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Autore: OmegaHolmes    08/06/2014    3 recensioni
"John Watson era un’esplosione di colori e di vita.
Amava il mondo, amava la vita, amava la sua famiglia e i suoi amici.
Anche se non aveva una famiglia come tutte le altre, a lui non importava.
Era felice delle piccole cose: del the troppo caldo, dei suoi amati maglioni di fronte al camino acceso, della neve che presto avrebbe ricoperto la città, delle stelle troppo brillanti e lontane nel cielo, delle sue Converse rosse un po’ sgualcite, ma soprattutto… del raro sorriso del suo migliore amico, Sherlock Holmes."
Johnlock AU: Teenlock
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Si chiuse la porta alle spalle e una ventata gelida gli diede il buongiorno.
Un leggero sorriso solcò il suo volto: “Londra…” pensò il giovane John Watson.
Si chiuse bene nel parka, controllò che il berretto verde acceso, dalla quale si intravedevano solo alcuni capelli biondissimi, fosse ben saldo alla nuca e si mise in cammino.
Gran parte di Londra era ancora addormentata a quell’ora, mentre l’altra parte non era proprio andata a dormire.
Una luce blu intensa riempiva ogni angolo della città che più al mondo John amava.
Sentiva continuamente quella città pulsargli nelle vene e lo adorava.
Preso dall’energia della sua giovane età, decise di arrivare alla fermata del bus correndo con il sorriso stampato in volto.
Gli occhi blu cobalto gli lacrimavano dal freddo, ma non gli interessava.
John Watson era un’esplosione di colori e di vita.
Amava il mondo, amava la vita, amava la sua famiglia e i suoi amici.
Anche se non aveva una famiglia come tutte le altre, a lui non importava.
Era felice delle piccole cose: del the troppo caldo, dei suoi amati maglioni di fronte al camino acceso, della neve che presto avrebbe ricoperto la città, delle stelle troppo brillanti e lontane nel cielo, delle sue Converse rosse un po’ sgualcite, ma soprattutto… del raro sorriso del suo migliore amico, Sherlock Holmes.
Sherlock era il suo opposto, da tutti i punti di vista: era alto, moro, con dei folti boccoli in capo, gli occhi color ghiaccio, la pelle esangue, le labbra carnose, gli zigomi sporgenti da “bel tenebroso”, associale, scorbutico, incredibilmente intelligente, cupo e alle volte insopportabile!
Eppure… Sherlock era colui che lo capiva meglio di chiunque altro e gli voleva un bene dell’anima.
Con questo ultimo pensiero corse ancora più velocemente, arrivando con il fiatone alla banchina. Si sedette e si guardò intorno estasiato.
Estrasse il cellulare dalla tasca, era sicuramente in anticipo.
Aprì Whatsapp e ridiede un’occhiata alle sue ultime conversazioni, in particolare a quella con Sherlock.
Adorava mandargli foto, perché innervosiva tremendamente l’altro, anche se sapeva che in realtà gli piacevano… gliele aveva trovate tutte in una cartella isolata del cellulare chiamata “John”.
Si morse le labbra sottili rosso sangue e compose il messaggio:
 
-to Sherlock :)
Buongiorno scienziato!-
 
Alzò lo sguardo e vide il bus avvicinarsi; si alzò, aiutò la vecchietta di sempre a scendere e salì dopo di lei.
Si sedette nel suo posto preferito vicino al finestrino, comed’abitudine.
Adorava viaggiare il bus, affondarsi nel sedile, mettersi le cuffiette e via con i sogni.
Il paesaggio era bellissimo.
Scattò una foto e subito la inviò all’amico.
 
-to Sherlock :)

 
Dopo alcuni minuti ricevette la risposta dell’amico:
 
-to John :]
Noto che ti sei già messo all’opera con le tue foto.
..’giorno.-
 
John ridacchiò sommessamente… era sempre il solito.
 
-to Sherlock :)
Hei! Grazie a me il mondo avrà memoria anche di quest’epoca.
“John Watson’s Memories”. Che te ne pare?-
 
-to John :]
…sembra un annuncio funebre.-
 
-to Sherlock :)
Antipatico!
Sei solo geloso.-
 
-to John :]
. . . –
 
-to Sherlock :)
Eddai!
Dillo che ti sei svegliato grazie a me! :)-

-to John :]
In realtà non mi son proprio coricato.-

-to Sherlock :)
SHERLOCK! Quante volte te lo devo dire!?
Il cervello ha bisogno di almeno 8 ore di sonno!-

