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Autore: Lost on Mars    11/06/2014    14 recensioni
A diciassette anni non sai cosa sia la morte e perché debba capitare proprio a lei. Non sai perché il destino abbia deciso di fare questo scherzo proprio a voi. Perché tu debba soffrire così.
A diciotto capisci che non si può più cambiare nulla, allora provi ad uscire di casa, ma tutto ti ricorda troppo lei.
A diciannove ricominci a vivere, ma sei ancora legato ai fantasmi del passato,tant’è che non riesci più a legarti a nessuno, perché ti sembra di tradirla, perché la ami ancora, anche se è morta.
Ashton ha diciannove anni ed è convinto che il tempo che guarisce ogni ferita sia un gran cazzata: lei è morta da due anni, ma lui non smette di sanguinare dentro.
E se fosse una persona a guarire ogni ferita? Se il tempo non c’entrasse proprio niente?
-
«Non credo quanto possa interessarti la storia di un ragazzo depresso.»
«Oh, non credo che tu sia depresso. Non hai l’aria da depresso.»
«Allora devi essere una pessima osservatrice.»
«Hai l’aria da distrutto, a dir la verità, ma hai anche l’aria di uno che ne è uscito, da qualsiasi cosa tu fossi dentro. Hai un sacco di arie, in effetti.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14
 
  
«As my memory rests, but never forgets what I lost.»
(Green Day – Wake me up when September ends)
 
Thalia non sapeva se la cosa fosse possibile, ma era fermamente convinta che ogni essere umano sulla Terra avesse un’anima gemella. Una persona che capisce al volo qualsiasi cosa ti passi per la testa, anche solo guardandoti. Qualcuno le cui dita s’intrecciano perfettamente con le tue, senza sforzi necessari. Conosceva Ashton davvero da troppo poco tempo, credeva anche che la loro storia fosse un’avventura, un colpo di follia. Conoscersi da così poco e dirsi di essere felici l’uno con l’altra, era davvero possibile? Thalia non lo sapeva, così come non sapeva la risposta a tante altre domande, ma le sue dita e quelle di Ashton sembravano allacciarsi senza alcun problema, sembravano due metà perfette, e allora le andava bene così. Le andava bene anche quel mercoledì pomeriggio, seduta su una panchina dello stesso parco in cui aveva visto Ashton per la prima volta.
Ora che era estate e le scuole avevano chiuso, le altalene erano occupate dai bambini, com’era giusto che fosse. Ashton li osservava e si chiedeva quale adolescente se ne stesse tutto solo a dondolarsi piano su un’altalena. Si chiese perché lui l’avesse sempre fatto e perché anche Thalia avesse deciso di farlo, quel giorno di primavera, mentre i fiori nascevano e la terra si risvegliava. Mentre, senza accorgersene, era rinato anche lui. Più o meno.
Credeva che, se una persona era pronta a condividere con qualcuno il motivo della propria infelicità, se era pronta a parlare dei propri demoni, degli incubi che di notte non la facevano dormire, allora quella era la fase della rinascita. Era lo sbocciare sotto i raggi del sole e capire che, nonostante tutto, il mondo era una cosa bella.
E Ashton si sentì davvero bene per la prima volta dopo tanto tempo. Si sentì rinato e pronto ad affrontare tutto, solo che non avrebbe permesso ad un altro autunno di farlo appassire lentamente, non avrebbe permesso ad un altro inverno di farlo morire di nuovo. Sarebbe stato come uno di quegli alberi di cui dimenticava sempre il nome, quegli alberi che non perdevano mai le loro foglie a meno che qualcuno non le staccasse dai rami.
Thalia quel pomeriggio indossava una camicetta bianca senza maniche e degli shorts, il tutto abbinato a quelle Converse nere sgangherate con mille scritte colorate sulla parte bianca e con i lacci anneriti. Era semplice e bella, e Ashton si sentì fortunato a stringerle la mano, mentre cercava di capire dove fosse posato il suo sguardo. Gli occhi di Thalia erano verdi, quel pomeriggio, a causa del sole. Ashton immaginò che anche i suoi dovevano essere di quel colore, perché i loro occhi erano uguali, ed erano una di quelle cose complementari che non cambiano mai, che stanno sempre bene insieme.
