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Autore: Ambros    09/06/2014    13 recensioni
Klaine; Pirate!Blaine
(12.261 parole, mi sento in dovere di avvertirvi; il rating sarebbe giallo ocra)
Dal testo:
-“Che diavolo ci fai sulla mia nave?!” Esclamò Blaine, squadrandolo da capo a piedi con aria sempre più confusa.
Kurt cercò di riacquisire un minimo di contegno, si schiarì la voce e strinse l’elsa della spada così che la lama fosse più dritta. “Temo che mi abbiate sottratto qualcosa a cui tengo molto. Sono qui per riprendermelo.”
Blaine inarcò un sopracciglio e mise su un’aria scettica. “Non so se lo sai, dolcezza, ma è così che funzionano i furti. Io ti rubo qualcosa di prezioso, lo rivendo, ci guadagno, fine della storia. Come vedi, il punto in cui la refurtiva ti viene resa non c’è.” Si guardò un attimo attorno. “E non c’è nemmeno il punto in cui tu passi come un uragano nella mia cabina per cercare qualcosa che chiaramente non potrei nascondere nel mio comodino.”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rory Flanagan, Sam Evans, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You are a pirate!'
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Note:
Stavolta all'inizio, perché alla fine mi vorrete uccidere tutti per quanto è lunga questa cosa - sì, per i miei standard è veramente lunghissima.
Dunque. L'idea mi tormentava da un po', e alla fine mi sono dovuta arrendere; l'ho scritta molto velocemente, sfruttando i due giorni di pausa prima dello studio matto e disperatissimo, e sono molto preoccupata che sia venuta una mezza schifezza. 
Quindi, insomma, come al solito: se mi faceste sapere cosa ne pensate, sarebbe molto bello ^^
Se piacesse a qualcuno, potrei scriverci un sequel, ma non assicuro nulla.
Il titolo è una rivisitazione di (I can't get no) Satisfaction, a sua volta titolo della canzone dei Rolling Stones - questi titoli sono un incubo O_O'
Spero che alla fine non mi odierete troppo, e, che dire ... Fatemi sapere, vi prego!
Un bacio, come sempre.

 
Un grazie speciale a Locked, ad S. e al suo amico T., che mi ha spiegato cos'è un bompresso;
purtroppo poi la scena non l'ho messa :(

 




(I can get my) Satisfaction.





“È sicuro di voler fare da solo, signor Hummel?”
Kurt sollevò gli occhi sullo specchio posto sulla piccola cassettiera in legno di fronte a lui, e colse l’occhiata apatica che il suo domestico gli stava rivolgendo dal riflesso."Sì, Alfred. Sono sicuro, ti ringrazio.” La sua voce era più alta di quanto non si aspettasse, quindi si schiarì vagamente la gola e incrociò per un attimo lo scintillio dei propri occhi azzurri nello specchio.
Alfred chinò il capo con un cenno discreto e rispettoso, prima di uscire silenziosamente dalla stanza, le mani intrecciate dietro la schiena; Kurt aspettò che la porta si chiudesse con un tonfo sordo e lasciò andare un sospiro,  abbassando il capo solo per un momento: doveva riscaldare l’acqua per il bagno.
Erano quattro mesi, ormai, che quella routine si ripeteva tutte le sere, sempre uguale; da quando il precedente signor Hummel, Burt, suo padre, era morto, stroncato dal secondo attacco di cuore.
Kurt odiava essere chiamato signor Hummel. Era un appellativo che risvegliava in lui troppi ricordi dolorosi, e lo faceva sentire vecchio, decisamente più dei suoi ventitré anni appena compiuti – anche se suo padre gli aveva sempre detto di aver cresciuto un figlio nato già trentenne –, odiava essere il signore della casa e odiava che i messi alla porta chiedessero di lui. Odiava le troppe responsabilità e le aspettative poste sul suo capo come una spada di Damocle.
Odiava che suo padre l’avesse lasciato da solo a gestire tutto quello.
Inspirò a fondo un’altra volta e allentò la presa che aveva stretto sul legno della cassettiera per non farsi male alle nocche, prima di raddrizzare la schiena e riacquisire un comportamento consono al suo ruolo.
Si recò nella stanza da bagno con un’espressione decisamente più rilassata, e notò con sollievo che il fuoco era già acceso e l’enorme recipiente in bronzo già pieno d’acqua; si limitò a spostare quest’ultimo sulle fiamme e ad aspettare che si riscaldasse, liberandosi nel frattempo dei pantaloni morbidi e della tunica; Kurt era particolarmente conosciuto in città, oltre che per essere uno degli uomini più ricchi, anche per lo stile, definito eccentrico da alcuni, che lo caratterizzava quando si trattava di vestiti: diversamente da molti altri uomini, non si limitava a scegliere una semplice camicia grezza, né lasciava che fossero le sue domestiche a preparargli i capi d’abbigliamento che avrebbe dovuto indossare; ricercava le stoffe pregiate e delicate, era attento che i colori non stonassero con la sua pelle candida e con i suoi occhi incredibilmente chiari. Giravano delle strane voci su di lui in città, per questo, ma la verità era che i soldi lo proteggevano insieme alle apparenze, e lo tenevano lontano dalle malelingue; era solo il ragazzino un po’ sopra le righe, orfano e fortunato, che aveva ereditato un patrimonio consistente e un impero commerciale dal padre e la cui madre era morta pochi giorni dopo il parto.
Kurt faceva finta di non sentire e di non sapere, perché era molto più semplice così; gli piaceva quel poco di libertà che la sua ricchezza gli assicurava.
Quando i suoi vestiti dalle stoffe preziose furono accuratamente ripiegati su una sedia in vimini presente nella stanza da bagno e l’acqua fu calda a sufficienza, Kurt sollevò il recipiente in bronzo e riempì la vasca senza particolare sforzo; suo padre aveva insistito affinché prendesse lezioni di scherma, e le sue braccia e le sue spalle erano diventate decisamente muscolose.
Saggiò la temperatura dell’acqua con la punta delle dita di una mano prima di entrarvi, attento a non farne cadere sul pavimento di pietra; il caldo era piacevole rispetto al fresco della stanza, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo: afferrò la lozione che usava per liberare i capelli dalla polvere e dallo sporco – una crema profumata a base di fiori di ashoka che gli arrivava direttamente dall’India – e iniziò a massaggiarsi il capo con un leggero sospiro.



