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Autore: Sylence Hill    10/06/2014    2 recensioni
[REVISIONE]: Possibili cambiamenti nel nome dei capitoli e aggiunts o tagli in alcune parti della storia!
Lei: nuova arrivata, tipa dura, lingua tagliente, leale con gli amici.
Lui: bad boy, due occhi come l'oro, mani dure come l'acciaio.
Loro: Gente strana che nasconde più di un segreto.
Ciò che Lei sta cercando può rivelarsi un percorso più insidioso di quanto pensasse.
Il Passato che torna, Misteri da svelare, un Amore da vivere.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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Sy Hill: Salve a tutti!!!! Come promesso, dopo gli esami, mi sarei impegnata per pubblicare più di una volta ogni tanto, e quindi ora che la maturità è alle porte, colgo l'occasione per questo nuovo capitolo, appena finito. Spero che vi piaccia, e che mi lascerete scritto quello che ne pensate.COme ogni volta, ringrazio infinitamente quelli che hanno recensito lo scorso capitolo: VI RINGRAZIO UN CENTINAIO DI VOLTE per avermi seguito fino a questo punto e di non avermi abbandonato dopo tutto il mio mutismo.
Quindi, bando alle ciance, e...  

LEGGETE E RECENSITE, mi raccomando.
Baci,


Sy Hill <3






Capitolo 39
 
Niente è come sembra
 
 
Mi subissarono di domande. Cos’era successo era quella più frequente. Con la lingua ancora un po’ attaccata, balbettai quello che mi era successo, mentre ancora ero tra le braccia di Red.
Dopo… non saprei come definirlo, quella libera espressione dei nostri reciproci sentimenti – stavamo pomiciando alla grande, ma meglio metterla in modo filosofico, mi faceva sentire meno una fiaccola ambulante – mi aveva riportato in braccio dagli altri. Le terminazione nervose erano apposto, ma i muscoli erano ancora atrofizzati o giù di lì.
Le reazioni del Cerchio mi aveva riempito di calore. Annika e Monika erano venute ad abbracciarmi e Rafe aveva stretto tutte e tre in una morsa d’acciaio. Red si era rifiutato categoricamente di mollarmi, quindi si era ritrovato nel mezzo della tenaglia. Jake era venuto a stringermi una spalla, una o due lacrime di felicità che gli avevano solcato le guance. Bastian invece era stato così contento che aveva fatto un salto, gridando un “evviva, avevo ragione” di contentezza.
Divorai una mela, tanto ero affamata, e bevvi un’intera bottiglietta d’acqua. Quando chiesi a Red di mettermi giù, mi lanciò un’occhiata di traverso, dicendo che tutto voleva al di fuori di lasciarmi andare – perfettamente d’accordo –, ma mi permise di appoggiare i piedi a terra e tenermi equilibrio usando lui come appoggio.
«Ce la fai?» mi chiese.
«Certo.» gli dissi, scostandomi. Costrinsi le mie gambe a reggermi. Era bello reggersi a lui, ma… insomma, non ero una mammoletta. Basta fare al principessa svenevole.
«Per quanto tempo sono rimasta… bloccata?» chiesi.
«Quasi un’ora.» rispose Bastian. Mi si avvicinò con i palmi rivolti verso me. «Ferma.» mi ordinò.
Mi ispezionò da capo a piedi, il suo Talento mi attraversò come acqua fresca, rinvigorendo i muscoli tesi e rigidi, rilassandoli, riportandoli allo stato naturale, elastici e mobili.
Sospirai di piacere. «Grazie mille, mi serviva proprio fare un viaggetto alla Bastian S.P.A.
Scoppiò a ridere. «Questa è la prova inconfutabile che è tornata la nostra vecchia Sy.»
«Credimi, è un piacere anche per me.» Tornai seria. Guardai Jake. «Abbiamo un bel po’ di cose da fare se vogliamo arrivare lì.» Accennai alle Montagne. «Diamine, non sarà per niente facile.»
Il Cerchio si scambiò uno sguardo. Jake mi posò un mano sulla spalla. «Chiave
Fu tutto quello che disse. Ma fu quello che non disse a farmi sorgere un’inaspettata voglia di piangere di gratitudine. Mi sentii invadere da un profondo senso d’affetto e determinazione. Era fiducia incondizionata, la libera disposizione delle future azioni del Cerchio, la responsabilità della loro sopravvivenza.
Chiusi gli occhi, imponendomi di non essere di nuovo una fontana e li riportai su Jake.
«Dobbiamo andare da mia Madre.» dichiarai. «Al lago di Thaùrm.»
 
 
*    *    *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
 
«Credo che sia meglio separarci qui.» disse Aria. Si pentì subito. «No! Volevo dire, insomma…»
Non hai speranze, sorella. Scava una buca e sotterrati, io vado in pensione.
Ma Constantine non la stava guardando. Scrutava con occhio attento la casa di Sy, come a voler passare attraverso le mura.
«Che succede?» gli chiese Aria.
Lui aggrottò leggermente la fronte, assottigliando lo sguardo. «Chi abita qui?»
«Ehm… la mia amica Sy, con suo padre. Perché?»
Con scosse la testa. «Niente.» Si voltò verso di lei. I suoi occhi bicolore le  sfiorarono il viso, indugiando su una ciocca di capelli che le si arricciava lungo la mascella. «Ci vediamo.»
Veloce, le girò le spalle e, mani in tasca, si allontanò.
Fu così svelto che Aria si bloccò con una mano a mezz’aria. Era perplessa dalla rapidità con cui Constantine l’aveva liquidata.
Sospirò. «Ciao.» disse, agitando inutilmente la mano.
Entrò in casa, trovandola silenziosa. Aveva voglia di raccontare a Sy quella che le era successo – salvo dettagli più fantascientifici – e andò in camera sua.
Era vuota. La sua borsa era lì, il letto era sfatto dalla mattina.
Uscì in corridoio, provò a chiamarla sul cellulare, ma le rispose la segreteria telefonica.
Iniziò a preoccuparsi. Lanciò un’occhiata alla porta del laboratorio. Doveva avvisare Xavien? Ricordava ancora il litigio che aveva sentito tra i due, nascosta in camera sua. Non aveva capito bene cosa si fossero detti, ma alla fine Sy era uscita di casa sbattendo la porta e Xavien era tornato nel laboratorio.
Non sapeva cosa fare.
Andò in camera sua e si sedette sul letto. Che fare? Dirlo a Xavien? E se Sy voleva stare da sola? Di sicuro si sarebbe arrabbiata. Dio, era inutile quanto un cd rotto. Non sapeva come comportarsi in qualsiasi situazione. Non ci si era mai trovata, non sapeva comportarsi come un’amica.
Un’ombra le comparve alle spalle. Un brivido le corse lungo la schiena.
Sapeva chi era. Prima ancora di girarsi.
Constantine si stagliava contro la luce proveniente dalla finestra, un alone che lo faceva sembrare un angelo. Un angelo arrabbiato, considerò, guardando al sua fronte aggrottata sugli occhi inquieti.
«Perché mi hai chiamato?» le chiese.
Aria scosse leggermente la testa. «Non l’ho fatto. Io…» Sbatté le palpebre. «Come hai fatto ad arrivare qui?» soffiò.
«Transfert
Gli occhi nero-ghiaccio brillarono, un attimo prima di sparire. Aria si alzò di scatto dal letto, la mani protese in avanti, quasi a voler afferrare il corpo che era appena scomparso.
Incespicò all’indietro andando a sbattere contro la porta. No, non era la porta. Le porte non sono calde e non respirano.
Lentamente, girò la testa fino ad incontrare un paio di occhi bicolore. Le gambe, già tremanti, le cedettero del tutto, costringendo Constantine ad afferrarla prima che cadesse a terra come una pera cotta.
«Oh, mio Dio.» sospirò, chiudendo gli occhi.
Okay, si ritrovò a pensare. Non dare di matto, tanto hai già accettato che lui sia un morto che cammina, un alieno venuto da un altro mondo e un essere soprannaturale che più far volare le cose con il pensiero. Perciò, che differenza fa avere un potere in più?
Il braccio saldo che le cingeva la vita le fece balzare il cuore in gola. La maglia le si era alzata sopra l’ombelico, mettendo in mostra la pelle bianca della pancia. Era in iperventilazione, non sapeva se per la sorpresa o per la vicinanza di Constantine.
«Perché… perché sei venuto?» gli chiese, tremante, incapace di muoversi.
Il braccio si strinse di più. «Ho avvertito come una sensazione di malessere. E mi è venuto in mente il tuo nome.» Lo disse come se fosse un’accusa. «Cosa è successo?» grugnì.
Aveva sentito il suo disagio? Possibile? Dovette sopprimere la voglia di alzare gli occhi al cielo. Ormai aveva problemi ad identificare ciò che era “possibile” da ciò che non lo era.
Aria inghiottì. «Non riesco… a trovare la mia amica. Non risponde al cellulare e non ha lasciato alcun messaggio. Non voglio preoccupare suo padre.»
«Dove l’hai vista l’ultima volta?» le chiese, tenendola ancora. Sembrava quasi restio a lasciarla.
«A scuola. Mi ha accompagnato stamattina, ma sono tornata da sola. Ora che ci penso…»
Tirò fuori dalla tasca il cellulare e controllò i messaggi. «Le ho mandato un messaggio mentre tornavo, ma non mi ha risposto.»
«Può darsi che sia con il suo ragazzo.» insinuò Constantine.
Aria si mordicchiò il labbro. «Forse, ma Sy non è il tipo da far preoccupare le altre persone. Mi avrebbe avvisata se fosse andata da qualche parte. Può anche aver litigato con suo padre, ma avrebbe usato me come intermediario per fargli sapere che stava bene.»
Alla fine, Constantine la lasciò andare. Aria sentiva la pelle sotto la maglia che aveva toccato formicolare, come se sentisse la mancanza del suo calore.
Constantine scrollò le spalle. «Allora vai a scuola. Se non risponde, vedi se qualcun altro l’ha vista e chiedi in giro se hanno notato qualcosa.»
Uscì dalla stanza e chiuse la porta alle spalle di Constantine. Lanciò un’occhiata alla porta del laboratorio e annuì.
«Andiamo.» sospirò. «Spero di far presto, prima che Xavier si accorga della mancanza di Sy.» Si avviò verso la porta d’ingresso, seguita da Constantine. «Non ho la patente, dovremmo andare a piedi.»
Constantine la afferrò, cingendola da dietro le spalle, e le sussurrò: «Chiudi gli occhi.»
Aria fece appena in tempo ad eseguire il suo ordine, prima di essere risucchiata in un vortice che la strattonò a destra e a manca, tirata verso l’alto come succhiata in un tubo. La presa di Constantine si rafforzò.
Pochi secondi prima, i piedi atterrarono pesantemente al suolo, duro sotto le suole delle scarpe, mentre il mondo cercava di riallinearsi con il suo asse e quel anche istante dopo, veniva trascinata all’indietro dalle braccia di Constantine, mentre uno stridore di pneumatici che solcavano l’asfalto fendeva l’aria.
Una nausea tremenda le assaliva lo stomaco, ma si costrinse a reprimere qualsiasi tentativo di conato, stringendo le labbra.
Il conducente dell’auto si affaccio. I lineamenti del Professor Drawn erano contratti dalla preoccupazione.
«State bene?» chiese loro. «Non so proprio come ho fatto a non vedervi.» si accigliò.
Visto che Aria non era in condizioni di rispondere, lo fece Constantine per lei.
«Stiamo benissimo, ci scusi.» affermò. «Non avremmo dovuto oltrepassare senza guardare la strada.» giustificò.
Il professore lo studiò per qualche secondo, per poi stringere le palpebre. «Sicuro…»
«Non si preoccupi.» Constantine strinse Aria al petto. «Provvederò io a lei.»
Dopo qualche secondo, l’uomo annuì. Rimise in moto e, dopo uno «state attenti la prossima volta» uscì dal parcheggio.
Constantine abbassò lo sguardo su Aria, che aveva gli occhi spiritati e il corpo tremante.
«La prima volta può dare un po’ fastidio.» le disse Constantine, per riscuoterla dal torpore.
«Davvero?» gli rispose Aria, tra i denti, sarcastica. Batté un paio di volte le palpebre e sospirò, abbassando la testa. Non poteva credere di averci quasi rimesso la pelle.
Dita calde le si arricciarono intorno al mento, alzandolo. «Stai bene?» le chiese Constantine, gentile, scrutando il suo viso pallido.
Tenendo gli occhi fissi nei suoi, la nausea iniziò a calmarsi fino a sparire del tutto, mentre un calore insolito e conosciuto insieme le invadeva lo stomaco, placando il tremore.
«Sì.» gli rispose. «Mi hai…» balbettò.
«Sì.» le disse.
«Come facevi a sapere che era la mia?»
«È l’unica scuola pubblica abbastanza vicina da essere raggiunta a piedi.»
«Ah.» Prese un bel respiro profondo. «Sta attento la prossima volta.»
Si schiarì la gola, avvampando, mentre un rosso acceso le colorava la faccia e il collo. Era stretta tra le braccia di Constantine, nel cortile della scuola, sotto gli occhi di tutti. Aveva già adocchiato un paio di tipe a bisbigliare, guardandola di sottecchi.
Di sicuro ne sarebbero usciti pettegolezzi a non finire…
Stai ancora lì a preoccupartene?, si rimproverò. Hai pubblicamente umiliato Carly, comportandoti come la peggiore lingua-lunga possibile e ti fai ancora intimidire dalle chiacchiere di corridoio?
Che parlassero, si disse.
Come per un segnale implicito, Constantine la lasciò andare e indietreggiò tanto da impedirle di sentire il suo calore corporeo.
«Dove vuoi cercare?» le chiese.
«Resti?» gli chiese, sorpresa, cercando di reprimere quel senso di contentezza che le ispirava il solo pensiero di averlo qualche altro minuto ancora.
Lui scosse le spalle. «Se dovessi spostarti ancora, ti sarei d’aiuto. E non ho altro da fare.» aggiunse dopo qualche secondo.
«Grazie mille, anche se credo che avrei dei problemi a… “viaggiare” di nuovo con te.» confesso, facendo le virgolette.
«Dopo le prime volte, va meglio.» la rassicurò lui.
Aria annuì, poco convinta. «Se lo dici tu.»
Andarono nella segreteria e aria chiese alla signora Flinn se aveva visto Sy quella mattina.
La donna scosse la testa. «Mi dispiace, tesorino, non l’ho vita.»
Mentre la donna fissava il monito del computer, cliccando un paio di volte, Aria aspettò, lanciando uno sguardo a Constantine. Si guardava intorno, a prima vista con aria indifferente, ma Aria riusciva a vedere infondo ai suoi occhi, coperti dal ciuffo scuro dei capelli, una voglia di esplorare l’edificio scolastico. Comprensibile, visto che non vi era mai entrato.
«A quanto pare non era presente alle lezioni pomeridiane, ma a quanto pare era giustificata.» la informò la signora Flinn.
«Chi l’ha giustificata?» chiese Aria, rivolgendo la sua attenzione alla donna.
«La professoressa Madlain. Aveva la penultima ora.»
«Dove posso trovarla?»
Altro click. «È andata via un decina di minuti fa.»
Aria sospirò, abbassando le spalle. «Grazie mille.»
Voltò le spalle alla donna e si avvicinò a Constantine, che stava studiando una bacheca di sughero con sopra una marea di volantini. Quello a cui lui era rivolta la sua attenzione era quella dello scorso anno, un poster della squadra di basket, capitanata da Jackson Kingston. Era felice mentre stringeva il pallone sotto il braccio e con l’altra aiutava il vicecapitano a reggere la coppa che avevano vinto al campionato scolastico.
 Ora che lo vedeva così sorridente, si ritrovò a pensare che era da un po’ che non gli vedeva quell’espressione sul volto. Si ricordò le volte, gli anni precedenti,in cui era seduto con i suoi compagni di squadra a scherzare e divertirsi nella pausa pranzo.
Invece, dall’inizio dell’anno era stato taciturno, serio. E non aveva più frequentato la squadra di basket.
Che fosse stato a causa del suo litigio con il compagno di squadra, Red Hawks?
Per intuizione, si girò verso la signora Flinn e chiese: «Mi può dire se oggi anche Red Hawks era assente?»
La donna, momentaneamente stranita, batté qualche tasto e poi le rispose, aggrottando la fronte: «A quanto pare, sì.»
Sospettosa, chiese alla donna di dirle se Chris era ancora a scuola.
«Sì, l’ho visti prima: stava andando in biblioteca come al solito.» sorrise lei.
«Grazie.»
Aria afferrò il braccio di Constantine, che era rimasto silenzioso accanto a lei, e lo trascinò in corridoio in direzione della biblioteca scolastica. Chris trascorreva molto tempo tra gli scaffali impolverati, preferendo i pomeriggi trascorsi a scuola che quelli passati a casa.
Chris le aveva accennato ad un cattivo rapporto con il proprio genitore e del suo sentirsi ferito dal distacco brusco del padre.
Lo trovò che leggeva un libro di astronomia, verso la fine della biblioteca.
«Ehi, Chris.» lo salutò lei.
L’amico abbassò il libro, scoccandole un’occhiata sorpresa. «Aria? Che ci fai qui? Non dovresti aver finito?» le chiese. Lanciò un’occhiata alle sue spalle. «E chi è lui?»
«È un amico.» glissò lei. «Chris, puoi dirmi…»
«Amico?» rimarcò lui. «E non me lo presenti?»
«Non adesso, Chris…» tentennò lei. «Sto cercando Sy. L’hai vista?»
«Perché la cerchi?» domandò Chris, accigliandosi. «È successo qualcosa?»
Aria si domandò se far preoccupare anche lui o meno. Meglio non destare sospetti.
«No, niente di importante. È solo che aveva detto che mi avrebbe accompagnata a casa e non è ancora tornata. E non ha risposto alle mie chiamate.»
Chris si agitò sulla sedia, evitando il suo sguardo. «Probabilmente sarà uscita con Red e il suo cellulare non prende.»
«Red non era presente oggi a scuola.» intervenne Aria. «Non può essersene andata con lui. Inoltre, la sua auto non è nel parcheggio.» lo informò.
Chirs posò il libro e si alzò. «Non preoccuparti, non le è successo niente.» la rassicurò. «Non conosco nessuno che sia responsabile quanto Sy.»
«Sì, ma…»
Chris la prese per le spalle e fece per afferrarla per le spalle.
Con uno scatto, Constantine si intromise tra loro, impedendo al ragazzo si toccarla. Chris si tirò indietro di scatto, lanciando uno sguardo interdetto in direzione di un’Aria confusa.
«Ehi, che succede?» chiese, alzando le mani. Il suo sguardo saettava da l’uno all’altro, cercando di capire in che modo quel tizio era legato ad Aria.
«Constantine…» sussurrò lei. «È tutto apposto. Non vuole farmi del male.»
«Certo che no!» s’indignò Chris. «Non alzerei mai le mani su una ragazza, soprattutto se è mia amica.»
«Se lo dici tu.» mormorò Constantine, tuttavia non si mosse.
La pulsione che lo spingeva a fare da barriera ad Aria non si era ancora allentata. Non avrebbe permesso a nessun altro di farle del male, anche se non sapeva spiegare per quale motivo.
«Comunque,» continuò Chris. «Sy sta bene, non preoccuparti.»
«Come puoi saperlo?» gli chiese Aria, accostandosi a Constantine, ancora fermo.
«Fidati.» le impose l’amico, lanciandole un’occhiata della serie “non fare altre domande tanto non rispondo”.
Aria si accigliò. «Che cosa mi stai nascondente? E perché mi nascondete le cose, tu e Sy?»
«Non ti stiamo nascondendo niente.» la rassicurò lui, alzando le mani. «Però posso dirti con certezza che è inutile preoccuparsi per lei. Torna a casa, tornerà presto.»
Aria si sentì ferita. Chris sapeva qualcosa che Sy gli aveva detto, eppure aveva escluso lei. Non aveva voluto metterla a parte dei suoi piani, o quello che stava facendo. Ma perché? Forse non si fidava di lei? Si sentì il petto oppresso da un senso di tradimento e sfiducia. Valeva così poco come amica?
«Andiamo, Constantine.» mormorò, sfiorando il braccio del phantom.
Il ragazzo la seguì fuori dalla porta della biblioteca, senza voltarsi indietro, perdendosi l’occhiata di dispiacere che solcò il viso di Chris.
 
