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Autore: Athenae    10/06/2014    2 recensioni
Un amore non corrisposto.
Una gelosia irruenta.
Un'amicizia in pericolo.
Cosa può accadere quando vediamo l'oggetto dei nostri desideri allontanarsi?
Otsubo si ritroverà a doversi scontrare con sè stesso, nel nome di un sentimento che tiene nascosto e che, adesso, non può più celare.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Kiyoshi Miyaji, Taisuke Ootsubo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1460 Days
 
Baciami.

Baciami adesso, subito.

Siamo così vicini che sento il tuo cuore battere allo stesso ritmo del mio, una corsa pazza, ma per motivi palesemente divergenti.

Tutto quello che sono in grado di fare è osservare le tue labbra muoversi fluidamente mentre parli di cose totalmente superflue, di cui posso fare a meno.

 Sono carnose e danno l’idea di essere morbide e succose come le ciliegie a cui hanno rubato il colore, un rosso intenso e uniforme. Hanno una forma delicata, il labbro superiore è più sottile e scuro dell’inferiore e sembrano quasi dipinte da un pittore esperto: il tratto è semplice e sicuro, delineato con maestria.

Baciami, chiedo solo questo.

Un attimo solo, anche sfiorarci appena.

O forse dovrei essere io a provare, tentare? E se andasse tutto a monte? La nostra amicizia costruita negli anni che abbiamo passato insieme, in questa scuola, ne risentirebbe di certo.

Come mi guarderesti? I tuoi occhi ora furiosi, ora colmi di una gentilezza malcelata e che, forse, solo io riesco a riconoscere in poco tempo.          
Quegli occhi scuri, illuminati da una luce misteriosa, mi accuserebbero del peccato di cui sono colpevole?                                                         
Della lussuria che provo per te, Kiyoshi, mio compagno di squadra e amico ma, soprattutto, un uomo?


Non riesco neanche a capirne il perché, non ho mai avuto queste inclinazioni eppure tu, che adesso ti lamenti di Midorima e Takao che hai scovato ad amoreggiare nello spogliatoio dove adesso ci siamo solo noi, non puoi capire quello che provo e non senti il desiderio che mi sta divorando come ogni volta che sono costretto a starti accanto per un lungo periodo di tempo.

Trattenersi è arduo ma le unghie che penetrano nei mei palmi provocano un dolore che riesce a placare i miei istinti, almeno un po’.

Ultimamente sto peggiorando.

Sono un animale, patetico.

“Il capitano del grande Shutoku, Taisuke Otsubo, non ha più orgoglio né dignità” figurerebbe bene come titolo di copertina del giornalino della scuola, penso.

Mi hai portato via tutto, hai tirato fuori la parte peggiore di me, qualcosa che non riesco a controllare.

Intanto continui con il tuo discorso mentre le mie risposte alle tue imprecazioni non sono altro che cenni del capo e piccoli monosillabi, ogni tanto pronuncio qualche frase spezzata, segno che ormai il mio cervello è completamente disconnesso.

Ti assecondo mentre i miei occhi tornano ad essere rapiti da quelle labbra che tormenti con i denti, tra una riflessione e l’altra, immagino che quei denti siano i miei e che io sia l’artefice del rossore più cupo che adesso le colora.

Vivo della mia immaginazione, sogno, fantastico… chi mai sono diventato? Un drogato senza sollievo, in perenne astinenza dal suo stupefacente preferito.
 
<< Otsubo! Mi stai ascoltando, dannazione!? >>

Urli, infastidito, trascinandomi con i piedi a terra mentre io ti guardo, rendendomi conto di quanto possa essere idiota la mia espressione di adesso dallo sguardo irritato che mi rivolgi.

<< Uh…? Sì! Sì! … dobbiamo punire i kohai per il loro comportamento indecente.. >>

Ripeto, spaesato, ancora perso in quella fantasia troppo vivida e sorrido cercando di essere convincente.

Mi guardi, sei palesemente arrabbiato ma sono così sciocco da trovare anche queste tue espressioni adorabili… la mia malattia deve essere davvero grave.

<< Neanche con te si riesce più a parlare! Mi chiedo cosa accadrà l’anno prossimo quando saranno da soli in squadra! Non ho intenzione di lasciare in eredità alla scuola un “gay-basketball-club”! Perdo anche tempo a parlare e non mi ascolti! E poi sei tu il capitano, dove hai la testa in questi giorni??  >>

Urli, sento della preoccupazione nella tua voce o sbaglio? Sei in ansia solo per il club? O anche per me? Possibile? Oh… Miyaji, non puoi fare così, mi illudo … mi illudi, uccidi quello che ancora rimane di me… Sono tuo.

