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Autore: Pandora86    10/06/2014    4 recensioni
Hanamichi ha finito la riabilitazione ma una nuova sfida lo attende: quella con il suo vero volto.
Ma non sarà solo; ad accompagnarlo ci sarà l’onnipresente Yohei che, nel frattempo, si troverà alle prese con la domanda più importante: cos’è l’amore?
Ultima parte de “Il tuo vero volto”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite e ricordate!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
 
Capitolo 13. La controparte.
 

“Sembra che le cose vadano per le lunghe!” esclamò Sendoh, dopo qualche minuto di silenzio.

Erano fuori dal bar da circa quaranta minuti e sembrava che né Sakuragi, né la ragazza, fossero intenzionati a uscire tanto presto.

“Spero che Hanamichi non le stia raccontando tutta la sua discendenza” sbuffò Mito seccato.

Sapeva quanto potesse essere logorroico il suo amico, ma quello che più lo infastidiva era il fatto che le parole che Hanamichi avrebbe potuto pronunciare correvano il rischio di non essere capite.

Inoltre, più tempo passava, più i sospetti che Haruko venisse a sapere più cose del dovuto si concretizzavano.

“Non mi hai ancora detto quali verità scioccanti potrebbero essere rivelate” insistette nuovamente Sendoh.

Yohei sembrava essere ancora più disponibile dopo il loro ultimo scambio di idee, quindi, perché non approfittarne?

Mito sbuffò ma poi sorrise.

“Sei insistente” affermò, con un finto cipiglio contrariato.

“Me lo hai già detto” ghignò Sendoh di rimando.

Mito sospirò e si arrese a spiegare.

“Devi sapere che Hanamichi non ha fatto altro che farle la corte, da quando è iniziato l’anno scolastico” incominciò.

“Aggiungo, però, che se ne sono accorti tutti tranne lei”.

“Ma non gli interessava Rukawa?” chiese Sendoh interessato.

Il numero dieci dello Shohoku era sempre una fonte di sorprese per lui, sia su un campo da gioco sia nella vita privata.

E quell’alone di mistero che circondava Sakuragi incominciava a incuriosirlo non poco.

Sospettava inoltre che il suo carattere non fosse così semplice come in realtà appariva e, per averne la prova, bastava considerare chi avesse scelto come migliore amico.

“Infatti!” gli confermò Mito, strappandolo dalle sue riflessioni.

“Ma non tutti sono in grado di accettare quello che sono. Non all’inizio almeno!” concluse Yohei, sapendo che Sendoh avrebbe capito al volo a cosa si riferisse.

E, infatti, il giocatore annuì di rimando, riflettendo sulle parole di Mito.

Sakuragi doveva essere una mente non poco contorta.

Ma, se voleva chiarire con la ragazza, come gli sembrava di aver capito, aveva comunque un animo buono, visto e considerato che, a detta di Yohei, lei non se ne era mai minimamente accorta.

Decise di approfittare della direzione che aveva preso il discorso, per approfondire anche un po’ il passato di Yohei in quel senso.

“E tu, invece?” domandò.

“Non mi sembra abbia avuto problemi ad accettare la cosa” disse ancora.

“Infatti, non è quello il problema” fu la lapidaria risposta di Yohei.

Sendoh ridacchiò.

“Già, non è per quello che scappi da me!” affermò sicuro.

“Io non scappo da te” ci tenne a precisare Mito.

“Infatti” confermò Sendoh a sua volta.

“Tu scappi dalle persone in generale” costatò, centrando perfettamente il punto.

“Ma come hai preso la cosa?” indagò ancora.

“Come avrei dovuto prenderla, visto che ho mosso mari e monti per par mettere insieme
Rukawa e Hanamichi?” gli fece il verso Yohei.

“Quindi, lo sapevi già” affermò ancora il giocatore.

“Sapere cosa?” domandò Yohei con il tono di chi si appresta a esalare l’ultimo respiro.

“Da che lato pendevano i tuoi gusti!” gli chiarì Sendoh.

“E invece no!” ci tenne a correggerlo Yohei, guardandolo storto.

Sendoh lo guardò sorpreso.

