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Autore: Fireflie    10/08/2008    2 recensioni
"Cammini per le viuzze soleggiate della periferia di Kanagawa in cerca dell’abitazione di Tetsuo. Non ci sei mai stato prima – nessuno c’è mai stato, e quell’onore inaspettato ti ha fatto ulteriormente salire di grado all’interno della banda, in pochi mesi sei diventato il braccio destro del capo – e non solo il suo protetto -, invincibile e intoccabile. Qualcuno da rispettare."
[Tetsuo Tanaka/Hisashi Mitsui]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Hisashi Mitsui
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beta: Eowie

Disclaimer: Personaggi tratti dal manga di Takehiko Inoue (ovvero Il Maestro). Nessun riferimento a fatti o a persone reali. Naturalmente non c’è niente di mio, e non traggo alcun guadagno dalla pubblicazione di questa storia

Note: ~ Scritta per il settimo challenge indetto su ItalianSlashers. Ho usato il set “Pomeriggio” {disilluso, apatico, tè, panchina, quattro, rubare, piscina, indirizzo, maglietta, biglietto} perché gridava Slam Dunk e, soprattutto, Tetsuo/Mitsui. ù_ù
~ Questa fic è dedicata alla lovvata Eowie ed è tutta sua, perché lei condivide con me l’amore per questa coppia e perché semplicemente la lovvo. ♥
~ Per il titolo si ringraziano infinitamente Cialy (♥) che me l’ha trovato e i A New Found Glory con la loro Golden.



We've Got Something Golden


Cammini per le viuzze soleggiate della periferia di Kanagawa in cerca dell’abitazione di Tetsuo. Non ci sei mai stato prima – nessuno c’è mai stato, e quell’onore inaspettato ti ha fatto ulteriormente salire di grado all’interno della banda, in pochi mesi sei diventato il braccio destro del capo – e non solo il suo protetto -, invincibile e intoccabile. Qualcuno da rispettare.

Ti aggiri senza fretta per quel quartiere fatiscente, fatto di case piccole e basse dai tetti spioventi e la vegetazione fitta e incolta nei giardini; un turbinio di edifici diroccati, grigi e cupi anche sotto il sole estivo. In mano stringi forte il biglietto su cui è disegnata la piantina per raggiungere l’abitazione. L’indirizzo lo tieni a mente, l’hai impresso nella memoria nell’istante in cui è uscito dalla bocca di Tetsuo, e credi che non lo dimenticherai mai, perchè quell’uomo ti ha salvato la vita, ti ha dato una possibilità – forse sbagliata – di valere qualcosa, di farcela, ti ha smosso la vita quando ti eri ritrovato solo, completamente disilluso e incazzato col mondo, quando eri a un breve passo dal diventare apatico, senza il basket, senza la tua ragione di esistere.
La sua presenza – il solo pensiero di lui - ti fa dimenticare persino la cicatrice che ti taglia in due il ginocchio.

Mano a mano che ti addentri in quella fitta rete di vicoli, senti di perderti un po’ di più e al contempo di appartenere davvero a qualcosa – a qualcuno.
Senti grida di bambini provenire da uno dei condomini schiacciati l’uno affianco all’altro. Quando ci passi davanti rimani a guardarli mentre giocano dentro una piscina di plastica gonfiabile, schizzandosi acqua addosso e ridendo. Sorridi a quella vista, intenerito dalla semplicità con cui riescono ad essere felici, con così poco. È il potere dei bambini.
Poi prosegui, gettando di tanto in tanto uno sguardo alla piantina disegnata da Tetsuo, sperando di stare muovendoti nella direzione giusta.
Nel passare un chiosco in cui vendono cibi e bevande, tenuto da un vecchietto dal volto rugoso e sorridente, ti scopri improvvisamente assetato, così acquisti un tè freddo e lo bevi direttamente dalla bottiglietta, facendo scrocchiare la plastica trasparente, quasi vuotandola con un solo fiato, scatenando l’ilarità dell’anziano signore.
Ridi anche tu e ti giustifichi dicendo che fa caldo, davvero troppo caldo per essere Giugno e che cammini da un sacco.
Ed è vero: sudi nella tua maglietta azzurra e i jeans chiari, ti passi una mano sulla fronte e tra i capelli che stanno crescendo troppo.
Speri di avere ancora un aspetto presentabile quando arriverai a casa sua, e intanto prosegui, iniziando a sentirti nervoso, agitato per quella visita; ti chiedi cosa succederà una volta che sarai solo con lui, in un luogo non neutro, in un quartiere che è un labirinto di stradine che si estendono per chilometri come una ragnatela e di cui non sai nulla, non sei nemmeno sicuro che ritroverai la strada per tornare indietro.
Ma vai avanti, non potendone fare a meno.
E finalmente arrivi.

