Allora,
solita introduzione doverosa: i personaggi non mi
appartengono (e la cosa mi rende molto, mooooooolto triste) e la storia
non è
scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento personale. Detto
questo,
passiamo oltre: sono secoli che non si scrivo, non solo su questo
fandom! Spero
di ricordarmi come si fa!XD Ringrazio in anticipo chiunque legga questa
ff e
spero possa piacervi! Commenti di ogni genere sono sempre graditi.J
Le
tende
della stanza furono spalancate di colpo, persino più
bruscamente del solito: il
sole gli colpì il viso con forza, costringendolo a coprirsi
gli occhi con una
mano.
“Merlino…
quante volte ti devo dire di trovare un modo più delicato
per svegliarmi?”
bofonchiò Artù sbadigliando e aspettando, ormai
rassegnato, l’irriverente
risposta del suo valletto idiota che non mancava mai di dimenticare con
chi
stesse parlando. Quella mattina, però, non fu il sorriso di
Merlino la prima
cosa che vide: Gwen stava in piedi difronte al suo letto, le mani
strette sul
petto e l’espressione di chi cerca di non piangere.
“Ginevra…”
sussurrò il principe, improvvisamente sveglio, alzandosi e
raggiungendo in
pochi passi la serva: “Cos’è
successo?”
La
ragazza scosse la testa cercando di riordinare le idee e ritrovare la
voce per
parlare con Artù, invano: sentiva il fiato morirle in gola e
la paura bloccare
ogni suo tentativo di dire al principe il motivo della sua visita
improvvisa.
“Dov’è
Merlino?” chiese intanto il principe guardandosi
freneticamente intorno, come
se si aspettasse di vedere il servitore sbucare dal nulla con il suo
solito
sorriso idiota sul volto e quel maledetto straccio al collo.
Sentendo
il nome dell’amico Ginevra finalmente si riscosse:
“Mio signore!” quasi urlò, artigliando
il braccio scoperto di Artù ed iniziando a trascinarlo verso
la porta: “E’
proprio di questo che si tratta! Questa mattina Gaius mi ha mandata a
chiamare
dicendomi di venire a svegliarvi… Merlino è stato
aggredito all’alba, sire.
Temo stia per morire.”
Artù
si
bloccò immediatamente fissando senza vederlo veramente il
volto rigato di
lacrime della ragazza: Merlino. Aggredito. Merlino.
Quella
giornata non sarebbe dovuta cominciare così, no: come ogni
maledetta mattina,
il suo servo scemo avrebbe dovuto aprire la porta di mala grazia,
depositare il
vassoio della colazione sul tavolo
e
spalancare senza pietà per il principe ancora addormentato
le tende. Artù
avrebbe mugugnato qualcosa, infastidito dal risveglio troppo brusco e
Merlino
se ne sarebbe uscito con un’altra delle sue battute stupide
ed irriverenti.
Aprendo gli occhi feriti dal sole, poi, il principe avrebbe trovato ad
attenderlo il sorriso divertito del moro, quel sorriso che era la prima
cosa
che vedeva ogni mattina da quasi un anno ormai. Quello avrebbe dovuto
essere
l’inizio di quella giornata. Non poteva essere diversamente,
quella era la sua
vita, la sua quotidianità, la conosceva alla perfezione.
Allora perché Gwen
aveva ripreso a trascinarlo, mezzo nudo così
com’era, verso gli alloggi del
medico di corte? Perché continuava a chiamare il suo nome
con espressione
preoccupata e le lacrime agli occhi? Non era così che
sarebbero dovute andare
le cose, Artù ne era sicuro. Ogni mattina, ogni
dannata mattina da quasi un anno, svegliandosi si trovava
davanti al
sorriso sghembo del suo servitore, non all’espressione
spaventata di Ginevra.
Lui non voleva Gwen, no, lui voleva Merlino con la sua solita aria
svampita.
Merlino, con quelle orecchie incredibilmente grandi e lo sguardo acceso
di
vita. Merlino… dov’era? Perché le cose
avevano smesso di seguire il loro
normale corso?
Artù
scosse la testa con forza allontanando la nebbia che gli offuscava la
vista e
gli impediva di ragionare lucidamente: lasciò che Ginevra
continuasse a
trascinarlo verso gli alloggi del cerusico, tornando a concentrarsi
sulle
parole che poco prima gli aveva rivolto la serva.