 
*   *   *
 
Chistopher Alasdair’s POV
 
Appena le doppie porte della biblioteca si chiusero, Chris afferrò il suo cellulare e compose il numero di Sy ma, proprio come ad Aria, gli rispose la segreteria telefonica. Allora chiamò il professor Drawn. Sy glielo aveva dato insieme a quello della professoressa Madlain.
Il professore gli rispose al terzo squillo.
«Mi scusi, professore, mi chiamo Christopher Alasdair, sono un amico di Sylence Hill…»
«Aspetta un attimo.»
Sentì dei passi e poi il suono di una porta che si chiudeva.
«Che cosa è successo?» gli chiese Drawn.
«Ha notizie di Sy? È da un po’ che non la sento.»
«Ma certo, è in baita con la professoressa Madlain.»
«Baita?» si stupì Chris.
«Stanno partecipando ad una escursione...»
«Stanno?» lo interruppe, insospettito. «Chi altro è con lei?»
«Suoi compagni di corso.» sorvolò l’uomo.
«Scommetto che tra questi “compagni” ci siano anche Red Hawks, Jackson Kinghston e magari anche le gemelle Teesh.»
«Non credo come i componenti del gruppo possano importarle, signor Aladrair. I ragazzi sono in montagna a fare ricerche per un compito scolastico, questo è quanto. I genitori sono già stati avvisati e sono sotto la supervisione di un insegnate.»
«La professoressa Madlain, insegna matematica.» soggiunse Chris.
«Anche scienze, anche se non in questa scuola.»
L’insicurezza invase il ragazzo? Si era forse sbagliato? Sy gli aveva accennato ad un coinvolgimento dei professori e gli aveva dato il loro numero. Forse si era dimenticata di dir loro del suo ruolo di mascotte del Cerchio. E se avesse sbagliato a capire? Doveva riprovare?
«Professore…» tentennò. «Una mia amica se n’è appena andata, preoccupata perché non aveva notizie di Sy Hill. Io l’ho incontrata questa mattina, ma dopo è sparita e adesso lei mi dice che è ad una gita con i suoi compagni che, guarda caso, sono anche quelli con cui di recente ha iniziato a frequentare a pranzo, un gruppo chiuso che non permette a nessuno degli altri di avvicinarsi a loro.» Scosse la testa, anche l’uomo non poteva vederlo. Decise di tentare un’altra strada, azzardata, ma era una soluzione. «Professore, se le dicessi “Regina Bianca” e “Cerchio”, lei che cosa mi risponderebbe?»
Silenzio, sentiva solo il respiro dell’uomo, calmo e regolare. «C’è qualcosa che vuole dirmi, signor Alasdair?» chiese infine Drawn.
«Credo che debba essere lei a dover dire qualcosa a me.» chiarì Chris. «Che fine ha fatto il Cerchio?»
 
 
*   *   *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
 
Non sapeva che fare. non voleva arrendersi così, solo perché Chris le stava nascondendo qualcosa, ma si sentiva ferita dai segreti che Sy le teneva nascosti, ma che non aveva problemi a divulgare ad altri. Perché avrebbe dovuto parlarne con Chris, ma non con lei? Forse non si fidava abbastanza. Se non l’avesse rivista, non lo avrebbe mai saputo, ed era una cosa che non poteva accadere.
Chris aveva detto che non le era successo niente, ma non poteva saperlo di sicuro, giusto? Non era con lei, non sapeva cosa stava facendo o con chi era. O sì?
Argh! Scosse la testa, cercando di scrollarsi di dosso quel senso di impotenza che l’aveva invasa.
«Cosa hai intenzione di fare, adesso?» le chiese poi Constantine.
Girandosi a guardarlo, le lampeggiò in mente l’immagine di come si era comportato prima, frapponendosi tra lei e Chris. Aveva capito che il suo intento era quello di proteggerla, il suo viso era diventato inespressivo, come la notte che l’aveva salvata dai quei tipi, nel vicolo.
«Non lo so.» gli rispose titubante. «Per qualche ragione, Sy non ha voluto che sapessi dove sarebbe andata, né con chi o perché.» Fece una smorfia di tristezza. «Per quale ragione dovrei continuare a cercarla, quando è chiaro come il sole che non vuole essere trovata?»
«Quindi ti arrendi.» affermò.
Gli lanciò un’occhiataccia. «Non mi sto arrendendo!» protestò lei. «È solo che…»
«Sì che lo stai facendo.» insistette lui.
«Ti dico di no!» Aria si girò per affrontarlo. «Sy non vuole essere trovata, dice di essere mia amica, ma poi non mi racconta i suoi segreti, quando io gli ho detto i miei. Perché dovrei perderci altro tempo su questa faccenda?»
«Perché è tua amica.»
Aria non seppe cosa rispondere. Sì. Sylence era sua amica e le amiche si supportano a vicenda anche quando non era richiesto. E come tale si preoccupava per lei. Per la sua pace mentale, doveva sapere se Sy era al sicuro o meno. Fino a poco tempo fa era stata proprio Sylence ad aiutarla, ora toccava a lei ricambiare il favore.
Raddrizzò le spalle. «Anche se dovesse mandarmi a quel paese una volta che l’avrò trovata, voglio accertarmi che stia bene.» affermò. Raddrizzò le spalle. «Muoviamoci.»
Gli occhi di Constantine brillarono. «Dove vuoi andare?»
«Dalla signorina Madlain.»
 
 
*   *   *
 
Sylence Lillian Hill’s POV
 
Il modo più veloce, ma non quello più semplice per arrivare al Lago era quello di attraversare la Foresta delle Anime Sole. Era un luogo nebbioso e stipato di alberi secchi e contorti, come mani scheletriche che allungavano le loro dita ossute e bianche verso il cielo a cercare la luce del Sole che non sarebbe mai soggiunta. L’aria era greve, soffocante, come una coperta d’umidità che ricopriva di patina la pelle che  mi fece rabbrividire.
Il ricordo instillatomi nella mente da mia Madre ci aveva condotti fin lì, in una traversata di quasi un’intera giornata. Eravamo stanchi, affaticati e non vedevamo l’ora di mangiare e bere. Avevamo riempiti gli zaini con le mele e, lungo il tragitto avevamo trovato un rivolo d’acqua fresca, così da rifornirci anche di acqua. Non avevo parlato tanto con gli altri, sia perché ero concentrata nel seguire in percorso segnatomi da mamma, sia perché non avevo granché da dire.
Ero ancora un po’ sconvolta da quello che mi era successo. Quello che più mi sconcertava era il fatto che mia Madre avesse collocato dentro di me quei ricordi e poi avesse dovuto farmi morire prima di averli. Perché non mostrarsi prima, tipo quando eravamo in biblioteca io e Red? Perché arrivare fino a LìosLand e poi farmi sapere che c’era un modo per raggiungerla?
Potevo capire che per intraprendere questo viaggio, avevo avuto bisogno di sostegno, di conoscere quelle che erano le mie potenzialità, il mio Talento, di dover incontrare il Cerchio per poter avere conferma della sua esistenza e della mia vera natura, ma avrebbe potuto mostrare segni di vita anche prima, no? Xavien mi aveva portato a spasso per il mondo appunto per cercarla. Come avrebbe reagito se avesse saputo che dentro di me c’era la chiave per trovarla?
«Questo posto mette i brividi.» mormorò Annika, stringendosi le braccia al corpo. «Sembra quasi che incomba si di te, come una spada di Damocle.»
Monika Annuì. «Concordo. È angosciante.» rabbrividì.
«Sei sicura che dobbiamo passare di qui?» mi chiese Jake.
Annuii. «O per di qui, o per le paludi.» gli dissi. «E credi, non ti piacerebbero. Il solo ricordo è…» Tremai di disgusto. «Bleach!»
«Quindi non abbiamo scelta.» concluse lui.
«Esatto.»
Scrutò quell’ammasso di tronchi e fumo. «Quanto ci metteremo? Ad attraversarlo, intendo.»
 Presi un respiro. «Questo dipenderà dalla foresta.»
Lui mi guardò accigliato. «Che cavolo vuoi dire?»
«Lo scoprirai.»
Mi avviai superando il primo filare di alberi. Fu come entrare in una cupola di umido, aria densa come acqua. Titubanti, anche gli altri mi seguirono. Mi sconcertava ancora la fiducia che mi accordavano.
«La Foresta delle Anime Sole.» commentò Rafe. «Perché si chiama così?»
Non si riusciva a vedere niente al di là dei due metri. «Questa foresta, come tutto il resto di questo Mondo, è invaso dall’Energia. Sulla Terra la chiamiamo Magia, ma qui è proprio quello che il suo nome dice. È puro flusso di elettroni, protoni e neutroni, neutrini e quanti, in un continuo scambio. Non si esaurisce, si moltiplica. Ogni Essere Vivente, ogni Albero o Pianta, ogni Roccia o Ruscello, tutto è Energia. Così come lo sono anche tutte le Creature di LìosLand. Noi umani siamo convinti che il corpo possegga un’Anima, qui che sia pervaso da Energia. Ma sono la stessa cosa. Così come l’Anima governa il corpo, come lo riempie di vita, così qui l’Energia pervade le membra e permette di esistere. Alla morte del corpo, l’Anima lo lascia, per raggiungere altre luoghi – Paradiso o Inferno che siano. Qui entrano nel Dàapht o nel Vybhros
«Questo cosa c’entra con la Foresta?» chiese Rafe, con la sua solita impazienza.
Sospirai. «A LìosLand c’è una… come chiamarla?... una clausola, una scappatoia che permette a due Anime Congiunte di poter entrare in uno dei due Luoghi insieme. È chiamato Nahany Dwrijh, l’Amore Infinito. È quel legame che si instaura tra due Anime che hanno condiviso tutto nella Vita: gioia, dolori, che si sono scambiati un Giuramento che non è mai venuto meno, che hanno deciso di unire le loro Essenze per crearne una nuova.»
«Due anime gemelle.» considerò Bastian.
«Non proprio. Gli essere umani non ne sono capaci fino in fondo. Sulla Terra, anche se una coppia rimane insieme fino alla morte, c’è sempre qualcosa che si sono tenuti nascosti: una mania, un pensiero scomodo, anche un’attività. Quello è amore. Ma i Lìos, una volta instaurato quel legame, non potranno mai più tenere nascosto quello che hanno nel cuore. Tutto è alla luce del sole, tutto è limpido. Niente bugie, niente segreti. E così anche dopo la Morte, essi si uniscono nel cammino verso l’Altro Mondo.» Sospirai. «Ma dopo l’Onda Scarlatta, molte Anime sono state separate e molte di loro non hanno conosciuto quel legame. È una volta sopraggiunta la Morte del Corpo, esse giungono qui, perché senza un posto dove andare, né in Paradiso, né all’Inferno.»
«Scusa, ma di solito quando uno muore non viene giudicato per quello che è e poi spedito in uno dei due posti?» chiese Rafe.
«Non sto parlando di giudicare. Parliamo di un sentimento che viene perso o mai conosciuto. Qui è dove giungono le anime prive di quel legame, non chi ha commesso omicidio o ha fatto una vita da santo.»
 Camminammo in silenzio, ognuno perso nei proprio pensieri. Red venne accanto a me e mi strinse la mano. Il legame che condividevo con lui era diventato così forte che ormai riusciva a leggere facilmente tutte le emozioni che mi pervadevano. Aveva sentito il mio dispiacere, la mia tristezza per quelle Anime che non avevano potuto vivere con la loro metà per il resto della loro vita. Ormai, lo avevo accettato come un dato di fatto. Quello che mi dava da pensare era perché mia Madre non mi aveva instillato anche la Conoscenza di quel Legame.
«Pensieri?» mi chiese.
«Credo di non aver ancora realizzato appieno tutto questo.» confessai, scuotendo la testa. «Voglio dire, okay, sono qui a LìosLand, sono morta e risorta come Gesù, sto per incontrare la madre che ho sempre cercato e che mi ha incasinato anche la vita, vi sto facendo correre un pericolo tremendo, è molto probabile che ritroveremo Reìrag e chissà quanti altri pericoli incontreremo. Potremo rimanere feriti gravemente o morire…»
«Ehi.»
Red mi prese per le spalle, infondendomi un senso di calma assolutamente benvenuto. Realizzare fino a che punto avevo condotto quei poveri cristi mi faceva sentire uno schifo.
«Sto diventando una maledetta femminuccia.» mi lamentai, provando disgusto per me stessa.
«Sy.» mi chiamò Annika. Si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. «Credo di parlare a nome di tutti quando ti dico che abbiamo tutti un cervello con cui pensare. Abbiamo riflettuto quanto te su questa cosa, abbiamo scelto di nostra spontanea volontà di seguirti, perché ansiosi come te di voler scoprire le nostre radici. I pericoli, le conseguenze che questo gesto potrebbe portare… Io e Monika siamo state una nottata intera a pensarci su, a valutare i pro e i contro… e come vedi siamo qui, con te, con il Cerchio.» Mi scrollò leggermente. «Non sei sola in tutto questo. Non considerarti responsabile per noi. Tu sei quella che ha dato moto a tutto, ma era un desiderio che noi avevamo espresso a noi stessi da tanto tempo, ma che non abbiamo mai avuto coraggio di realizzare.»
«Annika ha ragione.» intervenne Jake. «Tu hai agito per prima, ma tutti noi ti siamo venuti dietro per nostra scelta. Nessun obbligo, nessun ricatto, nessuna spinta. Solo libero arbitrio.»
«E tanta stupidaggine.» terminò Rafe facendoci ridere.
Nessuno aveva degli amici migliori dei miei.
 
