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Autore: Klainbow    11/06/2014    10 recensioni
Un'ancora. Avevo trovato la mia ancora.
La mia ancora era un ragazzo.
La mia ancora era il mio migliore amico.
La forma di quelle parole mi lasciò una strana amarezza sulla punta della lingua.
Perché lui era Scott.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Isaac Lahey, Scott McCall
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SALVE! :D 
Okay, sono completamente fuori di me dalla felicità, vi prego di capirmi. 
1. Sono riuscita a connettermi pur essendo in un paesino disperso tra le montagne, dove non prende neanche per scherzo. Sto iniziando a parlare da sola per intrattenermi, e devo dire che questo ha aiutato molto. 
2. Finalmente ho ceduto e sto pubblicando la mia prima - rullo di tamburi - Scisaac! (Non sentite anche voi il meraviglioso suono produce questa dolce parolina?)
So bene che ho altre mille cose da fare, ma è stato più forte di me e.. non ho potuto combatterlo. All'inizio ci ho anche provato, ma poi hai iniziato a far male. Dovevo. Quando c'è qualcosa che mi ossessiona così tanto, è come se non potessi controllare le mie stesse azioni. Le mie dita si sono mosse sulla tastiera senza che io me ne rendessi conto, perciò ora eccomi qui. 
Ho una piccola premessa da fare prima di lasciarvi. Sono davvero nervosa riguardo questa cosa, poiché oltre ad essere la prima, si tratta anche di una coppia estremamente importante e complicata, per me. L'OS è soltanto un primo tentativo, proprio perché ne avevo una voglia matta, e non ne sono nemmeno poi così convinta. Quindi, tutto dipende dai commenti. Se saranno positivi, sarò più che onorata di scrivere ancora su di loro. 
Adesso.. scappo via. Lemme know! :)
 
 
 
 
Be my alpha

 
 