*



Uscì dalla vasca prima di quanto avrebbe desiderato, ma evitò di rimanere immerso nell’acqua fredda; afferrò velocemente l’asciugamano poggiato sullo schienale della sedia in vimini e vi si avvolse, tremando leggermente, beandosi per un attimo di quel nuovo calore e della morbidezza della stoffa prima di asciugarsi con calma, come se fosse una sorta di rito sacro.
Aveva fatto in tempo ad indossare un paio di morbidi pantaloni neri, stretti attorno alle caviglie e leggermente più larghi sulle gambe, quando un suono che non avrebbe dovuto esserci gli fece accelerare fino all’inverosimile il battito cardiaco: era stato un rumore lievissimo, di legno contro legno, e forse se l’era solo immaginato, ma qualcosa gli diceva che non era così.
Deglutì rumorosamente, ma si fece coraggio: qualunque cosa fosse, poteva affrontarla; probabilmente non sarebbe stato niente, magari solo qualche nuova domestica un po’ troppo curiosa che aveva bisogno di essere rimessa al suo posto.
La mano che strinse attorno alla maniglia in ottone della porta del bagno era leggermente sudata; la asciugò sui pantaloni per evitare che scivolasse rivelando la sua presenza, e quando aprì lo fece nel silenzio più assoluto; gli bastò uno spiraglio per rendersi conto che effettivamente qualcosa non andava: c’era un’ombra che si muoveva vicino alla sua cassettiera, dandogli quindi le spalle, aprendo con una velocità sorprendente tutti i cassetti, frugandovi qualche secondo per poi richiuderli quando non trovava niente d’interessante.
Kurt strinse la mandibola e ragionò sul da farsi: non poteva semplicemente lasciare che qualcuno lo derubasse. Ma soprattutto, non poteva lasciare che qualcuno gli sottraesse l’oggetto più prezioso che gli fosse rimasto di sua madre. Aprì di più la porta, quel tanto che bastava a lasciarlo uscire, e i suoi piedi scalzi scivolarono silenziosamente sul pavimento di pietra: c’era la sua spada poggiata sulla cassettiera bassa ai piedi del letto, esattamente alle spalle del ladro, chiusa nel suo fodero; la afferrò, e si morse il labbro con forza quando il cuoio della guaina strusciò leggermente contro il legno. I movimenti che seguirono furono assolutamente fulminei: Kurt sguainò la spada in un istante e la tese di fronte a sé, premendola contro il petto del ladro che si era girato impugnando un pugnale dalla lama arcuata.
I due si scrutarono per qualche secondo: l’intruso non sembrava particolarmente allarmato nonostante fosse stato scoperto; le sue labbra piene si arricciarono in un lieve sorriso, mentre i suoi occhi – incredibilmente dorati, che luccicavano nella poca luce fornita dalla candela – spaziavano per il viso di Kurt e lungo il suo petto esposto; i suoi capelli erano ricci e scuri, nascosti da una bandana bordeaux, e indossava una camicia scura e larga, infilata alla bell’e meglio in un paio di pantaloni neri che sembravano essere stati indossati troppe volte.
Kurt prese un respiro profondo prima di parlare, cercando di scacciare la sensazione di disagio che quegli occhi dorati stavano suscitando, e aggiustò un po’ la presa sull’elsa. “E voi sareste …?”
L’altro lo squadrò con aria decisamente divertita, incurante della lama premuta contro il suo petto. “Voi?” Ripeté, con una risata nella voce. “Sul serio mi hai appena dato del voi? Ma almeno l’hai capito che ti sto derubando?”
Sul volto di Kurt si disegnò un cipiglio vagamente offeso. “Per l’appunto, siete voi a starmi derubando. Dunque, siete voi il maleducato della situazione.”
Maleducato?” Ripeté il ladro, quasi ridendo apertamente. “Avrei dovuto derubarti molto tempo fa! Mi avrebbero fatto comodo due risate.”
Kurt premette un po’ la punta della lama sul suo petto, incredulo e spiazzato. “Avete la mia spada puntata addosso! Abbiate almeno la decenza di mostrarvi pentito e forse potrei aiutarvi a risparmiarvi qualche anno di galera!”
Stavolta l’intruso non poté contenere una risata – una sincera risata. “Due cose, tesoro.” Kurt assunse un’espressione scettica al vezzeggiativo, ma non lo interruppe. “Primo, potrei sconfiggerti ad occhi chiusi con le mani legate. Secondo, non basterebbe una buona parola della regina a risparmiarmi la forca, quindi la tua offerta non mi tenta neanche un po’.”
Kurt si fece più guardingo. “Siete un assassino?”
Il ladro gli rivolse un sorriso scintillante. “Per essere l’uomo più ricco della città non hai un grande intuito, vero dolcezza?”
Kurt strinse i denti e le sue dita si contrassero sull’elsa della spada; inspirò dal naso con forza e fece scorrere velocemente gli occhi azzurri sulla figura dell’altro, studiandolo con attenzione; si soffermò su un tatuaggio che prima non aveva notato: un piccolo teschio nell’interno del suo polso sinistro. Le sue labbra chiare si spalancarono per la sorpresa quando mise insieme tutte le informazioni. “Pirata.” Sussurrò con un filo di voce, e il cuore prese a battergli furiosamente nel petto.
Il ladro – pirata – sorrise quasi con orgoglio. “Capitano Blaine Anderson, tesoro. Al tuo servizio.” Chinò scherzosamente il capo con un movimento ampio delle braccia.
“Cosa volete da me?” La voce di Kurt tremava più di quanto non avrebbe voluto. “Cosa avete fatto al mio personale, alla mia casa?”
“Rilassati dolcezza.” Rispose il capitano con noncuranza. “Nessuno ha fatto niente ai tuoi domestici, e nemmeno alla tua fastosa villa. Sono qui solo per rubare un po’ d’oro che mi permetterà di comprare viveri per me e per i miei uomini.”
“E le mie guardie?” Chiese Kurt, sempre più teso. “Che fine hanno fatto?”
Il pirata scrollò le spalle. “Dormono. Sono state distratte da alcune … Amiche.
Kurt si dovette trattenere per non imprecare ad alta voce; Alfred gliel’aveva detto almeno un migliaio di volte che quelle guardie non sembravano particolarmente affidabili. “Quanto oro volete?” Chiese tra i denti, riflettendo velocemente: la guardia della città era quasi impossibile da chiamare, dato che la villa degli Hummel era a qualche chilometro dalle mura, e lui non sarebbe stato in grado di uccidere quel pirata. O magari, sarebbe stato tecnicamente in grado di farlo, ma praticamente non l’avrebbe fatto, lo sapeva.
Il pirata sembrò sinceramente basito dalla richiesta, e spalancò per un attimo gli occhi, prima di nascondere la propria espressione sorpresa. “Mi serviranno viveri per un mese. E anche stoffe nuove. Fai tu due conti, tesoro.”
Kurt strinse di nuovo i denti con una gran voglia di fargli scomparire quel ghigno dalle labbra, ma si sforzò di mantenere la calma; abbassò la spada con circospezione e si avvicinò alla cassettiera in cui stava già frugando il pirata. Il capitano non si spostò; si limitò ad inclinare il capo su una spalla con una luce di curiosità ad accendergli lo sguardo.
Kurt aprì il secondo cassetto in alto da sinistra, e mosse la mano tra le stoffe morbide delle sue tuniche per scoprire un doppio fondo: vi teneva alcuni gioielli che gli appartenevano, ma che non avrebbe mai messo perché esageratamente elaborati e decisamente troppo poco raffinati. Estrasse un paio di bracciali pesanti in oro, un anello decorato con un enorme rubino e un medaglione d’argento in cui era incastonato uno zaffiro. Li allungò al pirata con un gesto noncurante, e Blaine inarcò un sopracciglio con un fischio sommesso. “Però, dolcezza. Non scherzano su di te, vero?”
“Andate via e basta, vi prego. Sono stanco e vorrei andare a dormire.” Gli disse semplicemente Kurt, richiudendo il cassetto con un rumore secco.
Gli occhi del capitano si accesero di una luce strana. “Peccato che io non possa venire con te.” Gli rivolse un occhiolino, prima di infilare i gioielli in una sacca di pelle che gli pendeva dalla cintura. “Be’, allora è stato un piacere tesoro. Ci rivedremo, non temere.” Si mosse verso la finestra e si arrampicò sul davanzale, prima di voltarsi per rivolgersi di nuovo a Kurt, che lo osservava con astio e stanchezza. “Non scordarti di me, mi raccomando. Io ho preso un souvenir per ricordarmi di te.” Ammiccò prima di sparire nel buio della sera.
Ci volle qualche secondo prima che Kurt realizzasse pienamente ciò che il capitano aveva detto; corse al cassetto più in basso sulla destra e frugò febbrilmente sotto i fogli per trovare il doppio fondo: le sue dita tremanti trovarono esattamente ciò che più temeva al mondo.
Il ciondolo di sua madre non c’era più.



*



“Signore, dubito seriamente che questa sia una buona idea.”
“Lo so, Alfred. Questa dev’essere la quinta volta che lo sottolinei.”
“Questo perché sono fermamente convinto che sia una pessima idea, signore.”
“Non importa, Alfred. Devo recuperare il ciondolo. Lo sai anche tu.”
Alfred sospirò con consapevolezza, e strinse le mani sulla stoffa della lunga tunica priva di maniche che stava reggendo mentre Kurt si infilava in fretta una camicia bianca – uno degli indumenti più vecchi che avesse. “Se posso essere sincero, signore …” Il ragazzo gli fece cenno di continuare. “Quello era solo un oggetto. Un ciondolo che non le riporterà sua madre. Lo lasci andare; si farà uccidere, se andrà a cercarlo. I pirati non sono gente con cui si debba scherzare, lo sa, e questa famiglia non ha bisogno di perdere anche l’ultimo Hummel.”
Kurt si irrigidì nel sentire quelle parole, ma rimase in silenzio finché Alfred non ebbe finito; si fece passare la tunica nera priva di maniche e aperta sul davanti e la indossò sulla camicia. “Non credo di poter essere d’accordo, Alfred.” Sospirò alla fine. “Quel ciondolo significa tutto per me. Non lascerò che quel pirata lo venda in qualche lurido mercato per comprare cinque uova. Mi limiterò a proporgli uno scambio.” Indicò la saccoccia di pelle che gli pendeva dalla cintura, gonfia di altri gioielli anche più preziosi del ciondolo di sua madre.
“E cosa le fa pensare che quei pirati non la uccideranno per prendere tutti i gioielli?”
Kurt si trattenne a stento dallo sbuffare mentre si allacciava la spada in vita. “Non avrebbero motivo di farlo. Non soltanto per quel ciondolo.” Ribatté con un certo fastidio, lasciando intuire che la conversazione sarebbe finita lì.
Alfred sospirò e abbassò per un attimo gli occhi scuri, leggermente velati dalla vecchiaia. “Sono solo preoccupato per lei, signore. Non è più lo stesso da quando suo padre se ne è andato, e non vorrei che lei stesse cercando di tornare a vivere nel modo sbagliato.”
Kurt si bloccò per qualche secondo nel sentire quelle parole, con il respiro bloccato in gola, ma non commentò; finse di chinarsi per stringere meglio i lacci degli stivali perché i suoi occhi e il suo viso fossero nascosti.
Alfred sospirò di nuovo. “Chieda almeno aiuto alla guardia della città. O porti con sé alcuni dei suoi uomini.”
“La guardia della città è troppo lontana, e non si scomoderebbe per un misero ciondolo, nemmeno se fossi io a chiederlo.” Ribatté Kurt rialzandosi con un movimento fluido. “E i miei uomini sono degli scansafatiche esattamente come avevi detto tu.”
Alfred non commentò, ma si vedeva perfettamente ciò che pensava dal suo cipiglio severo; Kurt si fermò a guardarlo per qualche secondo, sforzandosi di curvare le proprie labbra in un sorriso rassicurante. “Andrà tutto bene, non preoccuparti. Tornerò in men che non si dica e potrai rimproverarmi  per tutto il tempo che riterrai necessario. D’accordo?”
“Certo signore.” Sospirò Alfred, nonostante non sembrasse particolarmente convinto.
Kurt gli rivolse un ultimo sorriso rassicurante – sperando che non percepisse quanto in realtà fosse nervoso – prima di lasciare la villa degli Hummel a cavallo e avviarsi verso la città.



*



Kurt era fermo su un’altura a qualche chilometro dalla villa, e stava scrutando la costa con attenzione, alla ricerca del minimo segno che gli suggerisse la presenza della nave dei pirati ormeggiata da qualche parte; perlustrò per un’ultima volta le onde scure del mare con un cipiglio impaziente, quando qualcosa attirò la sua attenzione: qualcosa non tornava. In un’insenatura sulla sua destra, seminascosta da un altopiano, un’ombra impediva alla luce della luna di brillare sulle onde come avrebbe dovuto.
Kurt non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso vittorioso; incitò il cavallo al galoppo e si precipitò verso l’insenatura.



