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Autore: crazy640    09/06/2014    3 recensioni
-Credi davvero sia la scelta più giusta portare i bambini?-si ritrovò a chiedere per l’ennesima volta prima di voltarsi verso John.
-Dannazione Sherlock! Credi veramente che li metterei in una situazione a rischio?
E’ il Gay Pride, non una zona di guerra! Ok vedranno molte cose insolite, sono d’accordo, ma marceremo insieme ad altre coppie con bambini e Greg verrà insieme a noi, quindi non hai nulla di cui preoccuparti-cercò di rassicurarlo ancora una volta John.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro, personaggio, John, Watson, Lestrade, Sherlock, Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Come what may'
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love is louder

 

 

Salve a tutti!!!!

Questa fiction è stata ispirata dal Gay Pride 2014 che si è tenuto a Roma sabato 7 giugno, a cui io ho partecipato.

E' una ONE-SHOT, ma è collegata marginalmente alla mia Fiction "Come what may" (i personaggi sono gli stessi visti qualche anno nel futuro...).

Le opinioni espresse in questa One Shot non vogliono offendere nessuno.

Ringrazio coloro che leggeranno e recensiranno e chiedo scusa per eventuali errori di ortografia e/o battitura.

 

-…Ed è per tutte queste ragioni che ho deciso di non prendere parte a questa assurda carnevalata.

Anzi è mia ferma convinzione che neanche voi dovreste andare-

Sherlock aveva parlato a lungo, osservando dalla finestra la gente abbigliata in abiti sgargianti e alle volte fin troppo eccessivi per un sabato pomeriggio, esponendo con chiarezza le proprie idee e alla fine del suo discorso, convinto di aver reso la propria posizione chiara e di essere riuscito anche soltanto marginalmente a far cambiare idea al proprio compagno, tornò a voltarsi con un lieve sorriso soddisfatto ad incurvargli le labbra verso il salotto trovandovi come unica spettatrice del suo monologo sua figlia Hope, di appena tre anni concentrata sulle proprie bambole, con indosso una maglietta rosa con la scritta “ Amo i miei dads” sul petto.

-John?- chiamò a gran voce il detective.

La testa bionda del dottore fece capolino dalla porta della loro camera da letto, seguita l’attimo dopo da una testa di riccioli neri che si fermò all’altezza delle ginocchia dell’uomo.

-Qualche problema?-domandò il biondo, un sopracciglio inarcato in un’espressione confusa.

Sherlock sospirò frustrato.

-Hai sentito quello che ti ho detto?-gli domandò cercando di controllare il tono seccato della voce.

John restò immobile qualche istante prima che le sue labbra sottili si dischiudessero leggermente ed il resto del corpo facesse la propria comparsa sulla soglia della porta.

-Oh vuoi dire quell’interminabile lista di motivazioni per cui non intendi unirti a noi oggi pomeriggio?-gli domandò facendo un passo nel salotto.

-Precisamente-rispose Sherlock, annuendo con decisione.

John si lasciò scappare una risatina, prima di dirigersi verso la cucina dove recuperò la borsa in cui da anni ormai sistemavano tutto l’occorrente per un’uscita con i bambini.

C’era stato un tempo in cui i due uomini erano capaci di lasciare l’appartamento nel giro di pochi istanti: al suono di un cellulare erano pronti a correre in strada, qualche volta dimenticando dietro di loro le chiavi di casa o del contante per pagare il taxi.

Ora invece, ogni loro uscita era accompagnata dalla borsa blu con il monogramma di Hamish in cui venivano stipati snack, acqua o biberon di latte, salviettine umidificate, pannolini( anche se Hamish si era liberato di quel fastidioso e maleodorante accessorio da quasi tre mesi) ed un cambio d’abiti nell’eventualità che uno dei bambini avesse un incidente.

Questa era la loro normalità adesso.

-Sherlock non ho intenzione di arrabbiarmi, perché ho voglia di godermi questa giornata; non voglio neanche forzarti perché ti conosco fin troppo bene e so che non otterrei nessun risultato, quindi mi limiterò ad accettare le tue motivazioni con un sospiro rassegnato e continuerò a preparare tutto l’occorrente per il pomeriggio-gli disse riportando la propria attenzione sulla borsa blu.

Sherlock lo fissò qualche istante, leggermente infastidito per essere stato privato di una vera discussione ma prima che potesse aggiungere qualcosa Hamish gli si avvicinò e strinse le piccole dita di una mano nel tessuto della sua vestaglia.

-Dad guarda!-gli disse indicando la propria t-shirt.