*   *   *
 
Constantine’s POV
 
«È questa la casa.»
Tramite il cellulare, Aria era riuscita a recuperare, sul sito della scuola, l’indirizzo dalla casa della signorina Madlain. La casa in cui abitava era uguale a tutte le altre del viale, in stile coloniale, con il portico dalla ringhiera pitturata di bianco e vasi di fiori a profusione, i mattoni rossi e il tetto in ardesia.
 Nel vialetto era parcheggiata la Mini nera opaco e il tettuccio bianco della donna, per cui doveva essere in casa.
«Scusa se ti ho fatto camminare così tanto.» disse improvvisamente Aria.
Constantine si fermò a guardarla. E quella da dove era uscita? L’aveva accompagnata per sua scelta, per liberarsi da quel senso d’oppressione al petto. Quando lo aveva avvertito per la prima volta, quella mattina, gli era sembrato di essere stato colpito da una mazzata allo sterno. Per niente una bella sensazione. Poi aveva sentito nella sua testa un mormorio, un ronzio, che ripeteva sempre la stessa cosa: “va da lei”. Aveva capito subito a chi si riferiva, la voce.
«Mi sto lamentando?» replicò lui.
Arai batté le palpebre. «No.» rispose, perplessa. «Ma ti saresti evitato tutto questo casino se mi avessi mollata a scuola.»
«Mi sto lamentando?» ripeté il phantom.
Una luce particolare le scintillò negli occhi, abbagliando quelli di Con. Un sorriso luminoso le si distese sulle labbra. Lo sguardo di Constanti si fissò in quelle pozze verde foresta per poi spostarsi verso la sua bocca, una curva di labbra rosse e morbide, contorno seducente per la fila di denti bianchi.
«Grazie mille.» gli rispose.
Constantine ebbe voglia di assaggiarle, sapere se erano soffici come apparivano, se erano calde, che gusto avevano…
In tutto il tempo che era vissuto sulla Terra, niente gli era mai importato. Aveva vissuto la sua vita così come gliel’avevano servita, aveva lottato per la propria indipendenza, per la propria vita ed era sopravvissuto. Dopo aver compreso ciò che era, aveva deliberatamente lasciato perdere tutto quello che considerava di rilievo – amici, una casa, una famiglia –, aveva scelto di vivere come più gli piaceva e ne era stato contento… fino a poche settimane prima.
Aria non lo sapeva. Non doveva saperlo.
Osservò il contrasto tra la pelle lattea, cosparsa di macchioline dorate e la criniera di capelli rosso sangue.
Erano stati proprio quei nastri di quel colore insolito e accecante che lo aveva attirato al cimitero.
Ci era andato spesso dopo che se n’era andato dalla bettola in cui abitava, e girovagando senza meta, si era ritrovato davanti il cancello dell’Holy Safe Lansing Graveyard. Si era sentito attratto da quel luogo di pace e silenzio, dove non avrebbe sentito le urla di sua padre e le imprecazioni di suo madre, dove non ci sarebbe stato nessuno che avrebbe potuto prenderlo in contropiede e ferirlo, sia nel corpo che nello spirito.
Era rimasto a vagare tra loculi, tombe e cripte fino al calar del sole, e anche all’ora, quando ad una persona normale, il camposanto sembrava infestato e pauroso, a lui aveva infuso calma e quiete.
Aveva sviluppato una routine: di mattina andava in giro a sbirciare le tombe, raccogliere fiori per chi non li aveva e a buttare quelli ormai secchi, e di notte teneva d’occhio i cancelli, in caso di incursione da parte di qualche vandalo, come era capitato già più di una volta.
E proprio camminando tra le tombe, l’aveva scorta.
Il corpo scosso da singulti, la faccia affondata tra le mani e la testa china su una lapide. Una cascata rossa che svolazzava nel venticello di fine settembre. Ne era stato subito attratto.
Poi aveva sentito i suoi singhiozzi. Li aveva riconosciuti. Quando uno come lui passava la sua infanzia a cercare di mascherare il dolore, ad un tratto arrivi al punto di punto di rottura e devi in qualche modo espellere tutto il veleno che ti scorre in corpo.
E aveva riconosciuto il suono di quel piagnisteo, intriso di una particolare sofferenza: quella di un animo corroso da mani altrui, pieno d’impotenza e aberrazione, d’incomprensione, di bruttezza, di mancanza d’amore. Aveva avuto l’impulso irrefrenabile di avvicinarsi e l’aveva fatto.
E quando lei lo aveva scorto, si era ritrovato immerso in due pozze verde bosco, così lucidi di pianto e di dolore, che ne aveva riconosciuto l’affinità ai suoi.
Ecco perché si era trovato a salvarla dall’aggressione, perché si era preoccupato che lei mangiasse, che lei scoprisse quello che a nessun altro aveva mai fatto vedere, che le aveva fatto conoscere il vero Constantine.
«Entriamo?»
Aria si avviò verso la casa e Constantine si scosse da quei pensieri così lontani anni luce, eppure così vicini.
Pochi minuti dopo aver suonato il campanello, la porta si aprì.
La donna, bella nel suo semplice maglione e jeans, sorrise ad Aria lanciandole un’occhiata perplessa.
«Salve, ragazzi.»
«Scusi il disturbo, signorina. Sono Rosarianna O’Sheha, un’amica di Sy Hill.»
Constantine si accorse subito del cambiamento nella donna, dell’improvvisa rigidità delle spalle, dello sguardo diventato guardingo e il sorriso teso.
«Come posso aiutarti?» chiese la donna, gentile.
«Ecco, sono preoccupata per Sy.» incominciò Aria. «Mi hanno detto che l’avete giustificata perché andasse via, quindi pensavo che non si fosse sentita bene. Ma quando sono andata a casa, non l’ho trovata. Mi chiedevo se lei sapesse dov’è.»
Constantine rimase impressionato dalla facilità con cui inventò quella scusa. Aveva inventiva, la ragazza.
«Oh, è ad un’escursione!» esclamò la donna, come sollevata. «Il signor Drawn li ha accompagnati in montagna per studiare gli effetti del cambiamento di stagione sulla natura.» spiegò.
«Eh, davvero?» tergiversò Aria. «Ma avrebbe dovuto dire qualcosa almeno alla famiglia. Sa, suo padre…»
«Lo abbiamo avvisato noi.» intervenne la Madlain. «La scuola si è incaricata di avvisare tutti i genitori…»
«Tutti?» la interruppe Aria. «Credevo che fosse insieme a Red e basta. C’è qualcun altro insieme a loro?»
«Non si preoccupi, signorina…»
«No!» esclamò Aria. «Sono stufa di sentirlo in continuazione! La mia amica è sparita e a quanto pare non solo lei. Voglio delle risposte e le voglio adesso!»
Constantine ammirò la sua determinazione. Sembrava una lupa che protegge i suoi cuccioli.
Poi Aria si accigliò. «Aspetti un attimo.» disse, irrigidendosi. «Sono i montagna… con il professor Drawn?» Di scatto, si girò a guardarlo. «Com’era quello che ci ha quasi investito a scuola?» gli chiese.
La signorina Madlain sgranò gli occhi. «Vi hanno…»
«Com’era?» ripeté Aria.
«Corporatura massiccia, sulla quarantina, capelli neri, occhi verdi e voce potente, da baritono.» fu la sua esaustiva risposta di Constantine.
Arai assottigliò gli occhi, a quella risposta. Si girò verso la donna che aveva ormai lasciato perdere la faccia di finta gentilezza per una seria, circospetta.
«Se lei dice che il professor Drawn è in montagna con Sy e gli “altri”, come può essersi a scuola un uomo con le sue stesse fattezze?» mormorò alla donna. «Inoltre, c’è un’incongruenza nella firma dell’orario d’uscita. Lei ha firmato venti minuti fa, ma il suo orario è terminato alle tre, non alle quattro. E lo so, perché oggi avrei dovuto avere matematica applicata con lei, ma siamo usciti prima perché l’insegnate mancava. Ma com’è possibile visto che poi lei ha firmato l’orario d’uscita?»
La Madlain tacque.
«Sappiamo entrambe che sta nascondendo qualcosa, di molto grosso anche se ha avuto bisogno dell’aiuto di un altro professore, rischiando di finire nei guai.»
Constantine era rapito. Continuava a guardare Aria, cercando di ricordare se l’avesse mai vista così determinata, così combattiva. Era ammaliato dalla sua forza d’animo, dalla tenacia che stava esibendo per le sorti dell’amica.
Fu guardando lo scintillio negli occhi verde bosco che si rese conto di essere nei guai. Perché quella ragazza stava mettendo a soqquadro il mondo che fino ad ora aveva conosciuto e in cui aveva sempre vissuto, e non era del tutto certo che quello fosse un male.
Una macchina scusa si avvicinò al vialetto della casa coloniale, fermandosi vicino alla cassetta della posta. Dall’auto scese l’uomo che li aveva quasi investiti.
Constantine fece in tempo a vedere le spalle della professoressa crollare sotto il peso della sconfitta, prima che Aria facesse qualche passo in avanti, lanciandole un’occhiata di fuoco.
«Bomany perché mi hai chiamato? Avevi detto che era urgente.» commentò mentre risaliva il vialetto. Si fermò di colpo quando vide i due ragazzi davanti alla porta di casa della donna. Si accigliò. «Che sta succedendo?»
«Questo me lo deve dire lei, professore, visto che non dovrebbe essere qui.» affermò Aria. «Che è successo? Ha dimenticato lo zaino e la corda? In montagna servono sempre.»
 