«Thalia?» Ashton deglutì  e si schiarì la voce, la ragazza si voltò verso di lui, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani, poi gli rivolse un sorriso dolce.
«Dimmi.» rispose Thalia, stringendo la presa sulla mano di Ashton. Era una sensazione bella, quella che provava in quel momento. Era una sensazione indescrivibile, mai sentita prima. Thalia immaginò che quello fosse l’amore, o almeno  una piccola parte. Stare bene solo perché quel qualcuno è al nostro fianco.
Ashton si sorprese a non avere nulla da dire, non in quel momento, almeno. Perché nella sua testa, Ashton aveva un intero mondo alle spalle da raccontare. Scosse la testa confuso, e poi sorrise abbassando leggermente il capo. Thalia inclinò la testa per guardarlo meglio degli occhi. Il tempo di avvicinarsi e Ashton l’aveva già baciata.
Perché non sapeva cos’altro fare. Perché gli sembrava l’unica cosa giusta da fare in quel preciso istante, su quella panchina, quell’esatto giorno. Era questione di un momento, ma era sorprendentemente bello.
Thalia aprì gli occhi un secondo prima che le sue labbra si separassero da quelle di Ashton e si ritrovò a ridere come una bambina, con le guance rosse e gli occhi luminosi. «Per cos’era?» chiese divertita.
Ashton scrollò le spalle. «Devo avere un motivo per baciare la mia ragazza?»
Quella frase avrebbe potuto sembrare semplice e normale per qualsiasi altra persona sulla Terra, ma per Thalia e Ashton ebbe un suono totalmente diverso. Quella frase significò rispettivamente gioia e coraggio.
Thalia sentì il cuore riempirsi, si sentì importante, si sentì finalmente qualcosa che prima non era mai stata, ed era felice che a pronunciare quelle parole fosse stato proprio Ashton; lui, d’altra parte, aveva cercato quelle stesse parole nel profondo della sua anima, le aveva inseguite e alla fine era riuscito ad acciuffarle. Erano parole pericolose, per Ashton. Parole che non diceva a nessuno da due anni, da quando Lilian non c’era più. Erano parole che non avrebbe mai immaginato di poter dire di nuovo a qualcuno che non fosse Lilian.
Ashton si alzò dalla panchina e prese Thalia per mano, sollevandola, attirandola verso di sé.
«Dove vuoi andare?» gli chiese Thalia, aggrottando le sopracciglia.
«Qui c’è troppa gente... vieni.» sussurrò Ashton, si diresse con Thalia verso l’uscita del parco. Lei lo seguiva divertita, adorava quando era Ashton a prendere qualche iniziativa, le sembrava che stesse bene, che non avesse più quel peso misterioso sul cuore, anche se sapeva che in realtà era l’esatto contrario. Sembrava bello, qualche volta, poter pensare che tutto fosse perfetto, che nella propria vita non ci fosse alcuna ombra.
Ashton doveva averlo pensato e desiderato diverse volte, ma poi si era ritrovato sempre al solito punto di partenza, a quel punto che Thalia non era ancora riuscita a scoprire.
Camminarono così tanto, quel pomeriggio, che dopo un po’ Thalia non riconobbe più le strade che stavano percorrendo. Non chiese dove stessero andando, si fidava ciecamente di Ashton e poi, quella aveva tutta l’aria di una sorpresa. Svoltarono verso il fiume, ma non presero la strada che avrebbe preso Thalia. Virarono per una strada sterrata, una che non prendeva mai nessuno.
Forse, in quelle situazioni, farsi prendere dal panico sarebbe stato più che lecito. Ma Ashton era Ashton, non era il tipo di ragazzo che faceva cose del genere, per questo Thalia continuò a seguirlo senza nemmeno un briciolo d’ansia o preoccupazione. La strada finiva a ridosso di una roccia e si diramava in due sentieri diversi, Ashton prese quello di destra, che portava ancora più giù sulle sponde del fiume.
Thalia doveva ammetterlo, quel posto era bellissimo. Il Parrammatta era l’unico fiume che passava per Sydney e Thalia ed Ashton erano vicinissimi alla foce, da quello scorcio, tra arbusti e piante acquatiche, riuscivano a vedere il Pacifico. Era un piccolo angolo ignorato da tutti, da cui si aveva una vista inusuale e bellissima, non la solita foto che girava per tutte le cartoline. Quello era un posto che apparteneva solo a chi sapeva avere pazienza ed indagare fino in fondo delle cose per trovare la parte migliore. Era un posto che apparteneva a quelli come Ashton, che provavano a cercare il lato positivo delle cose, ma che raramente avevano successo.
