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Autore: Fang    12/06/2014    3 recensioni
(SPOILER da City of Heavenly Fire)
Un bambino non è così cattivo, non è così senza cuore e non si diverte a bruciare le ali delle farfalle per poi vederle morire in volo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Polvere di stelle

Polvere di stelle








Gli occhi di Clary non mi lasciano andare un secondo, posso quasi sentire il suo cuore perdere un colpo e poi ricominciare a battere forte. Lo sento, nelle ossa e nel cuore, sento di non essere più Sebastian, il ragazzo da lei tanto odiato, ora sono Jonathan. Jonathan, la persona che non ho mai potuto essere. Jonathan, il figlio che Jocelyn non ha mai avuto.


I flash di tutto quello che ho fatto mi passano davanti, l'uccisione del vero Sebastian, il corpo privo di vita del più giovane dei Lightwood, tutti gli Shadowhunters che ho trasformato, cambiato, reso come me. Mi sembra quasi di poter rivedere le loro espressioni, la maggior parte di loro erano solo spaventati, proprio come Amatis. Quante vite ho spezzato? Quante famiglie ho distrutto? No, quello non ero io, era una persona che non conosco, qualcuno che non ho mai voluto essere. Sebastian Morgenstern.
Jocelyn.... mia madre, mi sostiene e sento una lacrima scivolare sul mio viso. Vorrei dirle di non piangere, che non ha senso versare lacrime per uno come, che non ne vale la pena, che non merito niente e non merito di certo la sua tristezza. Quanto dolore ha dovuto sopportare? E perché ora capisco quello che voleva dire? Che lei non piangeva per Sebastian, ma per il figlio che non ha mai potuto avere, per il ragazzo che non sono mai potuto essere. Questo è il pianto di una madre, di una vera madre. Sono cresciuto dentro di lei e forse per un breve periodo di tempo sono stato un bambino come tutti gli altri. O ero già corrotto? Forse nell'esatto momento in cui ha scoperto che avrebbe avuto un figlio, ha cominciato a corrompermi, a fare di me quello che voleva essere lui.

Non piangere, vorrei dirle, non farlo. Non essere così triste per qualcuno che non è mai esistito, non disperarti per qualcuno che non ha mai vissuto davvero. Non portare il peso di un lutto che non dovrebbe esistere.
Vorrei poter passare un po' di tempo con lei e con mia sorella, ma questa volta in modo normale. Non cercherei mai di alzare le mani su Clary, di farle del male o di convincerla che io e lei ci apparteniamo. Ho tolto così tanto, eppure la vita ha ancora qualcosa da regalarmi, un qualcosa che non mi merito. Un po' di tempo con loro, un po' di tempo come Jonathan Morgenstern, no... non come un Morgenstern ma come  Jonathan Fairchild.

«Jonathan», continua a sussurrare Jocelyn «Scusa, perdonami, ti prego perdonami se puoi.»
«Perdonarti?», chiedo io a fatica
«Non sarei dovuta restare con Valentine, non avrei dovuto permettergli di farti questo.», dice lei
«Non portare anche questo peso, madre.»
«Mamma», sussurra Jocelyn vicino al mio orecchio «Per una volta, una sola volta, voglio sentirti chiamarmi mamma, Jonathan.», mi si forma un nodo alla gola, un nodo colmo di lacrime, che non riesco a versare per chissà quale motivo. Forza dell'abitudine?  Con un piccolo sforzo riesco a non piangere, perché io non merito un simile lusso, non merito di piangere per un dolore che io stesso ho inflitto alle persone intorno a me.
«Non portare questo peso, mamma.», dico io assaporando quella parola «Hai già sofferto abbastanza.»
Mi viene in mente qualcosa, un ricordo a cui non pensavo nemmeno più, cosa strana... più ci penso, più mi sembra di essermelo immaginato. E se invece fosse vero? Forse è quello che ha avuto un brutto impatto in tutta la mia vita, perché non potevo essere così senza cuore sin da piccolo, un bambino non è così cattivo, non è così senza cuore e non si diverte a bruciare le ali delle farfalle per poi vederle morire in volo.