Mi schiarisco la voce, tossicchiando, devo riuscire a recuperare l’apparenza del forte capitano cioè quella fama di uomo giusto e deciso che mi sono guadagnato ai tuoi occhi, alzo i miei facendo incatenare i nostri sguardi mentre tu sei fermo di fronte a me.

<< Calma Miyaji, capisco quello di cui stai parlando ma, in fondo, non creano alcun disturbo. Non hanno mai fatto nulla del genere in campo e sai meglio di me che quest’anno sono maturati in modo quasi incredibile: Midorima ha finalmente capito di far parte di una squadra, una famiglia, e Takao sta trovando il suo modo di crescere. Abbiamo fatto tutti un ottimo lavoro. >>

Dico, ed è quello che penso; mi sento pienamente soddisfatto e sono tranquillo per quanto riguarda la squadra che si è venuta a formare e che presto entrambi abbandoneremo. Poi ti vedo e capisco tutto. Molte cose non quadrano in questo tuo comportamento e in cuor mio mai avrei voluto indagare su quello stato d’animo così pericoloso, ma ormai la domanda sorge spontanea:

<< Oppure il problema che ti tortura è un altro? >>  la mia voce si fa insolitamente grave, ti guardo con una serietà che per indulgenza ti ho sempre risparmiato mentre sento la rabbia e l’agitazione crescere e divorare l’ultima parte ancora integra di me stesso.

<< Che diavolo stai dicendo???? Quei due…non che io abbia qualcosa in contrario… ma Takao, poi! NON USARE QUEL TONO CON ME! >>

Scacco matto.

Jackpot.

Scrolli le spalle, sbraitando con le gote ormai tinte di un colore rosso intenso mentre scosti lo sguardo dal  mio. Non sei furioso, sei imbarazzato. Nascondi i tuoi occhi che sono come due grandi specchi dorati della tua anima per impedirmi di leggere quello che non vuoi ammettere e che forse celi da molto tempo

Ma per quanto tu possa essere schivo, forse eccessivo nelle reazioni e facilmente fraintendibile io ho sempre saputo interpretarti e, adesso, la verità mi appare nuda e orribile davanti agli occhi. Ti ho scoperto.

Takao. Quel ragazzino era il vero motore scatenante di tutto, ciò che ti aveva infuocato e il cui nome era riuscito a placarti facendo calare un silenzio ingombrante attorno a noi.

<< Takao? >>  incito. Non è da me e lo so, ma quello che provo nei confronti della stupenda quanto ingenua e testarda creatura che ho davanti è troppo forte per permettermi di sorvolare di fronte a questa rivelazione scomoda. Non lascerò perdere così facilmente, non vogllio vederti scivolare via dalle mie mani come della sabbia sfuggente.

Mi guardi perplesso, una nuova espressione su quel volto delicato ma dalle espressioni così decise. Incredibile: non sai che dire, come evitare il discorso.

I miei dubbi sono ormai certezze e sento il mio petto privo di qualsiasi battito per qualche secondo, il cervello è sconnesso, un sapore amaro pervade la bocca e perdo sensibilità in ogni dove.

Lui ti piace, è impossibile non notarlo.

E tutti i pezzi del puzzle cominciano a combaciare, scommetto che oggi tu hai provato le stesse sensazioni che hanno attanagliato il mio corpo in questo momento. Gelosia allo stato puro.

Perché Kazunari? Non riesco ad accettarlo. “C’ero prima io” penso, egoisticamente. Si è mai sentito parlare di una precedenza in amore? Non credo proprio, anzi, forse è proprio il contrario e non esiste nulla di meno prevedibile che questo sentimento pazzo e spietato.

Tu sei libero, libero di desiderare chi tu voglia, sono io ad essere schiavo di una passione irrealizzabile.

<< Non è nulla che ti riguardi! >> sbotti, infine.

Un dolore lancinante mi perfora lo stomaco. È questo quello che credi, Kiyoshi?

<< Ti sbagli. >> mi avvicino a te, basta, ho superato il limite di umana sopportazione e le tue parole mi hanno dilaniato nel profondo.

 
Tre anni senza dire nulla sono troppi.

Tre anni di supplizio.

Tre anni in cui mi sono dovuto nascondere dietro alla facciata del Taisuke che volevi farmi essere.