Merlino
era stato aggredito all’alba. Merlino era stato aggredito.
Merlino.
Artù
inspirò a fondo stringendo i pugni: avrebbe punito con la
morte chiunque avesse
osato fare una cosa simile al suo servitore. Poteva anche essere
stupido,
irriverente, imbranato, fifone e svampito, ma rimaneva il suo valletto.
Il suo
servitore, il ragazzo che lo accompagnava ovunque da quella che gli
sembrava
un’eternità ormai. Merlino gli aveva salvato la
vita diverse volte, era sempre
stato pronto a sacrificare ogni cosa per lui…
perché non riusciva a fare
altrettanto? Perché non aveva potuto proteggerlo?
Perché non lo aveva fatto?
Ginevra
si fermo davanti alla porta di Gaius, scuotendo il principe con forza
sorprendente: “Mio signore…”
Artù
le
rivolse solo una rapida occhiata, i denti affondati nel labbro
inferiore e il
sapore acre del sangue nella bocca. Spinse di lato la serva per poi
spalancare
la porta: Gaius e Morgana erano chini sul letto dove Merlino giaceva
immerso in
lago di sudore. Era pallido, persino più pallido del solito,
e tremava in preda
alle febbri. Il suo esile corpo era completamente scosso da violenti
brividi e
la labbra, da cui usciva un rantolo debole e scostante, erano
leggermente
schiuse alla disperata ricerca di ossigeno.
“Artù…”
sussurrò Morgana non appena vide il fratellastro avanzare a
grandi passi verso
di loro: “Questa mattina sono venuta da Gaius per la mia
pozione contro gli
incubi e quando stavo per andarmene è entrato Merlino,
coperto di sangue…”
La
ragazza
si portò una mano al viso rigato di lacrime e Ginevra la
raggiunse subito,
mettendosi al suo fianco in un muto gesto di supporto.
Il
principe posò nuovamente lo sguardo sul ragazzo agonizzante:
il petto sottile
era avvolto da strette bende insanguinate e il lato sinistro del viso
era
coperto da un grosso livido violaceo.
“Mio
signore, ho chiesto a Ginevra di venirvi a chiamare per un motivo
specifico.”
disse Gaius con espressione severa e gli occhi fissi sul viso contratto
del
principe: “Prima di svenire, Merlino ha detto che
è stato un cavaliere ad
aggredirlo.”
Artù
si
voltò velocemente verso il vecchio cerusico, gli occhi
spalancati e la bocca
secca: “Un cavaliere? E’ stato un cavaliere a
ridurlo in questo modo?” sbottò,
le mani strette a pugno.
Gaius
annuì mesto spostando la sguardo sul viso pallido di Merlino
e sospirando
lentamente: “Così ha detto
lui…”
“Il
nome.” sibilò il biondo sollevando maggiormente il
mento e puntando i suoi
occhi infuocati in quelli preoccupati del vecchio: “Dimmi il
suo nome, Gaius.”
“Mio
signore, ora siete sconvolto, ma…”
“Il
nome,
Gaius! E’ un ordine.”
L’anziano
medico chinò il capo, sconfitto: “Sir
Rodomont…” sussurrò in un sospiro prima
di tornare a posare nuovamente gli occhi stanchi su Merlino.
Cosa
avrebbe potuto dire ad Hunit? La donna aveva mandato il figlio da lui
per
tenerlo al sicuro e invece… come aveva potuto lasciare che
accadesse? Perché
non era stato in grado di proteggerlo?
Sospirò
nuovamente, accorgendosi solo in quel momento che Artù si
stava dirigendo a
passo di carica verso la porta: nemmeno provò a trattenerlo.
Era vecchio,
ormai. Era stanco. E Merlino, il suo amato discepolo, era steso morente
su un
letto mentre lui non sapeva che altro fare per provare a salvarlo.
Aveva
fallito, miseramente. Aveva fallito in tutto. Se avesse avuto le forze
e l’età
del principe ereditario, lui stesso sarebbe andato da Sir Rodomont per
ucciderlo.
Artù
aveva già oltrepassato Ginevra e Morgana e la sua mano era
già tesa verso la
porta, quando un flebile sussurrò lo bloccò.