*



Legò le redini del proprio cavallo al ramo basso di un albero e passò la mano sul suo collo muscoloso un paio di volte con un mormorio rassicurante, prima di trovare la risoluzione necessaria ad allontanarsi dalla radura in cui si era fermato perché non fosse visibile dalla nave pirata; i suoi passi producevano un rumore leggero sulle foglie del sottobosco, e dovette più volte abbassarsi per evitare rami e arbusti, ma alla fine superò alcune rocce dal colore curiosamente scuro e si ritrovò nella sottilissima striscia di sabbia che costituiva l’insenatura; da lì poté osservare perfettamente l’enorme nave, ormeggiata a qualche metro da lui – l’acqua doveva essere particolarmente profonda. Per qualche secondo ne fu intimorito, ma era troppo abituato allo sfarzo e all’eleganza ostentata per lasciarsi sopraffare.
Slacciò la spada dalla vita e la legò sulla sua spalla in modo che l’arma fosse sulla sua schiena e non lo infastidisse nei movimenti; si assicurò che fosse ben chiusa nel fodero prima di muovere i primi passi nell’acqua gelida.
Sapeva nuotare piuttosto bene, ma era tanto che non lo faceva più, senza contare il buio e l’agitazione che gli scorreva nelle vene in quel momento; ma quel ciondolo era davvero la cosa più preziosa che possedesse, e doveva recuperarlo ad ogni costo.
Prese un respiro profondo e trattenne il fiato, immergendosi nell’acqua fredda in un sol colpo, le braccia tese in avanti e la schiena perfettamente arcuata; riemerse qualche metro più avanti inspirando a pieni polmoni, boccheggiando qualche momento per la sensazione di gelo che gli stava penetrando nelle ossa. Molto stoicamente la ignorò e si diede una poderosa spinta con le gambe, coordinando il movimento delle bracciate finché non trovò un ritmo soddisfacente e sostenuto.
Quando finalmente arrivò a sfiorare il legno della nave era pressoché stremato e stava prendendo lunghe boccate di ossigeno, imponendosi di ignorare il bruciore ai muscoli e ai polmoni: sapeva che la parte difficile non era ancora nemmeno arrivata.
La nave era di un legno liscio e pregiato, dipinto di un bel blu scuro con una banda rossa che la attraversava nel mezzo e ne percorreva tutti i fianchi, e per sua fortuna presentava qualche appiglio: allungò le braccia e raggiunse una sporgenza in legno, riuscendo a tirarsi su soltanto grazie a qualcosa che doveva essere simile ad un miracolo, visto che le sue dita erano bagnate ed intorpidite dal freddo; fece scivolare le mani più in alto finché non incontrò un’altra sporgenza, alla quale si aggrappò immediatamente, ritrovandosi a lottare per rimanere in equilibrio contro la fiancata della nave. Prese qualche respiro profondo e si guardò attorno, il battito del suo cuore che gli rimbombava nelle orecchie; c’era una corda sulla sua destra che scompariva oltre il parapetto della nave, doveva solo saltare e riuscire ad afferrarla. Niente di più semplice.
Chiuse gli occhi per concentrarsi, ripetendosi che al peggio sarebbe caduto in acqua – e l’avrebbero probabilmente scoperto, ma questo preferì non ricordarlo.
Quando li aprì, lo fece con un po’ di determinazione in più e deglutì un paio di volte, allungando una mano davanti a sé per cercare di prendere le misure, e alla fine lo fece: saltò stando bene attento a non chiudere gli occhi, e avrebbe volentieri urlato di gioia quando le sue dita si strinsero attorno alla corda ruvida e bagnata che gli graffiò la pelle morbida del palmo; ondeggiò contro la fiancata per lo slancio, e dovette puntare i piedi contro il legno per fermarsi. In quel momento non poté fare a meno di ridacchiare silenziosamente, restio ad ammetterlo ma incredibilmente fiero di sé; si ricompose dopo qualche secondo e sfruttò quella nuova posizione per arrampicarsi lungo la fiancata della nave il più silenziosamente possibile. Il fatto che non ci fosse nessun rumore lo insospettì e gli mise ansia, ma scavalcò comunque il parapetto dopo aver controllato che nei dintorni non ci fosse nessuno – e il fatto che effettivamente non ci fosse nessuno non fece che aumentare la tensione nei suoi muscoli.
Si guardò attorno con la mano pronta a scattare per afferrare l’elsa della spada, ma non ce ne fu bisogno: individuò immediatamente quella che doveva essere la cabina del capitano, nascosta dietro una porta piuttosto piccola, al di sotto della zona in cui si trovava il timone. Corse fino a raggiungerla, ignorando il lieve scricchiolio delle assi di legno sotto i suoi piedi, e per poco non esultò ad alta voce quando notò che era aperta; non solo aperta: era anche vuota.
Kurt non perse tempo a ringraziare la propria buona sorte o ad insospettirsi, ma si precipitò a frugare in tutti i cassetti che gli capitavano sotto mano: la cabina non era molto grande, ovviamente, ma riusciva ad ospitare un letto basso e piuttosto ampio, una cassettiera che sembrava piuttosto rovinata, un armadio con un’anta spalancata che rivelava un mucchio di vestiti disordinati, un baule chiuso dall’aria piuttosto pesante e un tavolo di legno grezzo su cui era poggiata una candela spenta.
Gli ci volle parecchio tempo per frugare nella cassettiera, visto il gran numero di cassetti e considerando che le sue dita stavano cominciando a tremare per il freddo; alla fine dovette emettere un gemito silenzioso e deluso e si passò un attimo la mano tra i capelli bagnati. Passò a frugare nel comodino, ignorando gli oggetti improbabili che vi trovò – una mela mangiata solo in parte, una piuma, l’angolo strappato di una mappa – e dovette allontanarsi anche da quello con una frustrazione crescente. Non poteva farsi trovare lì, non avrebbe saputo come giustificare la propria presenza: a quel punto, sostenere che fosse lì per uno scambio sarebbe stato sicuramente poco credibile.
Si lanciò sull’armadio, frugando senza cura tra i vestiti già disordinati, ma ancora una volta non trovò niente, nemmeno i gioielli che gli aveva dato; imprecò tra i denti e provò ad aprire il baule, ma questo era chiuso a chiave. I suoi occhi azzurri si illuminarono – doveva essere lì tutta la refurtiva – e tentò con tutte le proprie forze di aprirlo di nuovo, chiaramente senza riuscirvi; aveva cominciato a studiare la serratura quando degli schiamazzi provenienti dal ponte lo fecero immobilizzare sul posto e fecero sì che i suoi battiti cardiaci diventassero così forti e veloci che era sicuro di poterli sentire rimbombare nella cabina.
“Sciogliete gli ormeggi! Levate l’ancora! Muoversi, muoversi!”
“I soldati ci stanno raggiungendo, forza, datevi una mossa!”
“Dov’è Puck?!”
“Non posso crederci, si è ubriacato di nuovo!”
“Ha lasciato la nave incustodita?!”
“Così sembrerebbe, Capitano.”
“Appena si sveglia, quel figlio di – ”
“I soldati!”
“Rory, per stanotte sei tu al timone! Portaci fuori da qui, SUBITO.”
“Sì, Capitano!”
Quando Kurt sentì che la nave cominciava a muoversi, fu preso dal panico. Si guardò attorno febbrilmente, alla ricerca di una via d’uscita qualsiasi che lo portasse fuori da lì senza passare per il ponte su cui stava infuriando l’inferno, ma non c’era: né una finestra, né una seconda porta.
Era bloccato nella cabina di una nave pirata che era sotto il comando di un Capitano che l’aveva derubato solo qualche ora prima, e la suddetta nave si stava spostando per portarlo chissà dove.
E stava congelando.
Dovette mordersi le labbra per non abbandonarsi completamente al panico e cominciare ad urlare.



