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Autore: Towards The Sun    13/06/2014    0 recensioni
Non hai mai letto una storia del genere. Taylor Swift è in Giappone, impegnata con la parte finale del "Red Tour". Qualcuno farà un attentato alla sua vita, così la CIA manderà il suo più valido elemento per salvarla. Ben presto la cantante statunitense si troverà coinvolta in qualcosa più grande di se stessa.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi risvegliai in una stanza che non mi era affatto familiare. A dire il vero non mi ricordavo neanche di essermi addormentato, o qualsiasi cosa avessi fatto nelle ultime ore. Ero coricato per terra, in una stanza di metallo fredda con degli specie di inalatori di aria condizionata in ogni lato, e poco altro nella stanza. Tirai su la schiena in modo di sedermi per terra, ed avere una visione migliore della stanza. La prima cosa che notai fu la presenza di Taylor, anch’essa stesa priva di coscienza per terra a pochi metri da me. Tutto appariva così strano, come mai non mi ricordavo? Appena la vidi corsi subito verso di lei, e mi venne un fortissimo giramento di testa appena mi alzai. Mi chinai vicino a lei e come prima cosa controllai il suo battito poggiando due dita subito sotto al lato sinistro della sua mascella, tra la gola e, appunto, la mascella. Tirai un sospiro di sollievo quando scoprii che il cuore batteva ancora regolarmente: era solo svenuta. Cercai di svegliarla, e mentre la scuotevo iniziai a ricordare. Stavo facendo l’interrogatorio a Dan, il presunto manager di Taylor Swift, e quando lo avevo smascherato avevo Eden, il mio migliore amico nonché compagno di un’infinità di missioni, con una pistola puntata alla mia schiena, che mi chiedeva scusa. Come prima cosa mi toccai dietro alla testa, e trovai la presenza di un grosso bernoccolo. A quanto pare Eden non mi aveva ucciso ma semplicemente stordito, probabilmente colpendomi con la canna della pistola con violenza. Cercai la stessa cosa nel retro della testa della ragazza, e per fortuna non trovai niente, come immaginavo. Sicuramente aveva usato un modo differente per sedarla, sapevo che Eden era un gentiluomo e non l’avrebbe colpita. Ma, in effetti, cosa sapevo davvero di lui? Cosa puoi pensare quando un compagno di missioni, uno dei più validi agenti della CIA e sopratutto il tuo migliore amico nella vita reale, ti punta una pistola alla schiena e ti fa svenire? Possibile che era un traditore? no, non era possibile. O forse si. Rabbrividii. Cercai di negare a me stesso i ricordi che mi venivano in testa delle ultime ore, ricordi che condannavano inequivocabilmente la complicità del mio migliore amico con Dan e la sua partecipazione a questa organizzazione misteriosa che aveva sviluppato il misterioso virus “empyrean” e lo aveva iniettato a scopo preservativo nel sangue della famosa cantante Taylor Swift, iniziando tutto questo. Non ci potevo credere.

Proprio mentre pensavo a tutto questo vidi che Taylor piano piano si stava svegliando, e cercava di alzare la schiena e stare sui gomiti. Subito smisi di pensare e la aiutai. Le sorrisi, cercai di trasmetterle della positività per cercare di farle prendere la situazione nei migliori dei modi, e riuscire a trovare insieme un modo per uscire da dov’eravamo.

”Hey. Piano, non muoverti troppo velocemente”

le dissi. Forse per la prima volta da quando l’avevo conosciuta sarebbe stata carina con me, trovandoci entrambi in questa situazione, visto che fino ad ora mi aveva solo accusato di essere parte di tutto ciò e che quindi la stavo solo danneggiando. Però questa volta era diverso, era presente quando Eden mi fece perdere i sensi, e probabilmente proprio in quel momento aveva capito di aver commesso un enorme errore nel diffidare di me e fidarsi del mio amico. Ebbe un espressione vaga, e mi divertii ad ammirarlo per pochi secondi. Ma ben presto il suo viso cambiò espressione. Si guardò intorno, e poi guardò me negli occhi spaventata, ed indietreggiò di pochi centimetri.