 
*   *   *
Sylence Lillian Hill’s POV
 
«Sbaglio o la foresta sembra essersi richiusa su di noi?» chiese Jake.
Scossi la testa. «No, non sbagli.»
Strinse gli occhi, studiando la mia faccia. «Dimmi perché non sei preoccupata.»
Il mio sguardo vagò sulle forme sfocate degli alberi che si erano curvati intorno a noi, inghiottendoci tra le loro spire.
«Perché so già quello che sta per accadere. Ricordi?» Mi sfiorai la tempia. «È tutto qui dentro.»
«Sei un tantino spaventosa in questo momento, lo sai?»
Annuii rispondendo: «Non sai quanto. Non hai idea di quanta roba ho nel mio cervello in questo momento che preferirei non sapere.»
«Tipo cosa?»
«Te lo dirò un’altra volta.» sviai. «Non credo che questo sia il momento.»
Vibrazioni piene di Energia iniziarono a scivolarmi addosso, proprio come era successo nei pressi del Portare, sulla Terra. Piccoli assestamenti, come a dire che qualcosa si stava avvicinando.
Mi sentii stringere una spalla. «Lo senti anche tu, non è vero?» chiesi a Red.
Lui annuì, spostandosi davanti a me, facendomi da scudo. «Cos’è?»
Alzai gli occhi al cielo. «Non succede niente, Red.»
«Se lo dici tu.» commentò, ma non si spostò.
Le vibrazioni si fecero più forti, tanto che anche i rami ricurvi intorno a noi iniziarono a ronzare, scossi da tremolii continui. Poi si avvertì uno schiocco, come quando un elastico teso viene lasciato di scatto, e l’aria densa di nebbia davanti a noi si contorse, espandendosi e contraendosi.
Quei movimenti sinuosi mi ricordarono Reìrag e i suoi portali, incutendomi timore: infatti, anche gli altri vennero assaliti dalla paura, ma imposi loro di calmarsi.
«Avevi detto che non ci avrebbe fatto del male.» protestò Jake, mentre stringeva Annika, che si era rifugiata tra le sue braccia.
«No, non l’ho fatto.»
«Ci hai messo deliberatamente in pericolo!?» mi gridò contro.
Ahia. Quella mancanza di fiducia mi fece male. Lo guardai, lasciando vendere quanto quella domanda mi aveva ferita.
«Credi che lo farei?» gli chiesi. «Dopo tutto questo, credi che farei mai una cosa del genere?»
Vidi il suo viso irrigidirsi, mentre nei suoi occhi apparve il rimorso per avermi accusata ingiustamente.
Riportai lo sguardo davanti a me. L’aria era quasi al punto di rottura, giusto qualche secondo e poi con un altro schiocco, più forte dell’altro, e davanti a noi apparve una forma. Indistinta come la nebbia, eppure solida, tridimensionale.
La sagoma di una donna.
Essa non aveva volto, nascosto sotto un cappuccio, anch’esso fatto di nebbia e fumo, come il resto del corpo, che ondeggiava come un’illusione provocata dal caldo sull’asfalto.
La sua voce, un eco sussurrato nelle nostre menti. «Er este bhà?» ci chiese nell’Antica Lingua. Chi è là?
«Chiediamo perdono, per aver disturbato il Sonno delle Anime Andate, ma porgiamo una richiesta di passaggio per il vostro Luogo al fine di raggiungere la Madre delle Madri, al lago di Thaùrm.» le dissi ossequiosa. Rimasi stupida da me stessa: non avevo mai parlato in quel modo, antiquato e composto, ma nella mia testa si era messo in modo un meccanismo automatico sfornando parole su parole, senza che io me ne accorgessi.
«Chi porge la sua richiesta?» ribatté l’Anima.
«Pongo i saluti a nome del Cerchio di Lansing. Io sono Sylence Hill, membro del Cerchio e… figlia della Regina Bianca.»
All’improvviso, migliaia di fuochi fatui, o quelli che sembravano tali, spuntarono come funghi intorno a noi, aumentando il volume dei lamenti intorno a noi ad un livello assordante. Red mi spinse dietro la sua schiena, circondandomi con le braccia.
Cercai di non preoccuparmi. Mamma mi aveva dato un suggerimento importante, quando mi aveva trasmesso questo ricordo: non intimoriti, prova pietà e compassione e passa oltre.
Lo avrei fatto.
«Sy, puoi spiegarci…?» chiese Jake.
«Le ho detto il mio nome.»
«E allora?»
Non gli risposi. Non sapevo cosa dire. Mia Madre non mi aveva avvisato di questa probabilità. Spinsi un po’ contro la spalla di Red per spostarlo il tanto che bastava per vedere la donna che alzava una mano fumosa. Le Anime parvero calmarsi: smisero di vibrare e i lamenti si attenuarono.
«Quale impulso ha spinto la figlia di Colei che ci ha guidato a calpestare il Sacro suolo del nostro Bosco?» chiese ancora la donna.
«Desidero incontrarla.» risposi. «Anelo a conoscere, per la prima volta in vita mia, la Donna che potrei chiamare Madre.»
«Dunque Tu non hai mai intrattenuto rapporti con Lei?» continuò la donna.
Scossi la testa. «Purtroppo no.»
La donna parve riflettere. Il suo capo si spostò leggermente, soffermandosi su Red.
Infine si girò verso i fuochi fatui. «Ella non è Colei che crediamo. Il suo Animo è puro e lo condivide con Lui.» Le luci fluttuanti la circondarono come ad abbracciarla. «Non attenterà al nostro Luogo, né a Noi.»
Quando sentii quelle parole incominciai a rilassarmi. Mi girai verso gli altri.
«Sembra che sia tutto apposto.» sussurrai.
«Sicura?» chiese Jake.
Annuii. «Dipenderà tutto da quello che dirà lei.» chiarii, indicando la donna-fantasma.
La donna mormorò qualcosa di incomprensibile alle Anime ed esse, ad una ad una, iniziarono a spegnersi, fino a sparire del tutto.
La donna fluttuò verso di noi. Si fermò davanti a Red, che di tese come una corda di violino.
«Calma il tuo Animo, Mijhack, non arrecherò danno alla tua Tamyha.» affermò la donna, parlando inglese per la prima volta. Credo che lo fece soprattutto a beneficio di Red.
Mi parve strano sentir chiamare Red giovane uomo, ma mi lasciò ancor più stranita il fatto che mi aveva definita la sua Metà.
«Anche io come te attendevo l’arrivo della mia Anima Complice, di Colui che avrebbe reclamato io mio Cuore.» Anche se non potevo vedere il suo viso, percepivo la tristezza che la invase, rivangando i ricordi. «Ma il Destino ci ha precluso tale esito.» Spostò il capo tra me e Red. «Non prendete sotto gamba ciò che il Fato ha voluto per Voi. Chi trova la sua Metà è destinato a vivere una Vita piena.»
La donna fluttuò accanto ad un albero e posò la mano contro la corteccia biancastra. L’Energia scaturì dal suo palmo, pervadendo il tronco e le radici. D’un tratto, la foresta non apparve più oppressiva, non ci incombeva più addosso, e i rami contorti si distesero verso l’alto, aprendo la volta che ci aveva coperto fino a quel punto.
«Il Passaggio vi sarà concesso.» annunciò la donna, abbassando il braccio. «Seguite il sentiero, non inoltratevi in altre strade poiché vi porteranno nell’Ignoto e non potrete più trovare Casa.»
Posai una mano sulla spalla di Red. Si voltò a guardarmi e io annuii. Lanciai un’occhiata a Jake che, tenendo la mano ad Annika, ringraziò con un cenno del capo la donna e la oltrepassò, seguito dagli altri.
Red intrecciò le dita alle sue e mi trascinò in avanti, ma lo trattenni per qualche altro secondo.
Mi girai a guardare la donna che stava per inoltrarsi nella nebbia. «Qual è il tuo nome? E quello del tuo amato?» le chiesi.
Il cappuccio si voltò, osservandomi da sopra una spalla. «Qual è la ragione di tale domanda?»
Scrollai le spalle. «Curiosità.»
Una pausa. «Breezah. Era quello il mio nome.» Chinò il capo. «Lui era Gahareìr.»
La sua figura di fece indistinta fino a scomparire, amalgamandosi con la nebbia.
 
 
*   *   *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
I professori continuavano a scambiarsi occhiate, parlando senza dire una parola, innervosendo tantissimo Aria. Le tremavano le mani tanto era la voglia di colpire qualcosa. Non aveva mai auto istinti omicidi – a parte per i suoi genitori, s’intende – ma in qual momento aveva una voglia pazzesca di fare del male a qualcuno.
«Adesso basta.» sbottò. «Se in cinque secondi non mi dite che cosa avete fatto a Sy e a chiunque altro, chiamerò la polizia. Spiegate a loro perché avete mentito ai genitori dei vostri alunni, magari mettendoli in pericolo.»
La signorina Madlain sospirò, abbassando le spalle. «Mikah…» iniziò, scuotendo la testa.
«Bonamy.» l’interrupe lui. «Tanto vale dirglielo. Per di più, guarda con chi è. Qualcosa mi dice che non ne rimarrà tanto sconvolta.»
Aria si accigliò, lanciando uno sguardo a Constantine: lui era occhi negli occhi con il professore, quasi stessero ingaggiando una lotta solo con lo sguardo, cercando di penetrarsi la mente a vicenda. Si stavano riferendo a lui? Che cosa sapevano? E come facevano a saperlo?
«Come vuoi tu, Mikah.» sospirò la donna, facendosi da parte. «Ma ti prenderai tu qualunque tipo di responsabilità.»
Il professore annuì, distogliendo lo sguardo da Constantine per entrare in casa con la professoressa.
Aria guardò con ansia Constantine che, prendendola per un gomito, la condusse all’interno della casa.
Era un posto accogliente, con mobili di legno bianco e marrone chiaro, pieno di pizzi e tende di cotone, vasi di fiori e profumo di lavanda sparso dappertutto.
La Madlain li condusse nel salotto, un posto spazioso con un divano di pelle bianca e un tappeto di pelliccia finta.
Li fece accomodare. «Incominci tu?» chiese al professore.
L’uomo annuì. «Prima di tutto, voglio sapere che cosa ci fa una mia annulla con uno come lui.» affermò.
Aria si accigliò per il modo in cui si riferì a Constantine, come se fosse… beh, non le piacque per niente.
«Constantine.» affermò ferma la ragazza, fulminando l’uomo. «Il suo nome è Constantine.»
«Beh, vorrei sapere come fa a conoscerlo.» insistette lui.
«Lei come fa?» ribatté Aria.
L’uomo incrociò le braccia al petto, gonfiando minaccio i bicipiti. «Io non so chi sia, ma so cos’è
Aria lanciò un’occhiata a Constantine, afferrandogli una mano. I due adulti si accorsero del gesto e si accigliarono.
«Che cosa sapete voi di Constantine? Da dove proviene? Come vi siete accorti di lui? E soprattutto perché sapete di lui?» chiese a profusione.
«Loro sono come me.» mormorò Constantine.
Aria lo guardò sgranando gli occhi.
«Non proprio come me, ma… sono diversi.»
Il professor Drawn annuì, studiandolo con attenzione. «Anche tu senti la nostra Energia. Così come noi sentiamo la tua.»
«Ma voi non siete come me.» ribatté il ragazzo.
«No.» confermò la Madlain. Si scambiò uno sguardo con il professore. «È da un bel po’ di tempo che non mi capita di vedere un phantom
Aria non poté fare altro che guardarla allibita. «Che cosa sapete?» chiese, quasi senza fiato dall’emozione.
«A parte le cose basilari? Che è il primo della sua specie che incontriamo qui sulla Terra. Ed è ancora più strano averlo incontrato dopo tanto tempo. Stiamo perdendo la mano, Bonamy.» sospirò il professore.
«Non credo, Mikah.» contraddisse la donna. «Il problema è che lui ha mascherato bene le sue tracce, o qualcuno lo ha fatto per lui. Riesco ancora a sentire la puzza d’alcol stantio e di marcio che permea la sua pelle.» La donna rivolse uno sguardo di compassione al ragazzo. «Non devi aver avuto una vita facile, se sei diventato quello che sei in giovane età.»
Aria percepì il corpo di Constantine irrigidirsi, respingendo in automatico quel tentativo di psicoanalisi. Si ritrovò a stringergli il braccia appoggiandosi a lui con il corpo, infondendogli il suo calore.
Il professore emise un lamento, guardando il gesto. «Ti prego, non dimmi che l’hai legata a te.» lo supplicò, passandosi una mano tra i capelli per la frustrazione.
«Mikah…» tentò la professoressa.
«Deve saperlo, Bonamy!» esclamò. «Prima che sia troppo tardi.»
Aria aveva timore di chiedere, ma lo fece lo stesso, visto che Constantine non si decideva a farlo. Anzi, sembrava diventato un pezzo di ghiaccio.
«Di che cosa state parlando?»
«Del Bound.» affermò l’uomo. «Il legame che si instaura tra un phantom e la sua compagna. Un legame che neanche la morte può spezzare.» Sospirò. «Un legame che si è già creato tra voi due.»
Aria si sentì arrossire fino alla radice dei suoi capelli già rossi. Va bene che le piacesse Constantine – era inutile nascondere la cosa, era troppo palese – ma che fosse anche la sua compagna? No. Non poteva essere. Si conoscevano fa quanto? Due settimane? Qualcuna in più. Era troppo presto. Inoltre… se Constantine non provasse quello che provava lei? Ci sarebbe rimasta molto male, ma era partita già con quel presupposto… però se aveva instaurato quel legame… No, non poteva assolutamente essere.
«Non c’è un modo per scioglierlo?» Si pentì immediatamente di quella domanda. «Voglio dire… se si è creato c’è anche un modo per toglierlo.» No, così peggiorava le cose. Non aveva neanche il coraggio di guardare Constantine in faccia. «No! Insomma, come si è creato?» si decise a chiedere infine, abbassando gli occhi.
Il professore scosse la testa. «Non è qualcosa che nasce, come l’affetto, o altro. È un qualcosa di già prestabilito. Ogni phantom ha la sua compagna, ma non è sicuro che la trovi. Inoltre, un legame di tale portata non può essere ignorato, né si farà ignorare. Si farà sentire in qualunque modo, tramite i pensieri, o i gesti, o le emozioni.» spiegò.
Aria non sapeva che dire. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma non aveva coraggio sufficiente ad analizzare quell’improvvisa piega degli eventi. Era andata lì per un altro motivo e non si sarebbe lasciata distrarre. Avrebbero approfondito il discorso di Bound, legami e quant’altro in un altro momento.
«Scusatemi, non per qualcosa, ma io voglio sapere dov’è Sy.» chiese.
Dopo un altro scambio di occhiate, la professoressa Madlain si rivolse a lei dicendo: «Ci sono molte cose che non sai della nostra città e su quello che nasconde. E tutto è legato in modo intrinseco a Sy…»
Aria rimase sbalordita da quello che le dissero i professori. Certo, era passata per un phantom e tutti gli aspetti che questo comportava, ma… elfi, magia, altri mondi? Mio Dio, c’era da ricoverarsi in psicoanalisi. Eppure, dalle loro parole, nella sua mente scaturirono una serie di piccoli flash, che le confermarono che tutta quella storia era vera: i ricordi della scampagnata, quella che lei credeva essersi svolta nei migliori dei modi e che, invece, era andata a finire in un altro modo.
L’attacco di quel mostro pieno di simboli neri, la sua amica si che parlava una lingua strana… e Chris che invece era rimasto al suo fianco, e che quindi conosceva l’intera storia.
Ecco perché le aveva risposto in modo evasivo, ecco quello che Sy le aveva nascosto.
Si sentì ferita. Perché Sy non l’aveva messa a parte di tutte quelle cose, invece di farle in lavaggio del cervello? Perché aveva scelto di dire a Chris quello che avrebbe potuto dire a lei? Si preoccupava di essere giudicata? Oppure non la riteneva adatta ad essere parte di quel segreto? Era così poco degna di essere sua amica?
Non si accorse di avere le lacrime agli occhi fino a che non sentì le mani calde di Constantine che le stringevano il viso con delicatezza e le cancellava le scie salate dalla guance.
«Perché?» singhiozzò. «Perché non ha voluto dirmelo?»
«Credo che lo abbai fatto per proteggerti.» mormorò lui, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte. «Pensaci. Se quel mostro fosse tornato, avrebbe attaccato tutti quelli a cui la tua amica vuole bene, inclusa te.»
«Oh.» Non riuscì a dire altro. Non l’aveva pensata così. Non le era mai passato per la mente che potesse essere per un motivo altruistico che Sy non glielo avesse rivelato.
«Se avessimo saputo che c’era un phantom in città…» si rammaricò il professore d’un tratto.
La signorina Madlain era d’accordo. «Avremmo risparmiato molto tempo.»
«Che volete dire?» chiese Constantine.
«Beh, mio caro phantom, significa che tu sei il nostro lascia passare per LìosLand.» Rise della loro faccia perplessa. «I portali – o la maggior parte di essi – sono sotto stretta sorveglianze e protetti da un incantesimo di sangue che non permette a quasi tutte le specie viventi di oltrepassarle. Quello in cui il Cerchio è passato aveva un blocco contro di noi e se anche fossimo riusciti ad oltrepassarlo, ci avrebbe spediti dritti nelle fauci del lupo, se mi passate il gioco di parole.»
«Purtroppo quello era l’unico portale che abbiamo mai trovato e, ora come ora, non ci servirebbe a niente trovarne un altro, perché non potremmo lo stesso oltrepassarlo. Ma tu,» disse miss Madlain indicando Constantine. «Non avresti mai in questo problema, grazie al trasfert. Fu proprio per questo vostro potere che foste perseguitati fino all’estinzione, per impedire a qualsiasi altro di entrare e uscire liberamente da LìosLand
Un silenzio tombale cadde nella stanza. Ad aria parve quasi che Constantine avesse smesso di respirare.
«Vuole dire…» sussurrò il ragazzo. «Che io…»
Con rammarico, la donna annuì. «Per quanto ne sappiamo, tu potresti essere l’ultimo della tua specie. Mi dispiace.»
Ad Aria venne voglia di piangere di nuovo. Aveva intuito da come ne aveva parlato, il desiderio di Constantine di voler incontrare la sua vera famiglia, o almeno qualcosa di simile a lui. Il non poter più fare anche avendo al possibilità di tornare al luogo a cui apparteneva era orribile.
«Comunque non si può essere certi al cento per cento.» soggiunse il professore. Tirò su col naso, in modo brusco e scosse la testa, ma Aria colse lo stesso lo scintillio dei suoi occhi umidi. «Chi può sapere se altri phantom abbiano lasciato il loro mondo per un altro prima di essere catturati o peggio?» Guardò Constantine negli occhi. «C’è sempre una speranza ragazzo. Non dimenticarlo mai.»Capitolo 39
 