Quella sì che era una scoperta. Cioè, da un lato lo aveva sempre sospettato però, averne la conferma diretta, era tutt’altra cosa.

“Vuoi dire che…” e si interruppe, non sapendo bene come continuare.

“Nessuno ha mai destato il mio interesse, né ragazzo, né ragazza” completò per lui la frase Yohei.

“E poi, avevo leggermente altro a cui pensare” ci tenne ad aggiungere.

Sendoh annuì sorridendo appena.

“Quindi, io sono l’eccezione” sussurrò, prendendo la mano dell’altro.

“Vedi di non dare niente per scontato!” esclamò acido Mito, smentendo però il suo tono con i gesti, mentre le dita andavano a stringersi con quelle del giocatore.

“Non ci penso proprio” affermò Sendoh convinto, andando a rafforzare la presa intorno alla mano di Mito.

Quella nuova alleanza non poteva che renderlo felice.

Non avevano ancora parlato della notte passata insieme, ma poco importava. Sendoh sapeva che ce ne sarebbe stato il tempo.

Inoltre, il fatto che fosse lì, con Yohei, a districare quella complicata matassa che aveva creato
Sakuragi in pochi mesi di scuola, valeva molto più di mille notti passate assieme.

Perché, se quando erano stati insieme Mito gli aveva concesso il suo corpo, e parte del suo cuore con quell’ammissione incerta, essere lì con lui significava che Mito divideva con lui i suoi problemi, accettandolo nella quotidianità.

Per cui, andava bene così, valutò il numero sette mentre aspettava in silenzio.

“Oh!” esclamò Sendoh dopo qualche minuto.

“Sakuragi è uscito” disse ancora, alzandosi.

Quando vide che Yohei non faceva lo stesso, lo guardò perplesso.

“Non siamo venuti qui per Sakuragi?” domandò e Mito, in risposta, ghignò.

“No, direi proprio di no!” esclamò Yohei, sorridendo furbo.

“Non è lui che aspettiamo” disse, non aggiungendo più nulla e Sendoh non faticò a intuire i suoi pensieri.

Aveva, infatti, riconosciuto quell’espressione: era la stessa che aveva visto ad agosto, quando Yohei si apprestava a cacciare fuori gli artigli in difesa del suo migliore amico.

Si sedette, ansioso di conoscere le prossime mosse dell’altro e promettendo a se stesso che, se ce ne fosse stata la possibilità, avrebbe aiutato il suo ragazzo come meglio poteva.

Mosse che gli furono chiare appena qualche istante dopo, quando la ragazza uscì dal bar.

La conferma, stava nel fatto che il ghigno di Yohei era ricomparso, e stavolta più cattivo che mai.

Strinse con forza la mano di Mito, facendogli capire, in quella stretta, che lo avrebbe appoggiato.

Yohei gli sorrise, in risposta, e poi si alzò interrompendo il contatto fra le loro mani.

E Sendoh si apprestò ad ammirare uno dei tanti atteggiamenti del suo, finalmente, ragazzo: quello da pericoloso teppista.

Sapeva che Yohei non avrebbe mai fatto del male alla ragazza. Tuttavia, sapeva anche quanti problemi potesse procurare il fastidioso ciarlare delle ragazzine.

Forse, con le parole giuste e una buona dose di paura, la ragazza avrebbe tenuto la bocca chiusa su quello che Sakuragi le aveva rivelato.

Sì, Sendoh era sicuro di questo: Yohei voleva solo parlarle e quindi capire che intenzioni avesse nei confronti di Sakuragi.

E, di certo, ricordarle anche che sarebbe stato poco opportuno confidarsi con le sue amiche, cosa strettamente probabile nelle liceali.

Erano questi i pensieri di Sendoh mentre camminava accanto al silenzioso Yohei che, con le mani in tasca, seguiva la ragazza tenendosi a una decina di metri di distanza.

A un certo punto, Yohei interruppe i suoi passi, facendogli cenno di seguirlo in un posto da cui sarebbero stati poco visibili.

Sendoh lo seguì con sguardo interrogativo, notando che l’espressione di Yohei era mutata: da minacciosa, era ora divertita.

Passò qualche istante, e poi il numero sette capì il perché di quei movimenti.