 
<< Non capisco… >> mormori confuso, stupito, e osservi un me che non sembri riconoscere.

Ma il tuo incanto non fa altro che crescere nel momento in cui ti ritrovi nella mia trappola, ho poggiato una mano sull’armadietto che avevi dietro la schiena e dove ti ho guidato con i miei passi serrati. Afferro un tuo polso tra le dita: è così sottile, proprio come immaginavo, e la tua pelle è liscia come una pesca matura.

Il tuo battito accelera e lo sento da sotto quel sottile strato di epidermide che copre la parte del tuo corpo che stringo sempre con maggiore forza. Sembro un matto ma non mi importa: il solo pensiero di aver scatenato delle reazioni simili in te in fondo non mi dispiace… possano esse essere di agitazione o paura.
<< Dico che sono affari miei eccome, Miyaji. >> affermo e devo spaventarti davvero da come tendi i muscoli e spalanchi le palpebre. << Non riesci proprio a capire? >>  chiedo calcando ogni singola sillaba che pronuncio, nel disperato tentativo di farti giungere il messaggio che ti cerco di inviare da anni.

Schiudi le labbra, perplesso.

<< Cosa dovrei capire?? >> alzi la voce << Otsubo, dannazione, lasciami! Mi fai male! >> ringhi, divincolandoti, ma si sente fin troppo la differenza di stazza tra noi due e mi appari come un debole uccellino che cerca di divincolarsi dalle grinfie di un predatore affamato.

No, non ti lascerò andare, non adesso. Devo trovare il modo di farti capire, di spiegarmi.

Il sangue affluisce violentemente in ogni parte del mio essere, il cuore riprende a tambureggiare con nuova enfasi sullo sterno e le viscere continuano a rodere grazie all’acido della gelosia.

Non ragiono.

Non riesco ad immaginare tu e lui insieme, tu che desideri toccarlo come io vorrei fare con te. “Sono così sbagliato?” è il quesito che mi pongo automaticamente.

Ignorare non  mi è più possibile.
 
<< Kiyoshi, perdonami… >> sussurro in un momento di lucidità, per poi abbandonarmi all’istinto.

Mi curvo, sollevo il tuo viso e ti lascio la mano libera … anche di colpirmi. Ma cosa può farmi più male di tutte quelle volte che ti ho visto uscire con delle ragazze ed ho ascoltato i tuoi resoconti?

Sei sbigottito e già anticipi quello che sta per avvenire. Il tempo sembra sospeso tra un respiro e l’altro, sono privato dell’udito mentre il tatto si affina.

Trattengo ogni pensiero.

È questione di un attimo.
 
Le mie labbra sono sulle tue, ne assaporano la dolcezza che sconfina nell’impossibile. Ambrosia, morbido piacere che ormai pensavo mi fosse proibito e forse lo è, ma ciò non crea che altro desiderio in me. Il senso di appagamento non è  che lontanamente paragonabile a quello che si potrebbe provare, dopo giorni di desolazione in un deserto cocente, nello giungere ad un’oasi con una sorgente di acqua fresca.

Una febbre sconosciuta arde il mio corpo, tu sei immobile, di pietra: troppo sconvolto per sottrarti a queste avances prepotenti. Tutto a mio vantaggio.

Questa è l’occasione che aspettavo, l’unico momento di egoismo in cos’ tanto tempo di dedizione agli altri.

Aumento la pressione della mia bocca, disegno i contorni della tua con l’abile pennello della mia lingua e mordo i petali di rosa che la compongono in un delicato ed appassionato moto. Una mia mano vaga sul tuo busto e cinge la vita sottile, stretta, facendo aderire il tuo petto al mio che è scosso dai più violenti battiti che io abbia mai ascoltato. Faccio tutto piano, non voglio farti più male di quanto non stia già facendo.

Nella tua paralisi sei soggiogato dai miei tocchi, ti lasci condurre in qualcosa che neanche sai più cosa sia e non fai nulla per impedirmi di approfondire quel contatto superficiale mentre con il pollice sul tuo mento invado la porta del tuo respiro e lo unisco al mio, cercando la tua lingua in un eccesso di brama. Ti induco senza violenza a seguire e ricambiare i miei movimenti, sento il tuo calore e il tuo sapore sulle papille gustative… qualcosa di delizioso che sto rubando senza averne il diritto. Avevo sempre sognato di fare una cosa del genere ma la realtà supera sempre le aspettative, ma non sono felice… questo è un bacio con il quale non posso proclamare di averti come mio. La mia avidità non ha fine.
 