Niente è come sembra
 
 
Mi subissarono di domande. Cos’era successo era quella più frequente. Con la lingua ancora un po’ attaccata, balbettai quello che mi era successo, mentre ancora ero tra le braccia di Red.
Dopo… non saprei come definirlo, quella libera espressione dei nostri reciproci sentimenti – stavamo pomiciando alla grande, ma meglio metterla in modo filosofico, mi faceva sentire meno una fiaccola ambulante – mi aveva riportato in braccio dagli altri. Le terminazione nervose erano apposto, ma i muscoli erano ancora atrofizzati o giù di lì.
Le reazioni del Cerchio mi aveva riempito di calore. Annika e Monika erano venute ad abbracciarmi e Rafe aveva stretto tutte e tre in una morsa d’acciaio. Red si era rifiutato categoricamente di mollarmi, quindi si era ritrovato nel mezzo della tenaglia. Jake era venuto a stringermi una spalla, una o due lacrime di felicità che gli avevano solcato le guance. Bastian invece era stato così contento che aveva fatto un salto, gridando un “evviva, avevo ragione” di contentezza.
Divorai una mela, tanto ero affamata, e bevvi un’intera bottiglietta d’acqua. Quando chiesi a Red di mettermi giù, mi lanciò un’occhiata di traverso, dicendo che tutto voleva al di fuori di lasciarmi andare – perfettamente d’accordo –, ma mi permise di appoggiare i piedi a terra e tenermi equilibrio usando lui come appoggio.
«Ce la fai?» mi chiese.
«Certo.» gli dissi, scostandomi. Costrinsi le mie gambe a reggermi. Era bello reggersi a lui, ma… insomma, non ero una mammoletta. Basta fare al principessa svenevole.
«Per quanto tempo sono rimasta… bloccata?» chiesi.
«Quasi un’ora.» rispose Bastian. Mi si avvicinò con i palmi rivolti verso me. «Ferma.» mi ordinò.
Mi ispezionò da capo a piedi, il suo Talento mi attraversò come acqua fresca, rinvigorendo i muscoli tesi e rigidi, rilassandoli, riportandoli allo stato naturale, elastici e mobili.
Sospirai di piacere. «Grazie mille, mi serviva proprio fare un viaggetto alla Bastian S.P.A.
Scoppiò a ridere. «Questa è la prova inconfutabile che è tornata la nostra vecchia Sy.»
«Credimi, è un piacere anche per me.» Tornai seria. Guardai Jake. «Abbiamo un bel po’ di cose da fare se vogliamo arrivare lì.» Accennai alle Montagne. «Diamine, non sarà per niente facile.»
Il Cerchio si scambiò uno sguardo. Jake mi posò un mano sulla spalla. «Chiave
Fu tutto quello che disse. Ma fu quello che non disse a farmi sorgere un’inaspettata voglia di piangere di gratitudine. Mi sentii invadere da un profondo senso d’affetto e determinazione. Era fiducia incondizionata, la libera disposizione delle future azioni del Cerchio, la responsabilità della loro sopravvivenza.
Chiusi gli occhi, imponendomi di non essere di nuovo una fontana e li riportai su Jake.
«Dobbiamo andare da mia Madre.» dichiarai. «Al lago di Thaùrm.»
 
 
*    *    *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
 
«Credo che sia meglio separarci qui.» disse Aria. Si pentì subito. «No! Volevo dire, insomma…»
Non hai speranze, sorella. Scava una buca e sotterrati, io vado in pensione.
Ma Constantine non la stava guardando. Scrutava con occhio attento la casa di Sy, come a voler passare attraverso le mura.
«Che succede?» gli chiese Aria.
Lui aggrottò leggermente la fronte, assottigliando lo sguardo. «Chi abita qui?»
«Ehm… la mia amica Sy, con suo padre. Perché?»
Con scosse la testa. «Niente.» Si voltò verso di lei. I suoi occhi bicolore le  sfiorarono il viso, indugiando su una ciocca di capelli che le si arricciava lungo la mascella. «Ci vediamo.»
Veloce, le girò le spalle e, mani in tasca, si allontanò.
Fu così svelto che Aria si bloccò con una mano a mezz’aria. Era perplessa dalla rapidità con cui Constantine l’aveva liquidata.
Sospirò. «Ciao.» disse, agitando inutilmente la mano.
Entrò in casa, trovandola silenziosa. Aveva voglia di raccontare a Sy quella che le era successo – salvo dettagli più fantascientifici – e andò in camera sua.
Era vuota. La sua borsa era lì, il letto era sfatto dalla mattina.
Uscì in corridoio, provò a chiamarla sul cellulare, ma le rispose la segreteria telefonica.
Iniziò a preoccuparsi. Lanciò un’occhiata alla porta del laboratorio. Doveva avvisare Xavien? Ricordava ancora il litigio che aveva sentito tra i due, nascosta in camera sua. Non aveva capito bene cosa si fossero detti, ma alla fine Sy era uscita di casa sbattendo la porta e Xavien era tornato nel laboratorio.
Non sapeva cosa fare.
Andò in camera sua e si sedette sul letto. Che fare? Dirlo a Xavien? E se Sy voleva stare da sola? Di sicuro si sarebbe arrabbiata. Dio, era inutile quanto un cd rotto. Non sapeva come comportarsi in qualsiasi situazione. Non ci si era mai trovata, non sapeva comportarsi come un’amica.
Un’ombra le comparve alle spalle. Un brivido le corse lungo la schiena.
Sapeva chi era. Prima ancora di girarsi.
Constantine si stagliava contro la luce proveniente dalla finestra, un alone che lo faceva sembrare un angelo. Un angelo arrabbiato, considerò, guardando al sua fronte aggrottata sugli occhi inquieti.
«Perché mi hai chiamato?» le chiese.
Aria scosse leggermente la testa. «Non l’ho fatto. Io…» Sbatté le palpebre. «Come hai fatto ad arrivare qui?» soffiò.
«Transfert
Gli occhi nero-ghiaccio brillarono, un attimo prima di sparire. Aria si alzò di scatto dal letto, la mani protese in avanti, quasi a voler afferrare il corpo che era appena scomparso.
Incespicò all’indietro andando a sbattere contro la porta. No, non era la porta. Le porte non sono calde e non respirano.
Lentamente, girò la testa fino ad incontrare un paio di occhi bicolore. Le gambe, già tremanti, le cedettero del tutto, costringendo Constantine ad afferrarla prima che cadesse a terra come una pera cotta.
«Oh, mio Dio.» sospirò, chiudendo gli occhi.
Okay, si ritrovò a pensare. Non dare di matto, tanto hai già accettato che lui sia un morto che cammina, un alieno venuto da un altro mondo e un essere soprannaturale che più far volare le cose con il pensiero. Perciò, che differenza fa avere un potere in più?
Il braccio saldo che le cingeva la vita le fece balzare il cuore in gola. La maglia le si era alzata sopra l’ombelico, mettendo in mostra la pelle bianca della pancia. Era in iperventilazione, non sapeva se per la sorpresa o per la vicinanza di Constantine.
«Perché… perché sei venuto?» gli chiese, tremante, incapace di muoversi.
Il braccio si strinse di più. «Ho avvertito come una sensazione di malessere. E mi è venuto in mente il tuo nome.» Lo disse come se fosse un’accusa. «Cosa è successo?» grugnì.
Aveva sentito il suo disagio? Possibile? Dovette sopprimere la voglia di alzare gli occhi al cielo. Ormai aveva problemi ad identificare ciò che era “possibile” da ciò che non lo era.
Aria inghiottì. «Non riesco… a trovare la mia amica. Non risponde al cellulare e non ha lasciato alcun messaggio. Non voglio preoccupare suo padre.»
«Dove l’hai vista l’ultima volta?» le chiese, tenendola ancora. Sembrava quasi restio a lasciarla.
«A scuola. Mi ha accompagnato stamattina, ma sono tornata da sola. Ora che ci penso…»
Tirò fuori dalla tasca il cellulare e controllò i messaggi. «Le ho mandato un messaggio mentre tornavo, ma non mi ha risposto.»
«Può darsi che sia con il suo ragazzo.» insinuò Constantine.
Aria si mordicchiò il labbro. «Forse, ma Sy non è il tipo da far preoccupare le altre persone. Mi avrebbe avvisata se fosse andata da qualche parte. Può anche aver litigato con suo padre, ma avrebbe usato me come intermediario per fargli sapere che stava bene.»
Alla fine, Constantine la lasciò andare. Aria sentiva la pelle sotto la maglia che aveva toccato formicolare, come se sentisse la mancanza del suo calore.
Constantine scrollò le spalle. «Allora vai a scuola. Se non risponde, vedi se qualcun altro l’ha vista e chiedi in giro se hanno notato qualcosa.»
Uscì dalla stanza e chiuse la porta alle spalle di Constantine. Lanciò un’occhiata alla porta del laboratorio e annuì.
«Andiamo.» sospirò. «Spero di far presto, prima che Xavier si accorga della mancanza di Sy.» Si avviò verso la porta d’ingresso, seguita da Constantine. «Non ho la patente, dovremmo andare a piedi.»
Constantine la afferrò, cingendola da dietro le spalle, e le sussurrò: «Chiudi gli occhi.»
Aria fece appena in tempo ad eseguire il suo ordine, prima di essere risucchiata in un vortice che la strattonò a destra e a manca, tirata verso l’alto come succhiata in un tubo. La presa di Constantine si rafforzò.
Pochi secondi prima, i piedi atterrarono pesantemente al suolo, duro sotto le suole delle scarpe, mentre il mondo cercava di riallinearsi con il suo asse e quel anche istante dopo, veniva trascinata all’indietro dalle braccia di Constantine, mentre uno stridore di pneumatici che solcavano l’asfalto fendeva l’aria.
Una nausea tremenda le assaliva lo stomaco, ma si costrinse a reprimere qualsiasi tentativo di conato, stringendo le labbra.
Il conducente dell’auto si affaccio. I lineamenti del Professor Drawn erano contratti dalla preoccupazione.
«State bene?» chiese loro. «Non so proprio come ho fatto a non vedervi.» si accigliò.
Visto che Aria non era in condizioni di rispondere, lo fece Constantine per lei.
«Stiamo benissimo, ci scusi.» affermò. «Non avremmo dovuto oltrepassare senza guardare la strada.» giustificò.
Il professore lo studiò per qualche secondo, per poi stringere le palpebre. «Sicuro…»
«Non si preoccupi.» Constantine strinse Aria al petto. «Provvederò io a lei.»
Dopo qualche secondo, l’uomo annuì. Rimise in moto e, dopo uno «state attenti la prossima volta» uscì dal parcheggio.
Constantine abbassò lo sguardo su Aria, che aveva gli occhi spiritati e il corpo tremante.
«La prima volta può dare un po’ fastidio.» le disse Constantine, per riscuoterla dal torpore.
«Davvero?» gli rispose Aria, tra i denti, sarcastica. Batté un paio di volte le palpebre e sospirò, abbassando la testa. Non poteva credere di averci quasi rimesso la pelle.
Dita calde le si arricciarono intorno al mento, alzandolo. «Stai bene?» le chiese Constantine, gentile, scrutando il suo viso pallido.
Tenendo gli occhi fissi nei suoi, la nausea iniziò a calmarsi fino a sparire del tutto, mentre un calore insolito e conosciuto insieme le invadeva lo stomaco, placando il tremore.
«Sì.» gli rispose. «Mi hai…» balbettò.
«Sì.» le disse.
«Come facevi a sapere che era la mia?»
«È l’unica scuola pubblica abbastanza vicina da essere raggiunta a piedi.»
«Ah.» Prese un bel respiro profondo. «Sta attento la prossima volta.»
Si schiarì la gola, avvampando, mentre un rosso acceso le colorava la faccia e il collo. Era stretta tra le braccia di Constantine, nel cortile della scuola, sotto gli occhi di tutti. Aveva già adocchiato un paio di tipe a bisbigliare, guardandola di sottecchi.
Di sicuro ne sarebbero usciti pettegolezzi a non finire…
Stai ancora lì a preoccupartene?, si rimproverò. Hai pubblicamente umiliato Carly, comportandoti come la peggiore lingua-lunga possibile e ti fai ancora intimidire dalle chiacchiere di corridoio?
Che parlassero, si disse.
Come per un segnale implicito, Constantine la lasciò andare e indietreggiò tanto da impedirle di sentire il suo calore corporeo.
«Dove vuoi cercare?» le chiese.
«Resti?» gli chiese, sorpresa, cercando di reprimere quel senso di contentezza che le ispirava il solo pensiero di averlo qualche altro minuto ancora.
Lui scosse le spalle. «Se dovessi spostarti ancora, ti sarei d’aiuto. E non ho altro da fare.» aggiunse dopo qualche secondo.
«Grazie mille, anche se credo che avrei dei problemi a… “viaggiare” di nuovo con te.» confesso, facendo le virgolette.
«Dopo le prime volte, va meglio.» la rassicurò lui.
Aria annuì, poco convinta. «Se lo dici tu.»
Andarono nella segreteria e aria chiese alla signora Flinn se aveva visto Sy quella mattina.
La donna scosse la testa. «Mi dispiace, tesorino, non l’ho vita.»
Mentre la donna fissava il monito del computer, cliccando un paio di volte, Aria aspettò, lanciando uno sguardo a Constantine. Si guardava intorno, a prima vista con aria indifferente, ma Aria riusciva a vedere infondo ai suoi occhi, coperti dal ciuffo scuro dei capelli, una voglia di esplorare l’edificio scolastico. Comprensibile, visto che non vi era mai entrato.
«A quanto pare non era presente alle lezioni pomeridiane, ma a quanto pare era giustificata.» la informò la signora Flinn.
«Chi l’ha giustificata?» chiese Aria, rivolgendo la sua attenzione alla donna.
«La professoressa Madlain. Aveva la penultima ora.»
«Dove posso trovarla?»
Altro click. «È andata via un decina di minuti fa.»
Aria sospirò, abbassando le spalle. «Grazie mille.»
Voltò le spalle alla donna e si avvicinò a Constantine, che stava studiando una bacheca di sughero con sopra una marea di volantini. Quello a cui lui era rivolta la sua attenzione era quella dello scorso anno, un poster della squadra di basket, capitanata da Jackson Kingston. Era felice mentre stringeva il pallone sotto il braccio e con l’altra aiutava il vicecapitano a reggere la coppa che avevano vinto al campionato scolastico.
 Ora che lo vedeva così sorridente, si ritrovò a pensare che era da un po’ che non gli vedeva quell’espressione sul volto. Si ricordò le volte, gli anni precedenti,in cui era seduto con i suoi compagni di squadra a scherzare e divertirsi nella pausa pranzo.
Invece, dall’inizio dell’anno era stato taciturno, serio. E non aveva più frequentato la squadra di basket.
Che fosse stato a causa del suo litigio con il compagno di squadra, Red Hawks?
Per intuizione, si girò verso la signora Flinn e chiese: «Mi può dire se oggi anche Red Hawks era assente?»
La donna, momentaneamente stranita, batté qualche tasto e poi le rispose, aggrottando la fronte: «A quanto pare, sì.»
Sospettosa, chiese alla donna di dirle se Chris era ancora a scuola.
«Sì, l’ho visti prima: stava andando in biblioteca come al solito.» sorrise lei.
«Grazie.»
Aria afferrò il braccio di Constantine, che era rimasto silenzioso accanto a lei, e lo trascinò in corridoio in direzione della biblioteca scolastica. Chris trascorreva molto tempo tra gli scaffali impolverati, preferendo i pomeriggi trascorsi a scuola che quelli passati a casa.
Chris le aveva accennato ad un cattivo rapporto con il proprio genitore e del suo sentirsi ferito dal distacco brusco del padre.
Lo trovò che leggeva un libro di astronomia, verso la fine della biblioteca.
«Ehi, Chris.» lo salutò lei.
L’amico abbassò il libro, scoccandole un’occhiata sorpresa. «Aria? Che ci fai qui? Non dovresti aver finito?» le chiese. Lanciò un’occhiata alle sue spalle. «E chi è lui?»
«È un amico.» glissò lei. «Chris, puoi dirmi…»
«Amico?» rimarcò lui. «E non me lo presenti?»
«Non adesso, Chris…» tentennò lei. «Sto cercando Sy. L’hai vista?»
«Perché la cerchi?» domandò Chris, accigliandosi. «È successo qualcosa?»
Aria si domandò se far preoccupare anche lui o meno. Meglio non destare sospetti.
«No, niente di importante. È solo che aveva detto che mi avrebbe accompagnata a casa e non è ancora tornata. E non ha risposto alle mie chiamate.»
Chris si agitò sulla sedia, evitando il suo sguardo. «Probabilmente sarà uscita con Red e il suo cellulare non prende.»
«Red non era presente oggi a scuola.» intervenne Aria. «Non può essersene andata con lui. Inoltre, la sua auto non è nel parcheggio.» lo informò.
Chirs posò il libro e si alzò. «Non preoccuparti, non le è successo niente.» la rassicurò. «Non conosco nessuno che sia responsabile quanto Sy.»
«Sì, ma…»
Chris la prese per le spalle e fece per afferrarla per le spalle.
Con uno scatto, Constantine si intromise tra loro, impedendo al ragazzo si toccarla. Chris si tirò indietro di scatto, lanciando uno sguardo interdetto in direzione di un’Aria confusa.
«Ehi, che succede?» chiese, alzando le mani. Il suo sguardo saettava da l’uno all’altro, cercando di capire in che modo quel tizio era legato ad Aria.
«Constantine…» sussurrò lei. «È tutto apposto. Non vuole farmi del male.»
«Certo che no!» s’indignò Chris. «Non alzerei mai le mani su una ragazza, soprattutto se è mia amica.»
«Se lo dici tu.» mormorò Constantine, tuttavia non si mosse.
La pulsione che lo spingeva a fare da barriera ad Aria non si era ancora allentata. Non avrebbe permesso a nessun altro di farle del male, anche se non sapeva spiegare per quale motivo.
«Comunque,» continuò Chris. «Sy sta bene, non preoccuparti.»
«Come puoi saperlo?» gli chiese Aria, accostandosi a Constantine, ancora fermo.
«Fidati.» le impose l’amico, lanciandole un’occhiata della serie “non fare altre domande tanto non rispondo”.
Aria si accigliò. «Che cosa mi stai nascondente? E perché mi nascondete le cose, tu e Sy?»
«Non ti stiamo nascondendo niente.» la rassicurò lui, alzando le mani. «Però posso dirti con certezza che è inutile preoccuparsi per lei. Torna a casa, tornerà presto.»
Aria si sentì ferita. Chris sapeva qualcosa che Sy gli aveva detto, eppure aveva escluso lei. Non aveva voluto metterla a parte dei suoi piani, o quello che stava facendo. Ma perché? Forse non si fidava di lei? Si sentì il petto oppresso da un senso di tradimento e sfiducia. Valeva così poco come amica?
«Andiamo, Constantine.» mormorò, sfiorando il braccio del phantom.
Il ragazzo la seguì fuori dalla porta della biblioteca, senza voltarsi indietro, perdendosi l’occhiata di dispiacere che solcò il viso di Chris.
 