Vide una figura avvicinarsi alla ragazza, rivolgendo uno sguardo crucciato verso Mito che ridacchiava silenziosamente.

Sorrise a sua volta, apprestandosi a seguire i nuovi sviluppi venutisi a creare.
 

***
 

Hanamichi rientrò piano, guardandosi attorno e notando quanto silenziosa fosse la casa.

Si stupì non poco notando che Rukawa non era in casa.

Forse, valutò, era andato a fare due tiri per ingannare l’attesa del suo ritorno.

Si sedette sul divano congiungendo le mani e riflettendo sugli avvenimenti.

Guardò il telefono, sperando che passassero presto le ore.

Sapeva che Yohei non sarebbe stato a casa a quell’ora, visto e considerato che si era appostato fuori dal bar dove aveva invitato Haruko.

Era sempre così, fra loro, pronti a guardarsi le spalle uno con l’altro, sempre all’erta in attesa di chissà quale pericolo.

Quello che lo aveva stupito era però la presenza del porcospino.

D’altro canto, impossibile non notarlo, con quella capigliatura assurda.

In cuor suo sorrise felice.

Mito meritava una persona del genere, e non provava nessun fastidio nel fatto che anche Sendoh fosse rientrato nei casini che lui stesso aveva creato in soli pochi mesi di scuola.

Se solo fosse stato più chiaro, almeno con se stesso.

Ma oramai era inutile.

Guardò il telefono, ansioso di conoscere come fossero andate le cose a Yohei, ben sapendo quanto il suo amico potesse essere persuasivo.

Sperò, tuttavia, che non ce ne fosse bisogno.

Guardò il telefono, sperando che Rukawa rientrasse presto dal suo allenamento pomeridiano.

Che rientrasse presto e che si sedesse accanto a lui, offrendogli la sua spalla, come era avvenuto mesi addietro nella sua catapecchia quando, non sopportando il dolore, aveva poggiato la fronte sulla spalla del numero undici in cerca di un sostegno.

Guardò il telefono e strinse fra le mani la felpa che Rukawa aveva lasciato in giro sperando che, con quel pezzo di stoffa a contatto con la sua pelle, si sarebbe sentito meno solo.

Tuttavia, in cuor suo, era sereno perché finalmente sapeva di aver fatto la cosa giusta.
 

***
 

“Tu?” balbettò Haruko incerta, arrossendo all’istante e poi chinando il capo.

Patetica.

Fu questo il pensiero che attraversò la mente nella figura che l’aveva avvicinata e che ora la guardava sprezzante.

“Che – che coincidenza!” balbettò Haruko, giocherellando con l’orlo della sua gonna.

“Tzè” fu la sprezzante risposta della persona, che aveva alzato leggermente il labbro con fare disgustato.

“Gli idioti credono alle coincidenze” disse con tono volutamente cattivo, e fu allora che la ragazza alzò, sorpresa, lo sguardo verso di lui.

“Eh- ehm – io non capisco!” sorrise incerta Haruko avendo, per la prima volta, la possibilità di osservare così da vicino il suo idolo.

Perché lei, nonostante fosse innamorata persa, quasi mai gli aveva rivolto la parola.

Mai aveva osservato i suoi occhi, mai aveva ascoltato la sua voce così da vicino.

In sostanza, oltre l’estetica, non conosceva nulla della persona che le stava di fronte.

E, anche sull’aspetto, non poteva di certo dire di conoscerlo a menadito, perché mai lo aveva avuto così vicino per più di qualche istante.

“Cosa ti ha detto?” andò dritto al punto Rukawa, senza mezzi termini e non curandosi di apparire scortese.

“Chi?” domandò stupidamente Haruko.

Rukawa sbuffò con disappunto, trattenendosi dal darle ancora dell’idiota.

In fondo, era la sorella del capitano ma, soprattutto, era la ragazza cui Hanamichi teneva.

Si sforzò quindi di essere più chiaro, non trattenendosi però dallo scandire le parole come se avesse davanti una persona un po’ tarda.

“Cosa – ti – ha – detto – Hanamichi?” chiese lentamente, inclinando il capo da un lato.

Haruko sbarrò gli occhi, sorpresa.