La maglietta, di un blu scuro che metteva in risalto gli occhi del bambino, era dello stesso tessuto di quella di Hope, stesso disegno, ma le parole disegnate in rosso questa volta affermavano “Orgoglioso dei miei dads”.

Sherlock rialzò lo sguardo sul volto di Hamish, così simile al suo e sorrise incontrando gli occhi del bambino, prima di affondare una mano fra i suoi  capelli neri.

-E’ davvero elegante…-disse il detective, incapace di trovare un aggettivo migliore.

Hamish scosse la testa.

-No, non è legante. Dice la verità-rispose candidamente il bambino.

Sherlock annuì lentamente e si chinò per posare un bacio fra i capelli del bambino prima che questi corresse via verso il divano, lasciandosi cadere accanto a Hope.

Il detective fissò i suoi figli per qualche istante, osservando le loro semplici interazioni con la stessa serenità che lo coglieva ogni volta che era con loro.

-Credi davvero sia la scelta più giusta portare i bambini?-si ritrovò a chiedere per l’ennesima volta prima di voltarsi verso John.

A quella domanda il dottore alzò lo sguardo al cielo e chiuse la borsa con un movimento brusco, mostrando così tutta la propria frustrazione.

-Lo so che abbiamo già fatto questo discorso, ma non voglio che vengano presi di mira o…-aggiunse ancora il moro.

-Dannazione Sherlock! Credi veramente che li metterei in una situazione a rischio?

E’ il Gay Pride, non una zona di guerra! Ok vedranno molte cose insolite, sono d’accordo, ma  marceremo insieme ad altre coppie con bambini e Greg verrà insieme a noi, quindi non hai nulla di cui preoccuparti-cercò di rassicurarlo ancora una volta John.

Sherlock fece un passo in avanti entrando in cucina, lanciando un nuovo sguardo ai bambini, completamente indifferenti alla conversazione dei due adulti.

-E’ proprio questo che non capisco! Perché partecipare a questa manifestazione quando io e te abbiamo sempre evitato che ci venisse affibbiata una qualsiasi etichetta.

Quante volte abbiamo rimandato indietro gli inviti dell’ARCI gay per fare da testimonial a qualche evento? Quante volte hai urlato al telefono perché un qualsiasi giornalista idiota correggesse il proprio articolo?

Noi non abbiamo mai avuto bisogno di nomi o etichette e non capisco perché tu ne senta improvvisamente il bisogno!-

John fissò per qualche secondo il volto ancora perfetto del compagno, malgrado l’avanzare dell’età, serrando i muscoli della mascella con forza.

-Hai ragione.

Io e te non abbiamo bisogno di nessun’etichetta per definire il nostro rapporto.

Siamo Sherlock e John. John e Sherlock.

Probabilmente lo saremo per il resto della vita.

Ma per tutti gli altri, noi siamo un’adorabile coppia gay con figli…Del resto è facile capire come possano essersi sbagliati visto che siamo insieme da cinque anni e non c’è mai stato nessun altro.

Quindi anche se noi abbiamo cercato in ogni modo di dare una definizione al nostro rapporto, ci hanno pensato le associazioni per i diritti gay i giornalisti, le mamme a scuola dei ragazzi, persino le commesse del Tesco, a farlo per noi.

 Quest’etichetta si rifletterà anche sulla vita dei bambini ed è per questo che io voglio essere lì in prima fila a marciare con le altre famiglie Sherlock...-

Quel concetto che finora era sembrato così oscuro ed incomprensibile ora divenne lampante, portando le labbra del moro a dischiudersi leggermente.

-Oh…-mormorò Sherlock.

John annuì.

-Voglio che i nostri figli siano fieri di noi e della nostra famiglia e che siano sempre pronti combattere contro le ingiustizie-concluse il dottore.

Fu grazie a quelle poche parole che Sherlock si ricordò uno dei motivi fondamentali per cui era innamorato di John da tutti questi anni così profondamente.

Il suono del citofono s’intromise fra di loro prima che uno dei due potesse aggiungere altro.

-Deve essere Greg- disse John avvicinandosi alla porta- Bambini è arrivato lo zio Greg!- annunciò con voce serena.

Uno scalpitio di piedi si mosse verso la porta in fremente attesa dell’ospite mentre Sherlock tornò a ripararsi nel proprio angolo fra la finestra e il leggio.

-Ehi mostriciattoli!!-la voce di Greg irruppe nel soggiorno pochi istanti dopo- Fatemi dare un’occhiata alle vostre magliette…Ma sono stupende!- commentò, un sorriso ben chiaro nella voce provocando la risata argentina di Hope.

