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Autore: Fantasiiana    10/06/2014    5 recensioni
Piccola (okay, forse non poi così piccola) OS interamente dedicata alla dea Afrodite con un pairing mai visto prima e diciamo un po' particolare. Chi ha voglia di scoprire quello che nessuno sa sulla dea dell'amore? Basta cliccare! E se a tutto questo si aggiungesse un Percy con dei problemi di cuore? Non vi resta che scoprirlo...
[AfroditexAfrodite]
-La speranza è una parola di otto lettere, ma è più potente di quanto tu possa mai immaginare...
-Lei ha speranza, mia signora?
-Io, io, io... Io sono un vaso di pandora troppo profondo da cui la speranza non riuscirà mai ad emergere... Credi che io sia felice, Perseus Jackson? Credi che io soddisfatta di questa vita?
-Credo solo che sia molto sola. Credo che abbia bisogno di qualcuno.
-Io non ho bisogno di nessuno. Si vive da soli questa vita, piccolo dio, ricordalo.
-L'amore è qualcosa che si vive in due, mia signora, lei più di tutti dovrebbe saperlo.
-Credevo non credessi più all'amore.
-Forse mi sbagliavo.
-Forse...
[Arrivata quinta al contest "Amore con la A maiuscola (Afrodite sarebbe fiera i me) indetto da AnnabethJackson]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Afrodite, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore (nick EFP e Forum): Fantasiiana
Titolo: The rule of love
Personaggi: Afrodite, Percy Jackson
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo
Avvertimenti: /
Note dell'autore: E' stata divertente scriverla, in un certo senso, perchè mi sono potuta immergere in un POV nuovo e non del tutto comune. Spero vi piaccia come è piaciuta a me. Quando mi applico non escono fuori cose tanto male, eh? Ci si vede giù!



 

The rule of love





Un'unica candela riluceva tenue ad illuminare quel luogo buio. Resisteva, cercava di preservare la sua luce, ma sapeva che prima o poi si sarebbe consumata, che si sarebbe abbandonata all'usura del tempo. Perchè tutto era destinato a finire, prima o poi: era la legge naturale che lo imponeva.
Nascevi, vivevi, e morivi. Fine dei giochi. Semplice. Che fosse giusto o ingiusto o che avessi vissuto male non importava a nessuno. Soprattutto se il nessuno in questione era la dea della bellezza.
Lei sapeva meglio di tutti che ogni cosa era destinata a scomparire, ogni bellezza che per mano sua fioriva e appassiva con la comparsa della prima ruga, ogni amore con la morte o il tradimento del coniuge, ogni sorta di felicità...
Per questo aveva scelto di non amare.
Buffo, perchè lei era la dea della bellezza e dell'amore.
Ma c'è differenza tra amare veramente e amare e basta.
E Afrodite aveva amato molte persone, durante i secoli, ma non aveva mai amato nessuno come aveva amato se stessa. Un'amore che mai sarebbe sparito, sempre corrisposto, e lei lo sapeva bene.
Il suo cuore apparteneva solo a lei, a nessun'altro, e sarebbe sempre stato così.
E quello non sarebbe mai finito. Mai.
La dea protese la mano verso la spazzola, l'afferrò delicatamente e prese a pettinarsi e ad accarezzarsi i capelli con una lenta calma surreale. Ammirava il suo riflesso oltre lo specchio con occhi vogliosi e sognanti, percorrendo con le dita armoniose il profilo ondulato dei capelli dorati più del miele, lucidi come oro liquido, risplendenti come di luce propria più delle stelle.
Si spostò sulle gote chiare, godendo della morbidezza di quella pelle vellutata e marmorea, liscia e talmente perfetta da sembrare finta, quindi proseguì verso le ciglia frementi, che circondavano protettive e scattanti come lepri dal pelo nero come la notte, due tramonti di fuoco screziati da pepite d'ambra, salì su per le sopracciglie lineari e sottili, e poi scese giù lungo il naso dritto, verso due labbra schiuse e turgide, rosee come l'alba, fino ad arrivare al collo candido, dove le vene azzurre si affacciavano pulsanti di vita, e alle clavicole che fungevano da sipario per un seno alto e prosperoso che da secoli aveva portato alla follia di un cocente desiderio dei, uomini e ogni genere di creatura.
Il peplo bianco, seppur strettamente fasciato nel corpo sinuoso, non permetteva di vedere altro.