“Come lo sai?” domandò, riuscendo a non balbettare.

Rukawa sbuffò ancora.

Si era ripromesso di usare un minimo di tatto.

C’era da dire che però lui non era così ingenuo come il suo do’hao.

O forse, era più corretto dire che lui non era così buono come Hanamichi.

Perché lì la questione era evidente, anche se il do’hao non l’aveva mai capito e Rukawa aveva sempre omesso la cosa.

L’aveva omessa per non disilludere Hanamichi sulla bontà d’animo della ragazza.

In sostanza però, Rukawa non l’aveva mai sopportata e non perché Hanamichi le faceva la corte.

Anche quando pensava fosse etero, non era questo a infastidirlo della ragazza.

Quello che realmente non sopportava della stupida che aveva dinanzi, era la sua finta ingenuità, che andava bene per Hanamichi, ma che di certo non poteva trarre in inganno lui.

Perché lei sapeva.

Sì, Rukawa ne era certo. Si sarebbe giocato tranquillamente una mano su questo.

Lei sapeva che Hanamichi le faceva la corte e aveva sempre fatto finta di niente.

Non lo aveva accettato, non lo aveva rifiutato ma lo aveva lasciato in sospeso.

E se c’era una cosa che Rukawa proprio non sopportava, erano le questioni che non venivano risolte.

Spesso, nei mesi addietro, quando si poteva solo limitare a osservare il do’hao, si era sempre domandato perché lei non lo mandasse definitivamente al diavolo.

La loro manager era stata, ad esempio, chiara con Ryota e si vedeva lontano un miglio quanto fosse interessata ad Akagi.

Rukawa non aveva dubbi che il play maker l’avrebbe prima o poi conquistata, ma ci voleva comunque del tempo.

La Akagi, invece, no!

E Rukawa, che credeva il do’hao realmente innamorato, in cuor suo soffriva per quell’atteggiamento così strafottente camuffato però da un aspetto angelico e da una parolina gentile.

In sostanza, lui vedeva la ragazza come un’abile burattinaia e non sopportava che giocasse così sfacciatamente con i fili del cuore del suo do’hao.

Poi, la risposta per quell’atteggiamento gli era venuta settimane dopo, quando gli era capitato di ripensare al momentaneo allontanamento di Hanamichi dalla squadra, dopo poco che giocava.

Lei aveva sempre visto il talento di Hanamichi e sapeva che rimaneva in squadra per lei.

Che splendida occasione per fornire al fratello dei validi elementi alla squadra.

E, di conseguenza, Rukawa l’aveva inserita nella lista nera.

“Come lo sai?” la voce di Haruko lo riscosse dalle sue riflessioni.

E fu allora che Rukawa si decise a renderle pan per focaccia la sofferenza che aveva causato a lui, con il suo atteggiamento.

Sorrise, ma non era un sorriso benevolo. Era più un piegamento di labbra molto, molto sarcastico.

“Tzè” parlò con un tono di voce che risultasse chiaro e deciso in modo da non ripetere quanto stava per dire.

“Un po’ difficile che non lo sappia” e si prese un istante di pausa prima di continuare, facendo sì che in questo modo che il concetto venisse assimilato.

“Visto che è il mio ragazzo!”.
 

Continua…
 

Note:
 

Bene! Siamo arrivati al penultimo capitolo della fic.

Non ho molto da dire, se non una piccola precisazione.

L’ultima parte, quella riguardante Haruko, è interamente pensata da Rukawa con l’idea che si è fatto il numero undici della ragazza.

Nello capitolo precedente, anche Mito parla di lei, esprimendo un punto di vista differente.

Lo stesso fa Hanamichi, né “Il tuo vero volto”, dove esprime un punto di vista ancora diverso.

La cosa è voluta; ho cercato, infatti, di immedesimarmi nei personaggi cercando di esprimere il loro pensiero, che ovviamente non poteva essere uguale, su Haruko.

Spero di esserci riuscita.

Come sempre, attendo i vostri commenti.

Nel frattempo, vi do appuntamento a martedì prossimo con l’ultimo capitolo e ringrazio, come sempre, chi è giunto fin qui.

Pandora86
  
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