”Dove sono? cosa sta succedendo?”

La sua voce era più spaventata che mai, e così il suo sguardo. Cercai ancora di calmarla, anche se era molto difficile calmare qualcuno quando anche te non sei neanche vicino all’essere calmo. Ero spaventato almeno quanto lei, solo che i miei anni di esperienza alla CIA e i miei addestramenti mi avevano insegnato a calmare i miei sentimenti, perché sono proprio i sentimenti che fanno uccidere le spie. Cercai di dirle qualcosa, ma proprio in quel momento sentii un forte rumore alle mie spalle. Mi girai e vidi 4 persone che entrarono sbattendo la porta dietro di me, l’unica entrata ed uscita della stanza. Solo uno di loro era armato, mentre gli altri tre camminavano semplicemente armati delle proprie braccia muscolose, a parte quello che camminava di fronte a tutti che sembrava essere colui che comandava tra di loro. Proprio lui si rivolse direttamente a me.

”Agente Shaw, miss Swift. Ben svegliati. Vi trovate dentro ad una struttura della Shappire family. Miss Swift, lei verrà con noi, abbiamo già una sala operatoria pronta per l’estrazione del, ormai dal lei noto, virus Empyrean. Agente Shaw, per quanto riguarda lei, sa troppo. Non la posso certo far tornare a comunicare tutto alla CIA. Lei morirà qui, adesso. Anzi, mi sorprende che sia ancora viva, Eden è stato troppo buono con lei, agente Shaw.”

Si rivolse poi a due dei suoi uomini.

”Portate via la ragazza. Uccidete la spia adesso.”

Due di loro si avvicinarono Taylor, mentre l’unico armato puntò la pistola verso di me. Era tutto finito. La mia morte era ad un passo, e semplicemente chiusi gli occhi per accettare il mio destino. Ero molto deluso, vi erano cosi tante cose che volevo fare prima di morire, a partire dal capire la verità su Eden, il mio migliore amico. Taylor urlò fortissimo, mentre quella che poteva essere la mia ultima goccia di sudore mi scese lungo la fronte. Ma proprio mentre avevo già accettato il mio destino, ecco che il capo ricevette delle notizie a quanto pare importanti attraverso la sua auricolare. Rispose, e disse che era una cosa urgente.

”Mi scusa, devo andare momentaneamente. Tornerò in un minuto, godetevi i vostri ultimi momenti di vita.”

Poi si rivolse nuovamente ai suoi.

”State di guardia qua fuori, tutti e 3, assicuratevi che l’agente Shaw non provi a scappare. E aspettatemi ad ucciderlo, non voglio privarmi del piacere. Ma se prova a scappare, sparategli.”

concluse, per poi uscire e chiudere la gigantesca porta d’acciaio dietro di se. La nostra morte era solo rimandata, e come prima cosa andai da Taylor che era in un panico indescrivibile, ed aveva tutte le ragioni del mondo per esserlo. Io controllavo ancora i miei sentimenti, ma ero ormai rassegnato. Mi rivolsi a lei.

”Mi dispiace, non sono riuscito a proteggerti come da missione.”

Sinceramente non sapevo che altro dire. Sinceramente se avessi potuto scegliere una persona con cui passare i miei ultimi minuti non avrei certo scelto il soggetto della mia missione, nonché una ragazza che praticamente mi odiava ed andava in panico facilmente. Per non parlare del fatto che era una celebrità, e quindi una persona non abituata a situazioni di estremo pericolo o di morte, come me. A mia sorpresa però vidi che riprese il controllo di se stessa, anche meglio di me, e si guardò in giro come se cercasse una via d’uscita.

”Rassegnati, siamo chiusi qua.”

Le dissi.

”Sta zitto.”

Mi rispose velocemente prima raggiungere uno dei inalatori di aria condizionata ed usare una delle sue scarpe col tacco per romperlo. Alcuni pezzi di plastica caddero, e ne raccolse uno per poi avvicinarsi a me.

”Questo virus dentro al mio sangue reagisce solo con uomini no? li rende super forti no? è questo quello di cui stavate discutendo nella base CIA, o sbaglio?”