Afrodite sarebbe rimasta a contemplarsi in eterno, senza correre il rischio di impazzire come Narciso, perchè lei sapeva benissimo chi vi era oltre lo specchio, e ne andava più che fiera, perchè significava che persino la persona più vicina a lei, ovvero se stessa, non era in grado di possederla completamente. Lei era libera, anche se molti non lo pensavano. Era libera di essere chi voleva, di amare e di essere amata.
Un fruscio fece scattare gli occhi aranciati verso lo specchio, e un'angolo della bocca si inarcò non appena ebbe capito di chi si trattava.
-Ti aspettavo, semidio.
Perseus Jackson, figlio di Poseidone, emerse dall'oscurità, come partorito dal buio stesso, i bellissimi occhi verdi frementi di rabbia, come un mare in tempesta.
-Come faceva a sapere che sarei venuto?
-Credimi, non ci voleva Atena per capirlo- rispose l'altra mirandosi le unghia. -Siedi.
L'altro ignorò il comando.
-Perchè?- chiese invece.
-Perchè cosa?- fece di rimando la dea, sollevando lo sguardo e puntandolo sul riflesso del ragazzo, un sopracciglio sollevato.
-Lo sa.
-Ma voglio sentirlo da te.
L'alto fremette di rabbia.
-Ammettere un errore è il primo passo verso la perdizione- citò la dea, aggiustandosi un po' di matita sbavata.
Il petto dell'altro si abbassava e si alzava freneticamente.
-Io e Annabeth abbiamo litigato.
Afrodite annuì parecchie volte.
-Già, l'ho saputo. Tutti lo sanno, a dire il vero, ma è ovvio che certe questioni siano di mia personale competenza, non credi anche tu?
-Non mi ha risposto.
La dea sospirò, e le spalle aggraziate si sollevarono e si riabbassarono, all'unisono con il petto prosperoso.
-Ci sono tante cose che non si possono spiegare, Perseus Jackson. L'amore è una delle cose più misteriose che ci possano essere nell'intero cosmo e, a volte, bisogna cercare le sue risposte da soli.
-L'amore non esiste.
Qualcosa luccicò negli occhi della dea, e un terribile ghigno le si dipinse in volto.
-Oh, ma tu sai che non è così.
Si voltò.
-Invece è così. L'amore è una grossa bugia, e lei lo sa bene.
Afrodite si alzò lentamente.
-Ma davvero?
-Sì.
-E dimmi, Perseus Jackson, cosa ti fa credere che io non conosca l'amore? Perchè pensi che io non sappia amare?
-Perchè lei ha sempre sfruttato ogni uomo che le si parava davanti. Non ha mia provato sentimenti per nessuno, eccetto che per se stessa. Ha preso in giro tutti.
La dea si avvicinò flessuosa come una pantera al giovane semidio, alto appena più di lei e gli carezzò le spalle vigorose, girandogli intorno senza staccargli gli occhi di dosso.
Quando fu dietro di lui, spinse con un piede uno sgabbello e lo costrinse a sedervici sopra, quindi si chinò su di lui, le braccia ancora a stringere le spalle vigorose e allenate del ventenne.
-Quello che ho fatto, piccolo dio, l'ho fatto solo per me- gli fiatò rovente sull'orecchio. -Non ho creato io l'amore, ho solo seguito le sue regole.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.
-Non... Non ha creato lei l'amore?
Un risolino argenteo sfuggì dalle labbra piene della dea.
-Oh, ma io non sono così vecchia, giovanotto, e non sono così audace... L'amore si è creato da solo, Perseus Jackson, e ha piantato le sue radici nel mondo.
-Il mondo non sa amare, lei non sa amare. Non esiste un "per sempre felice e contenti", e lei lo sa. L'ha sempre saputo e si diverte a illudere la gente, a vederla soffrire, perchè è lei la prima a soffrire. Non sa che farsene della sua vita immortale e tormenta quelle degli altri. E' colpa sua, è tutta colpa sua!
La dea gli girò intorno, sensuale, e gli si sedette sulle gambe, accavallando le sue. Il peplo scivolò frusciando su quella pelle candida, scoprendo il ginocchio e il polpaccio della gamba destra, posta sopra quella sinistra.
-Sai, semidio, io non credo che il mondo sia venduto. Credo che stia solo facendo ciò che ci è stato detto, come io sto solo facendo ciò che ci è stato detto.
Gli carezzò il mento con l'indice, sollevandoglielo appena.
