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Autore: Achernar    11/06/2014    3 recensioni
Non si è mai sentito che una coppia affiatata come Atem e Yugi avesse bisogno di una consulenza dallo- ops: dalla psicologa. Ma a quanto pare nessuno è perfetto...
Birthday-ficci: tantissimi auguri al nostro aibo preferito!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Yuugi Mouto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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little talks 2

Sapevo che sarebbe stata una settimana densa di avvenimenti, ma sinceramente sono successe più cose in questi 7 giorni che negli ultimi mesi! Sono commossa, veramente: ci sono così tante persone che vorrei ringraziare per tutti i momenti speciali e le bellissime sorprese... (a volte ho il bisogno di fare un po' di rambling anche io, che volete farci) Vista la sede però, posso ringraziare anche voi, che trovate il tempo di leggere le mie storielle; e tanto per dirne una non avrei mai pensato che lo scorso capitolo potesse suscitare tanto successo: grazie di cuore (ora la Ache si commuove sul serio, non badatele: è una sentimentalista). 

Ok, prima che voi andiate avanti ci tengo a informare di una cosa importante: non ho idea di come funzioni una seduta dalla psicologa, non ci sono mai stata. Perdono quindi per tutte le inaccuratezze e le stupidaggini che potrei aver scritto: bear with me, 

Buona lettura!

 

“Allora, avete finito il vostro siparietto? Perché io qui ho un sacco di cose da fare e alla fine dell’ora di appuntamento io me ne vado: ho il pranzo, e non intenzione di trovare la pasta tutta incollata al piatto perché voi dovevate capire cosa pensava la mamma”.

“Sì, sì, proceda pure, non ci saranno più interruzioni, glielo garantisco” la rassicurò cortesemente Yugi. La donna, che finalmente poteva esercitare il suo mestiere senza intoppi, sembrò cambiare umore. Inforcò gli occhiali e si risedette a gambe incrociate sulla poltrona, il taccuino ben saldo in mano.

“Allora, cominciamo questa seduta con le domande di rito, tanto per restare sul facile. È la prima volta che venite dallo psic- sì, direi di sì” si rispose prima che ancora potessero aprire bocca. “Io sono la dottoressa Lawren, ma chiamatemi pure Susan, e lei sarebbe?” disse rivolta ad Atem, come se fosse la prima volta che lo incontrava e non avessero passato gli ultimi dieci minuti a bisticciare. Quello rimase un po’ interdetto, senza contare il fatto che Yugi aveva pronunciato il suo nome diverse volte: possibile che la donna non lo avesse ancora imparato?

“Su,” fece Yugi dandogli una leggera spallata “Rispondi”.

“Atem” disse secco. Il minimo indispensabile: il primo nome.

“E io mi chiamo Yugi, Yugi Mutou. Molto piacere, Susan”.

“Bene, almeno a questo la risposta è stata più o meno” terminò la frase rivolta ad Atem “esauriente”.

“Ma cominciamo. Allora, raccontatemi un po’ di voi: da quanto tempo vi conoscete?”

“11 anni!”

“4 anni!” risposero quasi all’unisono. La donna sgranò gli occhi.

“Perdonate: e voi quanti anni avreste?”

“19” rispose prontamente Yugi.

“3000 e qualcosa, mi scusi se ho perso il conto. Ma me li porto piuttosto bene no? Sembra quasi che non abbia se non qualche annetto di più della prima volta che sono morto: e lì erano solo 16.” Fece Atem tutto fiero  “Insomma, lei quanti me ne dà?”

“U-una ventina” balbettò quella.

“Vedi aibo, l’ho detto che invecchio bene”. L’altro roteò gli occhi.

“Ahem, ok, allora diciamo che siete coetanei” deglutì la dottoressa “E... come vi siete conosciuti?”

“Beh, è una cosa piuttosto inusuale” disse Atem sorridendo dolcemente. Poi si girò verso il suo Yugi.

