva speranza, sentendosi protetto ed amato come se fosse la
sorella che non aveva mai avuto. Poggiati i piedi al suolo, le corse incontro
felice e le gettò le braccia al collo, cingendole i fianchi con le gambe e
chiudendo gli occhi per la gioia: dal suo canto, lady Morgana ricambiò
sollevata l’abbraccio, stringendolo con dolcezza ma infondendo in quel gesto
tutto l’affetto che nutriva nei suoi confronti.
Rimasero così, avvinghiati l’uno all’altra per
qualche secondo, beandosi di quegli istanti sereni, per poi sciogliere la stretta
e guardarsi negli occhi. La ragazza gli accarezzò il pallido viso chiedendogli
se stesse bene, ricevendo come risposta un cenno del capo; Mordred le spiegò
che si era perduto e che non riusciva a ritrovare il sentiero per tornare a
casa, poi le raccontò del suo tentativo di fuga e di come era stato quasi
catturato dai cavalieri, fino alla ribellione dei destrieri che gli aveva salvato la
vita.
La giovane Pendragon sorrise e gli disse che non
si era trattato di un caso, ma che era stata proprio lei a far imbizzarrire gli
animali: difatti, quando aveva visto il piccolo druido, il cuore le era balzato in gola e
aveva deciso di correre dietro alle guardie per impedir loro di fargli del male.
Nell’attimo in cui si era accorta che gli uomini
armati lo avevano raggiunto, era stata assalita dal terrore e proprio allora aveva avvertito
la magia scorrerle nelle vene, pronta a darle una mano: protendendo il braccio
destro e puntando il palmo aperto contro di loro, aveva sentito gli occhi riempirsi di
energia per una frazione di secondo e subito aveva percepito una misteriosa forza
propagarsi dal suo arto fino ai cavalli, che, colti dal terrore, si erano ribellati
ai loro padroni.
Il bambino rimase sgomento e, non sapendo cosa
dire per ringraziarla, frugò nelle sue tasche finché non trovò una catenina
d’argento, donatagli dal suo maestro un anno dopo averlo accettato come
allievo. Appesa ad essa si trovava un ciondolo, sul quale era inciso il simbolo
dell’Antica Religione, in modo da proteggere colui che la possedeva.
Così le prese le mani e lo depose tra esse,
asserendo che si trattava di una prova tangibile della loro amicizia: la
fanciulla fu colpita da quel gesto, al punto da indossare immediatamente la
collana, gli occhi colmi di lacrime. Gli cinse le spalle un’ultima volta,
dopodiché lo aiutò ad indossare il mantello e gli indicò la strada da seguire,
in modo da ricongiungersi al suo popolo e mettersi definitivamente in salvo da
Uther.
Mordred la salutò con un candido bacio sulla
guancia, poi corse via felice, il cuore pieno di speranza e gioia; raggiunse i
druidi un paio d’ore dopo, scusandosi per la sua scomparsa e avviandosi spedito
verso il suo giaciglio. Vi si stese e si strinse nel caldo indumento, intriso
del profumo di Morgana: quella dolce fragranza gli infuse serenità, giacché era
un modo per sentirsi in compagnia dell’amica, vicino alla quale non aveva mai
paura, e così scivolò lentamente tra le braccia di Morfeo.