-Sento qualcosa di così giusto, facendo la cosa sbagliata... E sento qualcosa di così sbagliato, facendo la cosa giusta... Non potrei mai mentire ad uno come te, Perseus Jackson, perciò ti svelerò un piccolo segreto. Vedi, semidio, l'amore mi ha ucciso secoli or sono e continua ad uccidermi tutt'oggi. Ma la verità è che quello che mi uccide mi fa vivere. Tu sostieni che l'amore non esiste, ma, credimi, esiste eccome. Ci avvolge ogni giorno con le sue spire velenose e benefiche insieme. Ci trascina in una continua tempesta di sentimenti, positivi o negativi che siano. E ricorda che io vivo da milioni di anni, piccolo dio, e sono soggetta a questa forza da sempre. Ed è difficile resistergli. Ma l'amore mi ha aiutato a vivere piuttosto che a sopravvivere. Mi ha portato a sfidare le mie decisioni, dimostrando che ero più forte di quanto avrei ritenuto possibile. L'amore mi ha aiutata a diventare quella che sono adesso, e cioè una dea forte e temuta. Non sono legata a nessuno se non a me stessa eppure sono legata a tutti. Gli devo la mia intera esistenza, e perciò non gli volterò mai le spalle.
Scese con la mano lungo il petto del giovane, posandola nel punto sopra il cuore che martellava furioso contro la gabbia toracica.
-Sento il tuo amore e lo sento bruciare, e perciò so che riuscirai a riconquistare la tua bella. Dopotutto, la speranza è l'ultima a morire, no? La speranza è una parola di otto lettere, ma è più potente di quanto tu possa mai immaginare...
-Lei ha speranza, mia signora?- chiese il ragazzo.
Un sorriso amaro increspò il viso perfetto della dea.
-Io, io, io...- Scosse piano la testa. -Io sono un vaso di pandora troppo profondo da cui la speranza non riuscirà mai ad emergere.
Lo guardò, fondendo l'arancio al verde. E il sole si tuffò nell'oceano.
-Credi che io sia felice, Perseus Jackson? Credi che io soddisfatta di questa vita?
La guardò negli occhi.
-Credo solo che sia molto sola. Credo che abbia bisogno di qualcuno.
La dea si accigliò.
-Io non ho bisogno di nessuno- replicò gelida alzandosi. -Si vive da soli questa vita, piccolo dio, ricordalo.
Fece per andarsene, ma una mano la costrinse a ricadere sulle gambe del ragazzo.
-L'amore è qualcosa che si vive in due, mia signora, lei più di tutti dovrebbe saperlo.
Afrodite inarcò un sopracciglio.
-Credevo non credessi più all'amore.
-Forse mi sbagliavo.
-Forse...- ripetè lei sfiorandogli le labbra con un dito. Si avvicinò lentamente.
Qualcosa lampeggiò negli occhi del giovane e il corpo ebbe un fremito.
La dea sorrise.
-Ricorda, Perseus Jackson, che l'amore esige un prezzo. Se ti abbandonerai troppo a lui, potresti rimetterci la vita, come è successo a me. Potresti perdere il controllo della tua anima.
Si alzò, allontanandosi dallo sgabbello, si voltò verso lo specchio e si avvicinò al suo riflesso, in silenzio.
-Ora va'.
L'altro si guardò intorno, confuso.
-Va'!- urlò la dea e il figlio di Poseidone fece per correre via, ma la dea lo fermò all'ultimo istante.
-Aspetta- disse atona.
Gli andò vicino e lo guardò dritto negli occhi, intensamente.
-Dimentica tutto quello che è successo. Tu non mi hai mai incontrata. Stasera andrai da Annabeth Chase, le porterai un mazzo di fiori, le dirai che sei stato un completo idiota e farete pace.
Lo sguardo vuoto del semidio le fece capire che la sua lingua ammaliatrice, ancora una volta, aveva fatto il suo dovere.
Afrodite gli carezzò una guancia, piano, protendendo le dita fino alle labbra morbide del ragazzo.
-E ricorda che l'amore esiste.
L'altro annuì lentamente e se ne andò.
Poi, la rabbia si impadronì di lei.
Le sue gambe presero a camminare avanti e indietro, cercando di allontanare la tensione dal corpo immortale. Maledetto ragazzino, l'aveva fatta rattristare. Le aveva fatto ammettere di non essere in pace con se stessa. L'aveva fatta dubitare della sua felicità.
Si fermò davanti allo specchio, ammirando i suoi occhi carichi di rabbia e qualcosa in più che non riusciva a decifrare, qualcosa a cui non voleva neanche pensare. La tristezza non faceva parte di lei, non poteva fare parte di lei!