Non avrei mai immaginato che qualcuno potesse piacermi per davvero, tanto da fare la figura dello sciocco e passare le notti a rigirarmi tra le lenzuola, alla ricerca del minimo sollievo, uno sprazzo di lucidità che mi permettesse di chiudere finalmente le palpebre e non venire inondato da una serie di immagini raffiguranti lui - e lui soltanto, figuriamoci di innamorarmene. 
Il solo pensiero mi faceva stocere il naso e chiudere lo stomaco, prima, facendomi passare l'appetito. Ho passato la maggior parte della mia apatica adolescenza chiedendomi se un giorno anch'io avrei provato un sentimento perlomeno simile all'amore, mentre le uniche persone che consideravo amici - sebbene assomigliassero più a dei semplici conoscenti - parlavano del proprio partner con un entusiasmo a me alieno, rivelando i fatti che secondo i canoni della popolarità potessero essere i più succosi ed invidiati in una relazione. Io me ne stavo lì, in silenzio, le braccia incrociate sul tavolo e la testa tra le nuvole, ad annuire quando mi veniva rivolta una domanda e a sorridere se uno di loro - solitamente una ragazza - cinguettava un ''awww!'' che aveva l'effetto immediato di mettermi a disagio, oltre che di riscuotermi dai miei pensieri, dopodiché tutti esplodevano in una risata generale. 
Ma io proprio non capivo. Non riuscivo a concepire l'idea di fidarmi di una persona al punto di donargli il mio cuore senza aver paura delle conseguenze, come se fosse la cosa più naturale al mondo. 
Ogni volta che mi capitava di adocchiare una coppietta intenta a scambiarsi la saliva sui sedili posteriori di una squallida decappottabile, e degli strani versi mi arrivavano alle orecchie facendomi arrossire, mi chiedevo cosa vi trovasse la gente di tanto allettante nell'avere la lingua di qualcun'altro immersa nella propria bocca. 
Non ero neanche così puritano come sembrava, sarebbe da ipocriti avanzare un'affermazione del genere. Ero uscito con qualche ragazza, ad un paio di raduni, ma la serata finiva ogni volta alla stessa maniera: un bacio senza senso che non riusciva a darmi assolutamente nulla, lo sportello della mia auto sbattuto con forza e la povera biondina di turno che si affrettava a raggiungere la porta di casa nel modo più plateale possibile, accertandosi che io notassi le lacrime che le inondavano gli occhi per non averle permesso di infilarmi le mani sotto l'elastico dei boxer. E io che pensavo succedesse l'opposto!
Mi sentivo in colpa, ma non potevo controllarlo. Avevo l'impressione che qualcosa mi stesse trattenendo dall'essere me stesso, e più provavo a ribellarmi, impiegandovi anche tutta la forza che possedevo, più fallivo e barcollavo e restavo da solo, l'oscurità che vorticava dentro di me. 
Perciò, prima ancora di poterne comprendere il vero significato, avevo già appurato che io e l'amore avremmo sempre viaggiato su due rette parallele; vicini ma estremamente lontani, destinati a non incrociare mai il nostro cammino. Due guerrieri che combattevano per diverse cause. Due nemici giurati.
E' questo che ti succede, quando l'unico gesto d'affetto che ti viene offerto ogni giorno della tua vita è di essere chiuso in un freezer dal proprio padre.
Quando ti sforzi di sorridere, di provare a ridere, e lo fai con tutto te stesso, ma sai che non basta e ormai puoi soltanto urlare e piangere, senza preoccuparti che qualcuno possa sentirti, perché la consapevolezza che non lo farà è così ovvia da non nutrire più dubbi.
Quando cresci sperando che l'unica persona che ti è rimasta al mondo cambi, ma non accade mai. 
Quando, invece di una carezza, un bacio o un'insignificante pacca sulla spalla, ti ritrovi a dover imparare a curarti da solo le ferite che tuo padre ti ha inflitto con un coltello da cucina per uno stupido voto a scuola. 
Quando hai paura, una paura irrazionale e terribile e mortificante che ti paralizza, anche se non c'è niente che non vada, perché sai che non è vero, sai che dentro di te ogni cosa è fuori posto e fa schifo, e sussulti al minimo rumore, cominciando a sentirti al sicuro soltanto per strada, ovunque, lontano da casa tua.
Semplicemente - ero un giocattolo rotto, non riuscivo ad aprirmi con nessuno, e non volevo farlo. Mi veniva facile essere superficiale, vago; agli altri stava bene, perché a nessuno importa davvero come ti senti, se ti stampi un bel sorriso sulla faccia e ripeti, da copione, un suono che ormai è stato miseramente denudato di ogni connotazione positiva, divenendo il suo opposto, spoglio e inerme, e allora quasi ti senti soddisfatto, sincero, come se non avessi neanche mentito. 
''Sto bene'' 