*



Kurt era in piedi nel bel mezzo della cabina.
Sapeva perfettamente che era una scelta piuttosto sciocca, date le circostanze, ma non riusciva a muoversi. Non riusciva a pensare chiaramente, libero dalla paura.
La situazione degenerò definitivamente quando la porta si aprì, dopo che il silenzio – o, quanto meno, la calma – sembrava essere calato sul ponte.
Kurt non poté fare a meno di sguainare la spada con un gesto fulmineo, per quanto si rendesse conto dell’inutilità del gesto, e la sua mano sudata scivolò leggermente sull’elsa fredda; gli occhi dorati che incrociarono i suoi azzurri erano spalancati, basiti e increduli.
“Tu?!” Esclamò il capitano ad alta voce, dando l’impressione di essere incapace di dire qualcosa di più – e probabilmente era effettivamente così.
Kurt provò a mettere su un minuscolo sorriso – conscio del pessimo risultato. “Già. Io.”
“Che diavolo ci fai sulla mia nave?!” Esclamò Blaine, squadrandolo da capo a piedi con aria sempre più confusa.
Kurt cercò di riacquisire un minimo di contegno, si schiarì la voce e strinse l’elsa della spada così che la lama fosse più dritta. “Temo che mi abbiate sottratto qualcosa a cui tengo molto. Sono qui per riprendermelo.”
Blaine inarcò un sopracciglio e mise su un’aria scettica. “Non so se lo sai, dolcezza, ma è così che funzionano i furti. Io ti rubo qualcosa di prezioso, lo rivendo, ci guadagno, fine della storia. Come vedi, il punto in cui la refurtiva ti viene resa non c’è.” Si guardò un attimo attorno. “E non c’è nemmeno il punto in cui tu passi come un uragano nella mia cabina per cercare qualcosa che chiaramente non potrei nascondere nel mio comodino.” Aggiunse, con un tono vagamente più scocciato.
Kurt deglutì e rifletté attentamente sulle parole da usare per cercare di non peggiorare la propria situazione: non era stata un’idea poi così brillante. “Non vengo a chiedervi la carità.” Disse lentamente. “Ho portato dei gioielli da scambiare per quel ciondolo che mi avete rubato, e sono di gran lunga più preziosi.”
Il capitano lo scrutò per qualche secondo, ma alla fine un ghigno furbo si fece strada sulle sue labbra. “E perché dovrei accettare lo scambio? Insomma, sei salito sulla mia nave di nascosto e hai frugato nella mia cabina in cui nessuno può entrare senza il mio permesso. Non ci vedo assolutamente nessun guadagno, per me.”
Kurt si morse la lingua per non dire niente di inopportuno. “Ci guadagnereste sicuramente più denaro, rivendendo questi gioielli” Indicò di nuovo la saccoccia in pelle. “Piuttosto che il ciondolo.”
Blaine mosse la mano in un gesto noncurante. “Mi offendi, dolcezza. Non sono certo così venale! Intendevo dire che non avrei nessuna soddisfazione. Al contrario, se mi tengo il tuo ciondolo avrò vinto su tutti i fronti.”
L’espressione di Kurt si fece sinceramente sconvolta. “Vinto?” Ripeté, incredulo. “È una cosa seria, quel ciondolo è la cosa più importante che io abbia!”
Blaine sfoderò un sorriso furbo e scintillante. “Così non mi invogli di certo a rendertelo, dolcezza, non ti pare?”
Kurt dovette inspirare profondamente numerose volte prima di riuscire a ritrovare la calma necessaria a rispondere senza urlare. “Vi prego, è davvero molto importante. Facciamo solo questo scambio e poi lasciatemi scendere a terra. Sarà un guadagno per entrambi.”
Il capitano si appoggiò allo stipite della porta con aria noncurante, schioccando la lingua. “No.” Rispose dopo qualche secondo, scrollando le spalle. “Non penso che lo farò.”
 Kurt aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, senza trovare davvero niente da dire; quello doveva essere un incubo. “Cosa vi costa rendermi un dannato ciondolo?!” Sbottò, gesticolando furiosamente.
Blaine sorrise con una sorta di compiacimento. “Non c’è bisogno di scaldarsi, dolcezza. E poi te l’ho già spiegato, odio ripetermi.”
Kurt iniziò sinceramente a pensare che il cuore gli sarebbe esploso nel petto, vista la velocità con cui stava battendo. “Almeno lasciatemi scendere a terra!” Esclamò, anche se la sua voce era molto più debole di quanto non avesse immaginato.
“Questo sarà fatto senz’altro.” Ribatté Blaine con una smorfia. “Non appena ci avvicineremo a terra.”
“Basta che giriate questo affare enorme e percorriate qualche metro a diritto!” Sottolineò Kurt, l’irritazione ormai piuttosto evidente nella voce.
Questo affare eno – ?” Blaine sbatté le palpebre un paio di volte, poi scosse leggermente il capo. “Okay, questo affare enorme sarebbe la mia nave, detta anche Blackbird, e saresti pregato di trattarla con rispetto. Secondo, non posso semplicemente girarla e andare a diritto, perché quando i tuoi amabili concittadini hanno scoperto chi eravamo, non ci hanno esattamente accolti a braccia aperte, e abbiamo preferito levare le tende piuttosto che far sprecare loro dell’ottima corda per impiccagioni. Quindi, lì non siamo più i benvenuti. E questo vuol dire che non metteremo più piede in quella cittadina per i prossimi cinque anni. Chiaro?”
Kurt assunse un’aria scandalizzata. “Non ho intenzione di rimanere su una nave pirata in cui farsi il bagno sembra più una festività annuale che un obbligo sociale!”
Blaine non parve minimamente toccato dall’offesa sottintesa; si strinse nelle spalle e lo guardò con aria di sufficienza. “Allora puoi andare a farti un bagno nell’Oceano, per quanto mi riguarda. Anche se, personalmente, lo considererei uno spreco non da poco.”
Gli occhi azzurri di Kurt si spalancarono alla prospettiva, e aprì la bocca come per parlare, ma alla fine la richiuse di scatto.
“Come pensavo.” Commentò Blaine con un certa soddisfazione. “Quando non parli sembri quasi una persona disponibile.” Kurt fece per aprire bocca con aria scandalizzata, ma il capitano lo precedette. “Ora, parliamo della tua sistemazione a bordo, ti va? Ottimo.” Proseguì, senza aspettare una risposta, e gli fece cenno con una mano di seguirlo prima di aprire la porta della cabina e dirigersi sul ponte a passi larghi; Kurt lo seguì cercando di tenere il passo e, contemporaneamente, scrutare attentamente l’ambiente attorno a sé. “Vedi, dolcezza, purtroppo non siamo ben attrezzati a ricevere celebrità come te, quindi temo che dovrai accontentarti.” Blaine parlava velocemente, scendendo degli scalini in legno che conducevano verso l’interno della nave. “Fortunatamente, è libera l’unica singola oltre la cabina del sottoscritto! Anzi, non è propriamente libera, ma lo sarà abbastanza presto, non temere.” Prima che Kurt potesse davvero realizzare cosa stesse succedendo, il capitano si fermò di fronte ad una pesante porta in legno, la aprì con la chiave già inserita nella serratura e lo spinse dentro uno stanzino buio, che si fece ancora più buio quando la porta venne richiusa con un tonfo sordo. Un momento, cosa?
Kurt si aggrappò al legno e spinse con tutte le proprie forze, ma la porta non si mosse. “Ehi!” Urlò. “Fatemi uscire da qui, maledetto figlio di – ”
“È quasi comico che tu mi dia del voi mentre mi riempi di insulti, sai?” Lo interruppe la voce divertita di Blaine dall’altra parte. “E comunque non urlare. Puck odia i rumori forti quando sta avendo un dopo sbornia.”
“E chi diavolo sarebbe Puck?!” Chiese, sempre a voce alta; non ottenne alcuna risposta.
Si lasciò cadere la braccia lungo i fianchi e arretrò di qualche passo, socchiudendo gli occhi per vedere qualcosa nonostante l’oscurità, ma non ebbe particolare successo; gemette di frustrazione e si sedette per terra, percependo una sorta di tappeto sottile sotto di sé. Tastò un po’ con le mani nell’oscurità, e un urlo istintivo e stridulo sfuggì alle sue labbra quando le sue dita sfiorarono qualcosa di caldo e vagamente morbido, come una stoffa ruvida; un mugolio proveniente dal punto in cui aveva appena mosso la mano lo fece sussultare violentemente. “C-Chi c’è?” Chiese, con voce tremante.
Gli rispose un altro mugolio, vagamente più risentito e prolungato, e stava davvero cominciando ad avere paura.
“Chi è là?” Chiese di nuovo, stavolta cercando di fermare il tremolio nella propria voce.
“Puck, no?” Biascicò una voce maschile. “Chi diavolo dovrebbe essere, una principessa?” Una risatina strascicata e qualche colpo di tosse consentirono a Kurt di mettere insieme i pezzi: quel Puck doveva essere il pirata che si era ubriacato invece di badare alla nave.
“Tu, piuttosto” Continuò, sempre con una voce piuttosto strascicata e un tono confuso che confermarono le teorie di Kurt. “Chi saresti? Non sono abbastanza ubriaco da confondere le voci. E la tua non l’ho mai sentita.”
“Oh, uhm … Un prigioniero. Credo. Una specie.”
“Prigioniero?” Dal tramestio che sentì, Kurt intuì che Puck doveva essersi messo a sedere. “Strano. Blaine non prende mai prigionieri.”
“Colpa mia. Mi sono intrufolato sulla nave per prendere una cosa che mi aveva rubato e ci sono rimasto sopra.”
“Ah.” Puck rimase in silenzio per qualche secondo. “Be’, mossa piuttosto stupida, amico.”
Kurt sospirò. “Già. Credo di starmene rendendo conto anch’io.”
Il pirata ridacchiò. “Non preoccuparti; Blaine ti lascerà andare molto presto. È piuttosto gentile, sai.”
“Intendete lo stesso Blaine che vi ha rinchiuso qui dentro?”
Dal movimento che scorse vagamente di fianco a lui, Kurt intuì che Puck aveva scrollato le spalle. “Sì, be’ … Un altro capitano mi avrebbe già buttato giù a calci, quindi non lo biasimo davvero.” Sbadigliò ampiamente per qualche secondo. “Se non ti dispiace, io torno a dormire. Tanto dovrebbe venire qualcuno a recuperarmi tra qualche ora.”
Kurt trattenne a stento un sospiro: non era sicuro che sarebbe riuscito a non impazzire, lì dentro al buio senza nessuno con cui parlare. “Figuratevi. Fate pure. Non volevo disturbarvi.”
“Perfetto.”
Altri tramestii e un’imprecazione gli fecero capire che il pirata era riuscito a distendersi. “Come ti chiami, comunque?” Gli chiese, trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Kurt. Kurt Hummel.”
“Hm. Kurt?”
“Ditemi.”
“Sono una persona sola. Un tu può bastare.”
Kurt arrossì leggermente, e si strinse le ginocchia al petto. “Certo.” Mormorò. “Scusate – Scusami.”
“Di niente.”
Dopo di che seguì il silenzio, intervallato ogni tanto dal leggero russare del pirata.



