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Autore: Elicia Elis    08/06/2014    3 recensioni
Anche se Octavian non è considerato da molti il volto della simpatia, c'è sempre una storia dietro un sorriso malizioso, un comportamento egoista ed egocentrico. Forse è la paura di mostrare quello che è, che lo ha reso ciò che è.
Questa è una drabble che trascrive i pensieri di Octavian, il suo passato, presente e cosa teme per il futuro. Niente di che, volevo solo dare una figura piu profonda anche ad un personaggio come lui.
Non contiene spoiler, dal momento che la fanfiction è completamente inventata da me.
*DAL TESTO*
-Rivoleva solo ciò che gli era stato tolto; Gli avevano strappato l'infanzia, macchiato la vita. Ma a dare il colpo di grazia era stato solo e soltanto lui. Lui, che odiava così tanto ciò che era da voler diventare qualcun'altro. Qualcun'altro che, naturalmente, era arrivato a non sopportare piu in prima persona.
Ma ormai era troppo tardi per cambiare. Troppo tardi per essere davvero amato da qualcuno per ciò che era davvero.
Una lacrima scese dal volto del tanto impassibile Octavian. Era così strano da dire o a vedersi, che persino lui si rifiutò di crederci... -
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Octavian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Octavian era considerato quello strano della situazione. Insomma, uno come lui non poteva di certo avere tutte le rotelle a posto; Semidei, Lari, Legati e qualsiasi altra forma di vita non lo consideravano nemmeno "Adatto per essere l'augure di Roma". E, per quanto il ragazzo non badasse a quelle parole, sentiva sempre una fitta di dolore al cuore, ogni volta che persino lui arrivava alla medesima conclusione.
Non dubitava di certo delle sue abilità, dopotutto, era l'unico che riusciva a prevedere il futuro sventrando peluche, ma lì, al Campo Giove, si sentiva come rinchiuso in una trappola.
Era lì da... Da quanto? Bhe, ricordava bene il momento in cui era arrivato, a soli otto anni, quando sua madre l'aveva praticamente cacciato via dalla sua vita. L'aveva persino minacciato di essere la causa delle continue invasioni nemiche nella bottega della donna, un'indovina ben nota da tutti, quando mostri di tutti i tipi avevano gia preso di mira il piccolo.
Octavian, dal giorno in cui fu abbandonato da sua madre in persona, decise che ormai doveva abituarsi al fatto che avrebbe dovuto cambiare vita, cambiare abitudini e smettere di sopportare tutti quelli che volevano comandarlo a bacchetta.
Era stanco di subire insulti, ma tanto ci era abituato. Ormai erano come fratelli maggiori... E lui non ne poteva piu.
A volte se ne stava da solo, davanti alla grande statua di Giove, pensando a come la gente potesse esser stata talmente crudele con lui, tanto da indurlo ad un cambiamento così radicale che, da bambino innocente che era, l'hanno trasformato in un approfittatore di prima categoria. E neanche a lui piaceva ciò che era. Ciò che era prima, ciò che era diventato.
Insomma, non si sentiva all'altezza del suo ruolo, ma era costretto a far vedere a tutti il contrario. Dopotutto, se non era lui ad infondere sicurezza agli altri, non poteva farlo nessun'altro. Non poteva provare emozioni, lo sapeva bene.
"L'augure di Roma." Mormorò, con un sorriso freddo. Nella sua voce si distinse una punta di amarezza che si fece spazio tra i mobili antichi e costosi della stanza, arrivando alle sue orecchie come un fastidioso rumore che lo torturava dal giorno in cui era nato.
Fissò l'ammasso di imbottitura per peluche accanto ai piedi dell'imponente Giove d'oro al centro della stanza.
Il ragazzo si scurì in viso.
Tre parole lo mettevano quasi KO. Perchè lui non poteva essere un normale semidio come gli altri? Non voleva tutta questa importanza, eppure dava solo l'aria di essere talmente autoritario da voler persino ottenere la nomina di Pretore a tutti i costi, come un ragazzino viziato.
Ma no. No, lui non voleva questo.
Rivoleva solo ciò che gli era stato tolto; Gli avevano strappato l'infanzia, macchiato la vita. Ma a dare il colpo di grazia era stato solo e soltanto lui. Lui, che odiava così tanto ciò che era da voler diventare qualcun'altro. Qualcun'altro che, naturalmente, era arrivato a non sopportare piu in prima persona.
Ma ormai era troppo tardi per cambiare. Troppo tardi per essere davvero amato da qualcuno per ciò che era davvero.
Una lacrima scese dal volto del tanto impassibile di Octavian. Era così strano da dire o a vedersi, che persino lui si rifiutò di crederci. 
Con un gesto fulmineo, si asciugò la guancia rigata da quella perla d'acqua salata.
I capelli biondi sembravano stessero per perdere il loro colore e, d'un tratto, dei fulmini squarciarono il cielo. 
Odiava quel dannato rumore. Lo faceva sempre impazzire, il pensare di essere costantemente osservato dagli Dei.
Istintivamente, afferrò il suo pugnale per il manico, conficcandolo sulla pancia imbottita di un povero orsaccihotto di peluche marrone, appoggiato sulla scrivania che aveva davanti.
Incredulo, spostava lo sguardo dal pugnale conficcato nel torace del pupazzetto, alla statua di Giove, ansimando un po' vedendo l'espressione cupa del Dio.
Guardò fuori. I semidei lottavano tra loro e parlavano, altri facevano passeggiate ed i Fauni trotterellavano un po' ovunque, chiedendo qualche soldo.
"Perchè non posso essere come loro?" Pensò tra se e se, pentendosi subito di averlo fatto. Il problema principale era questo: Non poteva neanche pensare di essere come gli altri. Lui era diverso. Per certi aspetti - forse per la maggior parte degli aspetti - era peggiore di loro. Un ragazzino viziato. Sì, era così che lo definivano molti ragazzi. E allora Octavian fingeva un'espressione da duro e girava i tacchi, con una camminata fiera, tornandosene nel Tempio di Giove. 
Ma, naturalmente, queste parole lasciavano sempre il marchio. Cicatrici con le quali poi avrebbe dovuto lottare da solo. Cicatrici che non se ne sarebbero piu andate, che avrebbero peggiorato il suo aspetto interiore.
Fissò il pavimento, lasciando cadere qualche altre lacrime, che cercò di fermare subito, spostando lo sguardo in alto.
Il suo sospirò tremò un po', sperando solo che non ci fossero Lari che lo stessero guardando, in quel momento.
La porta del Tempio si spalancò e, con una fitta al cuore, Octavian, con la sua disinvoltura e prontezza, dovette tornare al suo solito comportamento, sbattendo piu volte le palpebre per ridurre il luccichio dei suoi occhi, afferrando il peluche infilzato.


Angolo di quella matta dell' Autrice ≈
Ehyyyyy ehyyyyy!!
Ciao!! Piccola drabble su Octavian :') L'ho scritta solo perchè mi era venuta la strana idea del perchè fosse così odioso. Quindi ho provato a darmi una risposta ed ecco qua quello che ne è uscito.
L'idea era quella di creare uno sfondo drammatico, ma non so cosa è uscito esattamente fuori. 
ANYWAY, se vi è piacita o se avete trovato qualche errore, recensite io non mi offendo xD 
Quindi.... Allaprossimarecensiteperfavore :) *Si mescola con la Foschia e svanisce salutando con la manina*
TokyLoVe
  
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