 
Un giorno, però, qualcosa è cambiato. Non sapevo bene come o quando, esattamente. 
Ricordavo soltanto che il coach aveva insistito perché io non giocassi, senza fornirmi alcun motivo, ed ero incazzato da morire. Odiavo l'idea che tutti mi avessero visto come un perdente proprio quando avrei dovuto essere molto più di tutta quella gente messa insieme. La rabbia si era impossessata di me, cruda e potente, e nel giro di un paio di secondi mi ero ritrovato a ringhiare a bassa voce, il capo chino, gli occhi che cambiavano colore mentre il viso mi pizzicava dalla voglia di dare fuoco a quella scintilla in più che mi avrebbe spinto a trasformarmi lì, sul campo, sotto una dozzina di occhi sconvolti. Volevo dare spettacolo. Volevo.. vendetta. 
Ormai la partita era scivolata in un angolo remoto dei miei ricordi, e il lupo che era in me era pronto ad esplodere. 
Poi, una voce spezzò l'incantesimo che non ero mai riuscito a comprendere, e mi bloccai di colpo, il corpo che doleva per sforzo di non lasciarmi andare. 
Dovevano essere stati circa venti metri, a dividerci. Eppure lo sentii lì, all'orecchio, caldo e tenue come una giornata di sole primaverile. 
Un sussurro dal tono risoluto - intriso di dolcezza e comprensione. 
Incontrai gli occhi di Scott e recepii una per una tutte le sensazioni che intendeva donarmi: calma, gentilezza, sicurezza, affetto. Mi sentii come quando avevo preso in prestito un po' del dolore di quel cane, il giorno in cui, tra quelle quattro mura apparentemente senza alcun valore personale, Scott aveva saputo confortarmi meglio di chiunque altro. Lo stesso in cui riuscii a fidarmi per la prima volta di un essere umano che non fosse me stesso. Lo stesso in cui avvertii il bisogno di sorridere grazie a lui e alla sua solidarietà, nonostante fossi sul punto di piangere per ciò che sarei stato in grado di fare, se solo ne avessi avuto il coraggio. 
Lui aveva preso in prestito la mia rabbia, custodendo gelosamente i miei sentimenti e promettendomi di tenerli al sicuro. Io ero il cucciolo ferito.
Deglutii, le unghie conficcate nei palmi delle mani fino a squarciarne la carne. Un liquido caldo ed appiccicoso fuoriuscì dalle ferite e delle piccole gocce di sangue si infransero al suolo, disperdendosi tra i fili d'erba. 
''Forza, Isaac.'' 
La distanza si sbriciolò nel nulla, trascinando via con sé il tempo, lo spazio ed ogni traccia di rabbia rimanente, anche quella che si era aggrappata alle mie membra con tenacia. 
La pressione si attenuò, scomparendo con crudele lentezza, fino a limitarsi ad un fragile sfiorare e tastare di polpastrelli umani. 
Alzai una mano, tremante, e fissai stupefatto le mie unghie. Erano corte e manghiucchiate come al solito. 
Dall'altra parte del campo, Scott mi premiò con un sorriso luminoso e io boccheggiai a vuoto, alternando lo sguardo tra lui e le pellicine che incorniciavano goffamente le mie unghie. 
Un'ancora. Avevo trovato la mia ancora. 
La mia ancora era un ragazzo.
La mia ancora era il mio migliore amico.
La forma di quelle parole mi lasciò una strana amarezza sulla punta della lingua. 
Perché lui era Scott. 
 
 
E in quel momento capii.
Capii che se Scott avesse voluto essere luna, io sarei diventato le sue stelle. 
Capii che se Scott avesse voluto essere sole, io sarei stato i suoi raggi e il  suo cielo. Avrei assunto tutte le sfumature che preferiva.
Sarei stato il suo sole aranciato che s'imbrunisce verso sera, quello che ti toglie il fiato e ti aiuta a riflettere negli attimi più solitari. 
Capii che se Scott avesse chiesto di essere un uccello, anzicché un lupo, io avrei volato con lui, migrando ovunque avesse voluto andare. 
Capii che se Scott avesse chiesto il mondo intero, io lo sarei diventato per lui. 
Capii di voler essere qualunque cosa lui avesse desiderato. 
 
E il pensiero, per quanto nuovo e completamente folle, non mi spaventò. 
Non ancora, almeno. 
 
 
 
Non avevo mai pensato di poter trovare qualcosa di tanto bello da distruggermi e catturare tutta la mia attenzione in modo talmente sfacciato da spaventarmi. 
Non avevo mai pensato di potermi svegliare, un mattino, con un solo pensiero ad offuscarmi i sensi, di sorridere con il viso affondato nel cuscino, quasi a volerlo reprimere, perché la cosa è tanto nuova da averne paura.
Non avevo nemmeno mai pensato di poter definire ''bello'' un ragazzo.
Eppure, mentre guardavo il suo profilo ben delineato e perfetto, decisi che ''bello'', non riusciva a rendere l'idea di quello che avevo davanti agli occhi. 
 