*



“In piedi, voi due, forza! Blaine vuole vedervi.”
Una voce burbera costrinse Kurt ad aprire gli occhi, e per un attimo fu assalito dalla confusione – prima che la sua mente gli ricordasse dove si trovava e perché vi si trovasse. Si trovò davanti un ragazzo poco più basso di lui, con due brillanti occhi verdi e i capelli castani, e un accento piuttosto strano che doveva essere del nord.
“Puck!” Si rivolse al pirata, ora relativamente visibile grazie alla luce che entrava dalla porta semiaperta. “Svegliati!” Lo scosse senza delicatezza per una spalla, e Puck mugolò qualcosa che aveva molto l’aria di comprendere un’offesa e la madre di qualcuno.
L’altro si spazientì. “Blaine ha detto che ti toglierà la tua porzione di brandy se non ti alzerai immediatamente.”
Puck si mise a sedere con uno scatto pressoché impossibile da vedere. “Ci sono!” Biascicò, gli occhi socchiusi. “Digli di non togliermi il brandy.” Continuò con tono lamentoso, stringendo i pugni e mettendo su il broncio.
L’altro pirata alzò gli occhi al cielo e si chinò per passargli un braccio dietro la schiena e rimetterlo in piedi. “Glielo dirò, tranquillo.” Si voltò verso Kurt e mosse la testa in direzione dell’uscita. “Forza, vuole vedere anche te.”
Kurt si alzò cautamente, e li seguì fuori da quella cella – che doveva essere piuttosto improvvisata; risalirono gli scalini che portavano nuovamente sul ponte, dove il sole splendeva fieramente: doveva essere passato il mezzogiorno.
Quella consapevolezza, curiosamente, mise a Kurt una certa fame.
Sul ponte c’erano solo un paio di pirati che lo osservarono con una certa curiosità, ma non chiesero nulla; forse il capitano aveva già spiegato loro tutta la situazione.
Kurt si sentì un po’ a disagio, poco abituato ad essere al centro dell’attenzione, così  affretto il passo e raggiunse i due pirati che si stavano dirigendo dalla parte opposta della nave, verso la porta vagamente familiare della cabina del capitano; il pirata dagli occhi verdi bussò, sostenendo ancora Puck con un braccio, e aprì solo quando una voce rispose da dentro “Avanti!”.
Kurt fu quasi sorpreso dalla civiltà di quel gesto, ma si rimproverò subito per quel pregiudizio assurdo; seguì gli altri due pirati con passo cauto, e si ritrovò di nuovo nella cabina del capitano – che sembrava vagamente più ordinata rispetto alla notte precedente, eccezion fatta per il letto, sfatto.
Gli occhi dorati di Blaine si fissarono immediatamente nei suoi, ma Kurt si sforzò di sostenere quello sguardo senza battere ciglio.
Fu solo quando parlò che il capitano lo liberò dai suoi occhi magnetici. “Rory” Si rivolse al pirata che li aveva recuperati dalla cella. “Puoi andare.”
Quello si limitò ad un cenno d’assenso col capo, prima di voltarsi e scivolare silenziosamente al di là della porta; il silenzio che seguì era denso e carico di tensione, e Kurt aveva sinceramente paura che Puck stesse per addormentarsi in piedi, visto il modo allarmante in cui stava ondeggiando sul posto; si sporse per tirargli una piccola gomitata, e il pirata scosse immediatamente la testa, raddrizzando la schiena.
Blaine li osservò con un sopracciglio inarcato. “Bene, Puck, partiamo da te.” Si voltò in modo che il suo busto fosse lievemente orientato verso l’altro pirata. “Credo che tu sappia quello che sto per dirti, no?”
Puck alzò gli occhi al soffitto e parlò con una voce atona. “Non posso bere quando mi lasciate di guardia, perché potrebbero arrivare i soldati e sarebbe un gran casino per tutti.”
“Già.” Commentò Blaine, fissandolo per qualche secondo; alla fine abbassò lo sguardo. “Questo è l’ultimo avvertimento che posso darti, Puck.” Gli disse, serio. “Stavolta ci è andata bene che fosse soltanto lui” Indicò Kurt con un cenno del capo. “Ma cosa sarebbe successo se fossero stati i soldati?” Rimase in silenzio, lasciando che le sue parole aleggiassero nella stanza. “È l’ultimo errore che ti concedo. D’ora in poi devi rigare dritto, o dovrò lasciarti indietro. Lo capisci?”
Puck deglutì rumorosamente, e annuì con lo sguardo basso; Kurt si sentì in dovere di distogliere lo sguardo, sorpreso da quanto sembrasse indifeso quel pirata muscoloso e abbronzato che ostentava un enorme cresta di capelli scuri.
“Va bene” Blaine sembrò quasi spossato da quel discorso; si passò una mano sul viso e tra i capelli, che non erano tenuti fermi dalla bandana. “Puoi andare.”
Puck annuì di nuovo e uscì a passo svelto, senza staccare gli occhi dal pavimento.
Il capitano sospirò rumorosamente quando la porta si richiuse con un tonfo sordo, e lo sguardo che posò su Kurt era quasi esasperato. “E ora passiamo a te.” Lo squadrò per qualche secondo, e gli bastò quello per ritrovare un ghigno baldanzoso. “Riflettere sulla tua posizione non è stato affatto semplice, ma sono arrivato ad una soluzione soddisfacente. Dal momento che usufruirai di vitto e alloggio, mi sembra giusto che tu contribuisca al benestare della mia bambina.” Kurt inarcò un sopracciglio a quell’appellativo, ma si guardò bene dal commentare. “Questo vuol dire che svolgerai tutte le mansioni che svolgono i miei uomini, né più né meno.”
“Sarebbe a dire?”
“Be’, vediamo …” Blaine si poggiò una mano sul mento e mise su un’aria pensosa. “Credo che oggi ti tocchi lavare il ponte con Jeff e Nick.”
Gli occhi di Kurt si spalancarono. “Come, prego?”
Il ghigno del capitano sembrò decisamente compiaciuto. “Ho detto che dovrai lavare il ponte.”
“Ho sentito quello che avete detto!” Esplose Kurt. “Ma dovete essere pazzo se pensate che lo farò davvero!”
Come al solito, Blaine mantenne un’aria serafica e pacifica. “Ovviamente, se non puoi pagarti il viaggio in alcun modo dovrò chiederti di scendere, dolcezza.”
“Perfetto, è esattamente quello che vo – ”
“Di scendere adesso.” Sottolineò Blaine. “E siamo nel bel mezzo dell’Oceano.”
Kurt richiuse la bocca e digrignò i denti: l’urgenza di tirargli un pugno si faceva più forte ogni secondo che passava in sua presenza; lo fulminò un pensiero improvviso, e le sue dita corsero alla cintura dei pantaloni, da cui slacciò la saccoccia in cuoio che conteneva i gioielli che aveva portato con sé per l’infausto baratto. “Posso pagarmi il viaggio con questi.” Sibilò, trattenendo a stento un sorriso vittorioso.
Blaine fece correre lo sguardo dai gioielli al suo viso per qualche secondo, combattuto, ma alla fine non cedette. “Ricordi il discorso riguardo il guadagno materiale e la soddisfazione?”
Kurt si lasciò sfuggire un ringhio esasperato, e si riallacciò la sacca alla cintura con le mani che tremavano per la rabbia. Borbottò qualche imprecazione prima di risollevare lo sguardo sull’espressione visibilmente soddisfatta del capitano. “Non appena tornerò a casa” Gli disse, puntando un dito contro di lui con fare minaccioso. “Giuro che vi farò cercare fino in capo al mondo, e finché non vi avranno trovato io non – ”
Blaine gli afferrò il polso con un sorriso sornione, e lo tirò a sé senza alcuna difficoltà; si trovavano a pochi centimetri di distanza, occhi negli occhi, quando il capitano sussurrò “Sai dolcezza, trovo ancora esilarante il fatto che tu mi dia del voi.
Kurt si liberò con l’ennesimo ringhio esasperato, e si voltò per andarsene dalla cabina – non sapeva bene dove sarebbe andato, ma non gli importava molto: era troppo scombussolato per pensare con chiarezza –; aveva  appena spalancato la porta con un movimento brusco, quando la voce di Blaine si fece sentire di nuovo. “Ah, e dormirai con il resto della ciurma!”
Kurt nemmeno si voltò: lasciò che la porta sbattesse dietro di lui con un tonfo sordo.



*



Stava strofinando una dannata spazzola su un dannato ponte di legno pieno di dannate macchie di dio solo sa cosa, stava usando un dannato sapone che aveva un odore decisamente poco invitante e le sue dannate dita erano completamente rosse.
Era sicuro che fosse passata almeno un’ora da quando aveva chiesto – ringhiato – ad un pirata dai tratti asiatici dove diavolo potesse trovare la roba per pulire – aveva detto proprio roba, e la cosa era decisamente indicativa – e quello gli aveva indicato con espressione scioccata due enormi secchi pieni d’acqua e quella sottospecie di spazzola che ora stava usando per sfogare la sua frustrazione nei confronti dell’intero universo. All’incirca ogni movimento delle sue braccia – che stavano cominciando a bruciare dolorosamente – era accompagnato da un’offesa a Blaine, e doveva ammettere che, più andava avanti, più diventava fantasioso.
“Ehm, scusa …”
Alzò il capo di scatto, e il suo collo emise un rumore decisamente poco rassicurante; alzò una mano per coprire i propri occhi dalla luce del sole, e distinse due pirati che stavano a qualche passo da lui, scrutandolo con espressione vagamente confusa.
“Sì?” Quasi ringhiò in risposta – e anche quello era decisamente poco da lui.
Il pirata più alto, biondo, parlò di nuovo, vagamente intimorito. “Uhm, ecco … Io sono Jeff. Lui è Nick.” Indicò il ragazzo di fianco a sé, moro e con un naso piuttosto importante. “Saremmo in turno insieme per pulire il ponte, sai.”
Sì, forse Blaine gliel’aveva accennato. “Quindi?” Chiese, seccato.
Jeff e Nick si scambiarono un’altra occhiata incerta, prima che il primo parlasse di nuovo. “È solo che … Pulisci ogni punto almeno dieci minuti.” Gli fece notare. “Ed è completamente inutile, perché tra due minuti sarà sporco esattamente come prima. Volevamo solo dirti di risparmiarti la fatica, ecco.”
“Oh.” Kurt si sentì immediatamente in colpa; si morse il labbro e si rimise in piedi un po’ a fatica, dato che le sue ginocchia protestavano piuttosto sentitamente a causa della posizione mantenuta per tanto tempo. “Grazie, uhm … Io non intendevo essere scortese.”
Jeff e Nick gli rivolsero un sorriso rassicurante – vagamente in sincrono, cosa che inquietò un pochino Kurt. “Non preoccuparti. Capiamo che la tua situazione sia un po’ stressante.”
“Già.” Kurt si lasciò sfuggire un sorriso amaro. “Decisamente stressante.”
“Be’, non preoccuparti.” Sorrise Jeff. “Quella di Blaine è solo una facciata. Sai, deve far finta di essere un capitano serio e tutto il resto. Tra poco la smetterà.” Gli rivolse un occhiolino complice, e Kurt si sentì vagamente più sollevato. “Grazie.” Disse con sincerità. “È molto gentile da parte vostra.”
Stavolta fu Nick a rispondergli. “Figurati.” Lanciò un’occhiata alle mani di Kurt, arrossate e prossime ad essere ricoperte di tagli. “Perché non ti prendi una pausa? Hai pulito praticamente mezzo ponte da solo. Del resto possiamo occuparci noi.”
Gli occhi azzurri di Kurt si spalancarono e si riempirono di sorpresa. “Io – Davvero?”
“Certo.” Nick scrollò le spalle. “Va’ pure, tranquillo.”
“Oddio, grazie mille.” Sospirò il ragazzo, guardandosi le mani con aria preoccupata. “Mi state salvando la vita, dico sul serio.”
I due pirati ridacchiarono. “Sì, le prime volte sono sempre pessime.”



*



La cena era pessima.
Non che Kurt si fosse aspettato un pasto particolarmente elaborato, ma la brodaglia color ruggine in cui galleggiavano dei pezzi di verdura bianchi era molto peggio di tutto quello che avrebbe potuto immaginare.
Vi affondò il cucchiaio un paio di volte, giusto per saggiarne la consistenza, e mentre osservava il liquido che ricadeva lentamente – troppo lentamente per fingersi una zuppa – nella ciotola dovette trattenere un conato.
“So che è disgustoso, ma ti conviene mangiarlo.”
Sollevò lo sguardo da quella specie di pasto e incontrò un paio di occhi azzurri, semi – sepolti da una quantità indescrivibile di capelli biondi; inoltre, non poté impedirsi di osservare quanto fossero piene le labbra del pirata che gli aveva appena rivolto la parola.
“Sono Sam.” Gli disse lui, sorridendogli allegramente e sedendosi esattamente di fronte a lui ad uno dei tavoli di legno che costituivano una sorta di sala da pranzo.
“Kurt.” Rispose lui con un filo di voce, piuttosto esausto, abbandonando definitivamente il cucchiaio dentro la zuppa.
“Lo so.” Commentò il pirata. “Blaine ci ha parlato di te mentre dormivi, sai. Per questo siamo tutti un po’ curiosi.”
Kurt inarcò un sopracciglio con aria scettica. “Curiosi?” Ripeté.
“Be’, sì.” Spiegò Sam, infilandosi in bocca un cucchiaio di quella cosa orrida. Ingoiò con una piccola smorfia prima di continuare. “Insomma, nessuno avrebbe fatto quello che hai fatto tu. Sei stato coraggioso. Un po’ stupido, forse, ma comunque.”
“Guarda dove mi ha portato questo gran coraggio.” Ribatté acidamente Kurt, abbandonando il capo sulla mano poggiata sul tavolo.
“Oh, non preoccuparti. Blaine abbandonerà la facciata molto presto.” Gli assicurò Sam, agitando la posata prima di immergerla per l’ennesima volta nel liquido rosso.
“Sì, è quello che continuano a ripetermi tutti.” Borbottò Kurt, con una lieve smorfia scettica.
“Forse perché è vero.” Sorrise Sam, con un’aria vagamente criptica. “Ora mangia, coraggio. Non vuoi rimanere a digiuno, fidati.”
“Non ne sono poi così sicuro.” Mugugnò, lanciando un’altra occhiata al contenuto della ciotola.
Sam ridacchiò, ma continuò a mangiare; Kurt si fece coraggio e lo imitò, socchiudendo gli occhi con espressione disgustata: da quel momento in poi sarebbe stato in grado di mangiare qualsiasi cosa, ne era piuttosto sicuro.