“Artù…
Artù.”
Il
ragazzo si voltò: Merlino si stava agitando sul letto, gli
occhi serrati con
forza. Mormorava il suo nome come un lamento, con il viso contratto dal
dolore
e le labbra che si muovevano lentamente per quel richiamo sofferto.
Artù
si
riavvicinò velocemente al giaciglio, chinandosi in avanti e
poggiando con
delicatezza una mano sulla fronte rovente del moro.
“Artù…”
sussurrò ancora quest’ultimo, tremando.
“Sono
qui… Perdonami, Merlino.”
“Artù,”
riprese il servitore con voce roca e debole: “Non…
non sono stato irriverente,
Artù. Diteglielo. Ditelo ad Artù… non
è stata colpa mia. Artù…”
Il
biondo
ispirò con forza sentendo il fiato bloccarsi
all’altezza della gola ed
impedirgli di respirare liberamente. Cosa significavano quelle parole?
Cosa era
successo veramente quella mattina all’alba? Perché
Sir Rodomont aveva aggredito
Merlino? Per quanto si sforzasse non riusciva a capire.
“Artù…”
Serrò
con
forza gli occhi quando l’ennesimo lamento del moro lo
raggiunse, come se non
vedere la realtà potesse in qualche modo dargli sollievo.
Morgana
gli si avvicinò di qualche passo sfiorando delicatamente la
schiena nuda del
fratellastro: “Mi dispiace…”
sussurrò asciugandosi le lacrime e guardando
l’espressione sofferente del principe.
Artù
riaprì lentamente gli occhi ingoiando un rantolo doloroso e,
ignorando la
sorellastra, scostò pianò i capelli scuri dalla
fronte del moro.
C’era
qualcosa… qualcosa di strano all’attaccatura dei
capelli di Merlino: era come
se un sottilissimo velo rossiccio si fosse insinuato sotto la sua
pelle,
nascosto fino a quel momento dai capelli scuri e sudati.
“Gaius!”
chiamò con voce improvvisamente strozzata, facendo cenno al
vecchio cerusico di
avvicinarsi velocemente: “Cos’è
questo?”
L’anziano
medico si chinò per esaminare da vicino la fronte di
Merlino, trattenendo il
respiro poco dopo: “Oh dei…”
sussurrò sconvolto: “Questo spiega
tutto!”
“Cosa
stai dicendo, Gaius?” mormorò Gwen avvicinandosi a
sua volta e cercando lo
sguardo dell’uomo, che però si era già
posato sul viso del principe in un misto
di confusione e speranza.
“Sire,
ora dovete ascoltarmi attentamente: non c’è tempo
da perdere. Forse abbiamo
ancora una speranza per salvare Merlino: dovete precipitarvi nella
foresta di
Wellington, subito fuori Camelot e raccogliere il fiore rosso che
cresce solo
nella caverna che troverete al centro della foresta. E’ molto
importante, sire,
dovete fare in fretta. Ora non ho tempo per spiegarvi, ma se tornerete
velocemente con quel fiore, forse Merlino
sopravvivrà!”
Prima
ancora che Gaius finisse di parlare Artù era già
schizzato fuori dalla porta,
dimentico del fatto di essere ancora senza maglia e scarmigliato,
precipitandosi verso le stalle.
“Pensa
tu
a mio padre, Morgana!” aveva urlato alla sorellastra mentre
la oltrepassava di
corsa.
Mentre
Artù continuava ad avanzare verso le stalle, ignorando tutti
quelli che
incontrava, nelle stanza del cerusico Morgana, Ginevra e Gaius si
scambiarono
un’occhiata speranzosa: non poteva far altro che attendere il
ritorno del
principe.
“Artù…”
sussurrò nuovamente Merlino mentre il vecchio medico gli
posava un panno
bagnato sulla fronte: “Fa’ attenzione…
Artù…”
Era
la
loro ultima speranza.
Grazie
a
chi è riuscito ad arrivare infondo al capitolo! Spero di
avervi interessato
almeno un po’… cercherò di aggiornare
il più in fretta possibile e credo non
avrò nemmeno problemi nel farlo visto che sono iniziate le
vacanze. Ogni
commento è gradito!