''Tu che ne dici, Isaac?'' chiese d'un tratto qualcuno.
Sussultai appena, le labbra dischiuse in un'espressione di sorpresa. Scossi piano la testa e ritornai tra loro, riemergendo dallo stato di intorpidimento che mi aveva travolto quando avevo iniziato a contemplarlo. Mi succedeva più spesso di quanto ci tenessi ad ammettere. 
Inarcai le sopracciglia davanti alle loro occhiate curiose, scorgendo nello sguardo di Scott un'ombra di preoccupazione. 
''Cosa?'' bofonchiai, avvertendo un senso di apprensione crescermi a dismisura nel petto, divorandomi dall'interno.
''La festa.'' spiegò solamente Scott, il tono esitante. 
Non avevo idea di che cosa dire, né di come ne sarei uscito. 
''Oh!'' Spalancai gli occhi, poi seguì un lungo istante di silenzio. ''La festa.'' dissi, annuendo tra me e me come se me ne fossi appena ricordato. 
Stupido, stupido, stupido. Smettila di fissarlo. 
Abbassai il capo, concentrandomi sulla mia insalata. Avevo capito che l'unico modo per interrompere il contatto visivo con Scott senza sentirmi improvvisamente stanco e vuoto era estraniarmi dall'ambiente che mi circondava. 
Non funzionava quasi mai, però. Il suo odore era dannatamente distraente, mi penetrava le narici, attraversava il mio corpo lasciandosi dietro una scia di brividi e risaliva sotto forma di una dolce carezza fino ad invadermi la mente. Ogni parte di me lo voleva come non aveva mai desiderato nient'altro, e imparare a conviverci mi sfiancava. Era asfissiante e meraviglioso al tempo stesso. Era Scott, ed ero io. Eravamo noi, solo che lui ancora non lo sapeva. 
''Beh?'' mi esortò lui, e io tremai leggermente. Infilzai una foglia con la forchetta e me la portai alla bocca, guadagnando tempo.
Lydia stava corrugando la fronte, pronta ad indagare a fondo, se fosse servito a farmi parlare. No, decisamente, non era un buon segno.
''Io.. d'accordo, andiamoci.'' proposi, sperando di non aver detto una cavolata. Masticai lentamente e ingoiai a disagio.
A giudicare dall'espressione di Derek - che solitamente non si scomodava a degnarti di uno straccio di indizio su ciò che passava per quella testa imbronciata - e quella di Stiles, che continuava a far passare lo sguardo da me a Scott e da Scott a Lydia, come se stesse seguendo una partita di ping-pong, ebbi la conferma di aver fallito alla grande. 
''Stai bene?'' domandò Allison, dopo quelli che parvero secoli. Scott annuì grave. 
''Certo.'' Gli lanciai un'ultima occhiata, lasciando trasparire il turbinio di emozioni che mi stava facendo contorcere lo stomaco in modo del tutto spiacevole, stavolta, e il mio cuore perse un battito quando lui aprì bocca per aggiungere qualcosa. 
Avrei dovuto fermarmi. Avrei dovuto ascoltarlo. 
Invece mi alzai. 
''Devo andare.'' gracchiai, e prima che potessero chiedermi altro mi ero già precipitato fuori dalla mensa. 
L'ultima cosa che udii fu il suono della voce di Scott che si scusava, e successivamente lo stridere dei piedi di una sedia sul pavimento. 
 