Tetsuo vive in un condominio piccolo, ma straordinariamente ben tenuto per il quartiere che è. La facciata doveva essere stata bianca, un tempo, ma ora è grigia, sporcata dallo smog e dalle intemperie, ma il prato è ben tagliato, verde e lucente, e nell’aria c’è il fresco profumo dei panni stesi ad asciugare al sole.
Tetsuo è seduto su una panchina appoggiata contro la parete frontale dell’edificio, all’ombra di un pesco in fiore, e sorride quando ti vede, un sorriso che sembrerebbe il solito ghigno a chi non lo conoscesse bene, un sorriso che da lontano pare perfetto.

“Non avevamo detto alle quattro?” ti dice mentre tu ti avvicini con le mani spinte a fondo nelle tasche e una leggera ansia che ti blocca il respiro.
“Scusa, mi sono perso”, rispondi tu, e sei imbarazzato, quasi non sai che dire.

Tetsuo lo intuisce e sorride nuovamente, scuotendo leggermente la testa. Poi ti fa strada verso il suo appartamento al piano superiore.
Casa sua non è come te l’aspettavi. È pulita, ordinata, è tenuta con la stessa cura che riserva alla sua moto. Tetsuo è un sacco di cose che a guardarlo non diresti, è una brava persona, in fondo, ti fidi, anche se ha un aspetto minaccioso, anche se è il doppio di te, anche se potrebbe farti seriamente male.
Ti fa accomodare sul divano e da lì il tempo vola via senza che te ne renda davvero conto. Nelle ore trascorse seduto al suo fianco scopri un sacco di cose su di lui: che lavora come meccanico in un’officina nel suo quartiere, quando invece pensavi che vivesse solo di furti. E sì, per rubare ruba, ma solo qualche pezzo che poi rivende, così, giusto per arrotondare a fine mese, per infoltire la paga da fame che gli danno.
Apprendi che ha un sorella più piccola che studia all’università e che gli fa visita tutte le settimane; che ha mollato la scuola al secondo anno perché aveva preso un giro sbagliato che non è più stato in grado di lasciare; e tanti altri dettagli, anche se non credevi fosse il tipo che bada alle piccole cose, ai piaceri quotidiani.
Quando scende il buio e la stanza si immerge nell’oscurità ti accorgi davvero di che ore sono, che i tuoi ti stanno di certo aspettando e che le cose tra di voi vanno già abbastanza male senza dar loro altri motivi di lamentarsi di te, che dovresti davvero tornare, che l’ora della cena è passata da tempo, ma lui ti sorride – ancora, sempre – e ti invita a cena fuori, e tu ti dimentichi dei genitori, degli impegni, e del resto del mondo.

Fate un giro in moto, senza casco, ad una velocità assurda. Come sempre. Come piace fare a voi due. Veloci e liberi sul sottile confine della vita.
Ti stringi forte a lui e appoggi il capo sulla sua schiena, perché sai di potertelo permettere ora. Perché quella linea è stata varcata. Perché non siete qui, insieme, in questa notte torrida solo per caso.

Tetsuo ferma la moto davanti ad un bar ed entra a prendere due birre. Quando te la passa, la bottiglia di vetro è gelida e bagnata per lo sbalzo termico. Sfiori la sua mano e lo guardi negli occhi – sai che non è più il momento di essere timidi, di girarci attorno.
Tetsuo sorride e si appoggia al guardrail, proprio affianco a te, le vostre braccia che si toccano. Allunga le gambe davanti a sé e incrocia le caviglie, lo guardi mentre compie questo gesto e ci riscopri un’abitudine, una sicurezza che non credevi.
Si accende una sigaretta e tu ne aspiri l’odore forte, che il leggero vento che si sta alzando manda verso di te. Nell’oscurità rimanete in silenzio, bevendo birra e assaporando solo il piacere della rispettiva compagnia. Osservi la sigaretta bruciare, il fumo disperdersi nell’aria, e poi lui buttarla a terra quando è arrivata al filtro, la rossa luce del mozzicone che si infrange contro l’asfalto nero, spargendo scintille arancioni e infuocate per il marciapiede.

“Andiamo a casa tua” dici, poi.

Lui ti guarda e sorride di nuovo, senza dire nulla.
Salite sulla moto e tu ti stringi forte a lui come hai fatto poco prima, facendo aderire il corpo alla sua schiena più che puoi, e pensi finalmente.
Finalmente.



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