 
*   *   *
 
Chistopher Alasdair’s POV
 
Appena le doppie porte della biblioteca si chiusero, Chris afferrò il suo cellulare e compose il numero di Sy ma, proprio come ad Aria, gli rispose la segreteria telefonica. Allora chiamò il professor Drawn. Sy glielo aveva dato insieme a quello della professoressa Madlain.
Il professore gli rispose al terzo squillo.
«Mi scusi, professore, mi chiamo Christopher Alasdair, sono un amico di Sylence Hill…»
«Aspetta un attimo.»
Sentì dei passi e poi il suono di una porta che si chiudeva.
«Che cosa è successo?» gli chiese Drawn.
«Ha notizie di Sy? È da un po’ che non la sento.»
«Ma certo, è in baita con la professoressa Madlain.»
«Baita?» si stupì Chris.
«Stanno partecipando ad una escursione...»
«Stanno?» lo interruppe, insospettito. «Chi altro è con lei?»
«Suoi compagni di corso.» sorvolò l’uomo.
«Scommetto che tra questi “compagni” ci siano anche Red Hawks, Jackson Kinghston e magari anche le gemelle Teesh.»
«Non credo come i componenti del gruppo possano importarle, signor Aladrair. I ragazzi sono in montagna a fare ricerche per un compito scolastico, questo è quanto. I genitori sono già stati avvisati e sono sotto la supervisione di un insegnate.»
«La professoressa Madlain, insegna matematica.» soggiunse Chris.
«Anche scienze, anche se non in questa scuola.»
L’insicurezza invase il ragazzo? Si era forse sbagliato? Sy gli aveva accennato ad un coinvolgimento dei professori e gli aveva dato il loro numero. Forse si era dimenticata di dir loro del suo ruolo di mascotte del Cerchio. E se avesse sbagliato a capire? Doveva riprovare?
«Professore…» tentennò. «Una mia amica se n’è appena andata, preoccupata perché non aveva notizie di Sy Hill. Io l’ho incontrata questa mattina, ma dopo è sparita e adesso lei mi dice che è ad una gita con i suoi compagni che, guarda caso, sono anche quelli con cui di recente ha iniziato a frequentare a pranzo, un gruppo chiuso che non permette a nessuno degli altri di avvicinarsi a loro.» Scosse la testa, anche l’uomo non poteva vederlo. Decise di tentare un’altra strada, azzardata, ma era una soluzione. «Professore, se le dicessi “Regina Bianca” e “Cerchio”, lei che cosa mi risponderebbe?»
Silenzio, sentiva solo il respiro dell’uomo, calmo e regolare. «C’è qualcosa che vuole dirmi, signor Alasdair?» chiese infine Drawn.
«Credo che debba essere lei a dover dire qualcosa a me.» chiarì Chris. «Che fine ha fatto il Cerchio?»
 
 
*   *   *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
 
Non sapeva che fare. non voleva arrendersi così, solo perché Chris le stava nascondendo qualcosa, ma si sentiva ferita dai segreti che Sy le teneva nascosti, ma che non aveva problemi a divulgare ad altri. Perché avrebbe dovuto parlarne con Chris, ma non con lei? Forse non si fidava abbastanza. Se non l’avesse rivista, non lo avrebbe mai saputo, ed era una cosa che non poteva accadere.
Chris aveva detto che non le era successo niente, ma non poteva saperlo di sicuro, giusto? Non era con lei, non sapeva cosa stava facendo o con chi era. O sì?
Argh! Scosse la testa, cercando di scrollarsi di dosso quel senso di impotenza che l’aveva invasa.
«Cosa hai intenzione di fare, adesso?» le chiese poi Constantine.
Girandosi a guardarlo, le lampeggiò in mente l’immagine di come si era comportato prima, frapponendosi tra lei e Chris. Aveva capito che il suo intento era quello di proteggerla, il suo viso era diventato inespressivo, come la notte che l’aveva salvata dai quei tipi, nel vicolo.
«Non lo so.» gli rispose titubante. «Per qualche ragione, Sy non ha voluto che sapessi dove sarebbe andata, né con chi o perché.» Fece una smorfia di tristezza. «Per quale ragione dovrei continuare a cercarla, quando è chiaro come il sole che non vuole essere trovata?»
«Quindi ti arrendi.» affermò.
Gli lanciò un’occhiataccia. «Non mi sto arrendendo!» protestò lei. «È solo che…»
«Sì che lo stai facendo.» insistette lui.
«Ti dico di no!» Aria si girò per affrontarlo. «Sy non vuole essere trovata, dice di essere mia amica, ma poi non mi racconta i suoi segreti, quando io gli ho detto i miei. Perché dovrei perderci altro tempo su questa faccenda?»
«Perché è tua amica.»
Aria non seppe cosa rispondere. Sì. Sylence era sua amica e le amiche si supportano a vicenda anche quando non era richiesto. E come tale si preoccupava per lei. Per la sua pace mentale, doveva sapere se Sy era al sicuro o meno. Fino a poco tempo fa era stata proprio Sylence ad aiutarla, ora toccava a lei ricambiare il favore.
Raddrizzò le spalle. «Anche se dovesse mandarmi a quel paese una volta che l’avrò trovata, voglio accertarmi che stia bene.» affermò. Raddrizzò le spalle. «Muoviamoci.»
Gli occhi di Constantine brillarono. «Dove vuoi andare?»
«Dalla signorina Madlain.»
 
 
*   *   *
 
Sylence Lillian Hill’s POV
 
Il modo più veloce, ma non quello più semplice per arrivare al Lago era quello di attraversare la Foresta delle Anime Sole. Era un luogo nebbioso e stipato di alberi secchi e contorti, come mani scheletriche che allungavano le loro dita ossute e bianche verso il cielo a cercare la luce del Sole che non sarebbe mai soggiunta. L’aria era greve, soffocante, come una coperta d’umidità che ricopriva di patina la pelle che  mi fece rabbrividire.
Il ricordo instillatomi nella mente da mia Madre ci aveva condotti fin lì, in una traversata di quasi un’intera giornata. Eravamo stanchi, affaticati e non vedevamo l’ora di mangiare e bere. Avevamo riempiti gli zaini con le mele e, lungo il tragitto avevamo trovato un rivolo d’acqua fresca, così da rifornirci anche di acqua. Non avevo parlato tanto con gli altri, sia perché ero concentrata nel seguire in percorso segnatomi da mamma, sia perché non avevo granché da dire.
Ero ancora un po’ sconvolta da quello che mi era successo. Quello che più mi sconcertava era il fatto che mia Madre avesse collocato dentro di me quei ricordi e poi avesse dovuto farmi morire prima di averli. Perché non mostrarsi prima, tipo quando eravamo in biblioteca io e Red? Perché arrivare fino a LìosLand e poi farmi sapere che c’era un modo per raggiungerla?
Potevo capire che per intraprendere questo viaggio, avevo avuto bisogno di sostegno, di conoscere quelle che erano le mie potenzialità, il mio Talento, di dover incontrare il Cerchio per poter avere conferma della sua esistenza e della mia vera natura, ma avrebbe potuto mostrare segni di vita anche prima, no? Xavien mi aveva portato a spasso per il mondo appunto per cercarla. Come avrebbe reagito se avesse saputo che dentro di me c’era la chiave per trovarla?
«Questo posto mette i brividi.» mormorò Annika, stringendosi le braccia al corpo. «Sembra quasi che incomba si di te, come una spada di Damocle.»
Monika Annuì. «Concordo. È angosciante.» rabbrividì.
«Sei sicura che dobbiamo passare di qui?» mi chiese Jake.
Annuii. «O per di qui, o per le paludi.» gli dissi. «E credi, non ti piacerebbero. Il solo ricordo è…» Tremai di disgusto. «Bleach!»
«Quindi non abbiamo scelta.» concluse lui.
«Esatto.»
Scrutò quell’ammasso di tronchi e fumo. «Quanto ci metteremo? Ad attraversarlo, intendo.»
 Presi un respiro. «Questo dipenderà dalla foresta.»
Lui mi guardò accigliato. «Che cavolo vuoi dire?»
«Lo scoprirai.»
Mi avviai superando il primo filare di alberi. Fu come entrare in una cupola di umido, aria densa come acqua. Titubanti, anche gli altri mi seguirono. Mi sconcertava ancora la fiducia che mi accordavano.
«La Foresta delle Anime Sole.» commentò Rafe. «Perché si chiama così?»
Non si riusciva a vedere niente al di là dei due metri. «Questa foresta, come tutto il resto di questo Mondo, è invaso dall’Energia. Sulla Terra la chiamiamo Magia, ma qui è proprio quello che il suo nome dice. È puro flusso di elettroni, protoni e neutroni, neutrini e quanti, in un continuo scambio. Non si esaurisce, si moltiplica. Ogni Essere Vivente, ogni Albero o Pianta, ogni Roccia o Ruscello, tutto è Energia. Così come lo sono anche tutte le Creature di LìosLand. Noi umani siamo convinti che il corpo possegga un’Anima, qui che sia pervaso da Energia. Ma sono la stessa cosa. Così come l’Anima governa il corpo, come lo riempie di vita, così qui l’Energia pervade le membra e permette di esistere. Alla morte del corpo, l’Anima lo lascia, per raggiungere altre luoghi – Paradiso o Inferno che siano. Qui entrano nel Dàapht o nel Vybhros
«Questo cosa c’entra con la Foresta?» chiese Rafe, con la sua solita impazienza.
Sospirai. «A LìosLand c’è una… come chiamarla?... una clausola, una scappatoia che permette a due Anime Congiunte di poter entrare in uno dei due Luoghi insieme. È chiamato Nahany Dwrijh, l’Amore Infinito. È quel legame che si instaura tra due Anime che hanno condiviso tutto nella Vita: gioia, dolori, che si sono scambiati un Giuramento che non è mai venuto meno, che hanno deciso di unire le loro Essenze per crearne una nuova.»
«Due anime gemelle.» considerò Bastian.
«Non proprio. Gli essere umani non ne sono capaci fino in fondo. Sulla Terra, anche se una coppia rimane insieme fino alla morte, c’è sempre qualcosa che si sono tenuti nascosti: una mania, un pensiero scomodo, anche un’attività. Quello è amore. Ma i Lìos, una volta instaurato quel legame, non potranno mai più tenere nascosto quello che hanno nel cuore. Tutto è alla luce del sole, tutto è limpido. Niente bugie, niente segreti. E così anche dopo la Morte, essi si uniscono nel cammino verso l’Altro Mondo.» Sospirai. «Ma dopo l’Onda Scarlatta, molte Anime sono state separate e molte di loro non hanno conosciuto quel legame. È una volta sopraggiunta la Morte del Corpo, esse giungono qui, perché senza un posto dove andare, né in Paradiso, né all’Inferno.»
«Scusa, ma di solito quando uno muore non viene giudicato per quello che è e poi spedito in uno dei due posti?» chiese Rafe.
«Non sto parlando di giudicare. Parliamo di un sentimento che viene perso o mai conosciuto. Qui è dove giungono le anime prive di quel legame, non chi ha commesso omicidio o ha fatto una vita da santo.»
 Camminammo in silenzio, ognuno perso nei proprio pensieri. Red venne accanto a me e mi strinse la mano. Il legame che condividevo con lui era diventato così forte che ormai riusciva a leggere facilmente tutte le emozioni che mi pervadevano. Aveva sentito il mio dispiacere, la mia tristezza per quelle Anime che non avevano potuto vivere con la loro metà per il resto della loro vita. Ormai, lo avevo accettato come un dato di fatto. Quello che mi dava da pensare era perché mia Madre non mi aveva instillato anche la Conoscenza di quel Legame.
«Pensieri?» mi chiese.
«Credo di non aver ancora realizzato appieno tutto questo.» confessai, scuotendo la testa. «Voglio dire, okay, sono qui a LìosLand, sono morta e risorta come Gesù, sto per incontrare la madre che ho sempre cercato e che mi ha incasinato anche la vita, vi sto facendo correre un pericolo tremendo, è molto probabile che ritroveremo Reìrag e chissà quanti altri pericoli incontreremo. Potremo rimanere feriti gravemente o morire…»
«Ehi.»
Red mi prese per le spalle, infondendomi un senso di calma assolutamente benvenuto. Realizzare fino a che punto avevo condotto quei poveri cristi mi faceva sentire uno schifo.
«Sto diventando una maledetta femminuccia.» mi lamentai, provando disgusto per me stessa.
«Sy.» mi chiamò Annika. Si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. «Credo di parlare a nome di tutti quando ti dico che abbiamo tutti un cervello con cui pensare. Abbiamo riflettuto quanto te su questa cosa, abbiamo scelto di nostra spontanea volontà di seguirti, perché ansiosi come te di voler scoprire le nostre radici. I pericoli, le conseguenze che questo gesto potrebbe portare… Io e Monika siamo state una nottata intera a pensarci su, a valutare i pro e i contro… e come vedi siamo qui, con te, con il Cerchio.» Mi scrollò leggermente. «Non sei sola in tutto questo. Non considerarti responsabile per noi. Tu sei quella che ha dato moto a tutto, ma era un desiderio che noi avevamo espresso a noi stessi da tanto tempo, ma che non abbiamo mai avuto coraggio di realizzare.»
«Annika ha ragione.» intervenne Jake. «Tu hai agito per prima, ma tutti noi ti siamo venuti dietro per nostra scelta. Nessun obbligo, nessun ricatto, nessuna spinta. Solo libero arbitrio.»
«E tanta stupidaggine.» terminò Rafe facendoci ridere.
Nessuno aveva degli amici migliori dei miei.
 
