Goodnight, my love
Goodnight
my love
Remember
me as you fall to sleep
Fill your
pockets with the dust and the memories
That rises
from the shoes on my feet
[Slint – Washer]
Lyra continuava a
rigirarsi tra le lenzuola della sua cuccetta, insonne. Il dolce dondolio della
barca dei Giziani sulle acque gelide del mare non
l’aiutava a prendere sonno.
Pantalaimon, accucciato conto il suo petto, strisciò verso il
suo orecchio, pungendo la pelle della ragazzina con i suoi piccoli artigli da
martora.
«Lyra?», la chiamò.
«Pan?», rispose lei.
«Come mai non stai dormendo? Hai passato tutta la
giornata ad aiutare i marinai a riparare le corde e credevo che non vedessi
l’ora di riposarti sottocoperta…», disse il suo daimon.
Lyra annuì conto il suo pelo fulvo che, alla debole luce della luna proveniente dall’oblò, appariva argenteo.
«Sì, ma…non riesco lo
stesso a dormire.», replicò lei con voce tormentata.
Pantalaimon scese verso il suo collo, avvolgendosi sulla sua gola nuda in un anello di pelliccia caldo e morbido. Conosceva il motivo per cui la sua compagna di vita non riusciva a chiudere occhio, lo sapeva, eppure non conosceva il modo per consolarla.
«Va’ da lui, allora», le
suggerì mormorando con voce ovattata.
Lyra tentennò, tremando
lievemente per quel desiderio represso. Moriva dalla voglia di vederlo, ma era
notte fonda e lui stava probabilmente dormendo, e…
«Dovresti saperlo che non
sei mai un disturbo per lui», intervenne nuovamente il daimon,
leggendole il pensiero.
La ragazza fece per
replicare, ma desistette. Scostò le coperte con un gesto impetuoso e scese
rapidamente dal letto. Pan balzò dal suo collo, con tutta l’agilità dei poteri
stregoneschi che lui e Lyra avevano acquisito dopo la separazione nel mondo dei
morti, precedendola e allo stesso tempo guidandola verso la cabina giusta. La
sua meta non era molto distante, però nel buio era facile confondersi e sarebbe
stato enormemente imbarazzante piombare nel bel mezzo della notte nella
cuccetta di un qualsiasi marinaio.
La ragazzina si curò di
non fare nemmeno il minimo rumore, mentre si richiudeva alle spalle la porta
della sua stanza.
Raschiando leggermente il
corridoio legnoso della nave con le zampette pelose, il daimon
portò Lyra verso una porticina di legno, dai bordi arrotondati. Pantalaimon annusò lo stipite un paio di volte e poi si
rivolse a lei: «E’ questa.»
Con il cuore che le
batteva forte, Lyra alzò la mano sul pomello della porta e l’aprì lievemente. L’interno
della cabina era totalmente buio.
La piccola martora entrò,
lasciando che la ragazza lo seguisse. Con estrema cura, Lyra richiuse la
porticina non appena ebbe varcato la soglia.
Sbattendo lievemente le palpebre, per far abituare gli occhi al buio, iniziò a distinguere le prime forme che il
bagliore della luna evidenziava. C’era un piccolo armadio a due ante e un piano
utilizzabile come scrittoio alla sua destra, mentre alla sua sinistra, sotto
l’oblò vi era una cuccetta dov’era rannicchiata una figura profondamente
addormentata.
Riconoscendo a chi
appartenessero quei capelli color inchiostro, sparsi disordinatamente sul
bianco cuscino, il cuore della ragazzina perse un battito. La luce della luna
scivolava sulle fattezze del ragazzo in un gioco di luci ed ombre che sembrava
toglierle il respiro.
Guardò con l’animo colmo
di tenerezza quelle sopracciglia nere e dritte, atteggiate in un broncio anche
nel sonno, il naso dritto e regolare, le labbra umide e lievemente dischiuse,
il mento prominente forte e deciso. Ai piedi del ragazzo, raggomitolato sul
lenzuolo, riposava serenamente un gatto dal corpo e dal muso screziati.
Lyra sentì che il peso che
le gravava sul cuore, a quella visione, era volato improvvisamente via,
lasciandola leggera e inebetita allo stesso tempo, mentre se ne stava impalata
a guardarlo dormire.
Pantalaimon, però, non aveva intenzione di starsene solo a
guardare. Scivolò verso Kirjava, balzando nella
cuccetta e strusciandosi contro il serico pelo dell’altro daimon.