«Perché mamma non è qui?», chiedo a mio padre Valentine.
«E' andata via.», risponde lui senza guardarmi.
Andata? Una volta ho sentito, più che altro origliato, una conversazione di un padre e di suo figlio piccolo, diceva che sua madre era andata via per sempre, che la vita degli Shadowhunters era dura, ma che dovevano comunque combattere per l'Angelo. Ricordo di aver sentito il bambino piangere e di aver represso l'istinto di dargli uno schiaffo, perché odiavo sentire i bambini piangere, anzi odio le lacrime in generale.
«E' morta?», chiedo  io «Quando qualcuno dice così... vuole dire una persona è morta.», gli spiego io
«No.», risponde «E' andata via perché tu non sei umano, non era in grado di amarti.»
«Non sono umano? E tu... puoi guarirmi?»
«No, Jonathan. Tua madre ti odia, io sono l'unico in grado di amarti davvero.»

«Mamma?», la chiamo io.
«Cosa c'è?», domanda lei gentilmente.
«Mi odi? Se io potessi vivere, così come sono adesso, saresti in grado di volermi bene... nonostante tutto il male che ho fatto?»
I singhiozzi tormentano il corpo di Jocelyn, facendola tremare un po', ma poi, chissà perché, si calma   e nonostante le lacrime che le scivolano sulle guance, riesce a rivolgermi un sorriso. Occhi negli occhi, verde e verde, non più nero senz'anima e verde, ora siamo uguali. I nostri occhi sono uguali, i suoi però sono lucidi di lacrime, mentre i miei sembrano non averne mai abbastanza del suo viso. I miei sentimenti sono umani,  ora non sento odio o voglia di uccidere, voglio solo impremere nella mia memoria il suo viso, tutto qui.
«Sebastian non eri tu, non è mai stato te», comincia a dire lei «Era una creatura di Valentine, un suo esperimento, tu invece... tu sei mio figlio.»
Suo figlio. Io sono suo figlio.
«Avrei dovuto provare ad amarti, a crescerti con amore, non avrei dovuto addossarti le colpe di Valentine.»
Le faccio un cenno, come per dirle che non fa niente, che ormai le cose non possono essere cancellate e non si può più tornare indietro.
«Questo è quel che conta.», dico io cercando di sorridere «Hai detto che sono tuo figlio.», sussurro io. 
Jocelyn mi rivolge un sorriso. Un sorriso così bello che mi fa venire voglia di piangere, ridere e abbracciarla tutto nello stesso momento.
E' questo quello che voleva dire Clary? Sì, era questo quello che cercava di fare capire a Sebastian, ma lui non aveva un cuore umano, quindi non poteva capire niente, non poteva capire i sentimenti umani. Ma ora posso capirli pure io, perché sono Jonathan, non quel mostro.
Respiro profondamente distogliendo lo sguardo da Jocelyn e guardo gli altri, Isabelle che guarda la scena con gli occhi spalancati, che a volte guarda Clary con preoccupazione. Ho già chiesto scusa a lei, ad Alec, a tutti loro, eppure non mi sembra abbastanza. Guardo Alec e Magnus, ricordo di averli odiati, di aver pensato che il loro amore era contro natura, una cosa che non doveva esistere, ma adesso che guardo entrambi con occhi umani mi rendo conto che non c'è niente di male, Magnus guarda Alec con amore e Alec guarda il compagno con la stessa intensità. Guardo Luke, accanto a Jocelyn, che cerca di consolarla da un lutto che sarà per sempre con lei. Guardo Jace, lui che ho ferito di più, che ho legato a me in maniera distorta e contro natura, lui che nonostante tutto riesce a capirmi più di quanto io capisca me stesso. Respiro ancora, ogni respiro è una coltellata al cuore, i miei occhi si incrociano a quelli di Clary.