Era incredibile come nonostante la situazione delicata aveva ascoltato tutto, ed in un momento come questo riusciva ancora a ragionare con questa freddezza. Ma subito la smontai.

”Cosi diceva il file. Ma non si sa ancora niente, non l’hanno ancora testato sugli umani. È solo una fase beta. Ma che hai intenzione di fare?”

”Beh, non abbiamo tempo per i test. Fidati di me.”

Mi prese la spalla sinistra, ed usando uno di quei pezzi di plastica che aveva raccolto, il più affilato di essi, mi fece un profondo taglio, dal quale uscii sangue. Feci un gemito di dolore, chiedendomi se era impazzita, e poi fece lo stesso taglio sul proprio polso, dal quale uscì parecchio sangue a causa della posizione. Subito portò il suo taglio nel polso e lo strofinò contro il mio taglio nella spalla, facendo entrare a contatto i nostri sangue. Avevo finalmente capito. Voleva trasmettermi il virus che aveva nel suo sangue, virus che reagisce solo con gli uomini a quanto scritto nel chip, per rendermi dunque più forte di un umano e poterci liberare da questa situazione. Ma era un piano pazzo. Chi l’avrebbe detto che il virus avrebbe fatto effetto su di me in così poco tempo? O con solo il contatto tra i nostri sangue? Quali altri effetti collaterali avrebbe il mio corpo subito, a patto che avesse funzionato? Ma nonostante queste domande apprezzai molto il suo sforzo e la sua idea. Purtroppo però non sentii alcun cambiamento in me stesso.

Notai che aveva perso molto sangue per questo suo gesto, e stava quasi per perdere i sensi. Subito le misi una mano dietro alla schiena per non farla cadere, e la feci sedere con delicatezza contro il muro. Mi tolsi la maglietta, per poi strapparne un pezzo da legare intorno al suo polso per bloccare la fuoriuscita di sangue e salvarla quindi da un’emorragia. Sorrisi, quasi per la disperazione.

”Sei stata grande. Nessuno che conosco, neanche spie, avrebbero ragionato con tanta freddezza in un momento del genere. Purtroppo non sento alcun cambiamento. Probabilmente il virus non funziona, d’altronde non l’hanno ancora testato su di umani. Complimenti, sei davvero una brava spia agente Swift.” le dissi, scherzando.

Per la prima volta da quando l’ho conosciuta mi ricambiò il sorriso, e finalmente riuscimmo a parlare o anche solo stare nella stessa stanza per pochi secondi senza litigare o senza che lei mi urli qualcosa o mi accusi di volerla uccidere. Mi sentivo bene, nonostante sarei morto in pochi minuti. Bene come non mi sentivo da anni. Precisamente da 3 anni. Questo bel momento però duro solo pochi secondi. Mentre ancora le curavo il polso, i 4 uomini tornarono. Il loro capo rideva, mentre si rivolgeva ancora a me.

”Che c’è, state provando a toglierci il piacere di uccidervi? state cercando di farlo tra di voi?”