«Ash, questo posto è meraviglioso!» esclamò Thalia, sedendosi su una roccia che pareva abbastanza stabile e sicura. Ashton le si mise accanto e sorrise.
«Hai presente quando al ballo mi hai detto che ogni cosa di cui ti parlo risale a due anni fa?» chiese lui, guardandola negli occhi. Thalia annuì energicamente.
«Bene, ho deciso ti raccontarti cos’è successo due anni fa e perché sembra che da quel momento io abbia smesso di vivere.»
Thalia si rabbuiò all’improvviso. Di certo, non immaginava che Ashton fosse davvero pronto a raccontarle quel segreto che gli aveva visto negli occhi sin dal primo momento in cui l’aveva visto.
«Ash, io non voglio che tu ti senta obbligato a dirmelo. Te l’ho detto anche al ballo, per me va bene anche se non conosco ogni cosa di te.»
«Ma io voglio che tu conosca ogni singola cosa di me» le prese la mani e le strinse nelle proprie, continuando a guardarle negli occhi. «Cioè, ti sembrerò un pazzo. Ma tu... sei davvero importante e non voglio mandare tutto all’aria perché prima o poi verrai a sapere cose su di me da qualcuno che non sono io. Faccio schifo ad esprimermi, ma...»
Thalia fece un sorriso dolce. «Non sono il tipo di ragazza che ti sta col fiato sul collo perennemente.»
«Lo so.» rispose Ashton.
«Bene, sono tutta orecchi.»
Ashton annuì e fece un colpo di tosse per schiarirsi la voce. Era giunto il momento di non avere paura e di fidarsi ciecamente di qualcuno che non fosse la sua psicologa. Era giunto il momento di comportarsi da persona normale e di condividere tutto con la persona di cui credeva essere innamorato.
«Quando avevo più o meno quindici anni, nella mia classe c’era una ragazza. Veniva a scuola trascinandosi la bombola d’ossigeno come un zaino a rotelle e a mensa sedeva sempre da sola. Lilian, si chiamava Lilian. Non so perché tutti la evitassero, ma io ero curioso» iniziò Ashton. Thalia aveva assunto un’espressione concentrata e ascoltava attentamente.
«Forse lo ero troppo, ma un giorno mi sono seduto accanto a lei e l’ho guardata finché lei non mi ha chiesto se per caso avesse del sugo in faccia. Le ho detto di no e sono scoppiato a ridere. Da quel giorno siamo diventati amici, più o meno. Un anno dopo l’ho invitata al ballo. Non abbiamo ballato, perché lei aveva sempre la sua bombola d’ossigeno con sé, siamo rimasti in cortile. Abbiamo guardato le stelle, e mentre lei cercava di insegnarmi i nomi di ogni singola costellazione, io l’ho baciata.
«Ora, so che può essere irritante sentir parlare della mia ex, e se te lo stai chiedendo, no, non sto così male perché ci siamo lasciati.» Thalia abbozzò un sorriso.
«Sto così perché il destino ha deciso di separarci. Quando non stavamo ancora insieme, ho trovato il coraggio di chiederle perché si portasse sempre dietro quella cosa, da bravo idiota qual ero. Dopo avermi detto che aveva un tumore ai polmoni mi sono sentito schifosamente in colpa, le ho chiesto scusa per la domanda impertinente, lei invece mi ha sorriso e mi ha ringraziato, perché la curiosità non era di certo un crimine.
Be’, un anno e mezzo fa è stata l’ultima volta che ho visto Lilian, eravamo su una spiaggia ed era l’ultima sera che avrei passato con lei. Il giorno dopo sarebbe andata in California, in una clinica prestigiosa dove stavano studiando un farmaco sperimentale che l’avrebbe potuta aiutare... »
Ashton s’interruppe per un momento, inspirò profondamente e chiuse gli occhi per un po’, cercando di controllare le proprie emozioni, perché si conosceva abbastanza bene da sapere che era capace di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
«Sei mesi dopo io avevo trecento dollari e stavo per comprare i biglietti per Los Angeles, per andarla a trovare, mia madre è entrata in camera mia. Non l’avevo mai vista in quel modo, mi sono spaventato. Si è seduta sul letto vicino a me e mi ha abbracciato. Poi mi ha detto che Lilian era... che quel farmaco non aveva funzionato.