*



“Guarda chi si vede!”                                                                                                               
Kurt sollevò il capo a quella voce vagamente familiare, e riconobbe immediatamente la sagoma di Puck, nonostante il ponte fosse illuminato solo da qualche lanterna.
“Turno per la lavanderia?” Chiese Kurt con un tono piuttosto stanco e rassegnato; il pirata annuì. “Così pare.”
“Okay, quindi … Cosa dovremmo lavare?” Chiese Kurt, voltandosi cautamente  per guardarsi attorno – la sua schiena era rimasta piuttosto traumatizzata dal secondo turno di pulizia del ponte.
Puck si grattò la nuca con aria annoiata. “Giusto, mi dimentico sempre che il cesto per la lavanderia lo lasciano sottocoperta.” Sospirò rumorosamente. “Aspettami qui, torno tra un secondo.” Si avviò verso la prua con passo pesante, e scese le scale di legno che portavano al secondo ponte; Kurt ne approfittò per poggiarsi al parapetto con i gomiti e abbandonare la testa sul legno fresco e umido. Era esausto.
La notte non riusciva a dormire per più di cinque ore di fila per via del continuo movimento della nave, e durante il giorno doveva lavorare insieme al resto della ciurma – che, tra l’altro, sembrava averlo preso in particolare simpatia, tanto da cercare di risparmiargli, quando possibile, i lavori pesanti. Senza contare che mangiare era un vero atto di coraggio, su quella nave, soprattutto quando toccava a Puck cucinare – non a caso, difatti, la zuppa rossa era stata opera sua.
Per un attimo pensò che avrebbe pianto volentieri: gli mancava casa sua, gli mancava Alfred, e a dirla tutta gli mancavano anche i suoi genitori. E quella situazione faceva letteralmente schifo. Ma raddrizzò la schiena e puntò lo sguardo sul mare, sull’Oceano, su quella distesa d’acqua infinita che poteva divorarli in qualche secondo e sapeva anche cullarli con dolcezza, e pensò che in fondo c’era qualcosa di buono in tutto quello, se scavava per bene. Aveva ancora il riflesso della luna sulle onde.
Sospirò per quel pensiero sciocco e romantico, e distolse lo sguardo dal mare, poggiando la schiena al parapetto; si immobilizzò quando notò Blaine poggiato mollemente al timone, lo sguardo perso nel vuoto; il capitano era il punto interrogativo più grande, su quella nave. Tutti continuavano a dirgli che stava mantenendo soltanto una facciata, eppure Kurt non riusciva davvero a capire cosa stesse nascondendo; era anche vero che non gli aveva più parlato dalla volta nella sua cabina, ma non aveva nessuna intenzione di farlo. Storse il naso al solo pensiero.
Fortunatamente, in quel momento arrivò Puck a distrarlo dai suoi pensieri, emergendo dalle scale barcollando leggermente sotto il peso di un enorme cesto contenente i capi d’abbigliamento più vari – di cui Kurt non voleva assolutamente conoscere la provenienza.
Si lasciò andare ad un sospiro rassegnato quando lo vide, ma sapeva di non potersi sottrarre; si avvicinò al pirata e lo aiutò a trascinare la cesta verso l’enorme bacinella abbandonata appositamente sul ponte, già riempita con acqua di mare, e in assoluto silenzio cominciarono a sollevare i vestiti – toccandoli al massimo con due dita – per poi lasciarli cadere nell’acqua con tanto di smorfie disgustate.
Una volta che gli indumenti erano a mollo nella bacinella, li strofinavano con un po’ di quel sapone orribile che usavano anche per pulire il ponte – il che la diceva lunga – li sciacquavano alla bell’e meglio e li appendevano al cordame delle vele perché si asciugassero più velocemente.
Nel bel mezzo del processo dell’insaponatura, Kurt lanciò a Puck un’occhiata di sbieco. “Hai bevuto di nuovo, vero?”
Gli occhi verdi del pirata si spalancarono, le sue mani lasciarono immediatamente la presa sulla camicia che stava lavando. “N-No, io non bevo più – Blaine mi ucciderebbe se lo facessi, e – ”
“Puck.” Kurt lo interruppe con un tono pacato, tranquillo, e lo guardò negli occhi per cercare di rassicurarlo. “Non preoccuparti. Non lo dirò a Blaine.”
Il pirata sospirò e abbassò lo sguardo, riafferrando debolmente la camicia che si era lasciato scivolare. “Non ha importanza. Tanto lo scoprirà, prima o poi.”
“Non se smetti davvero.”
Puck si lasciò andare ad una risata cruda, che non aveva niente di allegro. “Come se fosse così semplice.”
Kurt scrollò le spalle, continuando a strofinare energicamente un paio di pantaloni. “Be’, in realtà lo è. Insomma, la volontà è la tua.”
Il pirata rimase immobile per qualche secondo, lo sguardo di nuovo perso nell’acqua torbida di fronte a lui. “Non hai più molta volontà quando hai perso tua figlia e la donna che amavi perché non eri abbastanza ricco da mantenerle.” Mormorò, stringendo inconsciamente tra le dita la stoffa di una tunica leggera.
Kurt si voltò immediatamente verso di lui, e non poté fare a meno di sentirsi tremendamente in colpa; notò la mascella contratta di quel pirata che sembrava così enorme, la sua schiena rigida, i suoi pugni stretti. Deglutì e mosse un mezzo passo indeciso verso di lui, per poi poggiargli una mano bagnata sulla spalla e stringere con gentilezza, in un vano tentativo di conforto. “Mi dispiace.” Bisbigliò, e vide Puck accartocciarsi su se stesso a quella parola, come se l’avesse colpito al petto; gli strinse la spalla un po’ di più mentre il pirata prendeva dei respiri profondi per non piangere.


Puck si calmò dopo qualche minuto, e mormorò qualche scusa imbarazzata. “Non so cosa mi sia preso. Dev’essere quel maledetto brandy.”
Kurt sorrise, comprensivo, e gli diede una leggera pacca sulla spalla. “Non preoccuparti. Non lo dirò a nessuno.”
Il pirata gli rivolse un’occhiata furtiva e riconoscente, ancora vagamente in difficoltà per ciò che era appena successo; Kurt se ne accorse, e indicò il cesto di vestiti con un cenno del capo. “Qui finisco io. Perché non vai a riposarti o a giocare a carte con Rory? L’ho visto abbastanza giù perché  Jeff e Nick non avevano voglia di fare una partita con lui.”
Puck lo fissò per qualche secondo, sbalordito, ma poi scosse il capo. “No, non posso lasciarti finire da solo. Guarda le tue dita, sembrano delle aragoste.”
Kurt ci mise un attimo ad assimilare il commento e ad accantonarlo in un angolo della propria mente che recava l’etichetta offese che non vanno intese come tali, e a rivolgergli un breve sorriso. “Colpa del lavaggio del ponte. Fidati di me, farò molto più in fretta di quanto credi.” Puck continuava a guardarlo con aria sospettosa, quindi Kurt alzò gli occhi al cielo e lo spinse leggermente. “Su, forza, via. Lasciami lavorare.”
Il pirata sembrò convincersi, e gli rivolse un sorriso riconoscente; quando fece per allontanarsi, Kurt lo richiamò. “Ah, Puck?”
“Mh?”
“Niente più brandy. Facciamo così: ogni volta che ti verrà voglia di bere, vienimelo a dire. Okay?”
Puck annuì con uno sguardo luminoso, e gli rivolse un sorriso enorme, prima di voltarsi e allontanarsi con l’andatura felice di un bambino.
Quando Kurt si voltò per concentrarsi sull’enorme – decisamente enorme, magari avrebbe dovuto pensarci un attimo di più prima di offrirsi come un martire per quell’impresa impossibile – quantità di vestiti che gli era rimasta da insaponare e sciacquare, il suo sguardo incrociò quello di Blaine, ancora poggiato al timone con aria noncurante; rimasero a guardarsi per qualche secondo, e Kurt era sicuro di aver sentito qualcosa muoversi dentro il suo stomaco – doveva essere pesce. L’aveva detto a Sam che quella roba non sembrava nemmeno lontanamente cotta a dovere –, ma preferì ostentare una sicurezza che non aveva e riprendere le operazioni di lavaggio con tutta la dignità del caso.
Blaine rifiutò di farsi dare il cambio finché Kurt, a notte inoltrata, non ebbe finito.



*



“Kurt!”
Il ragazzo riconobbe immediatamente l’accento peculiare di Rory, e non fu affatto sorpreso, quando si voltò, di trovarselo davanti. “Turno nelle cucine?”
Kurt annuì, e non poté fare a meno di sentirsi immensamente sollevato: almeno sarebbe stato un turno leggero e le sue mani sarebbero state relativamente al sicuro.
“Cosa cuciniamo?” Chiese Rory con entusiasmo, guardandosi attorno nella minuscola stanza che fungeva da dispensa; Kurt fece correre lo sguardo sugli scaffali in legno e sulle montagne di patate che giacevano ammucchiate sul pavimento, apparentemente dimenticate; sulle sue labbra si disegnò un piccolo sorriso. “Ho un’idea.”