*   *   *
 
Constantine’s POV
 
«È questa la casa.»
Tramite il cellulare, Aria era riuscita a recuperare, sul sito della scuola, l’indirizzo dalla casa della signorina Madlain. La casa in cui abitava era uguale a tutte le altre del viale, in stile coloniale, con il portico dalla ringhiera pitturata di bianco e vasi di fiori a profusione, i mattoni rossi e il tetto in ardesia.
 Nel vialetto era parcheggiata la Mini nera opaco e il tettuccio bianco della donna, per cui doveva essere in casa.
«Scusa se ti ho fatto camminare così tanto.» disse improvvisamente Aria.
Constantine si fermò a guardarla. E quella da dove era uscita? L’aveva accompagnata per sua scelta, per liberarsi da quel senso d’oppressione al petto. Quando lo aveva avvertito per la prima volta, quella mattina, gli era sembrato di essere stato colpito da una mazzata allo sterno. Per niente una bella sensazione. Poi aveva sentito nella sua testa un mormorio, un ronzio, che ripeteva sempre la stessa cosa: “va da lei”. Aveva capito subito a chi si riferiva, la voce.
«Mi sto lamentando?» replicò lui.
Arai batté le palpebre. «No.» rispose, perplessa. «Ma ti saresti evitato tutto questo casino se mi avessi mollata a scuola.»
«Mi sto lamentando?» ripeté il phantom.
Una luce particolare le scintillò negli occhi, abbagliando quelli di Con. Un sorriso luminoso le si distese sulle labbra. Lo sguardo di Constanti si fissò in quelle pozze verde foresta per poi spostarsi verso la sua bocca, una curva di labbra rosse e morbide, contorno seducente per la fila di denti bianchi.
«Grazie mille.» gli rispose.
Constantine ebbe voglia di assaggiarle, sapere se erano soffici come apparivano, se erano calde, che gusto avevano…
In tutto il tempo che era vissuto sulla Terra, niente gli era mai importato. Aveva vissuto la sua vita così come gliel’avevano servita, aveva lottato per la propria indipendenza, per la propria vita ed era sopravvissuto. Dopo aver compreso ciò che era, aveva deliberatamente lasciato perdere tutto quello che considerava di rilievo – amici, una casa, una famiglia –, aveva scelto di vivere come più gli piaceva e ne era stato contento… fino a poche settimane prima.
Aria non lo sapeva. Non doveva saperlo.
Osservò il contrasto tra la pelle lattea, cosparsa di macchioline dorate e la criniera di capelli rosso sangue.
Erano stati proprio quei nastri di quel colore insolito e accecante che lo aveva attirato al cimitero.
Ci era andato spesso dopo che se n’era andato dalla bettola in cui abitava, e girovagando senza meta, si era ritrovato davanti il cancello dell’Holy Safe Lansing Graveyard. Si era sentito attratto da quel luogo di pace e silenzio, dove non avrebbe sentito le urla di sua padre e le imprecazioni di suo madre, dove non ci sarebbe stato nessuno che avrebbe potuto prenderlo in contropiede e ferirlo, sia nel corpo che nello spirito.
Era rimasto a vagare tra loculi, tombe e cripte fino al calar del sole, e anche all’ora, quando ad una persona normale, il camposanto sembrava infestato e pauroso, a lui aveva infuso calma e quiete.
Aveva sviluppato una routine: di mattina andava in giro a sbirciare le tombe, raccogliere fiori per chi non li aveva e a buttare quelli ormai secchi, e di notte teneva d’occhio i cancelli, in caso di incursione da parte di qualche vandalo, come era capitato già più di una volta.
E proprio camminando tra le tombe, l’aveva scorta.
Il corpo scosso da singulti, la faccia affondata tra le mani e la testa china su una lapide. Una cascata rossa che svolazzava nel venticello di fine settembre. Ne era stato subito attratto.
Poi aveva sentito i suoi singhiozzi. Li aveva riconosciuti. Quando uno come lui passava la sua infanzia a cercare di mascherare il dolore, ad un tratto arrivi al punto di punto di rottura e devi in qualche modo espellere tutto il veleno che ti scorre in corpo.
E aveva riconosciuto il suono di quel piagnisteo, intriso di una particolare sofferenza: quella di un animo corroso da mani altrui, pieno d’impotenza e aberrazione, d’incomprensione, di bruttezza, di mancanza d’amore. Aveva avuto l’impulso irrefrenabile di avvicinarsi e l’aveva fatto.
E quando lei lo aveva scorto, si era ritrovato immerso in due pozze verde bosco, così lucidi di pianto e di dolore, che ne aveva riconosciuto l’affinità ai suoi.
Ecco perché si era trovato a salvarla dall’aggressione, perché si era preoccupato che lei mangiasse, che lei scoprisse quello che a nessun altro aveva mai fatto vedere, che le aveva fatto conoscere il vero Constantine.
«Entriamo?»
Aria si avviò verso la casa e Constantine si scosse da quei pensieri così lontani anni luce, eppure così vicini.
Pochi minuti dopo aver suonato il campanello, la porta si aprì.
La donna, bella nel suo semplice maglione e jeans, sorrise ad Aria lanciandole un’occhiata perplessa.
«Salve, ragazzi.»
«Scusi il disturbo, signorina. Sono Rosarianna O’Sheha, un’amica di Sy Hill.»
Constantine si accorse subito del cambiamento nella donna, dell’improvvisa rigidità delle spalle, dello sguardo diventato guardingo e il sorriso teso.
«Come posso aiutarti?» chiese la donna, gentile.
«Ecco, sono preoccupata per Sy.» incominciò Aria. «Mi hanno detto che l’avete giustificata perché andasse via, quindi pensavo che non si fosse sentita bene. Ma quando sono andata a casa, non l’ho trovata. Mi chiedevo se lei sapesse dov’è.»
Constantine rimase impressionato dalla facilità con cui inventò quella scusa. Aveva inventiva, la ragazza.
«Oh, è ad un’escursione!» esclamò la donna, come sollevata. «Il signor Drawn li ha accompagnati in montagna per studiare gli effetti del cambiamento di stagione sulla natura.» spiegò.
«Eh, davvero?» tergiversò Aria. «Ma avrebbe dovuto dire qualcosa almeno alla famiglia. Sa, suo padre…»
«Lo abbiamo avvisato noi.» intervenne la Madlain. «La scuola si è incaricata di avvisare tutti i genitori…»
«Tutti?» la interruppe Aria. «Credevo che fosse insieme a Red e basta. C’è qualcun altro insieme a loro?»
«Non si preoccupi, signorina…»
«No!» esclamò Aria. «Sono stufa di sentirlo in continuazione! La mia amica è sparita e a quanto pare non solo lei. Voglio delle risposte e le voglio adesso!»
Constantine ammirò la sua determinazione. Sembrava una lupa che protegge i suoi cuccioli.
Poi Aria si accigliò. «Aspetti un attimo.» disse, irrigidendosi. «Sono i montagna… con il professor Drawn?» Di scatto, si girò a guardarlo. «Com’era quello che ci ha quasi investito a scuola?» gli chiese.
La signorina Madlain sgranò gli occhi. «Vi hanno…»
«Com’era?» ripeté Aria.
«Corporatura massiccia, sulla quarantina, capelli neri, occhi verdi e voce potente, da baritono.» fu la sua esaustiva risposta di Constantine.
Arai assottigliò gli occhi, a quella risposta. Si girò verso la donna che aveva ormai lasciato perdere la faccia di finta gentilezza per una seria, circospetta.
«Se lei dice che il professor Drawn è in montagna con Sy e gli “altri”, come può essersi a scuola un uomo con le sue stesse fattezze?» mormorò alla donna. «Inoltre, c’è un’incongruenza nella firma dell’orario d’uscita. Lei ha firmato venti minuti fa, ma il suo orario è terminato alle tre, non alle quattro. E lo so, perché oggi avrei dovuto avere matematica applicata con lei, ma siamo usciti prima perché l’insegnate mancava. Ma com’è possibile visto che poi lei ha firmato l’orario d’uscita?»
La Madlain tacque.
«Sappiamo entrambe che sta nascondendo qualcosa, di molto grosso anche se ha avuto bisogno dell’aiuto di un altro professore, rischiando di finire nei guai.»
Constantine era rapito. Continuava a guardare Aria, cercando di ricordare se l’avesse mai vista così determinata, così combattiva. Era ammaliato dalla sua forza d’animo, dalla tenacia che stava esibendo per le sorti dell’amica.
Fu guardando lo scintillio negli occhi verde bosco che si rese conto di essere nei guai. Perché quella ragazza stava mettendo a soqquadro il mondo che fino ad ora aveva conosciuto e in cui aveva sempre vissuto, e non era del tutto certo che quello fosse un male.
Una macchina scusa si avvicinò al vialetto della casa coloniale, fermandosi vicino alla cassetta della posta. Dall’auto scese l’uomo che li aveva quasi investiti.
Constantine fece in tempo a vedere le spalle della professoressa crollare sotto il peso della sconfitta, prima che Aria facesse qualche passo in avanti, lanciandole un’occhiata di fuoco.
«Bomany perché mi hai chiamato? Avevi detto che era urgente.» commentò mentre risaliva il vialetto. Si fermò di colpo quando vide i due ragazzi davanti alla porta di casa della donna. Si accigliò. «Che sta succedendo?»
«Questo me lo deve dire lei, professore, visto che non dovrebbe essere qui.» affermò Aria. «Che è successo? Ha dimenticato lo zaino e la corda? In montagna servono sempre.»
 