«Non ho mai capito la differenza.», sussurro debolmente,
Chiudo gli occhi, la mia vita scivola via delle mie stesse dita e finalmente mi sento pronto a morire. Ma essa ha ancora  un piccolo dono da darmi, un piccolo sollievo, mi sembra di sognare ad occhi aperti, mentre il corpo è tormentato dal dolore causato dalla mia ferita.

Stringo la mano di una bambina, avrà 5 o 6 anni, il suo viso è dolce e pieno di vita.
«Finalmente è uscita.», sospira la piccola
«Lo sai che ci vuole tempo.», le rispondo io con un sorriso.
«Perché?», domanda lei.
«Be', a dirti la verità non saprei.», le dico facendola ridacchiare.
Clary esce dalla sua camera, con mamma e papà dietro di lei. Il vestito è color oro, come la tradizione vuole, i lunghi capelli raccolti e gli occhi colmi di felicità.
«Guardati sorellina!», esclamo.
«Sono ridicola, vero?», domanda lei «Se sono ridicola, ti prego di dirmelo, così mi tiro via questo fastidioso vestito e mi sposo in jeans, maglietta e scarpe comode.»
«Sei bellissima.», le dico mentre Val annuisce accanto a me.
«Ho paura.», sussurra lei.
«Lo so, sorellina.», rispondo stringendo la sua mano tremante«Ma va tutto bene.»

Sembra nel panico più totale, mamma la osserva con la preoccupazione sul viso, Luke invece sembra non sapere che pesci pigliare. Poveri noi uomini, penso, quando ci sono situazioni del genere, non sappiamo mai che fare.
Val mi lascia la mano e corre dai nostri genitori, proprio mentre io abbraccio Clary, con delicatezza, cercando di non rovinarle il vestito o l'acconciatura.
«Non avere paura, Clary.»
«Ti voglio bene, Jonathan.», sussurra lei.
«Ti voglio bene anch'io, Clarissa.», le dico «E ora coraggio, Shadowhunter. Devi sposarti»


Un sogno. Un piccolo lampo del fratello che sarei stato, del fratello che avrei voluto essere. Clary che mi voleva bene.  La mia sorella immaginaria, Valentina, che non si perdeva mai una mia mossa e che adorava farsi fare ritratti da Clary. E io un Cacciatore normale, con gli occhi verdi di mia madre, i capelli biondi di mio padre, che in quella visione era un eroe. Ora sono la persona che ho sempre voluto essere. Sebastian mi era stato imposto, anche se non l'avevo mai compreso, non l'avevo mai capito.
«Non mi sono mai sentito così... leggero.»
Guardo Clary per l'ultima volta, prima di respirare profondamente, sorridere e infine morire.




Ave atque vale in perpetuum, frater. Hail and farewell forever, my brother.
 



Angolo autrice.

Che dire? La fine di CoHF è stata bellissima, perfetta, non potevo desiderare niente di meglio. Mi ha spezzato il cuore leggere la morte di Jonathan, vedere il ragazzo sotto Sebastian, vedere il suo vero "Io". Era da tempo che volevo scrivere qualcosa su di lui, ma non ci riuscivo mai, non riuscivo a cogliere il suo personaggio, credo. Invece Jonathan, buono e per niente corrotto, è diverso. Per il poco che abbiamo potuto vedere... secondo me era un ragazzo buono. Ho scritto questa shot, un po' a parte dalla storia, perché avrei tanto voluto vedere Jocelyn interagire di più con lui, non so perché. Ma avrei voluto davvero vederli parlare con madre e figlio.

Il titolo della canzone è ispirato da Hoshi no Suna, canzone di Gackt Camui. E un mare di grazie a Class of 13 per lo splendido banner
   
 
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