“Oh mio Dio.” Sam stava praticamente gemendo, affondando la forchetta nel proprio piatto per l’ennesima volta e portandosi alla bocca una quantità indecente di patate. “Sono buonissime. Vi prego, facciamo cucinare sempre Kurt d’ora in avanti, per favore.”
“Ehi!” Protestò Rory, riempiendo il piatto di Puck per quella che doveva essere la terza volta. “Io gli ho dato una mano!”
“Vero.” Riconobbe Kurt, concedendogli un sorriso felice – il primo da quando era salito su quella nave. O, forse, il primo da quando era morto suo padre. – “Rory ha pelato le patate.”
“Non mi importa.” Intervenne Mike – il pirata dai tratti asiatici – con la bocca piena. “Chiunque sia stato, non smetta mai.”
Kurt ridacchiò e scrollò le spalle, incrociando le braccia sul petto con aria vagamente timida; Rory gli diede una pacca incoraggiante sulla spalla quando gli passò accanto per servirsi e cenare.
“Sai Kurt” Intervenne Puck, smettendo di mangiare giusto il tempo che gli era necessario a parlare. “Dovresti portarne un piatto al capitano. È da troppo tempo che non mangia qualcosa di decente.”
Kurt si irrigidì per un secondo, e incrociò lo sguardo consapevole del pirata; aveva iniziato a fidarsi di Puck da quando quest’ultimo l’aveva effettivamente cercato per evitare di cadere per l’ennesima volta nel vortice dell’alcol, perciò bastò che il pirata inclinasse lievemente il capo in un gesto incoraggiante perché il ragazzo si convincesse che non ci sarebbe stato niente di male. Riempì un altro piatto e abbandonò il chiacchiericcio generale del refettorio per arrivare all’aria fresca e umida della notte; attraversò il ponte piuttosto velocemente, e bussò alla porta della cabina del capitano con un certo nervosismo. “Avanti!” La voce di Blaine era alta e chiara, e Kurt deglutì prima di entrare, stringendo le dita sul piatto.
Il capitano parve decisamente sorpreso di vederlo, ma si nascose dietro un ghigno ferino; di fianco a lui c’era Sebastian – qualcosa come il comandante in seconda, o una cosa del genere; Sam una volta aveva provato a spiegargli come funzionasse la gerarchia sulla nave, ma non ci aveva capito molto –, le sopracciglia elegantemente inarcate come suo solito, gli occhi verdi vigili e attenti.
“Bene bene.” Commentò Sebastian, occhieggiando famelicamente il piatto che Kurt aveva in mano. “Credo proprio che andrò in cucina. Sembra che succedano parecchie cose interessanti laggiù.” Salutò Blaine con un cenno del capo e Kurt con il suo solito “Bambolina”, a cui il ragazzo rispose con uno sbuffo e un “Smettila di rosicchiare il parapetto di babordo, Smythe, tanto i tuoi denti non si accorciano.”
Sebastian sorrise e uscì, e Kurt era piuttosto sicuro di aver sentito una risata soffocata provenire dal capitano; ormai i battibecchi tra lui e il comandante in seconda erano diventati uno spettacolo esilarante per tutto l’equipaggio. Non perché propriamente non si sopportassero, ma erano entrambi troppo orgogliosi e testardi per convivere pacificamente.
“Deduco che quella è la mia cena, dolcezza?” La voce bassa e melodiosa di Blaine lo riportò alla realtà, e si costrinse a muovere qualche passo in avanti per poggiare il piatto sul tavolo di legno. “Abbiamo cucinato io e Rory.” Spiegò velocemente. “Be’, io ho cucinato, Rory ha pelato le patate. È una cosa molto semplice, in verità, ma è piaciuta molto e Puck ha insistito perché ve ne portassi un piatto.” Quell’ultima parte non era propriamente vera, ma preferì tralasciare.
Blaine sorrise e scosse il capo. “Andrai avanti con il voi ancora per molto, tesoro?”
Kurt si scrollò di dosso il brivido che gli correva lungo la schiena tutte le volte che Blaine usava un vezzeggiativo riferito a lui – ma che problema aveva? –; si schiarì la voce. “Finché sarà necessario.” Rispose con tutta la tranquillità che riuscì a simulare.
Il capitano sembrò divertito dalla risposta, e abbassò lo sguardo sul piatto che aveva davanti. “Allora ringrazia Puck da parte mia.” Sorrise con innocenza, e l’espressione di Kurt si fece gelida: le sue labbra si strinsero in una linea sottile e i suoi occhi si ridussero a due fessure. “Certo. Sarà fatto.” Sibilò, prima di voltarsi e dirigersi a passi larghi fuori dalla cabina, borbottando offese incomprensibili.


*



Kurt aveva stretto le braccia attorno al parapetto con così tanta forza che temeva sul serio di non essere più in grado di lasciarlo andare; non che la cosa gli dispiacesse.
Attorno a lui stava infuriando l’inferno: un inferno fatto di onde, vento, pioggia e acqua, acqua ovunque. Sul suo viso, sui suoi vestiti, sui suoi capelli, sui suoi occhi: gli sembrava di essere caduto in mare, e se ne sarebbe convinto, se non fosse stato per il legno solido a cui era aggrappato.
La tempesta era scoppiata forse da quindici minuti, e tutto l’equipaggio si stava adoperando per fare in modo che le vele e gli alberi non venissero danneggiati; gli uomini diventavano soltanto sagome scure che correvano da una parte all’altra, e Kurt era sinceramente tentato dal lasciarsi andare ad una crisi di panico.
“KURT!”
Riconobbe la voce di Blaine che stava superando l’ululato del vento, e si voltò istintivamente per capire da dove provenisse; il vento e la pioggia gli sferzarono il viso, costringendolo a chiudere gli occhi: mugolò per il dolore, ma il suono venne inghiottito dalla tempesta.
“ALLONTANATI DAL PARAPETTO, KURT!”
In tutta onestà, Kurt sarebbe rimasto volentieri ancorato a quel pezzo di legno: gli sembrava l’unica cosa stabile e solida in mezzo a quel putiferio, e lasciarla non sembrava un granché come idea. “NO!” Urlò, testardo come sempre, affondando la testa sul legno fradicio per cercare una protezione che non poteva trovare.
“NON FARE L’IDIOTA!” Di nuovo la voce di Blaine, stavolta più chiara, più vicina; Kurt alzò lo sguardo quel tanto che bastava per vederlo avanzare a fatica verso di lui, una corda stretta attorno alla vita e fissata all’albero maestro.
Kurt si strinse ancora di più al parapetto e realizzò che, forse, quella crisi di panico era arrivata; faceva fatica a respirare e non era affatto sicuro di riuscire a muoversi. Un’espressione di puro panico gli si dipinse sul viso bagnato di pioggia, e Blaine si concesse di avere paura solo per un istante quando lo vide; si fece avanti con più determinazione, tendendo una mano in avanti quando arrivò a pochi passi da lui. Kurt fece volare il proprio sguardo dalle dita tese di Blaine al suo viso, ancora mortalmente impaurito, ma qualcosa in quegli occhi dorati lo convinse a fidarsi; lasciò andare lentamente il parapetto, esitando in più occasioni, ma alla fine ce la fece. Con un tempismo pessimo.
Un’onda più alta e violenta delle altre si abbatté in quel momento sul ponte, e l’ultima cosa che Kurt sentì fu la voce di Blaine che urlava il suo nome, prima di essere trascinato all’indietro.


“KURT!” Blaine si sporse istintivamente in avanti, ma fu inutile: l’onda lo scaraventò contro il parapetto e l’acqua di mare gli invase la bocca e le narici, ma non vi badò, un unico pensiero che gli martellava in testa. Kurtkurtkurtkurt.
Sapeva che era una cosa stupida e irresponsabile, ma non pensò alle conseguenze; pensò soltanto a quel momento, a quello che avrebbe rischiato di perdere, e lo fece: si tuffò in avanti non appena fu in grado di reggersi in piedi, oltre il parapetto, aggrappandosi alla corda per evitare che il contraccolpo gli facesse male alla schiena, e in meno di un secondo si ritrovò a combattere contro una montagna d’acqua che lo sovrastava ovunque.
La pioggia gli frustava il viso e le onde gli riempivano i polmoni, ma niente di tutto quello importava davvero: importava solo il corpo che vedeva sotto di sé, il viso bianco e delicato che stava sparendo, inghiottito dall’acqua, e lo seguì senza pensare. Il suo braccio si strinse attorno alla vita sottile di Kurt e chiuse gli occhi per il sollievo che lo pervase, solo per un secondo, perché poi la forza del mare tornò a reclamarli entrambi, e Blaine dovette usare tutta la determinazione che aveva per aggrapparsi alla corda ancora stretta attorno alla sua vita e fare in modo che Kurt non scivolasse via da lui.
Strinse i denti e urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo quando i suoi muscoli cominciarono a bruciare in maniera insopportabile e le sue mani diventarono troppo scivolose per sostenerli entrambi ma dovettero farlo lo stesso perché non l’avrebbe lasciato andare.
Urlò quando raggiunse il parapetto e fu certo che la sua spalla si sarebbe strappata per lo sforzo di sollevare Kurt e metterlo al sicuro.
Alla fine si inginocchiò accanto a lui, stremato, e notò con orrore che era privo di sensi ed estremamente pallido; Rory si lanciò immediatamente su di lui e lo colpì sul petto due volte, con decisione. Fu un attimo: Kurt iniziò istantaneamente a tossire, e l’acqua che si era accumulata nei suoi polmoni si riversò sul ponte mentre la tempesta continuava ad infuriare attorno a loro.
Blaine si lasciò andare ad una risata isterica mentre Kurt tornava a respirare, e si passò una mano sul viso resistendo a malapena all’impulso di scoppiare a piangere.



*



Kurt sbatté lentamente le palpebre, e un mormorio concitato si diffuse immediatamente attorno a lui, ovattato; cercò di guardarsi attorno, ma gli faceva davvero male il collo, e anche respirare si stava rivelando piuttosto doloroso.
“Oh, no.” Quella voce gli era familiare, in qualche modo. “Non osare riaddormentarti, chiaro? Coraggio Kurtsie, abbiamo bisogno di te e della tua cucina fenomenale.”
Kurt sbatté le palpebre con più convinzione, come se quella voce lo stesse trascinando verso la luce, e i colori lo colpirono come un maglio; dovette socchiudere gli occhi, ed ebbe l’istinto di portarsi un braccio di fronte al viso, ma muoverlo sembrava decisamente fuori questione, così si limitò ad emettere un vago mugolio di protesta.
Qualcuno ridacchiò. “Credo che si stia svegliando.”
Puck.
“Bene, Rory, è il momento di levare le tende.”
“Ma, veramente – ”
Rory, è il momento di levare le tende.
“Va bene, va bene! Sto arrivando, non c’è bisogno di spingermi!”
“Ti sto solo incoraggiando ...”
“Smettetela voi due; se dovete andare, fatelo in silenzio.”
Blaine.
“Agli ordini, capitano.”
Un tramestio confuso, e di nuovo il silenzio.
Kurt sbatté di nuovo le palpebre, e stavolta gli sembrò che la luce fosse sopportabile; si arrischiò ad aprire gli occhi, e gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco il volto di Blaine. Istintivamente, si rannicchiò ancora di più sul materasso – cosa che gli diede l’improvvisa consapevolezza di trovarsi su un materasso vero, non su una delle scomode brande della ciurma; la sua confusione doveva essere evidente, perché il capitano gli rivolse un sorriso – un sorriso vero, senza malizia – e gli parlò con un tono rassicurante. “Sei nella mia cabina.” Gli spiegò. “Puck e Sam si sono rifiutati di farti dormire insieme al resto dell’equipaggio, dato che stavi così male. Hai solo dormito per un giorno, per via della spossatezza e dello stress, credo. Sei fortunato, non hai nemmeno la febbre.”
“Ah, sì?” Gracchiò Kurt, con la spiacevole sensazione che degli artigli gli stessero graffiando la gola. “Che fortuna.” Commentò sarcasticamente.
Blaine rise – e ancora una volta fu una risata aperta e sincera. “Lo so, non ti sembra una grande consolazione. Ma sei vivo. Mi sembra una gran cosa.”
Kurt lo scrutò per qualche secondo, in silenzio. “È solo grazie a te, se sono ancora vivo.”
Negli occhi dorati di Blaine passò una scintilla di pura emozione, ma non la manifestò in alcun modo; si sporse un po’ in avanti dalla sedia su cui era seduto. “Modestia a parte, direi di sì.”Rispose semplicemente.
Kurt sospirò impercettibilmente, abbassò un attimo lo sguardo sulle coperte in cui era avvolto. “Grazie.” Mormorò.
Blaine trattenne il respiro, sentì il bisogno di abbassare lo sguardo. “Ho dovuto farlo.” Sussurrò. “Non avrei potuto lasciarti cadere.” I suoi occhi dorati si incatenarono a quelli azzurri di Kurt. “Ora dovresti tornare a riposare.” Gli disse. “Puck mi ucciderebbe se sapesse che ti sto facendo stancare.”
Kurt non poté fare a meno di sorridere mentre Blaine si alzava per lasciarlo da solo; poco prima di addormentarsi, pensò di aver capito cosa si nascondesse sotto la maschera.