Un'ombra passò davanti al riflesso della donna e lo specchio si infranse.
Dei passi affrettati.
Ares entrò di corsa nella stanza, la spada sollevata.
Si guardò intorno confuso.
-Credevo...
-Oh, Ares! Sei corso subito da me!- esclamò con un tono falsamente sognante e spensierato la dea. -Lo specchio si è rotto. Un uccello di sicuro.
Il dio chinò lo sguardo sul pugno chiuso della donna, le nocche intrise di icore dorato. Qualche scheggia ancora emergeva dalla pelle.
-Io...
-Mi faresti compagnia per questa notte?- chiese Afrodite avvicinandosi e gettandogli le braccia al collo. -Per favore?
Un ghigno si dipinse nel voltò del dio della guerra.
-Ma certo, mia adorata.

Afrodite manteneva lo sguardo vuoto fisso sulla candela ormai consumatasi totalmente. Era rimasto solo un piccolo pezzo di cera bianca, come la base di una colonna appartenuta in passato ad un tempio che era andato distrutto col tempo.
La mano rigenerata viaggiava sulle lenzuola candide, umide del sudore dei due corpi che fino a qualche ora prima ancora si contorcevano folli di desiderio su quel letto che verginale non era mai stato.
La luna splendeva pallida in quel cielo blu.
Nell'Olimpo regnava il silenzio e il sonno aveva invaso i corpi di tutte le creature che vi abitavano. Tutti, tranne quello trasudante di bellezza della dea Afrodite, che ancora faticava a chiudere gli occhi e a lasciarsi andare ad un sonno ristoratore, in preda com'era ad una tempesta di pensieri e tormenti. A quell'ora Perseus Jackson aveva già dimenticato lo spiacevole incontro che avevano avuto quella sera e nessuno, a parte lei, ne avrebbe conservato il ricordo.
Si alzò, legandosi il lenzuolo attorno al corpo, coprendo le proprie curve martoriate dalle mani rudi e dalla bocca affamata di Ares.
Si sedette davanti a quello che rimaneva dello specchio: frammenti e cocci di vetro che pendevano da una cornice d'oro e una grossa ragnatela di linee che partiva dal centro.
La dea impugnò la spazzola e prese a pettinarsi i capelli dorati, guardando la sua figura altera, mentre un ghigno si dipingeva nel suo volto alla vista del riflesso del dio della guerra disteso nel suo letto, sfinito dalla notte ardente.
Mi dispiace per te, piccolo dio, ma nessuno può portarmi a dubitare di me stessa. Io sono Afrodite, dea della belezza, colei che domina i cuori e le menti degli uomini, e nessuno potrà mai piegarmi.
Si protese in avanti, abbandonando la testa sulle mani sollevate. Il lenzuolo scivolò a terra, scoprendola totalmente.
Un dito si allungò ad accarezzare la superficie infranta del vetro, dove il riflesso di lei ricambiava il suo sguardo sognante.
-Sei bellissima, mia cara- mormorò ignorando i graffi sull'indice che viaggiava nelle crepe dello specchio.
Chiuse gli occhi, concentrandosi sull'immagine di Perseus Jackson. Nella sua mente riecheggiarono le voci di lui e della sua amata, due promesse e sentì il calore di un abbraccio scambiato fra due corpi che avevano sentito l'uno la mancanza dell'altro.
Sorrise nel buio della notte, sollevando le palpebre stanche.
-Le lezioni sono state imparate.




Angolo Autrice
Eccomi qui! Siete arrivati fino in fondo? Piaciuta? Dunque, comincio con il dire che il tutto è stato una sorta di esperimento, perciò se non vi ha pienamente soddisfatti (al contrario di me) credo sia per questo^^
Credo vogliate sapere anche cosa sono le parti sottolineate. Ebbene, sono pezzi della canzone "Countaing Stars" dei Coldplay, mentre la citazione "l’amore mi ha aiutato a vivere piuttosto che a sopravvivere. Mi ha portato a sfidare le mie decisioni, dimostrando che ero più forte di quanto avrei ritenuto possibile" è presa da "Una ragione per amare" di Rebecca Donovan. Il tutto faceva parte del pacchetto che avevo scelto per il contest, e spero che siano stati incastrati per bene dentro la storia e che non stonassero un po'.
Confesso che all'inizio pensavo di non riuscire a scrivere qualcosa di decente, ma tutto sommato... posso dire di essere soddisfatta di quello che ne è uscito^^
Bene, chiarito questo, credo di poter anche andare^^
Un bacio a tutti!
  
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