* * * * *
 
''Hey.'' 
Avrei dovuto saperlo. Avrei dovuto immaginare che rifugiarmi qui non sarebbe servito a nulla. 
Lui mi conosceva, lui mi sentiva, avvertiva la mia presenza proprio quanto me. Lui era il mio alfa, prima ancora che lo diventasse per gli altri: avrebbe sempre saputo dove trovarmi, e forse io non mi sarei mosso finché non lo avesse fatto. 
Non seppi dire se potesse rivelarsi un fattore positivo o meno, perché volevo che mi stesse vicino nonostante tutto, e al tempo stesso avrei voluto che mi ignorasse, perché in questo modo tutto si sarebbe semplificato almeno un po'. 
''Hey.'' sussurrai, senza distogliere lo sguardo dal vuoto su cui incombevo. Scott si inginocchiò, sedendosi sul cornicione accanto a me. 
Repressi un sorrisetto. Non si rendeva conto di quante volte mi avesse salvato. Anche adesso, mentre faceva ciondolare i piedi nell'aria fredda di novembre, aveva scelto inconsapevolmente di abbandonare i suoi amici per venire da me. 
Mi sentii un ragazzino in cerca di attenzioni.
Scott girò il capo per guardarmi e mi scrutò attentamente. ''Che succede?'' chiese infine, e stavolta era serio. 
''Nulla.'' mentii, evitando di ricambiare lo sguardo. 
''Uhm.'' mormorò sovrapensiero. ''Non ci credo.'' 
Io roteai gli occhi e scrollai le spalle, incurante. 
''Dai.'' mi supplicò, rifilandomi una spallata scherzosa per risolvere la situazione. 
Serrai le labbra, avvertendo il suo calore fluire attraverso i nostri corpi che si sfioravano, giocando con il nostro legame, accentuandolo. 
''Nulla.'' ripetei, rispondendo al contatto bruscamente. 
Lui si tenne alla cornice di marmo sotto le ginocchia e barcollò in avanti. ''Dimmelo.''
''No.''
''Dimmelo.''
''No.''
''Perché no?''
''Da quando sei diventato così coglione da insistere tanto?'' sbottai, ritirando le gambe per alzarmi. Con un balzo saltai in piedi sul tetto e feci per andarmene, ma lui mi bloccò.
 
''Perché m'importa.'' 
 
Non servì altro.
I muscoli delle mie spalle si tesero, in allerta, e restai immobile, la schiena dritta. 
Dei passi mi raggiunsero in pochi secondi, e le sue mani mi afferrarono le braccia con decisione. Chiusi gli occhi, lasciandomi sfuggire un respiro strozzato, e poi lo feci. 
 
''Lasciami.'' 
Sentii la pressione delle sue dita cambiare, allentando la presa intorno alla mia pelle, e la gola prese a bruciarmi. Dio, non volevo che smettesse di toccarmi.  
''C-cosa?'' il tono della sua voce mi spezzò il cuore, ma lo ripetei ancora, con più convinzione. 
''Perché?'' domandò piano, non accennando a lasciarmi andare. 
''Perché mi fai male.'' sussurrai in risposta, divincolandomi.  
Una pausa, un nuovo brivido. 
''Ma- che vuol dire?'' Il suo respiro caldo mi solleticò il retro del collo, in netto contrasto col freddo che mi stava avvolgendo in una morsa dolorosa.
''Vuol dire proprio questo.'' Dissi, voltandomi per fronteggiarlo.
 
Me ne pentii subito dopo. 
I nostri sguardi s'incrociarono all'istante, calamitati senza che lui lo capisse a pieno, e lo vidi socchiudere la bocca quando notò che i miei occhi erano velati da una patina cristallina di lacrime. Mi rifiutavo di lasciarle cadere. 
''Isaac?'' soffiò confuso, la voce incrinata.
''Non odiarmi, ti prego.'' dissi, inspirando aria velocemente nel tentativo di trovare le parole adatte, ma ormai questa era soltanto tossica, solida, e non faceva altro che uccidermi. 
''Perché dovrei?'' chiese lui, il capo inclinato sul lato. Lo faceva sempre quando era nervoso, avevo notato anche quello.
''Perché mi sono innamorato di te.'' 
 