Distruggo lentamente la nostra amicizia, distruggo lentamente ogni barriera fisica tra di noi.
 
Per qualche secondo rimaniamo in quella posizione, il tuo respiro è pesante quanto il mio ma non accenni a muovere nulla se non le tue labbra e la tua lingua. Poi sento le tue mani stringere le mie spalle e spingermi lontano, fiacco, ormai ti ho privato anche della tua forza.. ho rovinato tutto.

Mi allontano, ansimando lievemente, con obbedienza. Avevo promesso a me stesso che non avrei esagerato, che ti avrei trattato come la rosa più delicata e bisognosa di cure, non potevo fare cosa peggiore di quella che avevo appena terminato.

Ti sento tremare appena mentre mi scosto completamente, abbassando con colpevolezza lo sguardo.

<< Tu… che cazzo significa?! >> la tua voce raggiunge una nota acuta improbabile e, subito dopo, sento la violenza della tua mano sulla mia guancia che subisco passivamente. Decido di sollevare gli occhi ed incontro i tuoi spaesati e furiosi allo stesso tempo. Tieni una mano sulla tua bocca arrossata e gonfia.

Ho un nodo alla gola ma è troppo tardi per tornare indietro. Sento ancora il tuo sapore, il tuo odore nelle radici e non smetto di bruciare.

Sono pazzo, pazzo.

<< Vuol dire che ti amo, Kiyoshi. >> dico, senza più mostrare alcun timore e il peso che avevo addosso sembra dimezzarsi.

Diventi pallido, non ti aspettavi nulla del genere.

 
Oh Miyaji, cosa ne sarà di noi adesso?


Non voglio pensarci ma so che le tue prossime parole saranno come il giudizio dell’Apocalisse per me.

Sono consapevole che ormai non potremo più tornare alla relazione che avevamo prima, che per me era diventata solo una triste mascherata.

Forse dovrei dire che è solo uno scherzo, ma tutto ricomincerebbe da capo… la sofferenza e, poi, non mi potresti comunque più vedere allo stesso modo.
 
Cosa sono io? Un amico? No.

Ma cosa sei tu per me? Pensaci, Kiyoshi, te ne prego.
 
Poni fine alle mie follie e premia, anche solo con delle parole di congedo, un amore a lungo non corrisposto.

 
Un amore che dura da più di 1460 giorni.
 
 
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Angolo di Athenae:
Salve a tutti, grazie per essere giunti fino alla fine di questa follia che ho scritto durante un’ora priva di divertimenti della lezione di Matematica (in fondo non c’è mai stata una lezione divertente… comunque…) di qualche mese fa. Per chi già ha letto qualcosa che ho scritto (cosa poco probabile) mi scuso per la mia lunga assenza dalla scrittura, ho avuto un paio di problemi sia con internet che con la tempistica dei vari esami e compiti etc… adesso che è estate spero vivamente di riuscire a recuperare tutte le cose in sospeso che ho ma, intanto, ho pensato di alleviare l’attesa con questa PESANTISSIMA ff su una coppia moolto sottovalutata (nonché poco conosciuta) e di cui sono follemente innamorata: la Otsumiya. Perché lasciare da solo lo splendido capitano della Shutoku, mi chiedo io? A mio parere è un bellissimo ragazzo e in coppia con quel mattacchione di Kiyoshi fanno faville e si completano … lasciando perdere i miei fangirleggiamenti  e tornando alla ff posso dirvi che è stato difficilissimo per me scrivere alla prima persona, per giunta al presente… perciò non credo di farlo mai più ma, piuttosto, ci tengo a sottolineare il fatto che, essendo questi due personaggi poco approfonditi dallo stesso mangaka, la cosa più complessa si è rivelata caratterizzarli. Non esistendo un IC ben definito penso di aver fatto un po’ di pastrocchi, nel caso ditemelo così metterò immediatamente l’avviso di OOC (non si sa mai). Gradirei conoscere sia le vostre perplessità che i vostri pensieri personali su quanto ho scritto, dato che penso di avere in programma un paio di altre storie su Otsubo e Miyaji… spero che nel complesso vi sia piaciuto <.< *incrocia le dita*.
Per concludere voglio dedicare questa storia alla mia compagna di role e sempre ispiratrice Elsa Maria/Otsubo (già io mi ritrovo a fare Kiyoshi).
Alla prossima!
Athenae.
 
P.S.: Il titolo si riferisce ai tre anni che hanno passato insieme… 365x4 --->1460 giorni.
 
 
 
 

 
   
 
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