-Siete pronti per andare?-domandò poi dopo qualche breve istante di silenzio( certamente impiegato per rivolgere uno sguardo alla figura ferma accanto alla finestra) a John.  

Il moro si voltò e fece un cenno con il capo all’ispettore, osservando poi mentre John controllava velocemente di aver preso tutto il necessario prima di uscire dalla cucina e avvicinarsi al mobile dove solitamente sistemava le proprie chiavi ed il portafogli.

-Possiamo arrivare fino a Marble Arch in macchina, poi da lì la strada è interrotta- li informò Greg.

Il dottore annuì.

-Bambini salutate dad!-disse poi prima di porgere entrambi i passeggini ripiegati e chiusi a Greg perché scendesse a metterli in macchina.

Hope e Hamish corsero ad abbracciare Sherlock aggrappandosi alle lunghe gambe dell’uomo, strappandogli un sorriso.

-Comportatevi bene-si raccomandò il moro, prima di rendersene conto.

I due bambini annuirono all’unisono e corsero via, seguendo lo zio Greg giù per le scale scendendo i gradini con estrema cautela e tenendosi per mano.

John si trattenne nell’appartamento pochi istanti incerto se tentare un’ultima volta a far cambiare idea al compagno oppure seguire i bambini e Greg giù in strada.

-Farai tardi…-commentò Sherlock, lo sguardo fisso negli occhi blu oceano del dottore.

John annuì, coprendo la breve distanza fra di loro per posare un piccolo bacio all’angolo destro della bocca di Sherlock prima di accennare un sorriso.

-Sarei stato l’uomo più invidiato di tutto il Gay Pride…-mormorò quasi parlando fra sé e sé.

Sherlock inarcò un sopracciglio a quelle parole pronto ad una battuta sarcastica, ma John si era già allontanato, avviandosi a passi veloci verso la porta dell’appartamento.

-Ti ho lasciato della lasagna in frigo.

Cerca di non far esplodere la casa!-gli disse prima di scendere velocemente le scale e richiudersi la porta d’ingresso principale alle spalle.

Facendo cadere l’appartamento nel silenzio.

 

__________________________

 

Dopo aver lasciato la macchina a Marble Arch, John Greg ed i bambini si erano uniti al gruppo di genitori dello stesso sesso con figli e avevano iniziato a camminare lungo Oxford Street circondati da gente vestita nei più stravaganti costumi, carri allegorici dove uomini semivestiti ballavano a ritmo di musica dance e tecno, e gente comune che aveva deciso di unirsi alla causa della comunità LGBT.

Durante il cammino John si ritrovò più volte ad arrossire quando un uomo attraente e per nulla preoccupato della presenza dei bambini gli aveva rivolto un sorriso o un’occhiata ammiccante.

Altre volte aveva dovuto allontanare l’insinuazione che lui e Greg fossero una coppia, dovendo così spiegare che il suo vero partner non era presente in quando impegnato altrove in un caso importante…Sempre meglio che dire la verità.

Deciso a godersi la “festa” John sistemò Hope sulle proprie spalle ed insieme improvvisarono qualche passo di danza al ritmo della musica che veniva sparata a tutto volume dagli altoparlanti, mentre Greg faceva lo stesso con Misha.

Nonostante le risate ed il divertimento inaspettato, però, John non riusciva a liberarsi di un pensiero costante e fastidioso nella propria mente.

Darei qualsiasi cosa perché Sherlock fosse qui.

-E’ davvero un peccato che quel testone abbia deciso di non venire-commentò Greg quando si fermarono accanto ad una panchina per permettere ai bambini di far merenda.

John alzò le spalle.

-A dire la verità i testoni sono due…-ribatté il biondo, porgendo un cracker dolce a Hope.

Greg alzò le spalle.

-Dopo tutti questi anni ho imparato quali sono le battaglie che posso vincere e quelle che invece sono già perse in partenza-rispose sincero il detective.

John accennò un sorriso.

-Cosa ha detto quando ha saputo che saresti venuto con me ed i bambini al Pride?-gli domandò ancora curioso.

-“Meglio tu che uno dei senzatetto così devoti a mio fratello…”-rispose Greg in una verosimile imitazione della voce di Mycroft.

John mugugnò riflettendo sulle parole dell’amico.

-Ad essere onesto credo che siano da qualche parte nascosti fra la folla, in modo da controllare che non succeda nulla a noi e ai bambini.

Senza contare poi le innumerevoli telecamere che si sono mosse durante il percorso al nostro passaggio-commentò indicando una telecamera di sorveglianza a pochi passi di distanza.