''Che cosa?''
''Mi sono innamorato di te.''
Scott trattenne il fiato per una manciata di secondi, prima di scoppiare a ridere e fare una smorfia buffa. ''Tipo come amici? Perché anch'io ti voglio bene, lo sai.'' 
Trassi un respiro profondo, ed emisi una risatina isterica priva di allegria. ''Sì, Scott. Tipo come amici.'' 
Piegai gli angoli della bocca in quello che sperai avesse l'aria di essere un sorriso divertito, ma lui non mi seguì, e io mi sentii morire.
Dopo tutto ciò che la vita mi aveva riservato, non mi era mai capitato di provare una fitta tanto dolorosa all'altezza del petto, ed era tutto dire. Incespicai all'indietro, tentando di riacquistare l'equilibrio. Le ginocchia stavano per cedere e non avrei potuto fare altro, se non arrendermi ad un sentimento troppo opprimente da sopportare.  
''Tu..'' balbettò, poi si fermò di nuovo, guardandomi con un'espressione indecifrabile dipinta sul suo bellissimo viso. Memorizzai i suoi tratti uno ad uno, imprimendoli nella mia memoria come inchiostro su carta, imparando ad amare ogni parte di lui ancora e ancora e abusando della nostra ultima vicinanza per giurare a me stesso di non lasciare che il tempo avesse avuto la meglio e li avesse spazzati via.  
 
''Non puoi farmene una colpa.'' 
Scott fece un passo verso di me, e io indietreggiai ancora, scottato.
''Aspetta. Non.. non stai scherzando? C-come..-'' 
''Ascolta i battiti del mio cuore.'' 
 
thump, thump, thump. Sembrava impazzito, per quanto scalpitava contro la cassa toracica. Per un attimo pensai volesse schizzarmi via dal petto.
 
Lui non parlò, ma fece un passo nella direzione opposta alla mia. 
''Sei tu. Questo è ciò che mi fai.'' proseguii, alzando le spalle. Lo avevo accettato. Ormai non avevo niente da perdere. ''Non posso farci niente.'' 
''Io..''
Ma Scott non finì neanche quella frase. Si avviò in poche falcate verso il confine del tetto e si lanciò, atterrando a quattro zampe sulla strada. 

 
 
 
Quella notte, Scott non tornò a casa. 
Scott corse.
Corse per schiarsirsi le idee.
 
 
Le sue labbra rosa, soffici persino alla vista, distese in uno dei suoi sorrisi più mozzafiato. Il suo modo di avvicinarmele all'orecchio e farmi rabbrividire.
 
 
Corse per dimenticare.
 
 
Il suo naso, il modo adorabile in cui lo arriccia e quello in cui lo tira su quando sta fiutando qualcosa.
 
 
Corse per se stesso.
 
 
Le sue ciglia lunghe. I suoi immensi e infiniti occhi blu che variano a seconda dell'umore e in cui amo perdermi.
 
 
Corse per me.
 
 
La sua pelle, la sua morbidezza, il colore così diverso dal mio, eppure tanto puro e straordinario e etereo da destabilizzarmi. Il modo in cui mi fa sentire quando mi tocca, fondendoci in un'unica, armoniosa sfumatura. 
 
 
Corse per noi.
 
 
I suoi capelli, arruffati al mattino e sistemati al meglio durante la giornata. I ricci ribelli che lo fanno imprecare.
 
 
Corse per poi fermarsi, darsi dello sciocco e riprendere.
 
 
Le sue guance, le fossette che vi si formano nonappena apre bocca. Le mezze lune seducenti che gli sorgono agli angoli delle labbra quando tenta di fare il gradasso. Mi piacerebbe baciarle teneramente, con dolcezza. 
 
 
Corse per inciampare e barcollare e poi rialzarsi.
 
 
Il suo corpo, tonico e non troppo muscoloso, che desidero più che mai venerare e coccolare. Voglio prendermi cura di lui.
 
 
Corse odiandosi con tutto se stesso.
 
 
Le sue braccia possenti che mi stringono. Il luogo adatto in cui rifugiarsi. 
 
 
Corse con le mie parole che gli riecheggiavano in mente.
 
 
Le sue gambe lunghe e slanciate. I suoi tendini che si contraggono sotto sforzo, lasciandomi eccitato per ore. 
 
 
Corse senza alcuna meta. 
 
