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Autore: WhiteMistake    10/06/2014    3 recensioni
- La supernova avrebbe sancito la fine di tutto e l'inizio di un nuovo cammino. -
"Le Pretty Cure 5 torneranno in azione per proteggere il mondo da un antico male risvegliato dopo secoli, che minaccia di conquistare l'universo stesso."
"Tutto ciò in cui credevano sarà messo a repentaglio, il male vero non l'hanno ancora visto."
White is back!
Perdonatemi già adesso per eventuali errori, era da troppo, troppo che non scrivevo.
White
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karen Minatsuki/Cure Aqua, Komachi Akimoto/Cure Mint, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Nebulosa di Cristallo
 
Prologo:
 
La fatica lo stava consumando.
La pioggia, la grandine ed il vento lo stavano per abbattere.
Il sangue colava lentamente dalle dita e dalle nocche, dal naso e dalle tempie; lunghe strisce rossastre si allungavano lungo la sua schiena, cicatrici antiche, raffiguranti un passato violento.
Ma Kyriakos era cambiato, si era ribellato agli ideali malvagi, si era liberato del suo oscuro passato, quindi doveva porre fine al dominio del demone, doveva in qualche modo scusarsi per tutto il male che era stato costretto a compiere.
Così, a mani nude, scalava l’Olimpo, roccia dopo roccia, pietra dopo pietra; sotto di lui si estendevano da una parte la Tessaglia e dall’altra la Macedonia.
Un paesaggio incantevole, certo, se non fosse stato per il clima perverso e per quell’orribile sensazione di vertigine che lo stava attanagliando, provocandogli forti giramenti di testa.
Però doveva farcela, la cima del monte era il suo obiettivo e lui l’avrebbe raggiunta, ad ogni costo.
 
Dai tempi della Guerra del Peloponneso, in Grecia, non si erano verificati dei simili massacri, le Polis avevano ricominciato a combattere fra di loro, ma con una furia innaturale, quasi cieca.
Atene, Sparta, Micene, Argo, Corinto; tutte le città-stato avevano dichiarato guerra alla prossima, tutti i comandanti erano stati assaliti dalla foga nel guidare il proprio esercito alla vittoria, tutti, compreso Kyriakos.
Quella violenza così sadica, così diretta, non era altro che opera del Vuoto, uno dei figli del dio della guerra, Ares.
Infondendo la propria malvagità nei cuori dei greci aveva preso controllo di loro, così facendo li aveva messi gli uni contro gli altri in modo da poter creare un diversivo per il suo piano.
Approfittando della situazione che si era creata, infatti, il demone era sceso nelle profondità del Tartaro liberando i maggiori nemici dell’Olimpo, coloro che già una volta ebbero tentato di conquistarlo, invano: i Titani.
Con i Titani al proprio fianco non c’era voluto molto per sottomettere l’Olimpo; gli Dei, stremati dalla fatica nel placare gli animi degli umani, non avevano più potere per respingere gli invasori, così erano stati sconfitti ed imprigionati, internati nell’oscurità dell’Oltretomba.
Tutto sembrava perduto.
Kyriakos però, cresciuto sotto il culto del dio Ares, era stato avvertito telepaticamente da quest’ultimo e, nonostante l’influenza del demone fosse estremamente potente, alla fine ebbe la volontà di riuscire a liberarsi.
Ma pagò un prezzo molto alto.
Durante la guerra era stato assalito da una furia così corrosiva che lo aveva portato ad uccidere sua moglie e sua figlia, insieme a tutti i suoi amici più cari; il dolore che provò appena apprese di questa notizia fu come una lancia in mezzo al cuore; però le lacrime che sgorgarono dal volto dell’uomo si tramutarono in breve in sogni di vendetta.
Sangue chiama sangue, e Kyriakos decise che il Vuoto avrebbe pagato con la vita per quello che era successo.
 
Ancora pochi metri e avrebbe raggiunto la cima.
In bocca sentiva il sapore dell’acqua piovana, della bile e del sangue, provocandogli così dei forti conati di vomito, ma Kyriakos strinse i denti e proseguì; mancava poco, così poco.
Ad un tratto la roccia si sgretolò ed il giovane perse l’appoggio, sentì un brivido percorrergli lungo la schiena, eppure con la mano sinistra rimase attaccato alla nuda pietra.
“Merda.” Sospirò incredulo.
Tirò su la destra cercando un appiglio ma, proprio in quel momento, vide qualcuno sulla cima del monte che lo scrutava da pochi metri di distanza.
Il viso era oscurato dal buio della tempesta quindi non poteva vedere i lineamenti della persona, eppure, a prima vista, sembrava umano, probabilmente un greco.
“Kyriakos.” Disse la figura “Non pensavo riuscissi veramente a scalare l’Olimpo.”
La voce gli era familiare, fin troppo familiare, provò a deglutire ma si sentì la gola serrata.
“Non è ancora giunto il momento di dichiarare battaglia al demone.” Disse lo sconosciuto “Adesso ci devo pensare io, il Vuoto sarà sigillato insieme a me in un luogo molto lontano, oltre gli astri più reconditi dell’universo. Una volta che sarà imprigionato i Titani perderanno il loro potere e verranno nuovamente internati nei meandri del Tartaro. Per il momento tutto tornerà come prima, e così resterà per diversi secoli.” Fece una breve pausa poi riprese il discorso “Kyriakos, devi essere consapevole che il Vuoto tornerà prima o poi, stanne certo che ci riuscirà. Ma tu, tu sei la chiave per fermarlo.”
“A… Avraam, sei tu?” Domandò con un filo di voce il giovane, che fino ad allora era rimasto incredulo nel sentire questi discorsi.
“Tu sei la chiave Kyriakos, rimani nell’oscurità dello spazio a vegliare, quando sarà il momento tu risorgerai, come la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, come la nebulosa nata dalle polveri intenta nel formare una nuova stella.” Proseguì l’uomo sconosciuto “Ricordati queste parole… Fratello.”
“Avraam! Ne ero certo, allora sei davvero tu! Ma, insomma… Eri morto! Fermo, fratello, non andare, spiegami…”
Pronunciate quelle parole si sentì mancare, le mani, ormai scivolose a causa del sangue e del sudore, mollarono la presa ed egli cadde nel nulla.
Intorno a lui la Tessaglia e la Macedonia scomparvero, al loro posto rimase solo il buio, lo spazio infinito dell’universo, bellissimo e terribile allo stesso tempo.
Cercò di rimanere con gli occhi aperti per capire cosa gli stesse succedendo ma non ce la fece, le palpebre si fecero sempre più pesanti fino a quando, ancora in preda alla caduta, si addormentò per un lungo sonno.
Un sonno che sarebbe durato anni ed anni, un sonno circondato solo dall’oscurità e dal silenzio.
  
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