Greg alzò lo sguardo e sorrise, rivolgendo un gesto di saluto verso l’androide alzando poi le spalle incontrando lo sguardo divertito di John.

-Certi gesti diventando un’abitudine quando hai una relazione con un uomo impegnato ventiquattro ore al giorno come il mio…Alle volte è l’unico modo per dirsi “buongiorno” o “buonanotte”- commentò Greg.

-Oh povero…-lo prese bonariamente in giro John.

Prima che Greg potesse rispondere a tono alla provocazione dell’amico, un’ombra si fermò accanto a loro, portando John a girarsi leggermente verso sinistra, i muscoli in tensione per un possibile pericolo.

-A quanto pare ho interrotto un pic-nic…Ed io che credevo foste venuti a marciare per i diritti della comunità LGBT-disse una voce profonda di cui John conosceva tutte le sfumature.

Il biondo si voltò completamente verso sinistra trovandosi così faccia a faccia con Sherlock.

Il detective indossava, come al solito, un completo di alta sartoria sopra una camicia viola( da sempre la preferita di John), i capelli ricci erano ordinatamente sistemati con le varie lozioni costose che affollavano l’armadietto del bagno e due strisce arcobaleno erano ben evidenti sulle guance dell’uomo.

Un momento….Due strisce arcobaleno?

Un sorriso ironico apparve sulle labbra piene del detective quando capì che il compagno si era accorto di quel “piccolo ed insolito” particolare, portando John a sorridere a sua volta.

-DAD!- esclamò Hamish scendendo dal proprio passeggino e correndo incontro al moro per farsi prendere in braccio.

Sherlock gli sorrise e sollevò senza alcuno sforzo il bambino sistemandolo a cavalcioni sulle spalle, una mano sul ginocchio ossuto del piccolo per mantenerlo fermo.

Incapace di allontanare lo sguardo dal volto del compagno, John fece un passo in avanti, diminuendo la distanza fra di loro, finché non gli bastò un lieve gesto del capo per avvicinare il viso a quello di Sherlock per far incontrare le loro labbra.

Consapevole della presenza di Misha sulle spalle dell’uomo e della presenza di Hope e Greg accanto a sé, John accarezzò brevemente le labbra piene del moro prima di staccarsi e incontrare i suoi occhi azzurro ghiaccio.

-Nonostante tutti questi anni sei ancora una sorpresa William…-mormorò in modo che soltanto il detective riuscisse a sentirlo.

Sherlock ghignò.

-Faccio del mio meglio-gli disse con una punta d’arroganza nella voce che fece ridacchiare John- Sono ancora convinto che la mia presenza qui non sia necessaria.

Ma tu sei qui  e, come hai detto tu, noi siamo Sherlock e John-disse come se quelle poche parole bastassero a spiegare la sua presenza lì.

John sorrise ed annuì: malgrado le sue idee contrarie a quella manifestazione di cui non si sentiva parte integrante, Sherlock era lì per Hamish e Hope perché avrebbe fatto di tutto per evitare che fossero presi di mira da ragazzini ignoranti che ritenevano la loro famiglia sbagliata o innaturale; Sherlock era lì per evitare che i loro figli si sentissero in imbarazzo per qualcosa di normale e bellissimo come l’amore che John sentiva in quel momento per Sherlock, perché un giorno di fronte alle ingiustizie fossero pronti a combattere con tutte le loro forze.

Erano gesti come quello che lasciavano John senza fiato e gli mostravano quanta strada avesse fatto il detective da quel primo incontro in un laboratorio d’analisi del Bart’s Hospital.

Guidato dall’istinto, John posò un altro bacio sulle labbra dischiuse del compagno prima di rivolgere un sorriso ai due paia di occhi azzurro ghiaccio che lo fissavano sorridenti.

-Pronti a rimettervi in marcia?-domandò al gruppo.

Sistemandosi accanto a Sherlock strinse le mani sui manici del passeggino di Hope e si concesse un lieve sorriso quando notò la pacca sulla spalla che Greg riservò a Sherlock in segno d’approvazione e d’amicizia.

Avevano fatto soltanto un paio di passi quando un pensiero improvviso attraversò la mente di John.

-Ah proposito…Come hai fatto a trovarci in mezzo a tutta questa gente?-domandò voltandosi leggermente verso Sherlock.

Il moro ghignò.

-Ovvio-disse indicando con un gesto del capo le telecamere di sorveglianza- Se poi Graham si mette a salutare alle telecamere è un’impresa quasi elementare…-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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