 
Il suono della sua voce, che mi fa sentire a casa e mi difende dagli incubi, cullandomi nella realtà.
 
 
Corse finché ogni muscolo del suo corpo non prese a lamentarsi. 
 
 
La sua risata, tutto ciò che c'è di bello e prezioso nell'intero universo. Così rara e unica da riempirmi di gioia e saziarmi per giorni.
 
 
Corse finché non permise a se stesso di pensare a me nel modo in cui si era sempre vietato di fare. 
 
 
Lui. Lui. Lui.
Isaac. 
 
Corse dall'unica persona che si rese conto di amare dal primo momento.  
 
 
 
''Scott, c-che ci fai qui?'' 
Scott mi si avvicinò velocemente e azzerò l'insulsa distanza che ci separava, afferrandomi il viso tra le sue dita callose. 
Posò lo sguardo sul mio per pochi secondi e mi sorrise dolcemente. Sembrava.. sembrava ubriaco. 
''Lo sono. Sono ubriaco.'' rispose Scott, scuotendo la testa, incredulo e.. felice.
''Che ne sai-''
''Riesco a sentirti, lo sai.'' sussurrò piano, le labbra ad una spanna dalle mie. 
Un attimo dopo, qualunque cosa volessi dire andò a farsi benedire assieme alla mia sanità mentale. Gli avrei mandato il conto della mia analista. 
Scott pressò le labbra screpolate dal vento sulle mie e mi baciò. Fu lento e incerto, e notai che non ero l'unico a tremare come una foglia. Lui mi strinse forte a sé, intuendo che altrimenti sarei caduto a pezzi sotto ai suoi tocchi, trasportato dalla marea, e mi sfiorò una guancia con il pollice, disegnandovi dei piccoli cerchi invisibili. Sospirai, gli cinsi il collo con le braccia e lo attirai verso di me, rispondendo al bacio con rinnovata passione. Schiacciai il torace contro il suo petto e inspirai, amando la sensazione dei nostri cuori che battevano all'unisono. Scott chiese timidamente il permesso di approfondire il contatto premendo la lingua contro le mie labbra, che si dischiusero con piacere, accogliendolo gentilmente al loro interno. 
Sotto le mie palpebre, i fuochi d'artificio esplosero incontenibili. 
Le nostre lingue si intrecciarono, dando vita ad una lotta di predominanza tra lupi e generando in entrambi un gemito gutturale quasi animale. Lo sentii sorridere contro di me mentre mi mordeva e tirava debolmente il labbro inferiore, giocherellando, e io gli pizzicai l'addome, infilandomi sotto la sua t-shirt bagnata di sudore.
''Non provocarmi.'' ringhiai, staccandomi lo stretto necessario da avvertirlo. 
''No, non potrei mai.'' ridacchiò lui, riprendendo a baciarmi con ferocia. 
Ecco, quello sì che era un bacio. 
 
Non ci arrendemmo mai alla stanchezza. Neanche quando il respiro si mozzò in gola e ci ritrovammo ad ansimare rumorosamente - bisognosi anche del minimo attrito, le labbra arrossate e la saliva dell'altro su ogni centimetro di pelle esposta e martoriata. 
 
''Ti amo.'' 
''Suppongo - suppongo di potertelo dire anch'io, ormai, no?'' 
''Mh-mh.''
''Beh, ti amo.''
''Meraviglioso, ma ora smettila di fare il melenso o diventerò diabetico al tuo fianco.'' 
''Non devi essere scontroso per dimostrarmi qualcosa, e poi hai cominciato tu.'' 
''Sta' zitto.''
''Ti sto per mordere una chiappa.'' 
''SCOTT!'' 
 
 
 
 
 
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SCISAAAAAAAAAAAAAAAC!
Uhm, no, volevo solo fare un salutino a tutte le fantastiche personcine che mi hanno spinto a compiere questa pazzia. Vi ringrazio tantissimo. 
Spero vi sia piaciuta, un bacio! çwç <3 
 
 
 
 
  
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