«Questo è tutto. Mi sembrava giusto che tu lo sapes-» E prima che Ashton potesse finire la frase, Thalia lo aveva stretto a sé e aveva affondato il viso nell’incavo del suo collo, mordendosi con forza il labbro inferiore per trattenersi. C’erano miliardi di cose che avrebbe voluto dire e fare in quel momento, oltre ad abbracciarlo forte. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi, dirgli che le dispiaceva da morire per quello che gli era successo, che lui era stato fin troppo forte a tenerselo dentro per tutto quel tempo, che lo ammirava, che lei non sarebbe mai stata capace di sopportare una cosa del genere. Ma tutto quello che fece fu continuare a stringerlo con tutta la forza che aveva, fino a sentire il suo cuore battere contro il proprio petto.
«Ashton, io non so che cosa dire... insomma.» iniziò lei.
«Non devi dire niente. Volevo svelarti una parte di me che non conosce quasi nessuno.»
«Se solo... se solo l’avessi saputo... io avrei... Mi dispiace davvero tanto.» mormorò ancora Thalia, staccandosi di poco da Ashton per guardarlo negli occhi.
«Non avresti potuto saperlo... »
«Fa male?» chiese lei all’improvviso. «Scusa... »
«È una domanda lecita, credo...» rispose Ashton sorridendo. «Comunque sì, parecchio. Ma sta passando.»
Thalia gli accarezzò la guancia e lo guardò con un’espressione dolce. «Sicuro?»
Ashton annuì poco convinto, anche se cercava di lasciar trasparire quanta più determinazione possibile. «Il tempo guarisce tutte le ferite, no?»
Thalia sospirò. «Forse.» Gli prese di nuovo la mano e si voltò verso l’entroterra. Rimasero così, senza dire una parola, mentre guardavano il sole tramontare e tingere il cielo di rosso.

 
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo di Marianne
Holaaaa! Aspettavo di postare questo capitolo dall'alba dei tempi. È la svolta, secondo me. Ashton che decide di rivelare a Thalia il suo segreto, la cosa che lei ha cercato in tutti i modi di scoprire. Non è una cosa facile e Ashton ha avuto il coraggio di farlo *abbraccia il suo bimbo* e che ve ne pare? Spero con tutta me stessa che sia piaciuto anche a voi perchè tengo tanto a questo capitolo. D'ora in poi ne vedremmo delle belle, ve lo assicuro. Teoricamente, non ci saranno più moltissimi capitoli di passaggio, forse uno o due, perchè in ogni capitolo succederà qualcosa di BOOM. A volte più a volte meno. Ho una scaletta dove ho scritto per filo e per segno quello che deve succedere, sono una persona organizzata, io. E sì, in teoria ho anche il numero totale del capitoli, ma su quello mi taccio u.u La canzone di oggi è Wake me up when September ends dei Green Day, che è bellissima, come tutte le loro canzoni. (avete sentito la Cover dei ragazzi di American Idiot? *__*) Dunquee, ora passo ai ringraziamenti perché ho davvero troppe cose da dire.
100 recensioni totali. Mi sto commovendo, ve lo giuro. È un traguardo importantissimo, e sono felicissima di averlo raggiunto. Ma il merito è solo vostro e delle vostre bellissime parole che mi fanno sciogliere ogni volta.
Le 11 recensioni allo scorso capitolo, per cui ringrazio Holesinside87,  SkyscraperWrites, heronswift, animanonimy, DarkAngel1, ashtonlaugh,  Aletta_JJ, Thesperance_99, xKikka, Jade_Horan e Winter_Is_Coming. Grazie ad ognuna di voi ♥
Ringrazio poi tutti quelli che leggono silenziosamente la storia, che la seguono, ricordano, preferiscono. E ricordate sempre che potete scrivermi sempre, non mordo né io né l'editor per le recensioni.
Grazie di tutto e spero a presto! (salvo inconvenienti, il prossimo dovrebbe arrivare lunedì :3)
Love ya
Marianne


 
 


 
   
 
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