“Io e aibo eravamo destinati, sin da quel lontano giorno di tremila anni fa, sin nel momento in cui venni rinchiuso nella mia prigione di buio e solitudine. Sapevo che qualcuno mi avrebbe salvato, sapevo che prima o poi avrei sentito quelle mani delicate e tenaci scorrere sulla superficie liscia e lucente del puzzle. Era questione di tempo, era stato scritto dagli dei che noi due ci incontrassimo, che Yugi fosse la mia luce, la mia salvezza, la mia ancora per tornare nel regno dei vivi”. Yugi prese la mano del faraone fra le sue.

“E io non potrò mai dimenticare la felicità immensa che ho provato quando ho inserito l’ultimo pezzo nella piramide. È stato per forza il destino a guidare la mia mano quella sera, impietosito dai miei otto anni di tentativi a vuoto di ricomporre quel rompicapo. E non dimenticherò mai la prima volta che ho potuto parlarti veramente, che ho potuto vedere i tuoi bellissimi occhi scintillare come pozze di rubini infuocati, che ho potuto sentire la tua voce così melodiosa e antica, toccare la tua mano e sapere che le nostre anime erano una sola”.

I due avevano preso a guardarsi con occhi dolci e languidi, le loro mani erano intrecciate l’una nell’altra e i visi di entrambi stavano già pericolosamente avvicinandosi quando la psicologa decise di intervenire.

“A-hem” tossicchiò.

Subito i ragazzi si bloccarono e rivolsero la loro attenzione di nuovo a lei.

“Non sono sicura di aver capito bene come vi siete conosciuti, ma mi sembra una cosa decisamente carina, sì”. Atem stava per avventarsi contro di lei: come osava quella donna definire carina la sua prigionia millenaria e gli otto anni di sforzi terribili del suo aibo?!

“Andiamo avanti allora” continuò scribacchiando qualcosa sul suo taccuino. “Vi chiederei quando vi siete resi conto che eravate innamorati l’uno dell’altro, ma mi pare di aver capito che il vostro è stato un colpo di fulm-“

“Oh no, tutt’altro!” la interruppero all’unisono.

“Come, prego?” fiatò allibita. Possibile che non riuscisse a indovinare nulla su quella strana coppia di eccentrici?

“Yugi era terrorizzato da me” prese la parola Atem. “E anche io lo sarei se dovessi conoscere il me stesso di qualche anno fa. Voglio dire: ho mandato a fuoco una persona! Certo, era un ergastolano, ma sempre di fuoco si trattava. Per non parlare di quella volta che ho fatto esplodere nitroglicerina in faccia a uno studente la notte prima della fiera scolastica...” continuò il suo elenco. “Poi c’è stato il tizio degli orologi, i bulletti nel labirinto in fiamme, il ragazzo quasi avvelenato dal cloroformio, Kaiba- o santo Ra: Kaiba! Quella volta per poco non lo uccidevo. Di nuovo! Non che la prima volta, con il mindcrush intendo, fosse proprio morto eh, ma vede: un anno di coma in fondo è molto simile alla morte, e se aibo quella volta sulla torre del castello di Pegasus non mi avesse fermato, non so proprio come sarebbe andata a finire.

“La verità è che sono un’anima terribile, marcia e scellerata. Solo Yugi poteva vedere la piccola scintilla che brillava ancora tenue al di sotto di tutte quelle ombre, avere fiducia in lei e coltivarla. È solo grazie a lui che sono diventato quello che sono oggi.” Fece una pausa. Yugi lo guardava sbattendo le ciglia.

“Eppure tutte quelle vendette e quei delitti erano solo per lui, perché, vede signorina psicologa” disse mettendosi comodo sulla sua poltrona, con le gambe incrociate, gesticolando eloquentemente: “In effetti un colpo di fulmine c’è stato: il mio. Provi lei a immedesimarsi in me: rinchiuso per tremila anni, dico: tremila, mica un paio di giorni, in un oggettino grande più o meno come una tazza per la minestra, completamente circondato da ombre e spettri, privo di qualunque ricordo e cognizione di sé stesso e del mondo, in completa e assoluta solitudine. Per tre millenni interi! Senza sapere neanche il proprio nome, senza neanche poterlo gridare e maledire all’interno di quel carcere fatto di porte e scale infinite che non conducono da nessuna parte e in cui l’unico suono udibile è il grido straziante di un’anima disperata e persa, completamente persa.” Yugi si stava asciugando una lacrima, la psicologa gli passò un fazzolettino di carta.