 
*   *   *
Sylence Lillian Hill’s POV
 
«Sbaglio o la foresta sembra essersi richiusa su di noi?» chiese Jake.
Scossi la testa. «No, non sbagli.»
Strinse gli occhi, studiando la mia faccia. «Dimmi perché non sei preoccupata.»
Il mio sguardo vagò sulle forme sfocate degli alberi che si erano curvati intorno a noi, inghiottendoci tra le loro spire.
«Perché so già quello che sta per accadere. Ricordi?» Mi sfiorai la tempia. «È tutto qui dentro.»
«Sei un tantino spaventosa in questo momento, lo sai?»
Annuii rispondendo: «Non sai quanto. Non hai idea di quanta roba ho nel mio cervello in questo momento che preferirei non sapere.»
«Tipo cosa?»
«Te lo dirò un’altra volta.» sviai. «Non credo che questo sia il momento.»
Vibrazioni piene di Energia iniziarono a scivolarmi addosso, proprio come era successo nei pressi del Portare, sulla Terra. Piccoli assestamenti, come a dire che qualcosa si stava avvicinando.
Mi sentii stringere una spalla. «Lo senti anche tu, non è vero?» chiesi a Red.
Lui annuì, spostandosi davanti a me, facendomi da scudo. «Cos’è?»
Alzai gli occhi al cielo. «Non succede niente, Red.»
«Se lo dici tu.» commentò, ma non si spostò.
Le vibrazioni si fecero più forti, tanto che anche i rami ricurvi intorno a noi iniziarono a ronzare, scossi da tremolii continui. Poi si avvertì uno schiocco, come quando un elastico teso viene lasciato di scatto, e l’aria densa di nebbia davanti a noi si contorse, espandendosi e contraendosi.
Quei movimenti sinuosi mi ricordarono Reìrag e i suoi portali, incutendomi timore: infatti, anche gli altri vennero assaliti dalla paura, ma imposi loro di calmarsi.
«Avevi detto che non ci avrebbe fatto del male.» protestò Jake, mentre stringeva Annika, che si era rifugiata tra le sue braccia.
«No, non l’ho fatto.»
«Ci hai messo deliberatamente in pericolo!?» mi gridò contro.
Ahia. Quella mancanza di fiducia mi fece male. Lo guardai, lasciando vendere quanto quella domanda mi aveva ferita.
«Credi che lo farei?» gli chiesi. «Dopo tutto questo, credi che farei mai una cosa del genere?»
Vidi il suo viso irrigidirsi, mentre nei suoi occhi apparve il rimorso per avermi accusata ingiustamente.
Riportai lo sguardo davanti a me. L’aria era quasi al punto di rottura, giusto qualche secondo e poi con un altro schiocco, più forte dell’altro, e davanti a noi apparve una forma. Indistinta come la nebbia, eppure solida, tridimensionale.
La sagoma di una donna.
Essa non aveva volto, nascosto sotto un cappuccio, anch’esso fatto di nebbia e fumo, come il resto del corpo, che ondeggiava come un’illusione provocata dal caldo sull’asfalto.
La sua voce, un eco sussurrato nelle nostre menti. «Er este bhà?» ci chiese nell’Antica Lingua. Chi è là?
«Chiediamo perdono, per aver disturbato il Sonno delle Anime Andate, ma porgiamo una richiesta di passaggio per il vostro Luogo al fine di raggiungere la Madre delle Madri, al lago di Thaùrm.» le dissi ossequiosa. Rimasi stupida da me stessa: non avevo mai parlato in quel modo, antiquato e composto, ma nella mia testa si era messo in modo un meccanismo automatico sfornando parole su parole, senza che io me ne accorgessi.
«Chi porge la sua richiesta?» ribatté l’Anima.
«Pongo i saluti a nome del Cerchio di Lansing. Io sono Sylence Hill, membro del Cerchio e… figlia della Regina Bianca.»
All’improvviso, migliaia di fuochi fatui, o quelli che sembravano tali, spuntarono come funghi intorno a noi, aumentando il volume dei lamenti intorno a noi ad un livello assordante. Red mi spinse dietro la sua schiena, circondandomi con le braccia.
Cercai di non preoccuparmi. Mamma mi aveva dato un suggerimento importante, quando mi aveva trasmesso questo ricordo: non intimoriti, prova pietà e compassione e passa oltre.
Lo avrei fatto.
«Sy, puoi spiegarci…?» chiese Jake.
«Le ho detto il mio nome.»
«E allora?»
Non gli risposi. Non sapevo cosa dire. Mia Madre non mi aveva avvisato di questa probabilità. Spinsi un po’ contro la spalla di Red per spostarlo il tanto che bastava per vedere la donna che alzava una mano fumosa. Le Anime parvero calmarsi: smisero di vibrare e i lamenti si attenuarono.
«Quale impulso ha spinto la figlia di Colei che ci ha guidato a calpestare il Sacro suolo del nostro Bosco?» chiese ancora la donna.
«Desidero incontrarla.» risposi. «Anelo a conoscere, per la prima volta in vita mia, la Donna che potrei chiamare Madre.»
«Dunque Tu non hai mai intrattenuto rapporti con Lei?» continuò la donna.
Scossi la testa. «Purtroppo no.»
La donna parve riflettere. Il suo capo si spostò leggermente, soffermandosi su Red.
Infine si girò verso i fuochi fatui. «Ella non è Colei che crediamo. Il suo Animo è puro e lo condivide con Lui.» Le luci fluttuanti la circondarono come ad abbracciarla. «Non attenterà al nostro Luogo, né a Noi.»
Quando sentii quelle parole incominciai a rilassarmi. Mi girai verso gli altri.
«Sembra che sia tutto apposto.» sussurrai.
«Sicura?» chiese Jake.
Annuii. «Dipenderà tutto da quello che dirà lei.» chiarii, indicando la donna-fantasma.
La donna mormorò qualcosa di incomprensibile alle Anime ed esse, ad una ad una, iniziarono a spegnersi, fino a sparire del tutto.
La donna fluttuò verso di noi. Si fermò davanti a Red, che di tese come una corda di violino.
«Calma il tuo Animo, Mijhack, non arrecherò danno alla tua Tamyha.» affermò la donna, parlando inglese per la prima volta. Credo che lo fece soprattutto a beneficio di Red.
Mi parve strano sentir chiamare Red giovane uomo, ma mi lasciò ancor più stranita il fatto che mi aveva definita la sua Metà.
«Anche io come te attendevo l’arrivo della mia Anima Complice, di Colui che avrebbe reclamato io mio Cuore.» Anche se non potevo vedere il suo viso, percepivo la tristezza che la invase, rivangando i ricordi. «Ma il Destino ci ha precluso tale esito.» Spostò il capo tra me e Red. «Non prendete sotto gamba ciò che il Fato ha voluto per Voi. Chi trova la sua Metà è destinato a vivere una Vita piena.»
La donna fluttuò accanto ad un albero e posò la mano contro la corteccia biancastra. L’Energia scaturì dal suo palmo, pervadendo il tronco e le radici. D’un tratto, la foresta non apparve più oppressiva, non ci incombeva più addosso, e i rami contorti si distesero verso l’alto, aprendo la volta che ci aveva coperto fino a quel punto.
«Il Passaggio vi sarà concesso.» annunciò la donna, abbassando il braccio. «Seguite il sentiero, non inoltratevi in altre strade poiché vi porteranno nell’Ignoto e non potrete più trovare Casa.»
Posai una mano sulla spalla di Red. Si voltò a guardarmi e io annuii. Lanciai un’occhiata a Jake che, tenendo la mano ad Annika, ringraziò con un cenno del capo la donna e la oltrepassò, seguito dagli altri.
Red intrecciò le dita alle sue e mi trascinò in avanti, ma lo trattenni per qualche altro secondo.
Mi girai a guardare la donna che stava per inoltrarsi nella nebbia. «Qual è il tuo nome? E quello del tuo amato?» le chiesi.
Il cappuccio si voltò, osservandomi da sopra una spalla. «Qual è la ragione di tale domanda?»
Scrollai le spalle. «Curiosità.»
Una pausa. «Breezah. Era quello il mio nome.» Chinò il capo. «Lui era Gahareìr.»
La sua figura di fece indistinta fino a scomparire, amalgamandosi con la nebbia.
 
 
*   *   *
 
Rosarianna O’Sheha’s POV
I professori continuavano a scambiarsi occhiate, parlando senza dire una parola, innervosendo tantissimo Aria. Le tremavano le mani tanto era la voglia di colpire qualcosa. Non aveva mai auto istinti omicidi – a parte per i suoi genitori, s’intende – ma in qual momento aveva una voglia pazzesca di fare del male a qualcuno.
«Adesso basta.» sbottò. «Se in cinque secondi non mi dite che cosa avete fatto a Sy e a chiunque altro, chiamerò la polizia. Spiegate a loro perché avete mentito ai genitori dei vostri alunni, magari mettendoli in pericolo.»
La signorina Madlain sospirò, abbassando le spalle. «Mikah…» iniziò, scuotendo la testa.
«Bonamy.» l’interrupe lui. «Tanto vale dirglielo. Per di più, guarda con chi è. Qualcosa mi dice che non ne rimarrà tanto sconvolta.»
Aria si accigliò, lanciando uno sguardo a Constantine: lui era occhi negli occhi con il professore, quasi stessero ingaggiando una lotta solo con lo sguardo, cercando di penetrarsi la mente a vicenda. Si stavano riferendo a lui? Che cosa sapevano? E come facevano a saperlo?
«Come vuoi tu, Mikah.» sospirò la donna, facendosi da parte. «Ma ti prenderai tu qualunque tipo di responsabilità.»
Il professore annuì, distogliendo lo sguardo da Constantine per entrare in casa con la professoressa.
Aria guardò con ansia Constantine che, prendendola per un gomito, la condusse all’interno della casa.
Era un posto accogliente, con mobili di legno bianco e marrone chiaro, pieno di pizzi e tende di cotone, vasi di fiori e profumo di lavanda sparso dappertutto.
La Madlain li condusse nel salotto, un posto spazioso con un divano di pelle bianca e un tappeto di pelliccia finta.
Li fece accomodare. «Incominci tu?» chiese al professore.
L’uomo annuì. «Prima di tutto, voglio sapere che cosa ci fa una mia annulla con uno come lui.» affermò.
Aria si accigliò per il modo in cui si riferì a Constantine, come se fosse… beh, non le piacque per niente.
«Constantine.» affermò ferma la ragazza, fulminando l’uomo. «Il suo nome è Constantine.»
«Beh, vorrei sapere come fa a conoscerlo.» insistette lui.
«Lei come fa?» ribatté Aria.
L’uomo incrociò le braccia al petto, gonfiando minaccio i bicipiti. «Io non so chi sia, ma so cos’è
Aria lanciò un’occhiata a Constantine, afferrandogli una mano. I due adulti si accorsero del gesto e si accigliarono.
«Che cosa sapete voi di Constantine? Da dove proviene? Come vi siete accorti di lui? E soprattutto perché sapete di lui?» chiese a profusione.
«Loro sono come me.» mormorò Constantine.
Aria lo guardò sgranando gli occhi.
«Non proprio come me, ma… sono diversi.»
Il professor Drawn annuì, studiandolo con attenzione. «Anche tu senti la nostra Energia. Così come noi sentiamo la tua.»
«Ma voi non siete come me.» ribatté il ragazzo.
«No.» confermò la Madlain. Si scambiò uno sguardo con il professore. «È da un bel po’ di tempo che non mi capita di vedere un phantom
Aria non poté fare altro che guardarla allibita. «Che cosa sapete?» chiese, quasi senza fiato dall’emozione.
«A parte le cose basilari? Che è il primo della sua specie che incontriamo qui sulla Terra. Ed è ancora più strano averlo incontrato dopo tanto tempo. Stiamo perdendo la mano, Bonamy.» sospirò il professore.
«Non credo, Mikah.» contraddisse la donna. «Il problema è che lui ha mascherato bene le sue tracce, o qualcuno lo ha fatto per lui. Riesco ancora a sentire la puzza d’alcol stantio e di marcio che permea la sua pelle.» La donna rivolse uno sguardo di compassione al ragazzo. «Non devi aver avuto una vita facile, se sei diventato quello che sei in giovane età.»
Aria percepì il corpo di Constantine irrigidirsi, respingendo in automatico quel tentativo di psicoanalisi. Si ritrovò a stringergli il braccia appoggiandosi a lui con il corpo, infondendogli il suo calore.
Il professore emise un lamento, guardando il gesto. «Ti prego, non dimmi che l’hai legata a te.» lo supplicò, passandosi una mano tra i capelli per la frustrazione.
«Mikah…» tentò la professoressa.
«Deve saperlo, Bonamy!» esclamò. «Prima che sia troppo tardi.»
Aria aveva timore di chiedere, ma lo fece lo stesso, visto che Constantine non si decideva a farlo. Anzi, sembrava diventato un pezzo di ghiaccio.
«Di che cosa state parlando?»
«Del Bound.» affermò l’uomo. «Il legame che si instaura tra un phantom e la sua compagna. Un legame che neanche la morte può spezzare.» Sospirò. «Un legame che si è già creato tra voi due.»
Aria si sentì arrossire fino alla radice dei suoi capelli già rossi. Va bene che le piacesse Constantine – era inutile nascondere la cosa, era troppo palese – ma che fosse anche la sua compagna? No. Non poteva essere. Si conoscevano fa quanto? Due settimane? Qualcuna in più. Era troppo presto. Inoltre… se Constantine non provasse quello che provava lei? Ci sarebbe rimasta molto male, ma era partita già con quel presupposto… però se aveva instaurato quel legame… No, non poteva assolutamente essere.
«Non c’è un modo per scioglierlo?» Si pentì immediatamente di quella domanda. «Voglio dire… se si è creato c’è anche un modo per toglierlo.» No, così peggiorava le cose. Non aveva neanche il coraggio di guardare Constantine in faccia. «No! Insomma, come si è creato?» si decise a chiedere infine, abbassando gli occhi.
Il professore scosse la testa. «Non è qualcosa che nasce, come l’affetto, o altro. È un qualcosa di già prestabilito. Ogni phantom ha la sua compagna, ma non è sicuro che la trovi. Inoltre, un legame di tale portata non può essere ignorato, né si farà ignorare. Si farà sentire in qualunque modo, tramite i pensieri, o i gesti, o le emozioni.» spiegò.
Aria non sapeva che dire. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma non aveva coraggio sufficiente ad analizzare quell’improvvisa piega degli eventi. Era andata lì per un altro motivo e non si sarebbe lasciata distrarre. Avrebbero approfondito il discorso di Bound, legami e quant’altro in un altro momento.
«Scusatemi, non per qualcosa, ma io voglio sapere dov’è Sy.» chiese.
Dopo un altro scambio di occhiate, la professoressa Madlain si rivolse a lei dicendo: «Ci sono molte cose che non sai della nostra città e su quello che nasconde. E tutto è legato in modo intrinseco a Sy…»
Aria rimase sbalordita da quello che le dissero i professori. Certo, era passata per un phantom e tutti gli aspetti che questo comportava, ma… elfi, magia, altri mondi? Mio Dio, c’era da ricoverarsi in psicoanalisi. Eppure, dalle loro parole, nella sua mente scaturirono una serie di piccoli flash, che le confermarono che tutta quella storia era vera: i ricordi della scampagnata, quella che lei credeva essersi svolta nei migliori dei modi e che, invece, era andata a finire in un altro modo.
L’attacco di quel mostro pieno di simboli neri, la sua amica si che parlava una lingua strana… e Chris che invece era rimasto al suo fianco, e che quindi conosceva l’intera storia.
Ecco perché le aveva risposto in modo evasivo, ecco quello che Sy le aveva nascosto.
Si sentì ferita. Perché Sy non l’aveva messa a parte di tutte quelle cose, invece di farle in lavaggio del cervello? Perché aveva scelto di dire a Chris quello che avrebbe potuto dire a lei? Si preoccupava di essere giudicata? Oppure non la riteneva adatta ad essere parte di quel segreto? Era così poco degna di essere sua amica?
Non si accorse di avere le lacrime agli occhi fino a che non sentì le mani calde di Constantine che le stringevano il viso con delicatezza e le cancellava le scie salate dalla guance.
«Perché?» singhiozzò. «Perché non ha voluto dirmelo?»
«Credo che lo abbai fatto per proteggerti.» mormorò lui, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte. «Pensaci. Se quel mostro fosse tornato, avrebbe attaccato tutti quelli a cui la tua amica vuole bene, inclusa te.»
«Oh.» Non riuscì a dire altro. Non l’aveva pensata così. Non le era mai passato per la mente che potesse essere per un motivo altruistico che Sy non glielo avesse rivelato.
«Se avessimo saputo che c’era un phantom in città…» si rammaricò il professore d’un tratto.
La signorina Madlain era d’accordo. «Avremmo risparmiato molto tempo.»
«Che volete dire?» chiese Constantine.
«Beh, mio caro phantom, significa che tu sei il nostro lascia passare per LìosLand.» Rise della loro faccia perplessa. «I portali – o la maggior parte di essi – sono sotto stretta sorveglianze e protetti da un incantesimo di sangue che non permette a quasi tutte le specie viventi di oltrepassarle. Quello in cui il Cerchio è passato aveva un blocco contro di noi e se anche fossimo riusciti ad oltrepassarlo, ci avrebbe spediti dritti nelle fauci del lupo, se mi passate il gioco di parole.»
«Purtroppo quello era l’unico portale che abbiamo mai trovato e, ora come ora, non ci servirebbe a niente trovarne un altro, perché non potremmo lo stesso oltrepassarlo. Ma tu,» disse miss Madlain indicando Constantine. «Non avresti mai in questo problema, grazie al trasfert. Fu proprio per questo vostro potere che foste perseguitati fino all’estinzione, per impedire a qualsiasi altro di entrare e uscire liberamente da LìosLand
Un silenzio tombale cadde nella stanza. Ad aria parve quasi che Constantine avesse smesso di respirare.
«Vuole dire…» sussurrò il ragazzo. «Che io…»
Con rammarico, la donna annuì. «Per quanto ne sappiamo, tu potresti essere l’ultimo della tua specie. Mi dispiace.»
Ad Aria venne voglia di piangere di nuovo. Aveva intuito da come ne aveva parlato, il desiderio di Constantine di voler incontrare la sua vera famiglia, o almeno qualcosa di simile a lui. Il non poter più fare anche avendo al possibilità di tornare al luogo a cui apparteneva era orribile.
«Comunque non si può essere certi al cento per cento.» soggiunse il professore. Tirò su col naso, in modo brusco e scosse la testa, ma Aria colse lo stesso lo scintillio dei suoi occhi umidi. «Chi può sapere se altri phantom abbiano lasciato il loro mondo per un altro prima di essere catturati o peggio?» Guardò Constantine negli occhi. «C’è sempre una speranza ragazzo. Non dimenticarlo mai.»
  
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