-to John :]
Senti, mamma chioccia, io ho cose più importanti da fare.
Dormire è noioso.
Mi dici perché ci mandiamo messaggi se tra meno di mezz’ora ci vediamo a scuola?-
 
-to Sherlock :)
Perché son felice e avevo voglia di sentirti :)-

-to John :]
Eccolo che parte con i sentimentalismi e le faccine. . .-

-to Sherlock :)
Anche tu hai una faccina al mio nome!-
 
-to John :]
. . . che mi hai messo tu.-
 
-to Sherlock :)
Irrilevante.-
 
-to John :]
Non rubarmi le battute.-
 
-to Sherlock :)
Va bene, cucciolotto ;)-
 
-to John :]
NON.CHIAMARMI.IN.UN.MODO.COSI’.DISGUSTOSO.-
 
-to Sherlock :)
Va bene, cucciolotto.-
 
-to John :]
Ti odio.-

-to Sherlock :)
:P
 
-to John :]
Oddio… non quella faccina…
 
-to Sherlock :)
Quale? Questa?
:P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P
 
-to John :]
Mi chiedo perché io ti parli.-
 
-to Sherlock :)
Perché sono simpatico, intelligente, affascinante e adorabile. :)-
 
-to John :]
Ho i miei dubbi sul tuo punto di vista, soprattutto per “intelligente”, John.-
 
-to Sherlock :)
Ehi!!!-
 
-to John :]
Sherlock 1 – John 0 –
 
-to Sherlock :)
Ah ah ah . . .
A dopo, idiota.-
 
-to John :]
A dopo.-
 
Scese dal bus e dopo pochi metri arrivò alla scuola.
Nonostante fosse in anticipo entrò subito, non aspettando Sherlock come tutte le mattine.
Doveva finire di ripassare Biologia e non poteva perdere tempo.
 
La campanella suonò, ma di Sherlock non c’era traccia.
“Probabilmente è in ritardo”, pensò John.
Dopo mezz’ora di Sherlock non vi era ancora traccia.
Il biondino si morse un labbro, iniziando a preoccuparsi.
Controllò da sotto il banco il cellulare, ma nessuno gli aveva scritto.
La sua gamba sinistra iniziò a tremare. . . “Sherlock, dove sei?”
Domandò di andare in bagno, si chiuse in una cabina e lo chiamò, ma il moro non rispondeva.
Gli mandò un messaggio, sospirando:
 
-to Sherlock :)
Sherlock, dove sei?
Stai bene?-
 
Si passò una mano sul volto e tornò in classe.
Le ore passarono ed infine la mattinata, ma… di Sherlock non vi era traccia.
“Dove cazzo sei finito..?” pensò ormai John preoccupatissimo.
Come la campanella di fine mattinata squillò, il biondino corse fuori dalla classe e ricominciò a chiamarlo.
Aveva paura… che Sherlock avesse fatto qualche brutto gesto… ne parlava spesso nei suoi momenti peggiori.
Il telefono continuò a squillare a vuoto e del moro nessuna traccia.
Sospirò e corse a casa dell’amico.
Sherlock Holmes viveva in una casa poco fuori da Londra, molto rustica e curata, del tutto diversa dall’appartamento di periferia, dove John risiedeva con sua mamma e sua sorella, Harry.
La signora Holmes gli disse che Sherlock era uscito quella mattina per andare a scuola.
Quando John le comunicò che il figlio non si era presentato a scuola… la signora non si preoccupò.
Ordinò al biondino di tornare a casa, di non preoccuparsi che Sherlock sarebbe tornato e gli chiuse la porta in faccia.
John sospirò e fece dietro front, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Alzò lo sguardo al cielo e vide che meravigliosa volta celeste ricopriva Londra quel giorno.
Con il cuore più pesante del solito, scattò una foto e anche questa volta la mandò al suo miglior amico.
 
-to Sherlock :)

…ehi, questo è il cielo vicino a casa tua…
Dove sei?
Qualsiasi cosa ti sia accaduta, lo sai, puoi contare su di me..-
 
 
Tornò a casa, sempre con il cellulare in mano, aspettando una risposta di Sherlock…
Nulla.
Aperta la porta di casa, la percorse al buio, com’era sempre a quell’ora dato che la madre dormiva e la sorella…beh…anche lei.
Si buttò sul letto, dopo aver chiuso la porta della stanza.
Si accucciò guardando il cellulare accanto a sé.
-Sherlock. . . che cosa ti è accaduto. . .?- sussurò, con gli occhi lucidi.
 