“G-grazie” mormorò soffiandosi il naso.

“Allora, riesce a immaginarselo?”. Lei annuì un po’ forzatamente: il tipo era evidentemente pazzo da legare e si sa che i matti vanno sempre assecondati. Ora la donna provava pena per il suo fidanzato. Tuttavia come racconto era senz’altro suggestivo. Privo di senso, ma suggestivo.

“Ecco, poi all’improvviso, quando ogni speranza è ormai svanita, oh Ra, neanche sapevo cosa fosse la speranza: un sentimento così remoto e lontano... Quando ogni illusione e ogni sogno ormai sono talmente distanti, dicevo, da non essere più neanche un ricordo o una chiazza confusa, s’immagini un sottile e flebile raggio di luce squarciare le tenebre. E questo raggio si allarga, si allarga sempre di più, giorno dopo giorno e anno dopo anno: dapprima sottile come un capello, poi abbastanza ampio da poter ardire sbirciare fuori, in un mondo che neanche si credeva esistesse, un mondo popolato e in cui regna la luce. E sa cosa vidi in quel mondo per me nuovo ma che in realtà avrebbe dovuto sembrarmi antico? Vidi due occhi viola, gli occhi di un bambino che con una tenacia e una forza di volontà prive di paragone per una persona di quell’età, tentavano disperatamente di rimettere insieme i pezzi infranti della mia anima.”

Yugi tirò su col naso.

“E quando finalmente, dopo otto anni di attesa, quel bambino, ormai un ragazzo, posò finalmente l’ultimo pezzo del puzzle al suo posto e io vidi finalmente la luce, conobbi di nuovo cosa voleva dire vivere, e tutto questo grazie a lui, al mio salvatore. Che altro avrei potuto fare se non innamorarmi di lui, signorina? E quando si ama si fa di tutto per rendere l’altro felice, non è così? È per questo motivo che ho fatto quello che ho fatto: ho fatto del male a delle persone è vero, ma persone che avevano fatto del male al mio aibo, al mio altro me stesso, che lo avevano fatto soffrire. E finché mi resterà un briciolo di fiato in questo mio nuovo corpo, io giuro che non lascerò mai, mai e poi mai che il mio Yugi soffra, farò tutto quanto è in mio potere per impedirlo” concluse trionfalmente.

La donna era scossa. Quel ragazzo era tanto squilibrato quanto eloquente era il suo modo di parlare. Dovette controllarsi: una lacrimuccia stava per fare capolino anche dal suo di occhio, rischiando di scioglierle il mascara. Che racconto bellissimo e intenso. Un amore così profondo...

“Beh, dovete amarvi davvero molto allora” commentò “così tanto che non avete bisogno di essere gelosi l’uno dell’altro...”

“Ah, e qui si sbaglia” fece Yugi passandosi una mano sugli occhi ancora lucidi. “Non si lasci ingannare dai racconti strappalacrime e terribilmente dolci del mio mou hitori no boku, anche se sa che mi stringe il cuore ogni volta che dice queste cose: mi sento così fortunato ad averti con me...” disse tirando su col naso “Ma anche lui ha i suoi difetti, parecchi anzi. E uno di questi è appunto la gelosia”.

“Ora non esageriamo” borbottò Atem.

“Non esageriamo?” rimbeccò Yugi.

“Sono solo protettivo, ecco tutto: non voglio che ti succeda niente di male, non ci vedo nulla di sbagliato”.

“Ah sì? Beh, lasci che le spieghi, signorina Susan, cosa vuol dire per il mio 'dolce tesorino' essere protettivo. Deve sapere infatti che la gelosia di Atem è piuttosto diversa da quella normale”.

La donna annuiva piano, decisamente curiosa, pronta ad annotare altre stramberie.



End of part two! Preparatevi a un terzo capitolo all'insegna del demenziale (ho aggiunto un paio di gag, masy) anche se mi tocca sperare che i prossimi sette giorni siano un po' più tranquilli o il breackdown emotivo sarà tale che non riuscirò ad aggiornare xD (ok, ancora una volta non badatele). Spero comunque che quest'altro capitoletto vi sia piaciuto: a mercoledì (studio e feelings permettendo)!

  
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