Ed iniziò una risata sadica, per poi ordinare all’unica persona armata di uccidermi. Mi alzai in piedi, e mi avvicinai di qualche passo. Ora la canna della pistola distava solo una ventina di centimetri dal mio petto. Mi volevo assicurare almeno che prendesse il cuore e che sarei passato all’altro mondo direttamente, senza soffrire ulteriormente. Con il suo pollice caricò la pistola, e sorprendentemente il mio orecchio riuscì ad udire la pallottola che entrò nella canna. In quel momento sentii improvvisamente un forte dolore alla spalla tagliata, un dolore fortissimo, quasi insopportabile. Dalla ferita fuoriuscirono delle macchie che velocemente mi ricoprirono tutto il braccio sinistro e solo la parte sinistra del petto e del viso. Mi piegai dal dolore ed urlai fortemente, mentre queste macchie avanzavano nel mio corpo. Erano rosse fuoco, come il sangue, ma una volta depositate sulla mia pelle quasi si raffreddarono, diventando nere come la pece. Il dolore straziante finì istantaneamente, durò solo i pochi secondi nel quale queste misteriose macchie si depositarono su di me. Mi rialzai dunque molto lentamente. I 4 uomini indietreggiarono, spaventati. Mi guardai il braccio per analizzare queste macchie nere, ma sinceramente poco mi importava, perché mi sentivo bene, benissimo, come mai non mi ero mai sentito. Il mio corpo era freddo, il mio sguardo serio. Non provavo alcuna emozione. Dopo pochi secondi i miei occhi si spostarono sull’uomo che impugnava la pistola, ancora davanti a me. Con una velocità incredibile gli tirai un calcio alla mano per fargli cadere l’arma per poi mollargli un destro sulla sua guancia destra che gli fece cadere un dente. Uno di loro cercò quindi di colpirmi, ma tutto era strano. Vedevo tutto più lento nel momento in cui venivo attaccato, rendendomi molto facile il compito di schivare. Così feci, e gli tirai una forte ginocchiata in pancia che lo fece volare contro la parete e gli fece sbattere la testa violentemente contro la porta d’acciaio.

Anche il terzo si fece sotto, ma invece di schivare il suo pugno lo fermai con la mia mano sinistra, e lentamente roteai il suo arto verso sinistra facendogli fare una rotazione non naturale, finché non sentii il rumore dell’osso che si spezzava. I primi tre erano fuori gioco. Rapidamente mi girai verso il loro capo, che aveva perso la sua sicurezza ed arroganza, ed era spaventato al massimo. Mi avvicinai lento verso di lui, per poi mettergli una mano al collo mentre mi implorava pietà. Lo guardavo con freddezza. Volevo odiarlo ma non potevo, ero senza emozioni. A quanto pare era proprio quello l’effetto del virus: eliminare le emozioni e liberare una parte del controllo del cervello in modo da aumentare la forza fisica ed i riflessi a livelli esponenziali. Ma cos’erano quelle macchie sul corpo? In quel momento non riuscivo a pensare ad altro se non uccidere quell’uomo. Lo stavo strozzando, e lo sollevai da terra solo con la mano attorno al suo collo. Potevo sentire il suo collo che stava per spezzarsi, quando Taylor corse verso di me e mi afferrò da dietro, quasi per abbracciarmi, pregandomi di smettere, piangendo. Sentii le sue lacrime sulla mi nuda schiena, la sua voce nelle mie orecchie. Mi girai verso di lei, non mollando la presa, e si spaventò per il mio sguardo privo di emozioni. Ma proprio la visione del suo viso spaventato, pieno di lacrime, la sensazione della sua voce più spaventata che mai mi fece tornare in me stesso. Lasciai la presa, facendo cadere a terra quel uomo insieme ai suoi compagni, e vidi che i segni sul mio corpo si ritrassero, tornando dalla ferita dalla quale erano comparsi, scomparendo definitamente dalla mia pelle. Appena essi scomparirono tornai in me stesso, e guardai i corpi di quei uomini per terra quasi spaventandomi per quello che avevo fatto. Ero a bocca aperta, e senza parole. Taylor sorrise a vedermi tornato in me stesso, e mi abbracciò continuando a piangere. Non potevo credere a quello che mi era successo. Il virus funzionava. L’empyrean scorreva ora nelle mie vene, donandomi un aumento di forza e riflessi mai visto prima all’umanità, ma a quanto pare non era un cambiamento radicale ma reagiva solo in casi di necessità. L’importante era che eravamo salvi.

Mentre ancora la ragazza mi abbracciava e io cercavo di realizzare l’accaduto alle mie spalle, senza che ne io e ne Taylor vedessimo, l’uomo che avevo quasi ucciso, quasi completamente senza sensi, tirò fuori una bomba dalla sua tasca, prima di svenire completamente. Da questa bomba fuoriuscì un gas velenoso potentissimo viola. Appena lo notai mi voltai di scatto, e vidi la porta di sicurezza che si stava chiudendo, in modo da lasciarci assorbire tutto il veleno e farlo entrare in circolo, senza quindi alcuna possibilità di sopravvivenza.
  
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