Il gatto iniziò ad
emettere mugolii bassi, facendo le fusa. Aprì prima un occhio giallo e poi anche
l’altro, scrutando sospettosamente con la sua vista acuta
quei due visitatori. Riconoscendoli, però, si rilassò e ricambiò le
coccole di Pantalaimon, leccando affettuosamente la
pelliccia della martora.
Anche il ragazzo ormai era
sveglio, ma non l’aveva ancora vista, perché era impegnato a sfregarsi gli
occhi che sembravano essersi appiccicati alle palpebre. Sentiva provenire da Kirjava una profonda contentezza e pensò di non aver mai
avuto un risveglio più dolce di quello, prima di allora. Quando il suo sguardo
mise a fuoco la figura in piedi nella stanza, sbattendo più volte le palpebre
per accertarsi che fosse vera e non solo il prodotto della sua immaginazione,
le sorrise dolcemente, facendo sì che i suoi denti bianchi e dritti
risplendessero alla luce della luna.
«Lyra»,
sussurrò.
La ragazzina sentì le sue
gambe diventare molli, lo stomaco pieno di farfalle impazzite e deglutì a
sforzo, cercando di ricambiare il sorriso in maniera migliore possibile.
«Will»,
mormorò nel buio, avvicinandosi traballante a lui.
Senza staccare nemmeno per
un momento gli occhi dal viso di lei, Will scostò le lenzuola stropicciate dal
suo corpo, in un chiaro invito a raggiungerlo nel letto.
Lyra obbedì, senza poter
chiedere di meglio e si introdusse delicatamente nella piccola cuccetta,
rannicchiandosi il più possibile contro di lui per non cadere giù. Si sentì
circondata dal calore del corpo del ragazzo, proveniente dal materasso, e dal
suo odore delicato, ma chiaramente mascolino, sprigionato dalle candide
lenzuola.
Will l’abbracciò,
spingendo le mani contro la schiena di lei per avvicinarsela al petto.
Lyra afferrò in un pugno
la maglietta del suo pigiama, lasciando che l’altra mano gli si posasse
mollemente sul fianco.
Dopo essersi sistemati nel
modo più confortevole possibile, i due lasciarono andare all’unisono un sospiro
beato, come se avessero trattenuto il respiro per quelle poche ore in cui erano
stati separati.
Lyra si chiese come
sarebbe riuscita a sopravvivere quando il momento vero della separazione
sarebbe arrivato. Si sforzò di non piangere, artigliando la maglietta di Will
con più veemenza.
«Cosa c’è?», chiese lui
con voce ovattata, annusando con soddisfazione i suoi capelli dorati.
«Non riuscivo a dormire: mi
mancavi», rispose Lyra con voce malferma.
Lui sospirò, rafforzando
ulteriormente la stretta.
«Adesso
sono qui», le disse, carezzandole lievemente una guancia. Le sue dita, delicate
e leggere come il battito d’ali di una farfalla, percorsero tutto il contorno della
mascella di lei, soffermandosi sul mento e poi risalendo alle labbra rosee che
si aprirono immediatamente a quel tocco.
Sentì il respiro caldo e
fremente di Lyra accarezzargli i polpastrelli e, incapace di trattenersi
ulteriormente, si impadronì della sua bocca. La baciò più volte in modo rapido,
inebriato dal profumo e dalla morbidezza di quelle labbra. Lei rispose allo
stesso modo, mormorando in modo sconnesso il suo nome.
«Will, Will, Will», e
ancora, e ancora, e ancora.
Quando lui si staccò da
lei con il respiro mozzato, lasciando che la sua fronte bollente si appoggiasse
a quella della ragazza, Lyra chiuse delicatamente gli occhi.
Era forse un peccato
desiderare che il tempo fermasse il suo corso? Era forse un peccato desiderare
di stare sempre con Will, di crescere con lui, di essere felice con lui?
Era forse un peccato
desiderare di creare una famiglia, lei che non l’aveva mai avuta?
No, forse non era un
peccato, ma era impossibile. E questa era la cosa peggiore.
Si morse le labbra, più
forte che poté, ma ciò non bastò ad arginare le lacrime che, prepotentemente,
premevano per uscire.
Lasciò andare un
singhiozzo disperato, prima di nascondere il volto nell’incavo del suo collo.
«Ti prego, Lyra», la
scongiurò Will, sentendosi vacillare, distrutto allo stesso modo da quel dolore
che gravava su di loro, «Non piangere più…»
“Altrimenti non riuscirò a
trattenermi dal farlo anche io”, stava per dire, ma tacque, consapevole di
essere in quel momento l’unico appiglio presso cui
Lyra poteva trovar rifugio. Non poteva crollare anche lui, non poteva farlo
davanti a lei.