Senza rendersene conto, si addormentò, tra le lacrime di preoccupazione.
John, non piangeva mai.
Nemmeno al funerale di suo padre aveva pianto.
Lo faceva raramente, quando era da solo. Da quando aveva conosciuto Sherlock, era riuscito a smettere di piangere anche quelle rare volte.
Ora. . . l’idea che gli fosse accaduto qualcosa era troppo dolorosa e reale.
Se avesse perso Sherlock. . .lui . .  non sarebbe più stato nulla.
Anche i suoi sogni, erano tornati a essere incubi quel pomeriggio.
Incubi orrendi, dove Sherlock galleggiava morto nel Tamigi, accoltellato in un vicolo cieco, con uno sparo in pieno petto o la gola squarciata.
Si svegliò di soprassalto, con il fiatone, tra il sudore e le lacrime, il suo volto era completamente bagnato.
Il cellulare stava squillando; con mani tremanti lo afferrò e lesse il numero. . . era Sconosciuto.
 
-P-pronto? Chi parla?- disse con voce spezzata.
-. . .John.-
Il biondino ebbe un tuffo al cuore. . . quella voce, così profonda e dolce per le sue orecchie. . . inconfondibile.
-Sherlock! Che succede? Dove sei? Stai bene?-
-. . .John. . . ti ho chiamato per salutarti.-
-S-salutarmi?. . .Perchè?-
-Me ne vado, John. . . da tutto e tutti.-
-S-Sherlock. . . cosa. . . cosa stai dicendo? Tu. . . non puoi lasciarmi così!-
-Mi. . . mi dispiace, John. Devo. Add- -
-No, no, no! Addio un corno! Sherlock, dove sei? Ti vengo a prendere, vieni a stare da me! Dai, non. . . non fare così!-
-. . . Non posso. . . non dipende da me.-
-E. . . da chi allora?-
- . . . –
-Sherlock?-
-Grazie per le foto, John. Addio.-
 
-Chiamata disconessa-
 
-Sherlock!-
 
Urlò il suo nome, ora mai in vano.
Provò a richiamarlo, ma nulla. Il cellulare era stato staccato.
Si alzò in piedi di scatto,  iniziando ad andare avanti e indietro per la stanza.
Le labbra color fragola divennero ancora più rosse, per i morsi che ci dava.
Un bruciore intenso allo stomaco iniziò a pervaderlo, facendogli venir voglia di vomitare dal nervoso.
Lo richiamò e richiamò ancora, ma non c’era più nulla da fare.
Scaraventò il cellulare contro la parete, facendolo infrangere in mille pezzi.
-Stonzo!- urlò.
-Non puoi lasciarmi così! Dopo. . . dopo 3 fottuti anni passati insieme. . . non. . . puoi. . . bastardo!
Tu sei il mio fottuto migliore amico. . . e. . . nemmeno te l’ho mai detto! Vaffanculo!!!-
Si buttò sul letto, affondando il volto nel cuscino.
Nonostante le sue urla, nessuno si svegliò a consolarlo.
Nessuno gli chiese  che cosa era accaduto.
Nessuno si preoccupò.
Nessuno amava John Watson.
Il silenzio della casa continuò a soffocarlo, facendogli quasi credere che era solo un brutto sogno.
Che. . . l’unica persona che in un modo tutto suo si preoccupava per lui. . . non gli avesse appena detto addio.
Dopo aver pianto di rabbia, si rimise il parka ed uscì in strada.
Il cielo iniziava a diventare scuro e la nebbia a salire.
Erano le otto di sera e Londra era nel pieno della vita, ma John la sentiva lontana, morta, assente.
Senza il suo migliore amico, nulla aveva più un senso.
Respirava a bocca aperta, ansimando ad ogni passò, con gli occhi segnati dalle occhiaie e dal pianto, più spenti del lampione rotto vicino a casa sua.
Camminò così tanto, che si ritrovò in una strada residenziale che non aveva mai visto.
Estrasse il cellulare, cliccò sull’applicazione fotografica e… con mani tremanti, scattò.
Mordendosi le labbra, in un pianto silenzioso, inviò la foto a Sherlock.
Non gli importava se non l’ avesse ricevute, lui non avrebbe smesso di farlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
-to Sherlock :)

Ho camminato così tanto che credo di essermi perso. . .
Sherlock. . .
Sei un bastardo.-
 
Fortunatamente scoprì di essere vicino a casa.
Tornato nella sua stanza solitamente luminosa, ma ora buia come il resto della casa, si cambiò e andò subito a letto.
Sentì la madre alzarsi e prepararsi per andare a lavoro.
La udì aprire la porta e riempirgli il volto di baci, per poi riuscire.
John, scoppiò nuovamente a piangere, silenziosamente, per tutta la notte.
 
  
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