*



Kurt era convinto di essere molto vicino ad una crisi isterica.
Ed era soltanto colpa di Blaine, lo sapeva.
Di Blaine e della sua dannata bambin – barca, non bambina, barca. Nessuno chiama bambina la propria nave, nessuno che non sia affetto da qualche grave sindrome psicopatologica.
Cominciò a strofinare il ponte con più forza di quanta non ne fosse necessaria, mugugnando parole incomprensibili.
Perfetto, assolutamente perfetto.
Anni e anni passati nel lusso e nella ricchezza alla ricerca di qualcosa di decente nella sua vita, qualcosa che lo facesse sentire più di un fantoccio in un gioco di maschere, e non aveva ottenuto nessun risultato apprezzabile.
Ventitré giorni passati su una nave di pirati la cui igiene personale era piuttosto discutibile, e cominciava a sentirsi veramente a casa.
Perfetto. Semplicemente perfetto.
Per non parlare di quello schizofrenico, bipolare, lunatico, menefreghista, pieno di sé, ridicolmente attraente capitano che lo chiamava dolcezza e tesoro come se niente fosse. Anni passati a costruirsi una dignità, mandati all’aria per due maledetti occhi dorati. Dorati. Chi è che ha gli occhi dorati? Ridicolo.
Soprattutto, anni passati a mantenere un contegno, ad allenarsi a nascondersi e ad essere semplicemente quello egocentrico, e adesso – proprio , su quella dannata nave – stava scoppiando dalla voglia di poter essere semplicemente se stesso, perché avrebbe potuto farlo.
Tranne che per un minuscolo dettaglio: molto presto sarebbe dovuto tornare a terra, alla sua esistenza scialba e insapore.
Perfetta. La sua vita era assolutamente perfetta.


*


Kurt spalancò la porta della cabina senza nemmeno curarsi di bussare, e Blaine sollevò lo sguardo su di lui con aria sorpresa, spalancando leggermente la bocca; si alzò dalla sedia in legno e mosse qualche passo verso di lui, notando probabilmente la sua espressione vagamente febbrile. “Ti senti bene?” Gli chiese cautamente, squadrandolo con attenzione.
Kurt lo fissò per qualche secondo, in completo silenzio. “Non sono mai stato meglio.” Disse alla fine, senza fiato, muovendo qualche passo deciso in avanti fino a che il suo viso non fu a pochi centimetri da quello del capitano.
“Non so che cosa tu stia cercando di fare” Soffiò Blaine sulle sue labbra, deglutendo rumorosamente, incapace di smettere di far spaziare i propri occhi spalancati sul suo viso. “Ma sappi che domani ti scaricherò comunque su quell’isola.”
“È proprio questo il punto.” Mormorò Kurt con un sorriso. “Domani mi scaricherai su quell’isola, e, prima che accada, io voglio la mia soddisfazione.” Si era fatto così vicino al viso del capitano, che ad ogni parola le loro labbra non si sfioravano per mezzo millimetro.
“E quale soddisfazione vorresti?” Blaine era senza fiato, e stava cercando invano di mantenere il pieno controllo della situazione.
 “È molto semplice.” Soffiò Kurt, sollevando lentamente una mano per sfiorargli la pelle olivastra dello zigomo con il dorso. “Non lo immagini?”
Blaine deglutì, e il suo sguardo fu attratto dalle labbra rosee di Kurt come se fossero calamitate. “Magari se me lo facessi vedere capirei meglio.” Rispose, con l’ultimo brandello di lucidità che gli era rimasta.
Kurt sorrise, un sorriso ferino, come un predatore che ha finalmente trovato la propria preda; si avventò sulle labbra di Blaine con veemenza, trascinandolo immediatamente in un bacio bagnato che era un insieme di gemiti, mugolii, sospiri, lingue e denti, mentre le sue mani gli afferravano saldamente i fianchi, lasciandogli probabilmente dei segni: sfruttò quella presa per spingere il pirata all’indietro, finché la sua schiena non urtò la parete di legno della cabina.
Kurt pressò il proprio corpo con più forza contro quello di Blaine, si fece spazio tra le sue cosce con la propria gamba, strusciando senza alcun tipo di vergogna contro la sua nascente erezione; il pirata spalancò gli occhi e gemette, abbandonandosi contro la parete alle sue spalle, e lasciò che Kurt gli stringesse i polsi sopra la testa e gli divorasse il collo, la mascella, che leccasse e succhiasse tutta  la pelle che riusciva a raggiungere.
Un calore quasi insopportabile cominciò ad accumularsi nel suo stomaco quando Kurt intensificò i movimenti della propria gamba e prese a succhiargli il lobo di un orecchio mormorando parole incomprensibili, ma nel tempo di un battito di ciglia tutto si fece incredibilmente freddo; Blaine aprì gli occhi e si ritrovò a fissare quelli azzurri di Hummel, accesi da una scintilla famelica e divertita, e gemette quasi inconsciamente quando si rese conto che non c’era più alcun tipo di frizione contro la sua erezione e che nessun bacio bollente veniva più depositato sulla sua pelle sensibile.
Kurt si sporse in avanti con attenzione, guardandosi bene dallo sfiorare una qualsiasi parte del suo corpo, finché le sue labbra non furono a qualche millimetro dall’orecchio del pirata. “Be’, sì. Più o meno era questa la soddisfazione, dolcezza.
Blaine stava ancora boccheggiando con aria incredula e devastata quando la porta della sua cabina si richiuse, nascondendogli alla vista la figura sinuosa di Kurt.



*



“Non mi hai reso il mio ciondolo.”
“Non ho mai detto che l’avrei fatto.”
Kurt lo guardò storto e si allacciò la spada in vita con un nodo più stretto, lanciando un’occhiata scettica alla misera scialuppa con cui sarebbe dovuto arrivare ad una spiaggia che si intravedeva all’orizzonte.
“Andiamo Blaine, dobbiamo proprio lasciarlo andare?” Intervenne Puck con tono lamentoso, immediatamente spalleggiato dalla maggior parte della ciurma. “Sa fare le patate al pomodoro! E a me sta simpatico!”
“Sì, signori, dobbiamo proprio lasciarlo andare.” Ribatté Blaine con un ghigno. “I patti erano questi, e io rispetto sempre la parola data. Quindi, a meno che non vogliate passare i prossimi tre giorni a seguire la nave a nuoto, consiglio calorosamente il silenzio.
Nessuno osò più fiatare, ma Puck e Sam continuarono a lanciare a Kurt degli sguardi colmi di scuse e di rassegnazione; il ragazzo scrollò le spalle e rivolse loro un cenno noncurante della mano, prima di arrampicarsi nella scialuppa. “Signori” Si rivolse all’equipaggio con un sorriso. “È stato un inaspettato piacere viaggiare con voi! Spero sinceramente che non finiate appesi a nessuna forca.”
Alcune grida divertite di approvazione seguirono quella sorta di commiato, e Blaine approfittò della confusione per sporgersi verso la scialuppa. “Saremmo stati una pessima coppia.” Gli mormorò.
Kurt gli rivolse uno sguardo scintillante e un sorriso sornione. “Se è questo quello che ti serve di sentirti dire, dolcezza, fa’ pure.” Sussurrò, a qualche millimetro dalle sue labbra; ma non lo baciò. Si allontanò con lentezza e si accomodò nella scialuppa con la sua solita eleganza, e aspettò che venisse calata in mare; quando l’imbarcazione sfiorò l’acqua, districò i remi che erano poggiati sul fondo di questa e si diresse pazientemente verso la spiaggia, come se non avesse nessuna preoccupazione al mondo.
Blaine rimase a guardarlo per tutto il tempo, ma Kurt non alzò mai gli occhi per incrociare il suo sguardo, e non poté fare a meno di chiedersi se non avesse appena fatto uno degli errori più grandi della sua vita. Che sarebbe stato un gran bel dire.



*



“Blaine, mi spieghi perché diavolo stai mettendo sottosopra la tua cabina? Dio solo lo sa in che condizioni era prima, adesso è decisamente inabitabile!”
“Non trovo più il mio anello!” Rispose concitatamente il capitano, continuando a vagare per la cabina senza una meta, facendo correre febbrilmente lo sguardo su tutte le superfici che riusciva a vedere. “Quello con la rosa, non lo trovo più!”
Sebastian inarcò un sopracciglio. “Quand’è stata l’ultima volta che te lo sei tolto?”
“Mai!” Ribatté Blaine, affondandosi le dita tra i capelli. “Non me lo tolgo mai, io non – ” Si interruppe di colpo, mentre i suoi occhi si posavano sul materasso di fronte a lui e la sua mente correva a quella sera, alle dita di Kurt che si muovevano senza tregua su di lui, che gli stringevano le mani sulla parete.
Era così ovvio che si mise a ridere e scosse il capo con anche un pizzico di ammirazione. “Mi ha battuto al mio stesso gioco.” Mormorò, incredulo ed eccitato, come un bambino a cui viene regalato un nuovo gioco.
“Blaine?” Sebastian lo stava scrutando con un’espressione preoccupata. “Ma di che diavolo parli?”
Blaine si voltò verso di lui con una scintilla di felicità nello sguardo. “Di’ a Puck di invertire la rotta. Credo di essermi dimenticato qualcosa.” 

 
 The end.
 
  
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