«Mi manchi, Will!», si
disperò lei, «Mi manchi in ogni momento! Anche adesso
che sei qui, perché so che ci resta così poco tempo, così poco tempo in
confronto ad una vita intera senza di te!»
Lui le accarezzò la testa,
lasciando che la sua guancia si posasse dolcemente su quella chioma dorata.
Ecco perché Lyra non vide
mai nascere quella lacrima silenziosa dagli occhi scuri di lui, nè la vide morire inghiottita dalla sua ciocche bionde.
«H-ho
pensato a-anche che…che non era giusto farci i-innamorare p-per
poi se-separarci così…così, in modo così c-crudele!», singhiozzò lei,
esprimendosi con difficoltà.
Lui non disse niente, ma
lei sentì tremare le braccia che la stringevano.
«Avresti…avresti preferito
non…non amarmi, piuttosto?», le chiese allora e la sua voce era incerta e piena
di dolore e rimpianto.
Lyra si scostò da lui così
violentemente che la testa iniziò a girarle, e lo fissò con il volto solcato
dalle lacrime e gli occhi appannati, ma pieni di una
fiera determinazione.
«Mai! Non l’ho mai pensato e mai lo farò!», esclamò la ragazzina in modo appassionato, come se
aborrisse il solo pensiero di una cosa simile.
Will sentì il petto
colmarsi di un calore inimmaginabile e tentò di sorridere meglio che poteva.
Poggiò le labbra sulla sua
fronte e poi le si accostò all’orecchio, sussurrando: «Anche quando…», fece per
dire, ma si fermò, sentendosi stringere la gola in un nodo. Le parole che non
riuscì al pronunciare erano queste: “Anche quando non saremo più insieme”,
perciò evitò di dirlo, visto che sapeva benissimo che Lyra avrebbe capito lo
stesso a cosa si riferiva.
Nonostante tentassero di sorridere, di assumere un
tono vivace nelle loro conversazioni, quell’addio che piano piano
si avvicinava incombente, era sempre nei loro pensieri.
«Anche quando…», si interruppe nuovamente, incapace di continuare, «io penserò sempre a te. Quando farò qualcosa, ti immaginerò sempre accanto a me, immaginerò le parole che mi avresti detto, le tue reazioni…e ti terrò sempre nel mio cuore. Adesso ho capito cosa voleva dire l’angela Xafania. L’immaginazione non è finzione, ma è quello che ci darà coraggio di andare avanti, anche da...soli.»
Lyra annuì, stringendo gli occhi, «Lo farò anche io. Tu sarai sempre con me perché sarai nei miei pensieri, in ogni momento. Solo i nostri corpi saranno separati, ma le nostre menti saranno sempre connesse dai nostri pensieri per l’altro. E più ti penserò, più il tuo ricordo resterà impresso dentro di me. Ogni giorno cercherò di scolpire più a fondo nella mia memoria ogni particolare di te, così non lo perderò mai.»
Will inghiottì a sforzo, con il cuore colmo di gratitudine e commozione, ma mantenne un atteggiamento più composto possibile. Nonostante quelle parole, la solitudine contro cui aveva dovuto lottare per tutta la vita, sarebbe tornata a sbeffeggiarsi di lui, avrebbe continuato a farlo sentire una nullità.
Leggendo rapidamente la
sua mente, Kirjava si scostò un attimo da Pantalaimon, per appoggiare il suo muso felino sulla spalla
di Will.
Incontrando i suoi occhi brillanti nel buio, Will capì improvvisamente
cosa lei voleva dirgli, prima ancora che lo dicesse per davvero: «Non sarai mai più solo, Will, perché ci sarò io con te, e
ci sarà anche tua madre e saprai di essere costantemente nei pensieri di Lyra.
L’amore che tutti noi abbiamo per te non ti lascerà
mai solo.»
«Ben detto!», confermò Pantalaimon con un tono di voce raggiante e tutti gli altri
risero di gusto, dimenticando per un momento i pensieri negativi.
Poi Lyra sbadigliò, era
esausta, stremata dal lavoro della giornata precedente e dal pianto, ma sapeva
che non sarebbe stata capace di addormentarsi.
Will, la guardò per
qualche secondo, ammirando affascinato i suoi occhi che nel buio sembravano
brillare di luce propria e la guidò nuovamente verso il suo petto,
baciandola lievemente in un contatto carico di sentimento.
Lyra si lasciò andare,
abbandonandosi totalmente tra le sue braccia, rispondendo con trasporto, e
tentando di ignorare il pensiero che l’ultimo dei loro baci stava per
avvicinarsi.
Intrecciò le sue mani nel suo capelli e
alzò di più il volto verso quello di lui, sentendo il suo cuore scoppiare in
un’estasi di sensazioni ed emozioni che non aveva mai provato prima.
Sapeva di volerne di più.
Sapeva che il desiderio per i suoi baci non l’avrebbe mai abbandonata, anzi,
l’avrebbe tentata ogni notte che in futuro avrebbe trascorso senza di lui.
Quando si staccarono l’uno
dall’altra per prendere fiato, Lyra lesse lo stesso tipo di desiderio negli
occhi di Will, ma anche lui era stanco e desideroso di godersi una bella
dormita con Lyra al suo fianco, anche solo per una notte.
«Adesso dormi», le disse,
rubandole un ultimo rapido bacio e intrecciando le gambe con le sue.
Lyra scosse la testa,
ostinatamente. «No, se perdo tempo a dormire avrò anche meno tempo a
disposizione per stare con te!», protestò in modo risoluto.
«Devi dormire perché sei
stanca», la ammonì, «e poi…possiamo sempre incontrarci nei sogni.»
«Nei sogni?», domandò lei.
«Sì, nei sogni. Ogni notte, prima di andare a
dormire, invocherò la tua immagine così da essere sicuro che l’unica cosa che
sognerò mai sarai tu.», disse Will.
«E funziona
anche se…?», cercò di dire Lyra, ma si bloccò, come prima aveva fatto
Will, inorridita dalle parole: “Anche se saremo in mondi diversi, senza avere
più la possibilità di rivederci da vivi?”. Naturalmente, Will aveva compreso
benissimo ciò che intendeva.
«Sì,»,
confermò il ragazzo senza esitazioni, «funziona sempre.»
Accucciandoglisi più vicina e inspirando il profumo della sua
pelle, Lyra costrinse sé stessa a imprimere più a fondo possibile nella memoria
tutti i particolari di Will che riusciva a percepire attraverso i cinque sensi.
Sentendo le sue palpebre diventare pesanti e Pantalaimon
che piano piano strisciava verso il suo collo, Lyra
pensò che forse sarebbe riuscita a dormire se avesse avuto la certezza di
incontrare Will non appena avesse chiuso gli occhi.
«Buona notte, amore mio»,
sussurrò Will, ma Lyra non era più sicura che glielo
avesse detto per davvero, o fosse tutta parte di un sogno, perché adesso Will
era ancora con lei e le stringeva la mano mentre correvano per sconfinate
praterie inondate dal sole, proprio come ne avevano viste nel mondo dei Mulefa.
E, anche dopo molti e molti anni, Lyra e Will da adulti, avrebbero continuato quel rito, ogni notte, prima di addormentarsi. Perché, almeno nei sogni, nessuno poteva separarli.
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Da quando ho finito il “Cannocchiale d’Ambra”, sono in
uno stato pietoso, non appena vado a rileggere uno di quei pezzetti finali,
oppure mi soffermo a pensare a come si sono separati Will e Lyra, mi viene da piangere (e
non sono un tipo a cui capita facilmente .__.). Anche mentre scrivevo, spesse volte, ho avuto gli occhi lucidi (mai successo
prima), ma ho stretto i denti e ho continuato a scrivere U_U. Visto che già Pullman (è un genio, sul serio) è stato crudele nel farli lasciare in quella maniera e non ci ha
dato assolutamente speranze su di loro, io da magnanima quale sono (sì, come no
XD), ho voluto trovare una scappatoia per i nostri eroi che, anche se separati,
potranno rincontrarsi sempre nei sogni. Comunque, giusto per specificare, ho
voluto riprendere un missing moment del “Cannocchiale
d’Ambra”, infatti prima che Lyra e Will si separino,
trascorrono due settimane di viaggio per mare con i Giziani,
quindi ecco come e quando è ambientata la mia storia.
Spero che a qualcuno possa piacere questa ff, visto che
il mio cuore ormai è totalmente devoto a loro due e sono la mia coppia
preferita di sempre ormai, perché sono veramente degni l’uno dell’altra e ammiro
e amo e adoro Lyra tanto quanto Will. Pensate che loro due hanno
avuto anche il potere di far scendere al secondo posto delle mie coppie
preferite persino i miei adorati Ron ed Hermione e
Sakura e Syaoran XD.
Dopo aver finito di blaterare in lungo e in largo,
suppongo sia ora che la smetta, perché, se avete avuto la pazienza di leggere
tutta la storia, non è detto che mi sopportiate ancora!
Vi va di lasciarmi una piccola recensione? *_*
Un saluto a tutti,